La prodigalità giustifica la nomina dell’amministratore di sostegno non privando il beneficiando della sua capacità giuridica

04 Gennaio 2024

La prodigalità di per sé non costituisce necessariamente espressione di una patologia psichica o psichiatrica e può non essere basata su una constatazione di alterazione delle facoltà mentali del beneficiando attestata da medici, ma su concrete condotte tali da porlo a rischio di indigenza.

Una moglie separata e titolare di assegno di mantenimento, chiedeva ed otteneva dal Giudice Tutelare del Tribunale la nomina di un amministratore di sostegno per il marito deducendo che questi aveva iniziato a manifestare un comportamento improntato alla prodigalità, con abituale larghezza nello spendere e rischiando eccessivamente rispetto alle proprie condizioni socio-economiche non riconoscendo più alcun valore oggettivamente attribuibile al denaro.

Il provvedimento di nomina dell'amministratore di sostegno veniva integralmente riformato dalla Corte d'appello territorialmente competente che respingeva la domanda di apertura dell'amministrazione di sostegno e compensava le spese di lite. Avverso tale provvedimento la ricorrente proponeva ricorso per cassazione sulla scorta di cinque motivi. L'intimato non compariva.

Con il primo motivo  si denunciava l'omesso esame circa fatti decisivi del giudizio riguardanti la prodigalità del resistente, emergenti in particolare dalle dichiarazioni rese dal fratello nonché dalla relazione redatta dall'amministratore di sostegno; con il secondo motivo si denunciava l'omesso esame circa fatti decisivi del giudizio riguardanti la relazione extraconiugale del resistente e quindi la sua prodigalità; con il terzo motivo si denunciava l'omesso esame circa fatti decisivi del giudizio riguardanti la soggezione del resistente all'influenza di terzi e quindi la sua prodigalità; con il quarto motivo si denunciava l'omesso esame circa fatti decisivi del giudizio riguardanti la consistenza del patrimonio residuo del resistente e quindi la sua prodigalità emergenti dalla perizia contabile redatta dal CTU, caratterizzata dalla condotta omissiva del marito il quale non consentiva la ricostruzione del suo patrimonio; con il quinto motivo si denunciava la violazione dell'art. 407, comma 3, c.c., per non avere la Corte d'appello disposto d'ufficio l'integrazione della perizia contabile o una nuova perizia con riguardo al valore dell'attuale patrimonio. La Suprema Corte ritiene che i motivi vadano trattati congiuntamente per connessione, sono fondati e vanno accolti.

La Cassazione precisa che per focalizzare l'attenzione su una prospettata condizione di prodigalità, la giurisprudenza ormai consolidata (Cass. civ. sez. I, 7 marzo 2018, n. 5492Cass. civ. sez. I, 26 luglio 2013, n. 18171) ritiene che l'amministrazione di sostegno può pronunciarsi nell'interesse del beneficiario anche in presenza dei presupposti di interdizione ed inabilitazione, e dunque anche con riguardo alla prodigalità. La prodigalità è stata definita come un comportamento abituale caratterizza da larghezza nello spendere, nel regalare o nel rischiare in maniera eccessiva ed esorbitante rispetto alle proprie condizioni socio-economiche ed al valore oggettivamente attribuibile al denaro, indipendentemente da sua derivazione da specifica malattia o comunque infermità e, quindi, anche quando si traduca in atteggiamenti lucidi, espressione di libera scelta di vita, purchè sia ricollegabile a motivi futili, ad esempio frivolezza, vanità, ostentazione del lusso, disprezzo per coloro che lavorano o a dispetto dei vincoli di solidarietà familiare.

La prova della prodigalità può desumersi da presunzioni gravi, precise e concordanti, ricavate dal complesso degli indizi da valutarsi nel loro insieme.

La condotta serbata nel corso dello svolgimento della CTU contabile dal resistente, pur non potendo costituire univoco indizio di prodigalità, non è nemmeno un elemento neutro, atteso che propria la condotta aveva inficiato i risultati dell'accertamento tecnico contabile e impedito la piena comprensione della rilevantissima vicenda dissolutoria del patrimonio del beneficiando che aveva indotto la richiesta di apertura dall'amministrazione di sostegno, tanto più che l'amministrando non ha illustrato le ragioni delle sue scelte, non ha chiarito la destinazione di gran parte delle somme conseguite e non ha nemmeno mostrato di essere pienamente consapevole delle situazione di grave pregiudizio nelle quale poteva trovarsi.

In conclusione, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso; il decreto impugnato veniva cassato con rinvio della causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, innanzi alla Corte d'appello, in diversa composizione.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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