Maltrattamenti ed aggravante della commissione in presenza di un minore

19 Gennaio 2024

La Corte di cassazione con la pronuncia n. 1749 depositata il 15 gennaio 2024, offre importanti precisazioni in tema di successioni di leggi nel tempo.

Massima

In tema di maltrattamenti contro familiari e conviventi, stante la natura abituale del reato, che si consuma con la cessazione delle condotte vessatorie, è sufficiente che anche solo una di esse sia stata posta in essere alla presenza di un minore dopo l'entrata in vigore della legge 19 luglio 2019, n. 69, perché trovi applicazione la circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 572, comma 2, c.p., introdotta da tale legge, in luogo di quella, previgente, di cui all'art. 61, comma 1, n. 11-quinquies, c.p.

Il caso

L'imputato era condannato per il delitto di maltrattamenti aggravato dalla commissione in presenza dei figli minori.

Proposto ricorso in cassazione, l'imputato lamentava, tra gli altri motivi di doglianza, l'erronea applicazione dell'aggravante di cui all'art. 572, comma 2, c.p. per essere entrata in vigore il 9 agosto 2019, ovvero in epoca successiva alla commissione del delitto di maltrattamenti.

I giudici di legittimità hanno accolto tale motivo di ricorso, sul rilievo che sebbene successivamente all'entrata in vigore della l. n. 69/2019 l'imputato aveva realizzato due condotte aggressive nei confronti della moglie, tuttavia le stesse non erano avvenute alla presenza dei minori, con la conseguente inapplicabilità della aggravante contestata, pena la violazione dell'art. 2 c.p.

La questione

La questione in esame è la seguente: in caso di successioni leggi penali nel tempo, a quali condizioni è applicabile l'aggravante prevista dall'art. 572, comma 2, c.p., introdotta dalla l. n. 69/2009?

Le soluzioni giuridiche

La circostanza aggravante comune di cui all'art. 572 c.p., comma 2, inizialmente prevista con riferimento alla condotta commessa in danno di persona minore degli anni quattordici, è stata abrogata dal d.l. n. 93/2013, convertito con modificazioni dalla l. n. 119/2013, (art. 1, comma 1-bis) che, contestualmente, ha introdotto la circostanza aggravante comune di cui al n. 11-quinquies dell'art. 61 c.p., con riferimento alla condotta commessa in presenza o in danno di un minore degli anni diciotto (ovvero di persona in stato di gravidanza) in relazione ai delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la libertà personale ed al delitto di cui all'art. 572 c.p.

La l. 19 luglio 2019, n. 69 (in vigore dal 9 agosto 2019) ha nuovamente introdotto al comma 2 dell'art. 572 c.p. la previsione di una circostanza aggravante, non più comune, ma ad effetto speciale, ampliando le ipotesi previste dal testo originario della norma, abrogato nel 2013. La norma, infatti, prevede l'aumento della pena fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di persona in stato di gravidanza o di persona con disabilità. In tal modo, il legislatore ha, in parte, introdotto una nuova circostanza aggravante, in relazione a tale ultima categoria di soggetti vulnerabili (le persone con disabilità), e, in parte, esteso l'ambito di applicabilità dell'ordinaria circostanza aggravante prevista dal art. 572 c.p., comma 2, anche alla condotta commessa in danno del minore ultraquattordicenne.

Con la medesima legge è stato, inoltre, espunto dall'art. 61, n. 11-quinquies, c.p. il riferimento all'art. 572 c.p., cosicché dall'entrata in vigore della l. n. 69/2019, allorché la condotta di maltrattamenti sia stata commessa in presenza o in danno di un minore, l'unica circostanza applicabile è quella prevista dall'art. 572, comma 2, c.p.

Per la pronuncia in commento, con riferimento ai reati rispetto ai quali, come nella fattispecie in esame, la condotta vessatoria sia iniziata prima del 9 agosto 2019, tenuto conto del carattere abituale della condotta criminosa sanzionata, ai fini dell'applicazione della circostanza aggravante di cui al comma 2 dell'art. 572 c.p., è sufficiente che, successivamente a tale data, sia stata commessa una condotta in presenza di un minore.

In altri termini, per l'integrazione dell'aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 572, comma 2, c.p., stante la natura abituale del reato, che si consuma con la cessazione delle condotte vessatorie, è sufficiente che anche solo una di esse sia stata posta in essere alla presenza di un minore dopo l'entrata in vigore della l. 19 luglio 2019, n. 69 (Cass. pen., n. 19832/2022).

Osservazioni

La pronuncia in commento si è premurata di verificare se la diversa qualificazione della circostanza aggravante possa determinare una violazione del divieto di retroattività sancito dall'art. 2 c.p.

La Corte di cassazione, pronunciandosi in relazione all'aggravante comune di cui all'art. 61, n. 11-quinquies, c.p., ha, infatti, già affermato che ai fini della sua configurabilità, non è necessario che gli atti di violenza posti in essere alla presenza del minore rivestano il carattere dell'abitualità, essendo sufficiente che egli assista ad uno dei fatti che si inseriscono nella condotta costituente reato (Cass. pen. n. 8323/2021).

Si distingue tra la struttura abituale della fattispecie incriminatrice e la struttura della circostanza aggravante per la cui sussistenza è, dunque, sufficiente che anche una sola condotta sia stata commessa in presenza del minore.

Tali considerazioni debbano essere estese all'aggravante di cui all'art. 572, comma 2, c.p. in quanto strutturalmente sovrapponibile all'ipotesi prima prevista dall'art. 61, n. 11-quinquies, c.p.

Ne consegue, pertanto, che anche ai fini della sua configurabilità non è necessario che il minore assista abitualmente alla commissione delle condotte vessatorie, essendo, a tal fine, sufficiente che il minore degli anni diciotto percepisca anche una sola delle condotte rilevanti ai fini della commissione del reato, e ciò anche quando la sua presenza non sia visibile all'autore di questo, sempre che l'agente, tuttavia, ne abbia la consapevolezza ovvero avrebbe dovuto averla usando l'ordinaria diligenza (Cass. pen. n. 12328/2017).

Diversamente dall'aggravante in esame, il reato di maltrattamenti ha, invece una struttura abituale in quanto costituito da una pluralità di fatti commessi reiteratamente dall'agente con l'intenzione di sottoporre il soggetto passivo ad una serie di sofferenze fisiche e morali, cosicché ogni successiva condotta di maltrattamento si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario (Cass. pen., n. 56961/2017).

Il delitto si perfeziona, dunque, allorché si realizza un minimo di tali condotte (delittuose o meno) collegate da un nesso di abitualità (Cass. pen., n. 4636/1995), ovvero nel momento in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti (Cass. pen., n. 52900/2016).

Proprio in considerazione del possibile iato temporale tra perfezionamento del reato in esame e cessazione dell'abitualità, i giudici di legittimità, pronunciandosi in tema di termine di fase della custodia cautelare con rifermento ad una fattispecie in cui le condotte vessatorie erano iniziate prima dell'entrata in vigore della l. n. 69/2019, hanno ritenuto applicabile l'aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 572, comma 2 c.p., affermando che il reato di maltrattamenti, in quanto reato abituale, si consuma nel momento in cui ha luogo la cessazione della condotta, sicché eventuali modifiche del regime sanzionatorio trovano applicazione anche se intervenute dopo l'inizio della consumazione, ma prima della cessazione della abitualità (Cass. pen., n. 2979/2021).

Nella stessa direzione vanno quelle decisioni che, seppure analizzino differenti aspetti connessi alle modifiche intervenute con la legge del 19 luglio 2019, n. 69 con cui viene limitata la disciplina della sospensione condizionale della pena con riferimento alla commissione di fatti di cui all'art. 572 c.p., hanno mantenuto fermo il citato principio di diritto evidenziando che l'art. 165, comma 5, c.p., introdotto dall'art. 6 della l. 19 luglio 2019, n. 69, nella parte in cui subordina il beneficio alla partecipazione del condannato a specifici percorsi di recupero, si applica anche a fatti di maltrattamenti in famiglia perfezionatisi prima dell'entrata in vigore della indicata novella, ma protrattisi - senza significative cesure temporali - in epoca successiva, stante l'unitarietà strutturale del reato (Cass. pen., n. 32577/2022).

Dalla lettura congiunta di dette sentenze, pertanto, si osserva come sia stata assegnata valenza dirimente al momento di cessazione della condotta anche allorché la stessa si sia manifestata attraverso un unico atto o con un limitato numero di condotte, senza che sussista la necessità che le stesse assumano un'autonoma fattispecie di reato che realizzerebbe una astratta ed artificiosa separazione delle condotte (quelle precedenti e quelle successive all'inasprimento sanzionatorio), tanto da realizzare una incoerente ed innaturale scissione dell'abituale condotta maltrattante che è illogico - salvo significative cesure temporali - ritenere penalmente irrilevante (Cass. pen., n. 21998/2023).

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