Recesso ante tempus del conduttore per sopravvenuto andamento favorevole della congiuntura aziendale

27 Dicembre 2023

La Suprema Corte continua nell’opera volta a perimetrare i requisiti che legittimano il recesso ante tempus del conduttore nelle locazioni commerciali, nella specie, confermando la sentenza di merito che aveva escluso la legittimità dell’iniziativa dello stesso conduttore, il quale, intendendo sciogliersi anticipatamente dal vincolo contrattuale sul presupposto dell’esistenza di “gravi motivi”, aveva giustificato la sua condotta esclusivamente sulla base dell'incremento di sole sette unità del personale necessitante di una postazione fissa, tenuto conto, altresì, che la superficie destinata ad uso ufficio nell'immobile oggetto della locazione in atto era superiore a quella di cui il conduttore avrebbe disposto nel nuovo immobile.

Massima

In tema di contratto di locazione di immobile adibito ad uso non abitativo, qualora, a fondamento del recesso ex art. 27, comma 8, della l. n. 392/1978, il conduttore deduca il sopravvenuto andamento favorevole della congiuntura aziendale, la gravosità della persistenza del rapporto locativo deve essere valutata oggettivamente ed in concreto, utilizzando come parametri comparativi, da un lato, la dimensione e le caratteristiche del bene locato e del nuovo locale e, dall'altro, le nuove esigenze di produzione e di commercio dell'azienda, non essendo, di per sé, sufficiente l'incremento del fatturato aziendale o del personale lavorante.

Il caso

La fattispecie sostanziale - giunta allo scrutinio del Supremo Collegio - registrava un contratto di locazione, stipulato il 18 gennaio 2012, con cui Tizio concedeva a Caio l’unità immobiliare di sua proprietà per lo svolgimento dell’attività aziendale; tuttavia, con lettera raccomandata del 30 ottobre 2015, il conduttore esercitava, ex art. 27 della l. n. 392/1978, il diritto di recesso anticipato dal rapporto.

Ciò premesso - per quel che qui rileva - il locatore conveniva in giudizio il conduttore, al fine di far accertare l’illegittimità del recesso per difetto dei relativi presupposti, e per sentir dichiarare la prosecuzione del rapporto di locazione, con condanna della controparte al pagamento dei canoni di locazione afferenti le mensilità da maggio 2016 ad aprile 2017.

Si costituiva il conduttore, insistendo per il rigetto di tutte le domande.

Il Tribunale dichiarava la legittimità del diritto di recesso esercitato dal conduttore e l’intervenuto scioglimento, con decorrenza dal mese di maggio dell’anno 2016, del contratto di locazione, respingendo, altresì, la domanda di pagamento dei canoni di locazione.

Il locatore proponeva gravame avverso la sentenza di primo grado, e la Corte d’Appello, riformando in parte qua la sentenza impugnata, riteneva illegittimo il recesso esercitato dal conduttore, dichiarando efficace, sino alla scadenza del 31 gennaio 2018, il contratto di locazione, e condannando l’appellato al pagamento della somma di € 18.396,00, a titolo di canoni di locazione, oltre interessi.

Il giudice distrettuale - premesso che, nella lettera del 30 ottobre 2015, il conduttore aveva comunicato il recesso dal rapporto, deducendo gravi motivi riguardanti la “congiuntura favorevole che non poteva essere rilevata al momento della sottoscrizione del contratto in oggetto in quanto sopravvenuta e imprevedibile”, con conseguente necessità di ampliare la propria struttura per soddisfare le esigenze di produttività, stante l’insufficienza dei locali oggetto di locazione a soddisfare l’adeguato svolgimento dell’attività di impresa - riteneva mancante la prova che l’andamento dell’impresa, in conseguenza della congiuntura economica, presentasse connotazioni tali da giustificare il recesso, sottolineando che ogni valutazione dovesse essere esclusivamente concentrata sulle circostanze indicate nella lettera di disdetta e non anche sulle ulteriori ragioni poste a giustificazione del recesso esplicitate successivamente alla dichiarazione di recesso.

Il conduttore, soccombente nel giudizio di secondo grado, proponeva ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare se, nel caso concreto, il conduttore avesse esercitato legittimamente, o meno, il recesso ante tempus contemplato, nelle locazioni commerciali, dall’art. 27 della l. n. 392/1978.

Nello specifico, il ricorrente sosteneva che la specificazione dell’avvenuta crescita del numero dei dipendenti occupati presso gli uffici aziendali, con derivata insufficienza degli spazi a disposizione, rappresentava una mera esemplificativa ragione di fatto già contenuta nella lettera di recesso e poteva, pertanto, essere oggetto di approfondimento nella fase giudiziale in ragione della avversa contestazione, sicché non potevano essere trascurati tutti gli altri elementi allegati e provati documentalmente (quali l’aumento del numero dei dipendenti, il numero delle commesse, l’aggiudicazione di nuove numerose gare di appalto, il numero dei clienti, la necessità di assicurare anche il rispetto della normativa dettata dall’ordinamento in materia di sicurezza e di tutela della salute).

Soggiungeva il ricorrente che, in ipotesi di esponenziale crescita delle dimensioni dell’azienda, si imponeva la necessità di assegnare a ciascun lavoratore impiegato negli uffici un vano autonomo, non condiviso con altri, anche per meglio gestire la clientela; pertanto, anche permanendo la stessa mole di addetti amministrativi, le mutate esigenze correlate allo sviluppo giustificavano l’individuazione di una nuova sede più capiente ed idonea, rendendo più gravosa la permanenza nei precedenti spazi ristretti ed angusti.

Si evidenziava, infine, che fosse palese la differenza esistente tra il locale di cui al rapporto di locazione e la nuova sistemazione, per cui, a fronte degli indiscussi elementi oggettivi di enorme aumento delle dimensioni di tutti i fattori aziendali, estranei alla volontà dell’imprenditore, la Corte territoriale non avrebbe dovuto affermare l’illegittimità del recesso dal contratto di locazione

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto tutte le suddette doglianze infondate.

Riguardo all'individuazione dei “gravi motivi” previsti, dall'art. 27, ultimo comma, della l. n. 392/1978, a fondamento del legittimo esercizio del recesso dal contratto di locazione, da parte del conduttore, si è ricordato il principio per cui, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, ai fini del valido ed efficace esercizio del diritto potestativo di recesso del conduttore, è sufficiente che egli manifesti al locatore - con lettera raccomandata o altra modalità equipollente - il grave motivo per cui intende recedere dal contratto di locazione, senza avere anche l'onere di spiegare le ragioni di fatto, di diritto o economiche su cui tale motivo è fondato, né di darne la prova, perché queste attività devono esser svolte in caso di contestazione da parte del locatore.

Tuttavia, trattandosi di recesso “titolato” - e in ciò distinguendosi dal recesso ad nutum - la comunicazione del conduttore non può prescindere dalla specificazione dei motivi, con la conseguenza che tale requisito inerisce al perfezionamento della stessa dichiarazione di recesso e, al contempo, risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo (Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2012, n. 549; Cass. civ., sez. III, 24 aprile 2008, n. 10677; Cass. civ., sez. III, 29 marzo 2006, n. 7241; Cass. civ., sez. III, 26 novembre 2002, n. 16676), dovendo conseguentemente escludersi che il conduttore possa esplicitare successivamente le ragioni della determinazione assunta (Cass. civ., sez. III, 30 giugno 2015, n. 13368).

Le ragioni che consentono al conduttore di liberarsi del vincolo contrattuale devono, inoltre, essere determinate da avvenimenti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione.

Con riferimento, poi, all'andamento dell'attività aziendale, può integrare grave motivo, legittimante il recesso del conduttore, non solo un andamento della congiuntura economica sfavorevole all'attività di impresa, come è di intuitiva evidenza (Cass. civ., sez. III, 24 settembre 2019, n. 23639; cui adde, da ultimo, Cass. civ., sez. III, 9 maggio 2023, n. 12461), ma anche uno favorevole - purché sopravvenuto e oggettivamente imprevedibile (al momento della stipula del contratto) - che lo obblighi ad ampliare la struttura aziendale in misura tale da rendergli particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo (Cass. civ., sez. III, 21 aprile 2010, n. 9443; Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2004, n. 3418; Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 1996, n. 10980).

Nel caso di sopravvenuto andamento favorevole della congiuntura aziendale, i fatti, per essere tali da rendere oltremodo gravosa la prosecuzione del contratto, devono, innanzitutto, presentare una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine all'opportunità ed alla mera vantaggiosità di continuare a occupare l'immobile locato, poiché, in tal caso, si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso ad nutum, contrario all'interpretazione letterale, oltre che allo spirito della suddetta norma (Cass. civ., sez. III, 28 febbraio 2008, n. 5293; Cass. civ., sez. III, 8 marzo 2007, n. 5328).

In tal caso, pertanto, la gravosità della persistenza del rapporto locativo deve essere valutata oggettivamente ed in concreto, utilizzando come parametri comparativi, da una parte, la dimensione e le caratteristiche del bene locato e del nuovo locale e, dall'altra, le sopravvenute nuove esigenze di produzione e di commercio dell'azienda.

Ne consegue che il giudice del merito non può limitarsi a prendere in considerazione il fatto che vi sia stato un aumento del fatturato aziendale o un aumento del personale lavorante, indici, di per sé soli, utili ma non sufficienti al fine propostosi, ma deve altresì verificare, sulla base delle prove raccolte - il cui onere spetta al conduttore recedente secondo i principi generali in materia di ripartizione dell'onere probatorio - se nello specifico ed in concreto le caratteristiche dell'immobile oggetto di locazione siano divenute inadeguate alla accresciuta dimensione dell'azienda, così da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la prosecuzione del rapporto locativo (Cass. civ., sez. III, 29 aprile 2015, n. 8706; Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2012, n. 10624).

Osservazioni

In effetti, la Corte territoriale ha fatto piena e corretta applicazione dei suddetti principi, rilevando che, nel caso di specie, mancava la prova che l'andamento dell'impresa, in conseguenza della congiuntura economica, presentasse connotazioni tali da giustificare il recesso: nello specifico, a fondamento del relativo ragionamento decisorio, si sono poste le seguenti considerazioni.

In primo luogo, si è incentrata l'attenzione sul numero dei dipendenti svolgenti attività “all'interno degli uffici”, trattandosi della ragione addotta a giustificazione del recesso dal contratto di locazione, ponendo in rilievo che le risultanze istruttorie avevano consentito di acclarare che le unità lavorative, appartenenti all'area amministrativa, che operavano all'interno dei locali aziendali, per un numero totale, nel 2015, di 19, non avevano tutte l'esigenza di una postazione fissa in ufficio - come asserito dal conduttore - tanto che, nella nuova sede sociale, erano state allestite “circa 14 postazioni fisse”; circostanza, questa, che imponeva di escludere una rilevante diversità tra la situazione al momento in cui lo stesso conduttore aveva manifestato la volontà di recedere dal contratto (2015) e quella esistente al momento della stipulazione del contratto (2012), quando, secondo quanto emergeva dalla nota integrativa al bilancio chiuso al 31 dicembre 2012, il numero degli addetti all'area amministrativa era pari a 12, in difetto di prova - non offerta dal conduttore - che la differenza di sole 7 unità (computata tra le 12 del 2012 e le 19 del 2015) potesse avere impattato in maniera “oltremodo gravosa” sulla prosecuzione del rapporto locativo.

Si è, invece, escluso che potesse assumere rilevanza ai fini decisori un eventuale aumento degli altri dipendenti estranei all'area amministrativa, poiché essi espletavano la loro attività all'esterno della sede sociale e degli uffici aziendali - come era emerso dalle testimonianze raccolte - con la conseguenza che “l'implementazione di sole 7 unità di personale amministrativo non pareva configurare una situazione di particolare gravosità in considerazione di una superficie locatizia maggiore nell'immobile oggetto del contratto de quo rispetto a quella - dedicata agli uffici - inferiore presente negli spazi ove ha traslocato il conduttore”.

In secondo luogo, si è comparata la superficie dell'immobile oggetto di locazione e quella dell'immobile nel quale il conduttore si era trasferito, verificando gli spazi adibiti ad ufficio, che - secondo la prospettazione di quest'ultimo - erano divenuti inidonei per l'imprevisto sviluppo della dimensione aziendale, riscontrando che la superficie dell'immobile oggetto di locazione destinata dal conduttore ad uso ufficio si estendeva per mq. 394,00 ed era superiore, quindi, a quella di cui lo stesso disponeva nel nuovo immobile, pari a mq. 324,04.

In terzo luogo, si sono prese in considerazione le osservazioni del conduttore relative ad una presunta non adattabilità ad ufficio della “zona del primo piano” e una inutilizzabilità limitata a “poche decine di metri quadri siti tutti al secondo piano” quale area uffici e reception, verificando - sempre in esito alle risultanze istruttorie - che “la mancata adibizione ad ufficio del primo piano era stata determinata da esigenze di riservatezza della banca” (presente in loco) e, quindi, per motivi estranei alla natura dei locali e ricondotte a motivi di preservazione dei rapporti con i vicini confinanti”.

Quanto, infine, al presunto mancato rispetto della normativa in tema di salute e sicurezza nell'ambiente di lavoro (d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81) - pure invocato dal conduttore a giustificazione del recesso - si è escluso che risultasse violato, nell'immobile de quo, l'obbligo per il datore di lavoro di mettere a disposizione di ogni dipendente una “superficie di almeno mq. 2 (come previsto dall'allegato 4, punto 1.2.1.3. del d.lgs. 81/2008)”.

Da quanto sopra, si evince che il giudice distrettuale, ritenendo correttamente “motivi non dedotti” nel negozio di recesso quello che la parte ricorrente sosteneva essere “mera specificazione dei motivi in esso indicati”, non avesse tralasciato di considerare tutti i fatti decisivi ed avesse argomentato adeguatamente sul merito della controversia con una motivazione sufficiente, logica e non contraddittoria, sicchè, non essendo ravvisabili vizi logici o giuridici nel percorso argomentativo, l'impugnata decisione è stata confermata dagli ermellini.

Resta inteso che la sussistenza o meno degli elementi che rendono particolarmente gravosa la prosecuzione del rapporto locativo, costituendo uno dei presupposti necessari perché siano ravvisabili i gravi motivi che legittimano il recesso del conduttore ex art. 27, ultimo comma, della l. n. 392/1978, non può che essere rimessa all'apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se - come nel caso in esame - è sorretto da congrua e coerente motivazione (Cass., n. 10624/2012, cit.; Cass., n. 8706/2015, cit.).

Riferimenti

Celeste, Locazioni commerciali: requisiti per lo scioglimento anticipato del vincolo contrattuale, in IUS Condominio e locazione, 10 febbraio 2023;

Di Marzio, Commento all’art. 27 della legge n. 392/1978, in Codice delle locazioni diretto da Celeste, Milano, 2020, 572;

Scripelliti, Il recesso del conduttore nelle locazioni non abitative: il contratto ha forza di legge (art. 1372 c.c.) per entrambe le parti?, in Arch. loc. e cond., 2013, 778;

Carrato, I presupposti per il legittimo esercizio del conduttore di immobile commerciale, in Corr. giur., 2012, fasc. 4, 508;

Izzo, Il recesso del conduttore nelle locazioni non abitative e le condizioni di validità ed efficacia, in Giust. civ., 2008, I, 1271;

Petti, Recesso convenzionale del conduttore di immobili urbani ad uso non abitativo e termine di preavviso, in Contratti, 2007, 745;

Castellazzi, I “gravi motivi” di recesso nell'uso diverso e alcune perplessità (e puntualizzazioni) sulla giurisprudenza al proposito, in Arch. loc. e cond., 2005, 397;

Carrato, Ancora sulle modalità attinenti al recesso anticipato del conduttore in tema di locazione di immobili adibiti ad uso commerciale od equiparato, in Rass. loc. e cond., 2004, 409;

Napolitano, Chiose sul recesso anticipato del conduttore e sui limiti all'eccezione di inadempimento nella locazione ad uso non abitativo, in Rass. giur. umbra, 2004, 19;

Tagliolini, Recesso del conduttore nella locazione non abitativa, in Immob. & proprietà, 2003, 394;

Gabrielli, Sulla necessità di specificare i gravi motivi nel recesso del conduttore di immobile urbano adibito ad uso diverso da quello abitativo, in Giust. civ., 1999, I, 2501;

Grisi, Il recesso anticipato del conduttore nella locazione di immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo, in Giust. civ., 1998, I, 512;

Grasselli, Il recesso del conduttore nella disciplina dell'art. 27, ultimo comma, della legge n. 392 del 1978, in Giust. civ., 1987, I, 432.

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