In tema di applicabilità della circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 7 c.p. al reato continuato, è intervenuta la Sezione Quinta affermando che la rilevante gravità deve essere valutata non con riguardo al danno patrimoniale complessivamente causato dalle plurime violazioni, ma con riguardo a quello cagionato da ciascuna di esse.
Il caso e la questione controversa
Con doppia sentenza conforme gli imputati erano stati riconosciuti responsabili del delitto di furto pluriaggravato continuato in concorso di plurime somme di denaro sottratte dal conto corrente di persona anziana, commesso attraverso l'utilizzo di assegni o disposizioni recanti firma apocrifa o fraudolentemente carpita. Con il ricorso, gli stessi denunciavano, tra le doglianze, la violazione dell'art. 61 n. 7 c.p. e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, rapportata a una valutazione globale, che non aveva tenuto conto dell'ampio periodo di svolgimento dei fatti.
La Quinta Sezione penale della Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'aggravante del danno di rilevante gravità, affermando che, ai fini dell'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 7 c.p. al reato continuato, la valutazione del danno di rilevante gravità deve essere operata sulla base del danno patrimoniale cagionato da ogni singolo reato.
Il principio di diritto
Cass. pen., sez V, 8 settembre 2023, n. 43626
«Ai fini dell'applicazione della circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 7 c.p. al reato continuato, la rilevante gravità deve essere valutata non con riguardo al danno patrimoniale complessivamente causato dalle plurime violazioni, ma con riguardo a quello cagionato da ciascuna di esse, in quanto, al di là della unificazione quoad poenam prevista dall'art. 81 c.p., i diversi reati conservano la loro autonomia in relazione a qualsiasi altro istituto giuridico».
Il contrasto
La rilevante gravità nel reato continuato: riferimento al danno complessivamente cagionato dalla somma delle singole violazioni o a quello provocato da ogni singolo reato?
Secondo un primo e diffuso indirizzo, valendo, in tema di reato continuato, il principio di unitarietà in mancanza di tassative esclusioni, la valutazione della sussistenza o meno dell'aggravante del danno di rilevante gravità deve essere effettuata con riferimento, non al danno cagionato da ogni singola violazione commessa nei confronti di un'unica persona offesa, ma a quello complessivo, causato alla stessa, dalla somma delle violazioni (Cass. pen., sez. II, n. 40314/2023, Rv. 285253; Cass. pen., sez. II, n. 25030/2022, Rv. 283554; Cass. pen., sez. II, n. 34525/2021, Rv. 281866; Cass. pen., sez. V, n. 28598/2017, Rv. 270244; Cass. pen., sez. II, n. 45504/2015, Rv. 265567; Cass. pen., sez. I, n. 49086/2012, Rv. 253961; Cass. pen., sez. VI, n. 33951/2005, Rv. 232051). In particolare, si è escluso che tale principio sia in contrasto con le affermazioni contenute nella citata pronuncia delle Sezioni Unite n. 3286/2009, Chiodi, perché la fattispecie concreta riguardava una pluralità di persone offese e una pluralità di reati (rapina, lesioni, resistenza, danneggiamento, furto): di modo che, qualora, invece, il danno complessivamente cagionato dai delitti della medesima specie non si ripartisca tra più persone offese, ma resti confinato nel patrimonio della stessa vittima, nel quale si accumula ed accresce ad ogni episodio delittuoso della serie oggetto di giudizio, «la scomposizione del danno unitariamente arrecato dalla vittima - e in tale misura complessiva dalla stessa sopportato - in ragione dei singoli episodi truffaldini non corrisponderebbe alla realtà dei fatti: e dunque del pregiudizio effettivamente arrecato » (Cass. pen., sez. II, n. 2201/2013, dep. 2014 Rv. 258477).
Viceversa, secondo l'indirizzo fatto proprio dalla pronuncia in parola, ai fini dell'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 61, n. 7, c.p. al reato continuato, la valutazione del danno di rilevante gravità deve essere operata non con riguardo al danno complessivamente causato dalle plurime violazioni unificate dal vincolo, ma con riguardo al danno patrimoniale cagionato da ogni singolo reato (Cass. pen., sez. VI, n. 50792/2019, Rv. 277627; Cass. pen., sez. I, n. 9617/1984, Rv. 166522; Cass. pen., sez. VI, n. 6997/1984, Rv. 165443; Cass. pen., sez. II, n. 8172/1983, Rv. 160587). D'altro canto, la giurisprudenza di legittimità ha fatto applicazione del detto criterio in relazione alla circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4, c.p., laddove ha affermato che, in tema di continuazione, la detta attenuante va valutata e applicata in relazione a ogni singolo reato unificato nel medesimo disegno criminoso, con riguardo al danno patrimoniale cagionato per ogni singolo fatto-reato (Cass. pen., sez. II, n. 9351/2018, Rv. 272270; Cass. pen., sez. II, n. 7988/2017, Rv. 269727; Cass. pen., sez. VI, n. 14040/2015, Rv. 262975).
La dottrina
La dottrina è pressoché unanime nel ritenere che, in caso di reato continuato, la gravità del danno patrimoniale vada accertata con riferimento a quello cagionato da ciascuna violazione di legge (1).
(1) F. Mantovani, Diritto Penale, Parte Generale, Milano, 2017, 412; G. Fiandaca – E. Musco, Diritto Penale, parte generale, Torino, 2014, 438; M. Romano, Commentario sistematico del codice penale, Milano, 2011, 668.
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