Fonti confidenziali: inammissibilità della prova nel processo amministrativo salvo casi eccezionali di segreto qualificato
13 Dicembre 2023
Il caso di specie riguarda l'istanza di riesame di un decreto presidenziale da parte di una società destinataria di un provvedimento sanzionatorio dell'Autorità Garante per la Concorrenza, che ammettendo taluni documenti in formato cartaceo, respingeva la domanda di deposito in forma confidenziale. Ciò in quanto la c.d. prova confidenziale non è prevista nell'ordinamento processuale italiano, salvo casi eccezionali di segreto qualificato, quale ad esempio il segreto di Stato o il deposito di una nota dei servizi segreti in busta chiusa, da considerare quale “fatto” e non per il suo contenuto. La società istante rappresentava l'esigenza della dimensione confidenziale dei documenti, vale a dire limitando la visione solo al giudice amministrativo, per salvaguardare la riservatezza delle informazioni rispetto alla società sua concorrente, convenuta in giudizio, assumendo che l'utilizzo di omissis non avrebbe tutelato la riservatezza richiesta. In proposito, il Consiglio di Stato chiarisce che la disciplina in materia di ammissibilità della c.d. prova confidenziale nell'ordinamento processuale contiene un vuoto normativo, che non può essere colmato dal giudice. Infatti, la relazione processuale tra le parti è sottoposta al principio del pieno contraddittorio con particolare riferimento alla fase di ammissione della prova per cui una parte presenta all'altra ed al giudice le informazioni a sostegno della propria difesa, che il giudice valuta ai fini della decisione. Invece, in un procedimento paragiurisdizionale, quale il ricorso straordinario, avente natura mista amministrativa e giurisdizionale, è consentito attenuare il contraddittorio nell'ambito dell'istruttoria amministrativa. Il Consiglio di Stato si sofferma, quindi, sulla complessità del rapporto tra riservatezza delle informazioni e l'attività processuale, richiamando la dottrina, specie quella tedesca, che distingue la riservatezza verso l'esterno del processo, ossia la tutela della diffusione verso la collettività delle informazioni che le parti si scambiano, dalla riservatezza come esigenza interna al processo, ossia la tutela di una parte nei confronti dell'altra. L' art. 136 c.p.a. invocato dall'istante, riguarda i profili di riservatezza esterna ed esclude la possibilità di derogare al principio del contraddittorio, interno al rapporto processuale. D'altro canto, il Consiglio di Stato ribadisce che nel processo amministrativo e nel processo civile italiano, non esiste una disposizione simile all'art. 105 del regolamento di procedura del Tribunale UE, che consente deroghe al contraddittorio tra le parti, anche se solo nel caso di informazioni o atti concernenti la sicurezza nazionale o dell'Unione o le relazioni sovranazionali e internazionali. Quindi, ad avviso del Consiglio di Stato, il vuoto normativo in tema di “prova confidenziale” non può essere colmato neppure in via analogica con il diritto europeo, per il principio di autonomia procedurale dello Stato membro nella definizione delle regole di rito dei procedimenti giudiziari e le previsioni costituzionali di cui agli articoli 24 e 111 Cost. sul giusto processo e sul diritto delle parti di agire e difendersi in giudizio in condizioni di parità. Inoltre, osserva il Consiglio di Stato, l'oggetto del giudizio nel caso di specie non riguarda le citate ipotesi di deroga contemplate dal diritto comunitario e né viene in rilievo un segreto qualificato, che comunque allo stato della disciplina nazionale non può consentire deroghe al contraddittorio. Per di più, il Consiglio di Stato richiama anche la disposizione dell'art. 3, comma 4, d.lgs. n. 3/2017, che in caso di produzione di documenti su ordine di esibizione del giudice, impone l'obbligo del segreto alle parti che vengono a conoscenza degli atti riservati del processo, precisando che tale norma non consente la produzione di prove totalmente segrete o confidenziali che pregiudicherebbero il contraddittore processuale. Infatti, le ulteriori cautele previste dalla disposizione citata sono disposte per bilanciare la riservatezza ed il diritto alla difesa senza sottrarre le prove al contraddittorio o l'esclusione totale dello stesso come avviene per la c.d. prova confidenziale, che viene conosciuta dal giudice e non dall'altra parte del rapporto processuale. Il Consiglio di Stato conclude affermando che in ogni caso la documentazione procedimentale riservata ad un certo punto è ostensibile, sebbene fino a tale momento non può essere utilizzata nel processo se non per scelta della parte che la produce, con l'effetto tipico di esporla al contraddittorio, ove non ritenga di omissarla. Il Consiglio di Stato ha respinto l'istanza di riesame. |