Iscrizione scolastica e ora di religione: il Giudice non interviene se c’è un precedente accordo tra genitori

14 Dicembre 2023

La questione attiene sia allo strumento processuale cui ricorrere in caso di disaccordo tra i genitori in ordine a scelte inerenti l’esercizio della responsabilità genitoriale, sia ai limiti del potere di intervento del Giudice nel caso in cui vi sia un previo accordo tra genitori che successivamente uno dei due chieda di superare

Massima

Il contrasto relativo alla scelta della scuola, come anche quello sulla frequenza dell’ora di religione cattolica, integrano una controversia in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale, che segue le regole del procedimento ex art. 473-bis.38 c.p.c.

Il Giudice non può tuttavia intervenire superando un precedente accordo tra genitori, tanto più se non si ravvisa un concreto interesse del minore in tal senso.

Il caso

In un caso di affidamento condiviso, il padre chiedeva in via d’urgenza l’emissione di un provvedimento indifferibile ai sensi dell’art. 473-bis.15, che lo autorizzasse, senza il consenso materno, a iscrivere il figlio alla prima classe della scuola primaria presso una scuola diversa da quella rispetto alla quale i genitori si erano accordati, seppure a fronte della già preventiva iscrizione effettuata unilateralmente dal padre. Precisamente, il padre aveva, senza il consenso della madre, effettuato la preiscrizione del figlio presso due scuole primarie, in una delle quali tuttavia non v’era disponibilità di posti, sicché il bambino aveva iniziato l’anno scolastico nell’altra scuola. La madre aveva acconsentito. Liberatosi successivamente un posto nella scuola diversa, l’uomo chiedeva di essere autorizzato a spostare il figlio ma la madre si opponeva, e chiedeva in via riconvenzionale sia che fosse disposto l’obbligo in capo all’uomo di consegnare il passaporto italiano del figlio alla madre come da accordo in precedenza ratificato dal Tribunale, sia che fosse concesso il nulla osta per far frequentare al figlio l’ora di religione cattolica a scuola.

La questione

La questione attiene sia allo strumento processuale cui ricorrere in caso di disaccordo tra i genitori, cui il figlio sia affidato in via condivisa, in ordine a scelte inerenti l’esercizio della responsabilità genitoriale, come quelle inerenti alla scuola e all’insegnamento della religione cattolica, sia ai limiti del potere di intervento del Giudice nel caso in cui vi sia un previo accordo tra genitori che successivamente uno dei due chieda di superare, diversamente decidendo, con una autorizzazione giudiziale.

Le soluzioni giuridiche

Il Giudice, in virtù del potere di “switch” processuale conferito dalla norma generale di cui all'art. 4 d. lgs. n. 150/2011 in caso di erronea introduzione del processo, ossia di mutamento del rito  se il procedimento è stato introdotto erroneamente, qualifica il ricorso, presentato dal padre ex art. 473-bis.15 c.p.c. , ai sensi dell'art. 473-bis.38 c.p.c., al contempo ritenendo che non sussistano i presupposti per una decisione inaudita altera parte, essendo carenti i presupposti di cui al sesto comma del citato articolo (vale a dire il pericolo attuale e concreto, desunto da circostanze specifiche e oggettive, di sottrazione del minore o di altre condotte che potrebbero pregiudicare l'attuazione del provvedimento).

Correttamente viene esclusa l'ammissibilità della domanda volta ad attuare l'obbligo di consegna di una cosa determinata (il passaporto del minore) poiché non si tratta di una statuizione relativa all'affidamento del minore, né della soluzione di una controversia in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale.

Passando all'esame del merito della domanda principale, ossia dell'iscrizione del figlio presso una scuola diversa da quella frequentata e scelta con l'accordo dei genitori (seppure il consenso materno fosse intervenuto a iscrizione già unilateralmente fatta dal padre), il Giudice ritiene che non gli sia conferito il potere di superare l'intesa sulla scuola già raggiunta dai genitori autorizzando il cambio di istituto richiesto solo da uno dei due, non sussistendo ragioni giustificatrici, trattandosi di due istituti pubblici entrambi idonei e rispetto ai quali non erano emerse, per nessuno dei due, fatiscenze o inidoneità strutturali. Tanto più che il bambino aveva già iniziato l'anno scolastico inserendosi positivamente e ritrovando in classe altri amici. L'istanza sul punto viene quindi correttamente respinta.

Parimenti respinta è la domanda riconvenzionale di ottenere il nulla osta alla frequenza dell'ora di religione cattolica: il padre, di fede ebraica, sosteneva che i genitori si fossero accordati per far professare al figlio solo quella religione, mentre la madre invocava un diverso accordo per cui al figlio era consentito di professare anche la fede cattolica. Il Giudice evince che i genitori avessero concordato di non avvalersi dell'ora di insegnamento scolastico della religione cattolica dal fatto che, avendo l'accordo per la regolamentazione dell'affidamento disciplinato sia le festività cattoliche che quelle ebraiche, le due diverse fedi religiose erano state poste sullo stesso piano, sicchè, coerentemente, a ciò era conforme la scelta paterna di non avvalersi dell'ora di religione cattolica.

Osservazioni

Il provvedimento che si annota consente di fare chiarezza sull'utilizzo delle nuove regole processuali nella materia della giustizia familiare introdotte dalla cd. Riforma Cartabia, in particolare segnando il distinguo applicativo tra i provvedimenti indifferibili (art. 473-bis.15) e quelli resi dal Giudice quando si tratti di risolvere le controversie in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale.

Quanto ai primi, si tratta di un provvedimento reso all'esito di un procedimento di natura cautelare, proposto incidentalmente nell'ambito del giudizio di merito, e che regola ad interim il lasso di tempo che trascorre tra il deposito del ricorso e l'udienza di comparizione ex art. 473-bis.21, allorché occorra adottare una misura interlocutoria urgente rispetto a situazioni che richiedono tutela immediata. Con siffatta speciale procedura è risolta definitivamente l'annosa questione dell'ammissibilità o meno del procedimento cautelare exart. 700 c.p.c. nel processo di famiglia, tema sula quale si è a lungo dibattuta la dottrina, mentre la giurisprudenza in rari casi ha dato risposta affermativa (ad esempio, in senso favorevole, Trib. Bari, 14 ottobre 2007; in senso contrario Trib. Bologna ord. 3 luglio 2020, Trib. Trani, 7 novembre 2008).

Per quanto sia quindi da accogliere molto favorevolmente la nuova previsione, se ne deve fare buon uso: nei primi mesi d'applicazione della Riforma, infatti, la tendenza è stata quella di catalogare quale “indifferibile” la richiesta di qualsivoglia provvedimento, con inevitabili decreti di rigetto. I presupposti per l'adozione sono costituiti dalla necessaria presenza, disgiunta e non concorrente, di due condizioni: il pregiudizio imminente e irreparabile e l'evenienza che l'instaurazione del contraddittorio potrebbe vanificare l'attuazione del provvedimento. Il procedimento, infatti, comporta l'adozione della misura inaudita altera parte, salvo poi confermare, modificare o revocare il provvedimento dato all'esito di una udienza apposita (che la relazione illustrativa definisce “udienza di convalida”), entro i successivi 15 giorni (nel caso di decreto di rigetto dell'istanza, l'udienza non viene fissata).

La norma non individua le ipotesi applicative, limitandosi a circoscriverle a quelle connotate da “necessità” (si parla infatti di “provvedimenti necessari”), dunque si tratta di provvedimenti atipici rispetto ai quali il Giudice è dotato di discrezionalità ampia (Lupoi, Le misure provvisorie e la loro impugnativa, in AA.VV. La riforma del processo e del giudice per le persone, per i minorenni e per le famiglie, a cura di C. Cecchella, Torino, 2023 p. 93). In ogni caso occorre allegare il rischio che la convocazione della controparte possa pregiudicare l'attuazione del provvedimento, poiché solo il periculum può giustificare la pronuncia inaudita altera parte (Graziosi, Sui provvedimenti provvisori ed urgenti nell'interesse dei genitori e dei figli minori, in Fam. Dir. 2022, p.373). È chiaro comunque che, ai fini dell'adozione del decreto, che è provvisoriamente esecutivo, non viene svolta una istruttoria approfondita, in che tuttavia non esclude un'istruttoria sommaria accelerata da parte del Giudice (che infatti può “assumere sommarie informazioni”).

La prassi applicativa più frequente riguarda finora casi in cui v'è il rischio di sottrazione del minore, Trib. Ancona decr. 13 ottobre 2023, affidamento e collocamento provvisorio del minore Trib. Roma 22 luglio 2023, previsione di un assegno di mantenimento Trib. Ravenna decr. 14 ottobre 2023 e Trib. Verona decr. 4 ottobre 2023, cambio di collocamento Trib. Bari decr. 5 ottobre 2023, frequentazione padre/figlio Trib. Trento 7 settembre 2023, solo a titolo esemplificativo.

Fatte queste premesse, senza alcuna pretesa di esaustività sul tema, cui si rimanda ad autorevoli fonti (ad esempio, Vullo, Provvedimenti indifferibili, temporanei ed urgenti, in Fam Dir. 2023 p. 982 ss.; Buffone, I provvedimenti ad interim, NLCC, n. 4-5, 1 luglio 2023, p. 872), il decreto del Tribunale di Roma correttamente esclude che l'istanza con cui il genitore chiede in via d'urgenza di emettere un provvedimento che lo autorizzi, senza il consenso dell'altro, ad iscrivere il figlio a una scuola diversa da quella frequentata, possa essere idonea ad instaurare lo speciale procedimento ex art. 473-bis.15: non sussistono infatti i presupposti richiesti dalla norma per l'adozione di un provvedimento indifferibile, né sotto il profilo del pregiudizio imminente ed irreparabile, né il fatto che la convocazione delle parti potrebbe pregiudicare l'attuazione del provvedimento.

Si tratta piuttosto di dirimere un contrasto tra genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale, cui a seguito della Riforma Cartabia, è deputato lo strumento del ricorso (e il correlato procedimento) previsto ex art. 473-bis.38 c.p.c.: mediante tale procedimento infatti si affrontano i problemi attuativi, che possono essere, appunto un contrasto tra titolari ed esercenti la responsabilità genitoriale sulle decisioni di particolare importanza per il minore (sulla scorta del “vecchio” art. 709-ter c.p.c.) ovvero le difficoltà di esecuzione in concreto delle prescrizioni contenute nel provvedimento giudiziale.

Premesso che  “il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue  capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni” ex art. 315-bis c.c. comma 1, le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore devono essere assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. Allorchè i genitori non siano in grado di comporre i loro dissidi e trovare un accordo sulla linea educativa, la decisione è rimessa al giudice. In tal senso si esprime l'art. 337-ter comma 3 c.c. ma anche il novellato art. 316 c.c. che detta la regola d'esercizio della responsabilità genitoriale nell'ambito della famiglia unita, disponendo che in caso di contrasto su questioni di particolare importanza, tra le quali quelle relative all'istituto scolastico del figlio minorenne, onde evitare la “paralisi”, ciascuno dei genitori possa ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei: se non si riesce a raggiungere una soluzione concordata sarà il Giudice ad adottare la soluzione che ritiene più adeguata all'interesse del figlio sempre tenendo conto del bene del minore (secondo la formulazione antecedente la riforma Cartabia, il giudice era autorizzato a delegare la scelta al genitore ritenuto più adatto a proteggere l'interesse del minore, così preservando la parità tra i genitori, ma non altrettanto efficacemente tutelando il minore).

Ma l'art. 473-bis.38 ha uno spettro applicativo per più ampio, rappresentando quello della soluzione delle controversie solo uno, che si affianca all'altro dell'attuazione dei provvedimenti sull'affidamento del minore. Il tema è tra quelli più interessanti ma anche più problematici cui la Riforma ha dato origine, anche per la formulazione non chiarissima della norma. Non è questa la sede per approfondirlo, se non per linee generali. Basti dirsi che uno dei pregi dell'innovazione legislativa è quello di dare risposta all'esigenza di effettività della tutela giurisdizionale particolarmente viva nei casi in cui vi siano difficoltà applicative di provvedimenti che regolano l'affidamento dei figli e l'esercizio della responsabilità genitoriale: dovendosi escludere infatti il ricorso all'esecuzione forzata (ad esempio è impensabile per le implicazioni emotive e psicologiche ipotizzare l'esecuzione di un obbligo di consegna del minore al genitore non collocatario, sul tema Donzelli, I provvedimenti nell'interesse dei figli minori ex art. 709-ter c.p.c., Torino 2018, dello stesso autore L'attuazione dei provvedimenti sull'affidamento e i provvedimenti in caso di inadempienze e violazioni , in NLCC, 2023, pp. 915ss), occorre trovare altre vie attuative. Ne sono state regolate due, diverse ma tra loro imprescindibili: quella dell'attuazione diretta (art. 473-bis.38) e indiretta (art. 473-bis.39). A quest'ultima norma sono affidate le sanzioni dell'esecuzione indiretta già disciplinate dall'art. 709-ter c.p.c., con una novità rappresentata dalla possibilità che il Giudice, su domanda di parte o d'ufficio, individui ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c. la somma di denaro da comminare all'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento.

L'art. 473-bis.38 costituisce invece una novità, e regola un procedimento “speciale” con cui il Giudice “dell'attuazione” (che è anche il Giudice del merito) tenta di fare accordare le parti sulla controversia relativa all'esercizio della responsabilità genitoriale o sulle modalità di attuazione dei provvedimenti pronunciati  in tale materia e in quella dell'affidamento della prole minorenne e, se il tentativo fallisce, in virtù degli ampi poteri che gli sono conferiti attua detti provvedimenti anche con misure coercitive, financo la forza pubblica.

Il procedimento è unico e di carattere sommario, si promuove con ricorso cui segue la fissazione di un'udienza in cui, per garantire il contraddittorio, devono essere sentiti i genitori o coloro che esercitano in loro vece la responsabilità genitoriale, nonché, se nominato, il curatore speciale. È possibile l'adozione del provvedimento anche inaudita altera parte ma solo se il Giudice rileva un pericolo attuale e concreto, desunto da circostanze specifiche e oggettive, di sottrazione del minore o di altre condotte che potrebbero pregiudicare l'attuazione del provvedimento.

Tornando al provvedimento che si annota: quello del contrasto sull'iscrizione scolastica è senza dubbio un caso che rientra nel novero di quelli che vanno affrontati col procedimento di cui all'art. 473-bis.38. Nel caso di specie, non sussistendo alcun concreto ed attuale pericolo, non v'era ragione per provvedere inaudita altera parte.

Parimenti corretta è la dichiarazione d'inammissibilità dell'istanza, sia paterna che materna, cui il Giudice perviene. Infatti, quanto alla richiesta autorizzazione di iscrivere il figlio alla prima classe primaria di un istituto diverso da quello che frequentava (e che i genitori, seppur solo in una seconda fase, avevano scelto concordemente), a fronte della sopravvenuta disponibilità della scuola di accogliere il bambino, il Giudice ritiene di non potersi arrogare il potere di decidere diversamente in ordine a una scelta che i genitori avevano prima concordato, avallando e autorizzando il mutamento di scelta di uno solo dei due, non ravvisandosi di fatto alcuna ragione valida cui farsi riferimento in virtù del superiore interesse, morale e materiale, del minore coinvolto (sui criteri che devono guidare il Giudice nel caso di contrasto tra i genitori sulla scelta del percorso scolastico del figlio minore, di recente, Cass. civ., ord. 19 settembre 2023, n. 26820).

Analogo principio è sottesa al rigetto della richiesta materna d'autorizzazione di far frequentare il figlio l'ora di religione cattolica a scuola: il Giudice deduce dalle allegazioni di entrambe le parti in causa e dal fatto che con la separazione avevano disciplinato sia le festività cattoliche che ebraiche, che i genitori non avessero inteso preferire un credo all'altro quanto all'educazione religiosa del figlio. Il Giudice, quindi, non può sostituirsi a nessuno dei due nell'operare una scelta diversa, tanto più che non sussiste alcun contrario preminente interesse del minore da perseguire.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.