La vicenda estintiva del rapporto fiduciario: la Cassazione delinea gli elementi distintivi dell’atto di revoca

17 Gennaio 2024

Nel decisum in commento la Suprema Corte ha evidenziato come la nomina (ex art. 96 c.p.p.) e l'atto di revoca (ex art. 107 c.p.p.) devono imprescindibilmente esprimere la chiara (e non equivoca) volontà della parte di nominare e revocare il difensore di fiducia.

Massima

L'atto di revoca deve esprimere in modo inequivoco la volontà dell'indagato/imputato di voler revocare il proprio difensore di fiducia, anche quando lo stesso è contenuto in un altro atto avente una diversa finalità.

Il caso

Nel ricorso proposto dinanzi alla Suprema Corte, il ricorrente ha eccepito la nullità della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello effettuata al difensore di fiducia in precedenza nominato e poi revocato.

Ed in particolare, prima della notifica del decreto di citazione, l'imputato ha conferito procura speciale ai difensori (ai sensi dell'art. 122 c.p.p.) per la proposizione di una istanza di revoca della misura cautelare del divieto di dimora, indicando in calce al suddetto atto la volontà di revocare «ogni precedente nomina».  

Secondo la prospettazione difensiva, la dedotta nullità della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello deriverebbe dall'omessa notifica ai difensori successivamente nominati nel corpo della procura speciale.

La questione

Il punto di partenza fissato dalla sentenza in commento per descrivere le caratteristiche che deve rivestire l'atto di revoca è rappresentato dall'inequivoca volontà dell'imputato di revocare il difensore di fiducia in precedenza nominato, anche quando la determinazione della parte si sia manifestata in un atto avente una finalità diversa.

Nelle specie, la revoca è stata genericamente indicata nel corpo della procura speciale (ex art. 122 c.p.p.) e la Suprema Corte è stata chiamata a valutare se il riferimento alla «revoca di ogni precedente nomina» – espressa dall'imputato in un atto diverso da quello tipico previsto dall'art. 107 c.p.p. – fosse chiaramente riferibile al difensore di fiducia in precedenza nominato.

Le soluzioni giuridiche

In ragione del contesto letterale in cui è stata indicata la revoca, la Suprema Corte ha ritenuto che l'intenzione dell'imputato potesse al più riferirsi ad eventuali precedenti procuratori speciali e non certamente ai difensori di fiducia.

Ciò anche in ragione della differente finalità che sussiste tra la procura rilasciata per il compimento di uno specifico atto (ex art. 122 c.p.p.) e l'atto di nomina (ex art. 96 c.p.p.).

Secondo il giudizio espresso dai Giudici di legittimità, in assenza di un esplicito riferimento al conferimento di un nuovo mandato difensivo (evenienza diversa dal rilascio della procura speciale) è apparso equivoco il tenore letterale utilizzato dall'imputato per esprimere la propria volontà di revocare «ogni precedente nomina».

Pertanto, la sentenza in commento ha dichiarato valida ed efficace la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello effettuata al difensore di fiducia firmatario dell'atto di appello.

Osservazioni

Le vicende estintive del rapporto fiduciario tra il difensore ed il proprio assistito – revoca, rinuncia e non accettazione – sono disciplinate nell'art. 107 c.p.p.

Le tre ipotesi contemplate dalla disposizione sono accomunate dalla forma libera che deve rivestire l'atto, tanto per la rinuncia e per la non accettazione (atti propri dal difensore) quanto per revoca, la cui sottoscrizione deve provenire direttamente dal soggetto o dalla parte interessata.

Con il decisum in commento, per la prima volta la Suprema Corte ha chiarito che nonostante il legislatore non abbia prescritto alcuna formula sacramentale per la redazione dell'atto di revoca, la volontà espressa dell'imputato di revocare il proprio difensore di fiducia in precedenza nominato deve essere inequivoca, anche quando la determinazione della parte si sia manifestata in un atto avente una finalità diversa.

In altre parole, nonostante l'assenza di specifiche prescrizioni normative, la revoca per essere considerata valida ed efficace deve chiaramente esprimere l'oggetto e i fatti ai quali si riferisce: l'intelligibile individuazione del difensore (o del procuratore speciale) revocato unitamente all'indicazione dell'autorità procedente e al numero attribuito al procedimento.

Sulle caratteristiche che deve rivestire l'atto di revoca si registra una interpretazione meno restrittiva, secondo la quale la revoca delle precedenti nomine, che risultino in eccedenza rispetto al numero consentito, può avvenire anche attraverso un comportamento concludente.

Stando all'indicazione fornita dalla S.C. sulla scorta dei principi generali che governano la manifestazione di volontà, l'indagato/imputato che, pur senza revocare espressamente il mandato conferito al precedente difensore, ne abbia nominato un altro e di questo solo, in concreto, si sia avvalso, deve riconoscersi la sussistenza di un'inequivocabile volontà dell'assistito diretta a revocare il precedente mandato (Cass. pen., sez. V, 9 febbraio 1999, n. 3549, in CED Cass., n. 212763).

Nella sentenza in commento, la volontà di revocare «ogni precedente nomina» non è stata espressa in uno specifico atto di revoca, ma è stata indicata in calce ad una procura speciale (ex art. 122 c.p.p.) rilasciata per abilitare il difensore alla proposizione di una istanza di revoca avverso la misura cautelare del divieto di dimora.

L'unica condizione formale espressamente prescritta dal legislatore che accomuna gli atti destinati ad estinguere il rapporto fiduciario è rappresentata dalla comunicazione all'autorità procedente.

L'onere di comunicare «subito» all'autorità procedente è assolto soltanto nel caso in cui la comunicazione risulti tempestiva, ovvero quando la stessa non provochi alcun ritardo nella celebrazione del processo (Cass. pen., sez. III, 20 novembre 2008, n. 47441, in iusexplorer).

Ai sensi dell'art. 32 del codice deontologico forense, nel caso di rinuncia sussiste un vero e proprio obbligo per il difensore di darne comunicazione «con congruo preavviso» al proprio assistito, al fine di consentire all'indagato/imputato – in tempi ragionevoli – di provvedere alla nomina di un nuovo difensore di fiducia.

Ai fini processuali, affinché l'atto produca effetti, il difensore è onerato di dare tempestiva comunicazione dell'avvenuta rinuncia e della non accettazione soltanto all'autorità procedente (ex art. 107, comma 1, c.p.p.).

Ed invero, la rinuncia è legittima e produce effetti anche quando il difensore ne abbia dato comunicazione alla sola autorità giudiziaria procedente e non al proprio assistito (ex plurimis, v. Cass. pen., sez. III, 5 marzo 2013, n. 21900, in iusexplorer).  

Per la revoca, invece, la norma non prescrive alcuna comunicazione al difensore di fiducia e, per espressa previsione normativa (ex art. 107, commi 3 e 4, c.p.p.), non ha effetto finché la parte non risulti assistita da un nuovo difensore di fiducia o da un difensore di ufficio e non sia decorso il termine per la difesa eventualmente concesso a norma dell'art. 108 c.p.p.

Di conseguenza, a seguito della comunicazione dell'avvenuta revoca o rinuncia, l'autorità procedente è obbligata a provvedere alla nomina di un difensore di ufficio (Cass. pen., sez. I, 4 febbraio 2010, n. 8099, in iusexplorer).  Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che l'omessa nomina del difensore di ufficio da parte del giudice all'imputato che ne sia rimasto sprovvisto, oppure che non abbia provveduto alla nomina di un altro difensore di fiducia, determina una nullità ai sensi dell'art. 178, lett. c), c.p.p. (Cass. pen., sez. VI, 25 ottobre 2022, n. 47159; Cass. pen., sez. III, 12 maggio 2010, n. 24302).

Ciò al fine di evitare che all'imputato siano precluse, di fatto, scelte processuali soggette a termini perentori (Cass. pen., sez. II, 7 luglio 2023, n. 37875, in CED Cass., n. 285025).

Durante la decorrenza del termine concesso ex art. 108 c.p.p. al difensore subentrato a quello revocato (o rinunciante), il giudice può legittimamente compiere - continuando ad avvalersi del difensore originario, ovvero sostituendolo ai sensi dell'art. 97, comma 4, c.p.p. - solo le attività processuali il cui svolgimento risulti in concreto incompatibile con il decorso del predetto termine (Cass. pen., sez. V, 6 aprile 2016, n. 38239, in CED Cass., n. 267787).

Un orientamento di segno contrario ha, all'inverso, evidenziato come la rinuncia al mandato difensivo non comporti l'obbligo per il giudice di nominare all'imputato - che non abbia provveduto alla nomina di un difensore di fiducia - un difensore d'ufficio, in quanto il difensore rinunciante è onerato della difesa fino all'intervento di una nuova nomina (ex plurimis, Cass. pen., sez. I, 13 settembre 2019, n. 46435, in CED Cass., n. 277795).

La motivazione espressa nella richiamata pronuncia muove dal presupposto che il difensore rinunciante è comunque tenuto a garantire l'assistenza difensiva fino a quando non sia decorso il termine a difesa concesso ai sensi dell'art. 108 c.p.p. (Cass. pen., sez. VI, 11 marzo 2021, n. 18113, in CED Cass., n. 281093).

Ad avviso, invece, dell'opposto (maggioritario) orientamento, il mancato obbligo da parte del giudice di provvedere alla nomina di un difensore di fiducia finirebbe per risultare in contrasto con i principi elaborati dalla Corte di Strasburgo, che ha in più occasioni evidenziato la necessità di assicurare il pieno contraddittorio attraverso l'effettività della difesa, se del caso anche attraverso la concessione di idonei termini volti a realizzare tale obiettivo (C. EDU, III Sez., 27.04.2006, Sannino c. Italia, n. 30961/03).

Nell'eventualità in cui l'atto di nomina contenga, altresì, l'elezione di domicilio la successiva revoca dell'una non comporta, de plano, la revoca dell'altra.

Ed invero, la nomina del difensore di fiducia, l'elezione di domicilio e le rispettive revoche corrispondono a scopi diversi ed il venir meno della qualità di difensore di fiducia presso il quale sia stato eletto domicilio non fa cessare gli effetti dell'elezione.

Secondo l'interpretazione fornita sul punto dalla S.C., è necessaria una espressa dichiarazione di volontà dell'interessato nella stessa forma con la quale essa è avvenuta, in quanto l'elezione di domicilio è un atto formale e tale deve essere anche la revoca (Cass. pen., sez. V, 27 ottobre 1999, n. 5198, in CED Cass., n. 215252).

A ben vedere, anche per la validità dell'atto di nomina (ex art. 96, comma 2, c.p.p.), il legislatore ha riproposto la stessa prescrizione che impone – a pena di invalidità – la trasmissione all'autorità procedente.

Pertanto, in caso di inosservanza di tale formalità, anche la contestuale revoca del precedente difensore non produce effetti (Cass. pen., sez. VI, 9 settembre 1997, n. 3402, in CED Cass., n. 209298).

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