Il contumace restituito nel termine per impugnare ha diritto alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello?

10 Gennaio 2024

L'imputato contumace restituito nel termine per impugnare ha diritto alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello? Il giudice ha il potere di sindacare la richiesta dell'imputato ed eventualmente entro quali limiti?

Massima

Il giudice di appello mantiene il potere-dovere di stabilire il corretto ambito della rinnovazione istruttoria chiesta dall'imputato già contumace, e rimesso in termini per l'impugnazione, potere-dovere che deve, però, essere esercitato in modo da consentire allo stesso l'esercizio dei diritti che egli avrebbe potuto esercitare se avesse partecipato al giudizio di primo grado.

Il caso

Condannato all'ergastolo dai giudici di primo grado per il delitto di omicidio aggravato nonché per i delitti di cui agli artt. 10, 12 e 14, legge n. 497/2014 e 411 c.p. realizzati in concorso con altri imputati giudicati separatamente, l'imputato proponeva appello ma la sua impugnazione veniva dichiarata inammissibile essendo il suo difensore privo di mandato speciale. Successivamente, però, a seguito dell'annullamento dell'ordinanza che aveva rigettato la sua richiesta ex art. 175 comma 2 c.p.p., veniva rimesso in termini per proporre impugnazione. Si svolgeva, dunque, il giudizio di secondo grado all'esito del quale la Corte di Assise di appello di Torino, respinta l'eccezione di nullità dell'intero giudizio per nullità del decreto di latitanza e rigettata la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria, riteneva nel merito provati i reati e, dunque, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava il ricorrente alla pena di anni trenta di reclusione. L'imputato presentava ricorso per cassazione, articolato su diversi motivi. In primo luogo, egli rilevava la nullità del decreto che dichiarava la sua latitanza in ragione del fatto che, essendo stato rimesso in termini per l'impugnazione, era stata riconosciuta la sua incolpevole ignoranza sulla pendenza di un procedimento penale a carico e, pertanto, doveva dichiararsi la nullità del decreto che dispone giudizio. Proponeva, inoltre, ricorso avverso il rigetto alla rinnovazione istruttoria da parte dei giudici d'appello, rilevando come la giurisprudenza di legittimità abbia sempre sostenuto che all'imputato contumace, rimesso in termini per l'impugnazione, deve riconoscersi il diritto alla rinnovazione dell'istruttoria, persino se abbia avuto conoscenza della pendenza del procedimento. La Cassazione riteneva infondato il primo motivo di ricorso, evidenziando la piena legittimità della notifica del decreto di citazione a giudizio effettuata mediante copia al difensore, ai sensi dell'art. 165 c.p.p. A tale conclusione il giudice di legittimità perveniva evidenziando la differenza concettuale che intercorre tra la conoscenza della pendenza di un provvedimento restrittivo e la conoscenza della pendenza del procedimento penale. In particolare, egli evidenziava come nel caso di specie, la latitanza fosse stata legittimamente dichiarata ai sensi dell'art. 296 c.p.p., stante la volontaria sottrazione dell'imputato all'ordine restrittivo della libertà e come la mancata conoscenza del procedimento, quale vizio autonomo, "sanato" mediante la rimessione in termini per impugnare, non incidesse sulla legittimità di tale provvedimento e sulla conseguente notifica del decreto di citazione a giudizio a norma dell'art. 165 c.p.p. Riteneva, invece, fondato il secondo motivo che portava all'annullamento della sentenza di condanna con rinvio degli atti ad altra sezione della Corte d'appello per un nuovo giudizio.

La questione

La Corte ha risposto positivamente al quesito sottopostole riconoscendo al contumace che sia stato rimesso in termini per impugnare, sul presupposto della sua involontaria ignoranza della pendenza del procedimento, il diritto alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in appello.

Quanto ai poteri del giudice in ordine alla richiesta di rinnovazione istruttoria, la Cassazione, dopo aver precisato che al caso di specie si applica l'art. 603 comma 4 c.p.p., abrogato dalla l. n. 67/2014 ma ancora applicabile nel caso concreto in virtù dell'art. 15-bis della stessa legge,  ha ricordato  che tale disposizione, la quale subordina la rinnovazione dell'istruttoria, in favore dell'imputato contumace, alla prova che egli non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza del procedimento, deve essere coordinata con l'art. 176 c.p.p. che ha sempre consentito “la rinnovazione degli atti ai quali la parte aveva diritto di assistere” con il solo limite della sua possibilità, e con l'art. 175 comma 2 c.p.p. che interpretato conformemente all'art. 6 Cedu stabilisce un sorta di presunzione ‘iuris e tantum' di mancata conoscenza della pendenza del procedimento da parte dell'imputato dichiarato contumace (Cass. pen., sez. II, 15 aprile 2015, n. 21393, RV 264219). Fatta questa premessa, la Corte ricorda l'esistenza di due orientamenti: il primo, più risalente e restrittivo, facendo leva sul disposto dell'art. 603 comma 4 c.p.p. ritiene che il giudice d'appello conservi il potere di valutare l'effettiva necessità della rinnovazione (Cass. pen., sez. VI, 25 marzo 2010, n. 14916, RV 246667); l'altro, muovendo dall'art. 175 comma 2 c.p.p.ritiene che l'imputato, che sia stato rimesso in termini per impugnare, ha il diritto alla integrale rinnovazione dell'istruttoria, costituendo ciò un rimedio necessario per reintegrare il soggetto nei diritti non potuti esercitare in primo grado (così Cass. pen., sez. II, 9 novembre 2016, n. 51040, RV 268944). Nell'ambito di questo orientamento, oggi prevalente, alcune pronunce attribuiscono comunque al giudice il potere-dovere di valutare la pertinenza-rilevanza delle prove di cui è richiesta la rinnovazione (Cass. pen., sez. VI, 12 giugno 2018, n. 42912, RV 274202), altre ritengono precluso al giudice qualunque valutazione in ordine alla ammissibilità, pertinenza e rilevanza di dette prove (Cass. pen., sez. I, 25 febbraio 2020, n. 13733, RV 278995; Cass. pen., sez. III, 5 aprile 2023, n. 29821, RV 284981). Poste queste premesse, come detto, la Cassazione ritiene di aderire all'orientamento prevalente che riconosce all'imputato, rimesso in termini ai sensi dell'art. 175 comma 2 c.p.p., il diritto a una integrale rinnovazione istruttoria, non limitata alla valutazione del giudice di appello circa la sua necessità. Ciò in quanto solo aderendo a questa lettura interpretativa può ritenersi rispettato il diritto dell'imputato a un pieno contraddittorio e ad un confronto diretto con i soggetti che lo accusano così come previsto dall'art. 6 Cedu. Quanto ai poteri del giudice di appello, la Cassazione ritiene che sarebbe ingiustificato sottrarre totalmente al giudice il potere-dovere di valutare la rilevanza ed effettiva utilità delle prove richieste, dovendo i diritti dell'imputato conciliarsi con la necessità di rispettare il principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Essa precisa, però, che tale potere deve essere esercitato in modo da consentire all'imputato l'esercizio dei diritti di cui egli avrebbe potuto fruire se avesse partecipato al giudizio di primo grado. Seguendo questa chiave di lettura la Corte si sofferma su ogni singola richiesta istruttoria formulata dal ricorrente al giudice di secondo grado evidenziando in quali casi quest'ultimo ha fatto buon uso del suo potere-dovere di stabilire il corretto ambito della rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in appello. Nello specifico essa, mentre ha ritenuto censurabile il diniego dell'audizione del coimputato che nel giudizio di primo grado aveva chiamato in correità il ricorrente, avendo in tal modo privato lo stesso del diritto a confrontarsi con il suo accusatore, donde l'annullamento della sentenza, ha ritenuto non censurabile il diniego dell'audizione di coimputati le cui deposizioni erano risultate assolutamente irrilevanti ai fini della condanna del ricorrente in primo grado e così pure il diniego di escutere testi mai ascoltati, non risultando da alcun elemento che essi potessero riferire fatti utili per la decisione. Con riferimento al diniego di assunzione di prove nuove operano, infatti, i normali limiti in tema di ammissibilità e rilevanza delle prove giacché la mancata partecipazione del ricorrente al dibattimento non ha leso alcun suo diritto né limitato le sue possibilità difensive.

Osservazioni

La pronuncia in esame si colloca nel solco di un orientamento consolidato della Cassazione che appare in linea con gli insegnamenti della Corte di Strasburgo. In effetti, ancora recentemente il giudice europeo (Corte edu, 31 agosto 2023, Shala c. Italia) ha condannato l'Italia per non avere assicurato un processo equo ad un imputato già contumace, rimesso in termini per appellare la sentenza di condanna in applicazione dell'art. 175 comma 2 c.p.p. Nel caso di specie, la Corte d'Assise d'appello aveva rigettato la sua richiesta di riapertura del processo, con assunzione di prove e la sua personale audizione ritenendo che il soggetto si fosse volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento ma la giustificazione di tale diniego contrastava con la restituzione nel termine per impugnare che era stata disposta proprio in quanto non era stato dimostrato che l'imputato si fosse sottratto volontariamente alla conoscenza del procedimento. Al contempo, la pronuncia si segnala nella parte in cui sottolinea come non possa del tutto limitarsi il potere-dovere del giudice di valutare l'effettiva rilevanza delle prove richieste ai sensi dell'art. 495 c.p.p. dovendosi al contempo «rispettare il principio costituzionale del diritto ad una breve durata del processo». Essa ammette, insomma che il giudice d'appello possa operare un sindacato sulla utilità delle richieste istruttorie  purché questo potere sia esercitato in modo da assicurare  all'imputato l'esercizio dei diritti e delle facoltà perdute in ragione della sua mancata partecipazione al processo, vanificandosi diversamente il senso della restituzione nel termine per impugnare che, nell'assetto previgente, era lo strumento per reintegrare l'imputato che non avesse partecipato al giudizio di primo grado nelle facoltà difensive riconosciutegli dall'ordinamento. Insomma, la Cassazione propone una lettura equilibrata della disciplina capace di contemperare i diritti dell'imputato e il principio della ragionevole durata del processo il cui rispetto impedisce di accogliere incondizionatamente ogni richiesta istruttoria dell'imputato quand'anche essa non fosse pertinente e rilevante o funzionale all'esercizio del diritto al contraddittorio.

Riferimenti

  • Aiuti, Contributo allo studio dell'appello penale. Tra principio di immediatezza e doppio grado di giurisdizione, Torino, 2023;
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  • Antinucci, Contumacia dell'imputato e garanzie di effettività della difesa, in GI 2009, 1512; Cassano - Calvanese, Giudizio in contumacia e restituzione nel termine, Milano, 2008;
  • Ceresa Gastaldo, La riforma dell'appello, tra malinteso garantismo e spinte deflative, in DPC, 2017, 4;
  • Ciampi, Anamorfosi della rinnovazione istruttoria in appello, in Arch. pen. (web), 2022, n. 2, 1;
  • Dell'Anno, La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in appello, in Ranaldi (a cura di), La riforma delle impugnazioni penali, semplificazione, deflazione, restaurazione, Pisa, 2019;
  • Dinacci, Interpretazione “europeisticamente” orientata: tra fonti normative e resistenze giurisprudenziali, in CP, 2016, 7-8;
  • Fiorio, Il diritto al controllo e la riforma della sentenza di assoluzione, in Chinnici, Gaito (a cura di), Regole europee e processo penale, Milano, 2018;
  • Id., Funzioni, caratteristiche ed ipotesi del giudizio d'appello, in Gaito (a cura di), Le impugnazioni penali, I, Torino, 1998;
  • Mazzarra, La rinnovazione del dibattimento in appello, Padova, 1995;
  • Menna, Il giudizio d'appello, Napoli, 1995;
  • Moscarini, La contumacia dell'imputato, Milano, 1997;
  • Tamietti, Iniquità della procedura contumaciale ed equa riparazione sotto forma di restitutio in integrum: un passo verso un obbligo giuridico degli Stati membri alla celebrazione di un nuovo processo? in CP  2004, 3801.

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