Atto di citazione per la pronuncia della separazione dei beni (art. 193 c.c.)

Gustavo Danise

Inquadramento

L'art. 193 c.c., indica le circostanze di fatto in presenza delle quali un coniuge/partner può chiedere che il Tribunale pronunci il regime di separazione dei beni in sostituzione del regime legale di comunione. In dettaglio, tali situazioni sono: l'interdizione e l'inabilitazione; la cattiva amministrazione della comunione; il disordine degli affari di uno dei coniugi o la condotta tenuta nell'amministrazione dei beni, qualora metta in pericolo gli interessi dell'altro o della comunione o della famiglia; la violazione dell'obbligo di contribuzione ai bisogni della famiglia in misura proporzionale sostanze e capacità di lavoro.

Formula

TRIBUNALE CIVILE DI ... [1]

ATTO DI CITAZIONE [2]

Per la Sig.ra ..., C.F. ..., nata a ..., il ..., residente in ..., via ..., n. ..., rappresentata e difesa dall'Avv. ..., del foro di ..., C.F. ... [3], giusta procura alle liti in calce al presente atto, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in ..., via ..., n. ..., con dichiarazione di voler ricevere, ai sensi dell'art. 125, comma 1, c.p.c., nonché dell'art. 136, comma 3, c.p.c., ogni comunicazione al numero di fax ..., oppure tramite l'indirizzo di posta elettronica certificata ... @ ...,

- attrice -

CONTRO

Sig. ... C.F. ... nato a ..., il ..., residente in ..., via ..., n. ...,

- convenuto -

FATTO

- L'attrice contraeva matrimonio concordatario con il Sig. ... in data ... instaurandosi ope legis tra di loro il regime di comunione legale dei beni (All. 1);

- In costanza di matrimonio ... [4];

DIRITTO

L'art. 193, comma 1, c.c., consente la pronunzia di separazione dei beni, in sostituzione del regime legale di comunione, laddove ricorra una delle causali ivi descritte. Non vi è dubbio che nel caso di specie la domanda merita di essere accolta perché ... [5] .

***

Tanto ciò premesso,

la Sig.ra ..., come sopra rappresentata, difesa e domiciliata,

CITA

Il Sig. ... C.F. ..., nato a ... il ... e residente in ... alla via ..., a comparire il giorno ... ore di rito ... innanzi all'intestato Tribunale di ..., Giudice designando, con invito a costituirsi nel termine di 70 giorni prima dell'udienza indicata, con avvertimento che la mancata costituzione o la costituzione oltre i termini comporterà le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tutti i giudizi davanti al Tribunale, fatta eccezione per i casi previsti dall'art. 86 c.p.c. o da leggi speciali, e che esso convenuto, sussistendone i presupposti di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, e che in caso di mancata costituzione si procederà in sua legittima e dichiaranda contumacia, per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni:

a) pronunciare l'instaurazione tra i coniugi del regime di separazione dei beni in sostituzione del regime legale di comunione;

b) condannare il convenuto alla rifusione delle spese di giudizio.

***

Con riserva di meglio precisare le richieste istruttorie nelle memorie di cui all'art. 171-ter c.p.c., chiede sin d'ora ammettersi interrogatorio formale del convenuto Sig. ... sui seguenti capitoli di prova “vero è che ... ” (nel caso in cui si deduca la cattiva amministrazione dei beni in comunione).

Produce in copia fotostatica, con riserva di produrre gli originali a semplice richiesta, i seguenti documenti:

1) estratto dell'atto di matrimonio;

2) ... [6];

3) ....

Dichiarazione di valore della controversia:

Si dichiara che il valore della presente controversia è ricompreso nello scaglione di ... e che all'atto dell'iscrizione a ruolo della causa viene versato il contributo unificato nella misura di Euro ....

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ..., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ..., via ... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

Per autentica della sottoscrizione

Firma Avv. ...

1. La causa rientra nell'ambito dei giudizi ordinari di cognizione. È pertanto competente territorialmente il Tribunale ordinario del luogo della residenza dei coniugi.

2. Si rammenta che con DM del 7 agosto 2023, n. 110 recante “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile” pubblicato in GU Serie Generale n.187 del 11-08-2023 ed entrato in vigore in data 26/08/2023 sono stati indicati dal Ministero della Giustizia i criteri di redazione degli atti processuali delle parti private e dei Giudici. Si precisa nell'art. 3 che l'esposizione deve essere contenuta nel limite massimo di: a) 80.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 40 pagine nel formato di cui all'articolo 6, quanto all'atto di citazione e al ricorso, alla comparsa di risposta e alla memoria difensiva, agli atti di intervento e chiamata di terzi, alle comparse e note conclusionali, nonché agli atti introduttivi dei giudizi di impugnazione; b) 50.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 26 pagine nel formato di cui all'articolo 6, quanto alle memorie, alle repliche e in genere a tutti gli altri atti del giudizio; c) 10.000 caratteri, corrispondenti approssimativamente a 5 pagine nel formato di cui all'art. 6, quanto alle note scritte in sostituzione dell'udienza di cui all'art. 127-ter del c.p.c., quando non è necessario svolgere attività difensive possibili soltanto all'udienza. Nel successivo art. 5 si precisa che i suddetti limiti dimensionali possono essere superati se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti, ovvero nel caso di proposizione di una domanda riconvenzionale, di una chiamata di terzo, di un atto di integrazione del contraddittorio, di un atto di riassunzione o di un'impugnazione incidentale. Altro importante criterio di redazione degli atti è contenuto nell'art.6 rubricato “tecniche redazionali” ove si invita l'utilizzo di caratteri di dimensioni di 12 punti; con interlinea di 1,5 e con margini orizzontali e verticali di 2,5 centimetri, con esclusione dell'inserimento di note.

3. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011).

4. Occorre descrivere la ragione per la quale si chiede la separazione, ad esempio, indicando la sentenza di pronuncia dell'interdizione del coniuge ovvero descrivere le condotte assunte nel corso degli anni dal marito da cui si ricava la cattiva amministrazione o la messa in pericolo degli interessi dell'altro coniuge o della famiglia, come, ad esempio, dovrebbe farsi nel caso in cui il convenuto abbia il vizio del gioco, sperperando le sue sostanze in tal modo.

5. Occorre descrivere nuovamente la condotta o il fatto oggettivo da cui si ricava la fondatezza delle asserzioni dell'attrice.

6. Ad esempio, copia della sentenza che dichiara l'interdizione o l'inabilitazione del coniuge convenuto.

Commento

La ratio dell'istituto è tutelare l'interesse di ciascuno dei coniugi a liberarsi dal vincolo della comunione legale, quando, a causa dell'impossibilità dell'amministrazione per ragioni personali (interdizione o inabilitazione) o per il sopravvenire di una grave situazione di conflittualità, si manifesti tra i coniugi un insanabile disaccordo non solo sul modo di gestire il patrimonio comune, ma anche sull'opportunità di chiedere un mutamento convenzionale del regime patrimoniale legale. Se il coniuge instaura con profitto il giudizio ex art. 193 c.c., gli effetti della pronunzia di separazione giudiziale dei beni retroagiscono al momento della domanda (art. 193, comma 4, c.c.). Le cause di separazione giudiziale dei beni sono tassative secondo l'impostazione dottrinale prevalente, ma si è affermato di recente l'orientamento secondo cui per analogia può essere chiesta la separazione dei beni dal coniuge incapace di provvedere ai suoi interessi in favore del quale sia nominato un amministratore di sostegno (artt. 410 ss.). Si ritiene che l'omessa modifica del testo dell'art. 193 c.c., dopo la l. n. 6/2004, per includervi tale fattispecie sia da ascriversi ad un mero difetto di coordinamento legislativo. Le singole cause possono distinguersi in impedimenti oggettivi (interdizione, inabilitazione cui va aggiunta secondo lo scrivente la nomina di un amministratore di sostegno) e condotte colpevoli di un coniuge che rendono impossibile o almeno inopportuna nell'interesse della famiglia la prosecuzione del regime legale di comunione. Per quanto concerne le prime, la pronunzia giudiziale di separazione sarà facilmente conseguibile allegando le sentenze di dichiarazione di interdizione o inabilitazione del coniuge incapace o il decreto del Giudice tutelare che nomina un amministratore di sostegno in suo favore. Ove la domanda di separazione giudiziale sia fondata sulla cattiva amministrazione, sul disordine degli affari, sulla amministrazione dei beni da parte di un coniuge pregiudizievole agli interessi della famiglia o dell'altro coniuge, oppure quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni di questa in misura proporzionale alle proprie sostanze e capacità di lavoro, il coniuge attore dovrà predisporre una specifica attività istruttoria che consenta di far emergere, anche con prove testimoniali, la sussistenza della specifica causale dedotta. Si rileva che le causali di cui all'art. 193 c.c., coincidono con quelle che legittimano la richiesta di esclusione di un coniuge dall'amministrazione dei beni in comunione ai sensi dell'art. 183 c.c. Pertanto, in presenza di una delle condotte descritte (cattiva amministrazione; amministrazione pregiudizievole per gli interessi della famiglia o dell'altro coniuge ecc.), il coniuge interessato può decidere di mantenere in vita il regime di comunione legale, chiedendo al Giudice ex art. 183 c.c., solo di estromettere dall'amministrazione l'altro coniuge, ovvero promuovere il giudizio ex art. 193 c.c., per conseguire lo scioglimento della comunione legale sostituendola con il regime di separazione dei beni. Naturalmente la scelta tra l'una o l'altra opzione dipende dalle condizioni reddituali e patrimoniali del coniuge interessato e dalle prospettive di arricchimento: se il coniuge interessato non produce reddito e non possiede immobili a differenza dell'altro, potrebbe avere interesse al mantenimento del regime di comunione legale, tenuto conto che gli acquisti ex art. 177, lett. a), c.c., e i frutti provenienti dai beni comuni continueranno a ricadere in comunione legale, e quindi rientreranno per metà nel suo patrimonio personale, all'esito del giudizio di divisione ex  artt. 194 ss. c.c., che seguirà al futuro scioglimento della comunione legale. E prima che ciò avvenga, avrà interesse ad estromettere semplicemente l'altro coniuge dall'amministrazione per evitare che sperperi il patrimonio comune su cui vanta una legittima aspettativa di arricchimento patrimoniale futuro. Diversamente se il coniuge interessato percepisce redditi propri e possiede immobili, contribuendo quindi ad arricchire il patrimonio in comunione, avrà certamente interesse ad agire per la pronunzia di separazione giudiziale dei beni ex art. 193 c.c. Tali motivazioni valgono anche nell'ipotesi in cui l'altro sperperi non il patrimonio in comunione ma i suoi beni personali: se, infatti, contrae obbligazioni che il suo patrimonio non è in grado di soddisfare, i suoi creditori particolari potranno aggredire anche il patrimonio in comunione ai sensi dell'art. 189 c.c.; l'altro coniuge pertanto avrebbe interesse ad attivare lo strumento dell'art. 193 c.c. per preservare l'integrità della comunione legale su cui vanta diritti patrimoniali. Le considerazioni sin qui esposte non si estendono però all'ultima causale prevista dall'art. 193 c.c., per la pronunzia di separazione giudiziale, ossia quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni di questa in misura proporzionale alle proprie sostanze e capacità di lavoro. Si è opportunamente evidenziato che la separazione giudiziale dei beni non è una risposta adeguata a fronteggiare l'inadempimento di uno dei coniugi alle obbligazioni legali a lui imposte dall'art. 143 c.c. Appare evidente che in questo caso l'interesse protetto è esclusivamente quello patrimoniale dell'altro coniuge a non sobbarcarsi per intero le spese necessarie al mantenimento della prole; grazie alla separazione dei beni il coniuge che ha contribuito più dell'altro alle esigenze della famiglia potrà in futuro agire contro l'altro inadempiente per il rimborso delle spese sostenute per la sua quota di metà. Per quanto concerne la legittimazione attiva, spetta anche al coniuge che versa nella situazione soggettiva prevista come causa per la separazione, come è il caso dell'interdetto ad es., con l'avvertenza che in tale ipotesi il giudizio sarà incardinato dal tutore. Sussiste la legittimazione processuale degli eredi del coniuge defunto a proseguire il giudizio di separazione dei beni, instaurato dal de cuius, per far sì che lo scioglimento della comunione legale risalga non già alla data della morte, bensì a quella di proposizione della domanda di separazione. I creditori particolari del coniuge non possono promuovere l'azione ex art. 193 c.c., in via surrogatoria, essendo la separazione giudiziale dei beni espressione di un diritto personalissimo del coniuge. Ove la comunione legale comprenda beni immobili, la domanda di separazione dei beni deve essere trascritta, ai sensi dell'art. 2653, n. 4, c.c. Il passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento ha l'effetto di instaurare il regime di separazione dei beni dal giorno di proposizione della domanda ex art. 193, comma 4, c.c. La retroattività, tuttavia, opera soltanto tra i coniugi; produrrà effetti nei confronti dei terzi solo dopo l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio e delle convenzioni matrimoniali ai sensi del comma 5 della disposizione in commento, da leggersi in combinato disposto con l'art. 69, d.P.R. n. 369/2000. Ne consegue che i diritti dei terzi maturati in pendenza del giudizio sono fatti salvi, a meno che la domanda sia trascritta prima dell'acquisto del terzo ai sensi dell'art. 2653, n. 4, c.c., nel quale caso il coniuge attore prevale. Tutto quanto riferito si estende alle parti di un'unione civile in forza del combinato disposto dei commi 13 e 20 dell'art. 1, l. n. 76/2016.

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