Comportamento improntato alla prodigalità e nomina dell’amministatore di sostegno

26 Gennaio 2024

La prodigalità di per sé non costituisce necessariamente espressione di una patologia psichica o psichiatrica medicalmente accertata, potendo basarsi su concrete condotte tali da porre il soggetto a rischio di indigenza.

Massima La prodigalità, definita come un comportamento abituale caratterizzato da larghezza nello spendere, nel regalare ovvero nel rischiare in maniera eccessiva ed esorbitante rispetto alle proprie condizioni socio-economiche, giustifica la nomina dell’amministratore di sostegno nell’interesse del beneficiario anche in presenza dei presupposti di interdizione e inabilitazione.

Il caso

Una moglie separata e titolare di assegno di mantenimento, chiedeva ed otteneva dal Giudice Tutelare del competente Ufficio Giudiziario la nomina di un amministratore di sostegno per il marito, deducendo che questi aveva iniziato a manifestare un comportamento improntato alla prodigalità, con abituale larghezza nello spendere e rischiando eccessivamente rispetto alle proprie condizioni socio-economiche non riconoscendo più alcun valore oggettivamente attribuibile al denaro.

Il provvedimento di nomina dell’amministratore di sostegno veniva integralmente riformato dalla Corte d’Appello territorialmente competente che respingeva la domanda di apertura della “misura protettiva”, compensando le spese di lite. 

Avverso tale provvedimento la stessa moglie proponeva ricorso per cassazione.

La questione

La questione in esame è la seguente: la prodigalità allorquando sia desunta da presunzioni gravi, precise e concordanti e, comunque, sia accertata mediante C.T.U. giustifica il ricorso all’amministrazione di sostegno?

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza, da sempre attenta a salvaguardare la libera determinazione di una persona, è ormai orientata ad applicare il generale principio finalizzato a tutelare con la minore limitazione possibile della capacità di agire coloro che siano in tutto od in parte privi di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, intervenendo con “strumenti di sostegno” temporanei o permanenti. Si ritiene, infatti, che la privazione totale della predetta capacità di agire del soggetto per tutti gli atti di straordinaria amministrazione (così come prevede l'inabilitazione, salva l'eccezione prevista dall'art. 427, comma 1, c.c.) rischia di apparire – almeno nella maggior parte dei casi – un provvedimento ultroneo e/o sproporzionato. L'attuale residualità dell'interdizione e dell'inabilitazione si evince – del resto – anche espressis verbis – dal testo dell'art. 413, comma 4, c.c., secondo cui “il giudice provvede alla dichiarazione di cessazione dell'amministrazione di sostegno quando questa si sia rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario. In tali ipotesi, se ritiene che si debba promuovere giudizio di interdizione o di inabilitazione, ne informa il pubblico ministero affinchè vi provveda”. Non a caso, la collocazione codicistica dell'amministrazione di sostegno in apertura del titolo XII libro I del codice civile, dedicato – come previsto dalla nuova formulazione della rubrica – alle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia, pare – altresì - deporre a favore della tesi che essa sia lo strumento di protezione da privilegiarsi rispetto all'interdizione ed all'inabilitazione.

L'odierno orientamento giurisprudenziale ha – dunque – scardinato il convincimento formatosi in passato, in virtù del quale le condotte ingiustificate comportanti, in particolare,  effetti patrimoniali negativi costruivano l'inabilitazione per prodigalità come unica “soluzione” plausibile per isolare il “diverso” e/o l'”anormale” dalla società (cfr. Trib. Catania, 21 novembre 2007; Cass. civ., sez.I, 26 luglio 2013, n.18171).

La considerazione dell'istituto dell'amministrazione di sostegno profilatasi nel corso degli anni è – però – divenuta via via più rigorosa.

Poiché – infatti - l'accentuazione del rispetto della dignità umana ed il riconoscimento del divieto di discriminazioni per condizioni personali o per scelte di vita non può giustificare una sanzione verso una persona fisica per le sue determinazioni economico-patrimoniali, va da sé che il punto di partenza e di arrivo di ogni scelta in tema di misure di promozione e di protezione debba – pertanto – essere rappresentato dall'adeguatezza della tutela del soggetto stesso unito alla minor limitazione possibile della sua capacità di agire e, ciò, con la conseguenza che debba – quindi – reputarsi indubbio il ricorso all'amministratore di sostegno (Cass. civ., Sez. I, 21 maggio 2018, n. 12460).   

Orbene, la sentenza in commento – accogliendo in toto la linea di pensiero del padre morale dell'istituto dell'amministratore di sostegno (Cendon, “Un altro diritto per i soggetti deboli, l'amministratore di sostegno e la vita di tutti i giorni”, Milano, 2005, 55) afferma – ancora una volta – la tesi per cui il ricorso all'amministrazione di sostegno è – comunque – ammissibile allorchè i problemi da risolvere siano di tipo esclusivamente patrimoniale, dato che nell'alveo del patrimonio e della correlativa gestione è – in effetti – sempre possibile con ogni ulteriore vantaggio anche da un punto di vista di economicità degli strumenti di tutela giurisdizionale.

Il grave pregiudizio economico cui può essere esposta la famiglia in conseguenza dell'operare del prodigo deve – perciò – essere letto solo come un riflesso del pregiudizio personale che una mancata adeguata protezione potrebbe provocare al medesimo, tenendo nondimeno conto delle sue “aspettative di vita” correlate alle condizioni personali. In buona sostanza, una lettura corretta della prodigalità come “vizio” dell'autonomia alla luce della nuova normativa e dei principi costituzionali relativi alla libertà di autodeterminazione, impone di ritenere che quando la persona, per libera scelta non viziata da qualsivoglia infermità o menomazione, disponga del proprio patrimonio “sperperandolo” in spese eccessive od inutili (senza mettere a rischio la propria possibilità di sostentamento nel tempo e senza pregiudicare i familiari – ad esempio – con ipoteche o richieste di fideiussioni e/o altre garanzie) non vi sia spazio per alcuna  necessaria assistenza esterna e per nessuna misura di protezione. Se, invece, tale volontà sia viziata (o coartata da qualche patologia che condizioni la vita del soggetto – come può avvenire nell'ipotesi di dipendenza del gioco d'azzardo) allora lo strumento di tutela utilmente attivabile è l'amministrazione di sostegno, con la sua possibilità di modulazione anche delle disponibilità economiche, la sua flessibilità, la sua elasticità e la sia fisiologica temporaneità.

Osservazioni

La valutazione della congruità e della conformità del contenuto dell'amministrazione di sostegno alle specifiche esigenze del beneficiario, riservata all'apprezzamento del giudice di merito, richiede che questi tenga essenzialmente conto, secondo criteri di proporzionalità e di funzionalità, del tipo di attività che deve essere compiuta per conto dell'interessato, della gravità e della durata della malattia o della situazione di bisogno in cui versa l'interessato medesimo, nonché di tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie, in modo da assicurare che il concreto supporto sia adeguato alle esigenze del beneficiario senza essere eccessivamente penalizzante (v. Cass. civ., sez. I, 12 giugno 2006, n. 13584; Cass. civ., sez. I, 26 ottobre 2011, n. 22332; Cass. civ., sez. II, 04 marzo 2020, n. 6079).

La lettura dell'istituto in esame appare – inoltre – confortata dal provvedimento ex l. 03 marzo 2009, n. 18, per mezzo del quale l'Italia ha ratificato la “Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità” (adottata il 13 dicembre 2006). Confermata la valutazione di compatibilità tra la disciplina normativa dell'amministrazione di sostegno e l'anzidetta Convenzione, è opportuno ricordare, come precisato dall'art.1, che la Convenzione ha l'obiettivo di promuovere, proteggere ed assicurare alle persone con disabilità il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel rispetto della dignità umana e riguarda non soltanto le persone cd. inferme di mente, ma tutte quelle che presentano minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine “che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”. Si tratta, dunque, di una disciplina nella quale scompare ogni riferimento all'incapacità per dare spazio alla “disabilità” come condizione complessiva della persona che non può limitare nè deve incidere sulla sua capacità di agire.

Le caratteristiche proprie dell'amminstrazione di sostegno impongono – ad ogni modo – che l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge sia compiuto in maniera specifica, circostanziata e focalizzata sia rispetto alle “condizioni di menomazione” del beneficario – da accertare anche mediante C.T.U., ove necessario -, sia rispetto all'incidenza della stessa sulla capacità del beneficiario medesimo di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, eventualmente avvalendosi – in tutto od in parte – di un sistema di deleghe dallo stesso approntato; inoltre, il perimetro dei poteri gestori ordinari attribuibili all'amministratore di sostegno va delineato in termini direttamente proporzionati ad entrambi gli anzidetti elementi, di guisa che la misura risulti specifica e funzionale agli obiettivi individuali di tutela, altrimenti implicando un'ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona (v. Cass. civ., sez. I, ord. 31 marzo 2022, n. 10483).

Con riferimento, quindi, al caso di specie, la prodigalità – non costituendo necessariamente l'espressione di una patologia psichica o psichiatrica – può essere – comunquedesunta da presunzioni gravi, precise e concordanti, ricavate dal complesso degli indizi, da valutarsi non atomisticamente ma nel loro insieme e l'uno per mezzo degli altri, nel senso che ognuno di essi, quand'anche singolarmente sfornito di valenza indiziaria, può rafforzare e trarre vigore dall'altro in un rapporto di vicendevole completamento (cfr. Cass. civ., sez. I, 28 novembre 2022, n. 34950).

Riferimenti

Cendon, L’amministrazione di sostegno come strumento cardine per la protezione dei soggetti deboli, in www.personaedanno.it, (sezione amministrazione di sostegno/finalità della legge, destinatari); Masoni, Amministrazione di sostegno ed interdizione; dal diritto al dovere di sostegno?, in Giur. merito, 2007, I, 43.

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