I vizi della res locata non esonerano il conduttore dal pagare i canoni

Vito Amendolagine
09 Gennaio 2024

La sentenza del Tribunale di Massa si sofferma sulle conseguenze derivanti dalla riscontrata situazione di inadempimento del conduttore al pagamento dei canoni di locazione, sfociate nell’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto introdotta con l’intimato sfratto per morosità, rispetto al quale non può trovare accoglimento la domanda di risarcimento del danno proposta dal conduttore per effetto dell’inesistenza di prova dei vizi della cosa locata, il cui onere grava sul medesimo, risultando inammissibile la correlata domanda di nullità del rapporto negoziale.

Massima

I vizi della cosa locata sono quelli che ne impediscono o riducono notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, indipendentemente dalla loro eliminabilità e dal fatto che abbiano carattere originario, ben potendo manifestarsi successivamente alla conclusione del contratto di locazione, in tale ottica, non rilevando che il conduttore all'atto della stipulazione abbia dichiarato di avere trovato l’immobile in buono stato ed adatto all'uso convenuto, atteso che la conoscenza dei vizi da parte del conduttore non libera il locatore da responsabilità, né la limita se i vizi sono tali da renderne impossibile il godimento.

Il caso

La fattispecie attiene all’azione di risoluzione contrattuale intrapresa dal locatore con l’intimato sfratto per morosità nei confronti del conduttore, il quale eccepisce l’inadempimento del locatore alle obbligazioni derivanti dal contratto per effetto dei vizi presenti nell'immobile locato pregiudizievoli alla salute del conduttore e dei familiari conviventi, con la condanna del medesimo al risarcimento del danno alla salute e la compensazione delle somme pretese a titolo di canoni locatizi.

La questione

La quaestio juris esaminata dal Tribunale verte sia sull’esame della domanda principale del locatore di risoluzione per inadempimento del conduttore al pagamento dei canoni di locazione sia su quella introdotta dal convenuto riguardante la dedotta nullità del rapporto ed in subordine, il risarcimento del danno lamentato a seguito della riscontrata esistenza di vizi della cosa locata e la sua inidoneità al godimento.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale adìto, rilevata preliminarmente la fondatezza della richiesta di risoluzione avanzata da parte attrice la quale ha assolto all'onere che alla medesima incombe ex art. 2697, comma 1, c.c., fornendo prova della sussistenza di una legittima fonte di obbligazione rappresentata dal contratto di locazione ritualmente stipulato e registrato, sulla cui scorta ha addotto l'inadempimento grave del conduttore per effetto del mancato pagamento dei canoni, rigetta le restanti domande introdotte dal convenuto, rilevandone l'assoluta infondatezza, a tale fine, aderendo all'orientamento giurisprudenziale secondo cui i fenomeni di umidità siano annoverabili non tra le riparazioni necessarie a mantenere la cosa in stato da servire all'uso convenuto, bensì tra i vizi costituenti cose pericolose per la salute in quanto hanno esposto a serio pericolo la salute dei familiari del medesimo conduttore, i quali, pur alterando l'equilibrio delle prestazioni corrispettive, con particolare riferimento all'idoneità all'uso della cosa locata, non derivano da un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ai sensi dell'art. 1575 c.c.

Il rigetto delle domande del convenuto è giustificato dal fatto che sono rimaste mere affermazioni di principio, destituite di prova, di talché il conduttore non ha adempiuto agli oneri che allo stesso incombono ex art. 2697 c.c., non senza considerare che, ove le condizioni dell'immobile fossero effettivamente state quelle asserite dal conduttore, con la conseguente idoneità ab initio del bene ad essere abitato, ciò non avrebbe comportato né la nullità del contratto né il diritto del conduttore a goderne senza pagare il corrispettivo della locazione, ma unicamente la sua facoltà di recesso.

Osservazioni

La pronuncia in commento del Tribunale di Massa aderisce al noto orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo cui costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti dell'art. 1578 c.c. quelli che investono la struttura materiale della cosa, intaccando l'integrità della stessa, in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale coerentemente ritenendo sottratti a tale disciplina i guasti od i deterioramenti della cosa dovuti alla naturale usura o quegli accadimenti che determinino disagi limitati e transeunti nell'utilizzazione del bene, posto che in questo caso diviene operante soltanto l'obbligo del locatore di provvedere alle necessarie riparazioni ai sensi dell'art. 1576 c.c. (Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2011, n. 24459Cass. civ., sez. III, 9 maggio 2008, n. 11514Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2007, n. 11198).

In particolare, l'obbligo del locatore di effettuare le riparazioni necessarie a mantenere l'immobile in buono stato locativo, di cui all'art. 1576 c.c., riguarda gli inconvenienti eliminabili nell'ambito delle opere di manutenzione, e, pertanto, non può essere invocato per rimuovere guasti o deterioramenti rilevanti - nella specie, invasione di umidità, per effetto di trasudo delle pareti - rispetto ai quali la tutela del locatario resta affidata alle disposizioni dettate dagli artt. 1578 e 1581 c.c. per i vizi della cosa locata (Cass. civ., sez. III, 25 maggio 2010, n. 12712).

Ciò premesso - come affermato dalla ricorrente opinione emersa nella giurisprudenza - la domanda di risarcimento dei danni non appare concepibile autonomamente rispetto alla domanda di risoluzione o di riduzione del canone atteso che può solo aggiungersi a quest'ultime, a fronte di un vizio esistente al momento della consegna o, secondo la giurisprudenza più recente anche sopravvenuto, che, a seconda della gravità, può determinare solo la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo, in aggiunta al risarcimento del danno, se il locatore non provi di avere senza colpa ignorato il vizio al momento della consegna (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2023, n. 18470).

Nel caso di specie, parte convenuta ha proposto unicamente domanda di risarcimento dei danni, ma non anche la domanda di risoluzione del contratto o di riduzione del corrispettivo - atteso che era stata sfrattata per morosità - sì che la domanda di danni correttamente non è stata accolta, risultando inammissibile giacché non autonomamente esperibile tamquam non esset dovendo ritenersi al fine qui considerato quella di nullità del contratto di locazione, a nulla rilevando, di conseguenza, l'accertamento dell'adempimento, da parte del locatore, dell'onere di provare l'ignoranza incolpevole del vizio, atteso altresì il mancato esercizio della facoltà di recesso da parte del conduttore, unitamente alla carente allegazione probatoria dei lamentati vizi.

In ordine a tale ultima questione, appare altresì opportuno sottolineare che la sospensione parziale o totale dell'adempimento dell'obbligazione di pagamento del canone locatizio, ai sensi dell'art. 1460 c.c., può essere legittima non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nell'ipotesi di inesatto inadempimento, purché essa però appaia giustificata in relazione alla oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, in riferimento all'intero equilibrio del contratto e all'obbligo di comportarsi secondo buona fede.

Infatti, l'art. 1460 c.c. prevede una forma di autotutela che attiene alla fase esecutiva e non genetica del rapporto, consentendo al conduttore, in presenza di un inadempimento del locatore, di sospendere la sua prestazione, nel rispetto del canone della buona fede oggettiva, senza la necessità di adire il giudice ai sensi dell'art. 1578 c.c., che offre al conduttore una tutela contro i vizi della cosa locata esistenti al momento della consegna, il che presuppone l'accertamento giudiziale dell'inadempimento del locatore ai propri obblighi ed incide direttamente sulla fonte dell'obbligazione (Cass. civ., sez. III, 15 giugno 2021, n. 16890; Cass. civ., sez. III, 25 giugno 2019, n. 16917; Cass. civ., sez. III, 9 maggio 2019, n. 16918; Cass. civ., sez. III, 22 settembre 2017, n. 22039; Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2006, n. 8425; Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 2005, n. 2855).

Tuttavia, nel caso in questione, è stato nei fatti escluso che vi fosse un inadempimento del locatore e, dunque, potesse essere validamente opposta l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.

Riferimenti

Saltarelli, Omesse manutenzioni e vizi sopravvenuti: distinzioni ed azioni esperibili, in Arch. loc. e cond., 2009, 27;

Bruni, La prevalenza del diritto alla salute sull'autonomia privata nel contratto di locazione, in Obblig. e contratti, 2008, 702;

Mazzeo, Le obbligazioni del locatore e i vizi del bene locato, in Arch. loc. e cond., 2008, 573; 

Greca, Risarcimento del danno alla salute del conduttore e dei suoi familiari nell'ipotesi contemplata dall'art. 1580 c.c., in Giur. it., 2000, 510;

Carsana, Risarcimento del danno da vizi nella locazione, tra immissioni, autoresponsabilità e tutela del diritto alla salute, in Nuova giur. civ. comm., 2000, 48.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.