Comparsa di costituzione e risposta del terzo acquirente nel giudizio per l'annullamento dell'atto di straordinaria amministrazione promosso dal coniuge pretermesso (art. 184 c.c.)InquadramentoL'art. 184 c.c. sanziona con l'annullabilità l'atto di straordinaria amministrazione compiuto da uno dei coniugi quando ha ad oggetto un bene immobile o un bene mobile registrato per il quale è necessario il consenso di entrambi. Se l'atto ha ad oggetto beni mobili, il coniuge pretermesso può solo chiedere all'altro di ricostituzione del patrimonio comune ovvero il pagamento per equivalente. La norma si applica anche alle parti di un'unione civile ex art. 1, commi 13 e 20, l. n. 76/2016, se non hanno optato per un diverso regime patrimoniale. FormulaTRIBUNALE CIVILE DI .... COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA [1] NEL GIUDIZIO ISCRITTO AL N. .... DEL R.G.A.C. DELL'ANNO .... Innanzi al giudice designato, Dott. .... PER Sig. ...., C.F. ...., nato a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. .... [2], rappresentato e difeso dall'Avv. ...., del foro di ...., C.F. ...., giusta procura alle liti in calce al presente atto, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in ...., via ...., n. ...., con dichiarazione di voler ricevere, ai sensi dell'art. 125, comma 1, c.p.c., nonché dell'art. 136, comma 3, c.p.c., ogni comunicazione al numero di fax ...., oppure tramite l'indirizzo di posta elettronica certificata .... @ ...., - convenuto - CONTRO Sig.ra .... C.F. .... nata a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., rappresentata e difesa dall'Avv. ....; - attrice - E NEI CONFRONTI DI Sig. .... C.F. .... nato a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., rappresentato e difeso dall'Avv. ....; - convenuto - FATTO Con atto di citazione notificato in data ...., la Sig. .... conveniva innanzi l'intestata autorità giudiziaria il Sig. .... al fine di vedere accolte le seguenti conclusioni: “a) dichiarare l'annullamento dell'atto di compravendita dell'immobile sito in .... compiutamente descritto in premessa, stipulato a mezzo di rogito notarile ....; b) in via gradata, ove il Tribunale dovesse ritenere valido l'atto di alienazione dell'immobile, condannare il Sig. .... coniuge dell'attrice a riversare in comunione legale il prezzo conseguito dal compratore in conseguenza della vendita; c) condannare entrambi i convenuto al pagamento in solido delle spese di giudizio, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario delle spese generali”. A sostegno l'attrice deduce .... [3]. Con il presente atto il Sig. .... impugna e contesta integralmente l'atto di citazione avversario chiedendone il rigetto per le ragioni che saranno di seguito esposte DIRITTO – In via preliminare, .... [4]. 2) Nel merito, il Sig. .... dichiara la propria estraneità alle vicende ed ai rapporti interni tra i coniugi e deduce la sua assoluta e totale buona fede nell'acquisto dell'immobile contestato. Infatti, in occasione del rogito notarile, il venditore Sig. .... dinanzi al notaio esibì una scrittura privata in cui era contenuta una dichiarazione della moglie ove riconosce che la sua compartecipazione alla stipula dell'atto di acquisto dell'immobile era simulata, e che il bene era stato in realtà acquistato esclusivamente dal Sig. .... con il prezzo della cessione di un suo bene personale. Il venditore rassicurò, pertanto, sia il comparente che il notaio sulla perfetta validità dell'atto di alienazione, in quanto il bene era suo personale, e chiese di procedere alla stipula. Va aggiunto che il comparente aveva interesse ad acquistare l'immobile; non avrebbe mai proceduto alla stipula temendo che l'atto potesse essere invalidato dal coniuge del venditore. Ha concluso l'acquisto proprio perché era stato rassicurato dal Sig. .... sulla validità dell'alienazione sin dal momento della sottoscrizione del contratto preliminare di compravendita. Sulla questione le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno sancito che “L'azione prevista dall'art. 184 c.c. per l'annullamento degli atti compiuti dal coniuge in comunione legale senza il necessario consenso dell'altro coniuge, in quanto avente ad oggetto l'invalidazione dell'atto di acquisto del terzo per un vizio del titolo del suo dante causa, è soggetta, per tutto quanto non diversamente stabilito dalla norma speciale che la prevede, alla disciplina generale dettata dall'art. 1445 c.c. per l'azione di annullamento dei contratti: pertanto, salvi gli effetti della trascrizione della domanda, il sopravvenuto accertamento dell'inclusione del bene nella comunione legale non è opponibile al terzo acquirente di buona fede” (Cass. n. 22755/2009). Si confida, pertanto, che l'Ill.ma Autorità Giudiziaria riconosca la buona fede del Sig. .... e rigetti la domanda dell'attore. *** TUTTO CIÒ CONSIDERATO E PREMESSO si formulano le seguenti conclusioni. VOGLIA IL TRIBUNALE Disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, 1) in via preliminare, ....; 2) in via principale, nel merito, rigettare la domanda attorea di annullamento dell'atto di compravendita dell'immobile sito in ....; Con vittoria di spese. Con riserva di precisare le richieste istruttorie nelle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. si chiede l'interrogatorio formale del convenuto Sig. .... sui seguenti capitoli di prova “vero che .... ” Si producono i seguenti documenti: 1) copia dell'atto di citazione notificato; 2) copia del contratto preliminare di compravendita stipulato con il Sig. ....; 3) copia del rogito notarile di alienazione dell'immobile sito in .... stipulato tra i convenuti; Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ...., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ...., via .... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge. Per autentica della sottoscrizione .... Firma Avv. .... [1]In base all'art. 2 d.m. 7 agosto 2023, n. 110 “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile”, al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'art. 121 c.p.c., le comparse di costituzione e risposta devono essere redatte con la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L'art. 3 lett. a) precisa che la comparsa deve avere un'estensione massima di 80.000 caratteri, salvi gli elementi esclusi dall'art. 4, e ferma restando (ex art. 5) la possibilità di superare detti limiti se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti, ipotesi nella quale il difensore espone sinteticamente nell'atto le ragioni per le quali si è reso necessario il superamento dei limiti. Il richiamato Regolamento non trova applicazione nelle controversie di valore superiore a 500.000 euro. [2]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011). [3]È opportuno sintetizzare le deduzioni spiegate dalla parte attrice nell'atto di citazione. [4]Devono essere innanzitutto sollevate eventuali eccezioni pregiudiziali ovvero determinanti l'improcedibilità o l'inammissibilità dell'azione. Ricorrente rispetto all'atto di cui alla formula in esame è l'eccezione del convenuto di prescrizione dell'azione per decorso del termine annuale. CommentoLa finalità della disciplina dettata dall'art. 184 c.c. è costituita dall'esigenza di contemperare le regole dell'amministrazione congiuntiva della comunione legale (art. 180, comma 2, c.c.) con la tutela dell'affidamento del terzo contraente e del coniuge pretermesso (cfr. Cass. n. 1385/2012). Se gli atti riguardano beni immobili o beni mobili di cui all'art. 2683 c.c., il coniuge pretermesso (o parte di un'unione civile) può convalidare l'atto oppure richiederne l'annullamento promuovendo il giudizio entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto e, in ogni caso, da quella della trascrizione (art. 184, commi 1 e 2, c.c.). Costituiscono, ad esempio, secondo la recente casistica di legittimità, atti annullabili ai sensi dell'art. 184: gli atti di effettiva disposizione del bene comune da parte di uno solo dei coniugi (Cass. II, n. 8525/2018); la realizzazione sul fondo in comune di uno o più edifici senza il consenso del coniuge (Cass. II, n. 4676/2018); la donazione unilaterale del bene immobile o mobile registrato (Cass. II, n. 21503/2018); il conferimento di un immobile in società personale (Cass. II, n. 25754/2018); gli atti ad efficacia reale od obbligatoria diretti all'alienazione o alla costituzione di diritti reali su beni immobili o su mobili registrati (Cass. II, ord. n. 21650/2019). La disciplina dell'art. 184 c.c. è quella che meglio consente di apprezzare la differenza ontologico-giuridica tra la comunione legale, che è una comunione senza quote, espressione della proprietà solidale dei coniugi (Corte cost. n. 311/1988) sui beni che ne fanno parte e la comunione ordinaria (artt. 1100 ss. c.c.). Difatti, secondo i principi di quest'ultima, l'atto di alienazione compiuto da un solo comproprietario per l'intero bene è inefficace per difetto di legittimazione sostanziale del dante causa, mentre l'atto di alienazione di un bene immobile compiuto da un solo coniuge è soltanto annullabile su domanda del coniuge pretermesso da esperirsi nel breve termine annuale di prescrizione ai sensi dell'art. 184, comma 2, c.c., allo spirare del quale l'efficacia dell'atto si consolida. In considerazione delle peculiarità dell'art. 184, comma 2, c.c., la dottrina ne offre una interpretazione restrittiva, limitandone l'applicazione alla sola ipotesi di alienazione di bene immobile in comunione legale formalmente intestato al solo coniuge disponente, mentre, qualora il coniuge agisca separatamente ‘‘in nome della comunione”, l'atto sarebbe assolutamente inefficace come quelli compiuti da un falsus procurator. La formulazione letterale dell'art. 184, comma 1, c.c. “Gli atti compiuti da un (solo) coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge e da questo non convalidati” consente di ritenere praticabile la prestazione del consenso con atto separato anche antecedente all'atto stipulato da un solo coniuge. Tra l'altro tale soluzione si coniuga perfettamente con la ricostruzione giuridica offerta dalla Corte cost. nella citata sentenza n. 311/1988 secondo cui il consenso del coniuge che non partecipa all'atto rimuove il limite all'esercizio di un potere giuridico. In virtù del combinato disposto degli artt. 1324,1350,1392 e 180 comma 2, c.c., il consenso deve essere espresso nella stessa forma richiesta per la stipula dell'atto cui si riferisce. Quindi, considerato che la disciplina dell'art. 184, comma 1 e 2, c.c. si riferisce al compimento di atti di straordinaria amministrazione ex art. 180, comma 2, c.c. che devono essere stipulati in forma scritta, il consenso del coniuge che non partecipa all'atto deve essere ugualmente espresso in forma scritta, con atto separato che deve essere redatto e sottoscritto contestualmente o preventivamente alla stipula dell'atto cui accede (non successivamente, altrimenti si tratterebbe di convalida). L'atto è recettizio ed assume efficacia nei confronti dell'altro coniuge nel momento in cui gli viene comunicato, ma anche il terzo contraente può chiederne l'esibizione al momento della stipula per fugare ogni dubbio sulla piena legittimità dell'atto. La convalida dell'atto di alienazione da parte del coniuge pretermesso costituisce, a sua volta, un atto successivo che attribuisce definitiva stabilità agli effetti del negozio invalido (diversamente dalla ‘‘ratifica”, che consiste nel negozio unilaterale che produce un effetto giuridico che, altrimenti, non si sarebbe verificato). La dottrina maggioritaria ritiene che, nonostante le profonde divergenze con l'omologo istituto della convalida in generale del contratto annullabile (in quest'ultima, infatti, il titolare del potere di convalida è colui che ha partecipato all'atto, dando volontariamente o meno causa al vizio del negozio, mentre nella convalida dell'art. 184 c.c. il relativo potere spetta ad un soggetto che non è parte contrattuale dell'atto che ha il potere di annullare) la relativa disciplina giuridica, contenuta nell'art. 1444 c.c. possa trovare applicazione analogica, con conseguente ammissibilità della convalida tacita, per facta concludentia, configurabile mediante l'esecuzione volontaria dell'atto annullabile. Altri autori sostengono che la convalida richieda necessariamente la forma scritta. Il coniuge-attore ha l'onere di provare che il bene alienato faceva parte della comunione legale e che l'alienazione è avvenuta senza il suo consenso. Il coniuge convenuto non può eccepire, in via riconvenzionale, l'utilità dell'atto quale presupposto per l'ottenimento dell'autorizzazione ex art. 181 c.c., per sanare il dissenso in ordine alla opportunità dell'atto. In caso di accoglimento della domanda, la regola della retroattività degli effetti della pronuncia di annullamento risulta temperata dalla tutela della buona fede e dell'affidamento del terzo acquirente e degli aventi causa di quest'ultimo, in caso di plurime alienazioni dello stesso bene, in applicazione analogica dell'art. 1445 c.c., salvi sempre gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento. Risolvendo un contrasto giurisprudenziale inerente agli effetti nei confronti dei terzi acquirenti del sopravvenuto accertamento – nel giudizio di annullamento ex art. 184 c.c. intentato dal coniuge pretermesso – dell'appartenenza alla comunione legale dei beni alienati dal coniuge unico intestatario, le S.U. della Corte di Cassazione hanno chiarito che l'azione prevista dall'art. 184 c.c., in quanto avente ad oggetto l'invalidazione dell'atto di acquisto del terzo per un vizio del titolo del suo dante causa, è soggetta, per tutto quanto non diversamente stabilito dalla norma speciale che la prevede, alla disciplina generale dettata dall'art. 1445 c.c. per l'azione di annullamento dei contratti: pertanto, salvi gli effetti della trascrizione della domanda, il sopravvenuto accertamento dell'inclusione del bene nella comunione legale non è opponibile al terzo acquirente di buona fede (Cass. S.U., n. 22755/2009). Per altro verso, la S.C. ha affrontato il problema di stabilire se l'azione di annullamento ex art. 184 c.c. sia esercitabile solo con riferimento ai contratti ad effetti reali, o anche con riguardo ai contratti ad effetti obbligatori. Il riferimento è, ovviamente, al contratto preliminare di alienazione di un bene in comunione stipulato da un solo coniuge senza il consenso dell'altro. La Cassazione si è espressa in senso affermativo sul presupposto che “il contratto preliminare di vendita di bene immobile costituisce, ai sensi dell'art. 180, comma 2, c.c., atto di straordinaria amministrazione, giacché si pone quale momento originario di una sequenza obbligatoria e successiva il cui esito necessitato è il trasferimento della proprietà del bene; pertanto nel caso in cui il contratto preliminare di alienazione di un bene in comunione sia stipulato da un coniuge senza la partecipazione o il consenso dell'altro, detto atto è soggetto alla disciplina dell'art. 184, comma 1, c.c., la cui applicazione non va restrittivamente intesa come limitata agli atti dispositivi con effetto reale e non anche a quelli con effetto meramente obbligatorio, non trovando tale interpretazione fondamento alla stregua né della lettera né dell'interpretazione sistematica della norma” (Cass. n. 2202/2013). Ai fini della proposizione della domanda di esecuzione in forma specifica, a norma dell'art. 2932 c.c., di un preliminare di vendita di un bene immobile rientrante nella comunione legale dei coniugi, non è necessaria la sottoscrizione di entrambi i promittenti venditori, ma è sufficiente il consenso del coniuge non stipulante, traducendosi la mancanza di detto consenso in un vizio di annullabilità da far valere entro il termine di prescrizione di cui all'art. 184 c.c. (Cass. II, n. 20439/2019; Cass. II, n. 4302/2018, Cass. n. 12923/2012) nel rispetto del principio generale di buona fede e dell'affidamento, per cui spetta al giudice del merito verificare la proposizione della domanda di annullamento da parte del coniuge che non ha sottoscritto l'atto quantomeno sotto forma di eccezione in base all'art. 1442, ultimo comma, c.c. (Cass. n. 16177/2001). La giurisprudenza ha affrontato altresì la questione del litisconsorzio necessario del coniuge pretermesso nel giudizio per l'esecuzione specifica del contratto promossa ai sensi dell'art. 2932 c.c. dal promittente acquirente. Si pensi alla stipula di un contratto preliminare di compravendita di un immobile in comunione legale tra il promissario acquirente ed un solo coniuge, il quale sarà inadempiente all'obbligo di stipulare il definitivo; avendo il promittente acquirente interesse ad acquistare l'immobile, si è creato un contrasto giurisprudenziale sulla necessità o meno di convenire in giudizio, nell'actio ex art. 2932 c.c., anche il coniuge pretermesso nella stipula del contratto preliminare, oltre al coniuge contraente. In sentenza n. 20867/2004 la Suprema Corte, sulla considerazione che i coniugi non sono individualmente titolari di un diritto di quota ma solidalmente titolari di un diritto avente per oggetto i beni della comunione, e che nei rapporti con i terzi ciascun coniuge ha il potere di disporre dei beni della comunione, e che l'azione ex art. 2932 c.c. non ha natura reale ma personale, perviene alla conclusione per cui in quest'ultima non sia ravvisabile un'ipotesi di litisconsorzio necessario, non vertendosi in situazione sostanziale caratterizzata da un rapporto unico ed inscindibile con pluralità di soggetti e non rivestendo, quindi, il coniuge rimasto estraneo al preliminare la qualità di parte la cui presenza in giudizio sia condizione essenziale affinché la sentenza non venga inutiliter data. A supporto di siffatta conclusione milita il principio per cui, in tema d'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto ex art. 2932 c.c., la sentenza che tenga luogo del contratto definitivo non concluso deve necessariamente riprodurre, nella forma del provvedimento giurisdizionale, il medesimo assetto d'interessi assunto dalle parti quale contenuto del contratto preliminare, senza possibilità di introdurvi modifiche (Cass. n. 7273/2006, Cass. n. 2824/2003, Cass. n. 11874/2002 principio confermato da ultimo da Cass. VI, ord. n. 11033/2018). In senso contrario, la giurisprudenza prevalente ha sostenuto la necessità del litisconsorzio del coniuge pretermesso nel giudizio promosso dal promittente acquirente per l'esecuzione specifica del contratto preliminare stipulato esclusivamente dall'altro coniuge. Si è evidenziato che ciascun coniuge è titolare del bene per l'intero, per cui non può escludersi la necessaria partecipazione di uno dei due al giudizio nel quale si discuta della traslazione del bene stesso, evento rispetto al quale non può negarsi l'interesse ad interloquire del coniuge pretermesso dalla stipula del contratto preliminare, essendo comproprietario del bene che ne è oggetto; si è confutata l'affermazione secondo cui, al momento dell'introduzione del giudizio ex art. 2932 c.c., il coniuge promittente venditore abbia già efficacemente alienato il bene, così che il coniuge rimasto estraneo al negozio abbia perso, contestualmente alla stipulazione del preliminare, la propria contitolarità sul bene e non possa fare ricorso se non all'azione d'annullamento, in quanto tale affermazione, oltre ad essere in palese contrasto con la lettera dello stesso art. 184 c.c., comma 1, che prevede una possibilità di convalida successiva inconciliabile con una già intervenuta perdita della titolarità del bene, implica una non condivisibile attribuzione a tale tipo di contratto di un effetto traslativo, estraneo alla sua funzione ed alla sua natura; si è precisato che, una volta stipulato il preliminare, nel momento in cui il coniuge promittente venditore si rende inadempiente e costringe il promissario acquirente all'azione d'esecuzione specifica, l'altro coniuge, che non abbia partecipato al negozio né vi abbia prestato altrimenti il proprio consenso, è ancora contitolare del bene e su di esso legittimato ad esercitare i suoi poteri d'amministrazione congiunta; atteso l'effetto solo obbligatorio del preliminare, l'attività negoziale posta in essere dal coniuge promittente con l'impegnarsi ad alienare non ha prodotto ancora l'effetto di sottrarre il bene al patrimonio comune ed alla contitolarità su di esso d'entrambi i comproprietari, onde il coniuge rimasto estraneo al preliminare è ancora titolare d'una situazione giuridica inscindibile che lo rende litisconsorte necessario nel giudizio d'esecuzione specifica dell'obbligo di contrarre (Cass. n. 3483/1988; Cass. n. 5191/2002; Cass. n. 12313/04). Il contrasto è stato risolto dalle S.U. della Cassazione (sentenza n. 17952/2007) a favore di questa seconda opzione ermeneutica. Le S.U. si muovono sul piano degli effetti della promossa azione ex art. 2932 c.c. ai fini della soluzione del problema, affermando che non può disconoscersi al coniuge rimasto estraneo al negozio l'interesse a partecipare al relativo giudizio, in quanto, pur se non è rimasto personalmente obbligato e se non è corresponsabile assieme al coniuge stipulante, unico obbligato, tuttavia l'impegno assunto da quest'ultimo e la responsabilità personale del medesimo sono comunque tali da incidere sul patrimonio comune e sul tenore di vita della famiglia, giacché, ex art. 189 c.c., espongono all'altrui azione esecutiva non solo i beni del promittente ma anche quelli della comunione. Ne consegue l'ineludibile presenza in giudizio del coniuge rimasto estraneo al preliminare, giacché si ha litisconsorzio necessario, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, allorquando la decisione richiesta, indipendentemente dalla sua natura (di condanna, d'accertamento o costitutiva), sia di per sé inidonea a spiegare i propri effetti, cioè a produrre un risultato utile e pratico, anche nei riguardi delle sole parti presenti, stante la natura plurisoggettiva e concettualmente unica ed inscindibile, sia in senso sostanziale, sia, alle volte, in senso solo processuale, del rapporto dedotto in giudizio, nel quale i nessi fra i diversi soggetti, e tra questi e l'oggetto comune, costituiscono un insieme unitario, con conseguente immutabilità del rapporto medesimo ove non vi sia la partecipazione di tutti i suoi titolari (in tal senso, Cass. n. 4890/2006, Cass. n. 12313/2004, Cass. n. 14102/2003, Cass. n. 9083/2001). Inoltre, le S.U. traggono argomenti per affermare la necessaria partecipazione del coniuge rimasto estraneo al preliminare anche dall'art. 180 c.c., evidenziando che un contratto ad efficacia solo obbligatoria, come il contratto preliminare di vendita di un immobile, è potenzialmente idoneo ad incidere sulla consistenza del patrimonio dello stipulante; infatti tale contratto si pone quale momento originario d'una serie obbligatoria consequenziale e successiva, il cui esito finale necessitato è il trasferimento della proprietà del bene promesso in vendita, sì che esso va considerato atto eccedente l'ordinaria amministrazione e sottoposto quindi all'amministrazione ed alla rappresentanza in giudizio congiunta dei coniugi. Sulla base di tali considerazioni, le S.U. affermano il principio di diritto secondo cui nell'azione ex art. 2932 c.c. promossa dal promissario acquirente, per l'adempimento in forma specifica o per i danni da inadempimento precontrattuale, nei confronti del promittente venditore che, coniugato in regime di comunione dei beni, abbia stipulato senza il consenso dell'altro coniuge, quest'ultimo deve considerarsi litisconsorte necessario; con la conseguenza che, ove il coniuge rimasto estraneo alla stipulazione del preliminare non sia stato convenuto in giudizio unitamente al coniuge stipulante e nei suoi confronti non sia stato integrato il contraddittorio, il giudizio svoltosi è nullo e deve essere, pertanto, nuovamente celebrato a contraddittorio integro. Quanto evidenziato nel presente commento si estende alle parti di un'unione civile ex art. 1, comma 13, l. n. 76/2016, se non hanno optato per un diverso regime patrimoniale. |