Il CCII affronta per la prima volta in modo sistematico il tema della gestione aggregata dell’insolvenza delle imprese appartenenti ad un gruppo e, a tal fine, propone una definizione del gruppo fondata sull’assoggettamento a direzione unitaria. Esaminando, tuttavia, le singole procedure di gruppo, ci si avvede di come indirettamente il gruppo assuma valenza e composizione diverse in funzione dei limiti di accesso alle singole procedure.
La “novità” delle procedure di gruppo nel CCII
Una delle innovazioni più rilevanti introdotte con l'entrata in vigore del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII) è costituita dall'esplicito riconoscimento della autonoma rilevanza del fenomeno del gruppo nell'ambito della legislazione per la regolamentazione della crisi.
Sino alla riforma, il gruppo di imprese veniva sicuramente considerato sotto il profilo economico, ma non come soggetto complesso delle procedure di insolvenza, nelle quali le singole procedure ciascuna impresa del gruppo seguivano un proprio autonomo iter.
L'aggregazione di imprese, semmai, aveva ricevuto peculiare attenzione sotto il profilo della prevenzione di condotte abusive, tant'è che di questa criticità si occupano gli artt. 2497 e segg. c.c. introdotti dalla riforma societaria del 2003.
Pervero, già lal. n. 95/1979 (nota come “legge Prodi”) in tema di amministrazione straordinaria si era premurata di sancire la responsabilità degli amministratori per l'esercizio abusivo della direzione di gruppo.
Più incisivo era stato il successivo d.lgs. n. 270/1999 (c.d. Prodi-bis) che non solo aveva confermato la possibilità di estendere la procedura ad altre imprese insolventi del gruppo (includendo tra queste sia le società, sia anche le imprese in genere), ma aveva anche introdotto l'opzione per una gestione aggregata delle procedure, sviluppata ulteriormente nella c.d. “legge Marzano” (d.l. n. 347/2003).
L'insolvenza di gruppo, inoltre, aveva trovato spazio nella legislazione speciale, ad esempio con la prescrizione alle imprese bancarie di dotarsi di un piano di risanamento di gruppo (art. 69-quinquies del TUB) e l'accentramento della gestione del gruppo bancario insolvente (art. 103 TUB), disposizioni riprese in parte anche per le assicurazioni (nel d.lgs. n. 209/2005).
Vi erano stati, ovviamente, vari tentativi “pratici” di ovviare all'assenza di una disciplina concorsuale, anche mediante soluzioni elaborate (per una analisi, v. Poli, Il “concordato di gruppo”: i) profili problematici, agnosticismo del legislatore e supplenza giurisprudenziale, in CI, 2014, 1345), sistematicamente limitate dalla Suprema Corte – che aveva negato qualsiasi soluzione che facesse venir meno una rigorosa distinzione degli attivi e dei passivi delle singole imprese (v. Cass., Sez. I, 13 ottobre 2015, n. 20599, in GI, 2016, I, 395) – pur non mancando pronunzie innovative che avevano ammesso la possibilità di unire sotto il controllo di un unico commissario procedure concordatarie di più imprese facenti parte di un gruppo, strutturate in modo coordinato (v. ad esempio, Trib. Crotone, 28 maggio 1999, in Giust.Civ., 2000, I, 1533; Trib. Palermo, 4 giugno 2014, in questo Portale, 2014, nonché i commenti di Galardo, “Interesse di gruppo” e accordi di ristrutturazione (il caso “Gabetti”), in DF, 2011, I, 40; Patti, Gruppi di imprese e procedure concorsuali minori, in Fallim., 1998, 545).
La definizione di gruppo nel CCII
Ed appunto, la mutata attenzione nei riguardi del fenomeno di gruppo – sollecitata, del resto, dalla normativa comunitaria (nella quale l'opzione delle procedure “aggregate” viene già suggerita nel Reg. UE 848/2015) – trova espressione normativa nel CCII sin da subito con l'inserimento del gruppo di imprese nell'art. 1(ambito di applicazione), e soprattutto nelle definizioni contenute nell'art. 2.
L'art. 1 CCII si limita, pervero, a ricomprendere nella disciplina codicistica le situazioni di crisi ovvero anche di insolvenza del debitore che eserciti un'attività commerciale operando come gruppo di imprese.
La precisazione potrà assumere rilievo nel caso di holding occulte (come le raffigurano, per tutte, Cass., sez. I, 17 aprile 2020, n. 7903; Cass., sez. I, 28 ottobre 2022, n. 31999 e Cass., sez. I, 22 febbraio 2023, n. 5458) ovvero di una supersocietà di fatto (v. da ultimo Cass., sez. I, 13 marzo 2023, n. 7266 e Cass., sez. I, 15 febbraio 2023, n. 4784), ovvero ancora agglomerati costituiti anche da soggetti che in apparenza potrebbero non costituire impresa soggetta, ai sensi dell'art. 121 CCII, a liquidazione giudiziale e concordato preventivo, ma che svolgono attività commerciale sotto forma di gestione direzionale (v. Albesano, Fallimento della supersocietà di fatto, estensione ai soci illimitatamente responsabili ed holding di fatto, in questo Portale, 10 ottobre 2023).
È, invece, la lett. h) dell'art. 2 CCII che definisce il concetto di gruppo, rilevante ai fini dell'applicazione della normativa sulla crisi, quale insieme di società, imprese ed enti – esclusi lo stato e gli enti territoriali - che, ai sensi degli artt. 2497 e 2545-septies c.c., esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica, sulla base di un vincolo partecipativo o di un vincolo contrattuale (v. Scognamiglio, I gruppi di imprese nel CCII: fra unità e pluralità, in Soc., 2019, 413).
La prima peculiarità che si nota è che la definizione supera il concetto codicistico del gruppo come insieme di società, per estendersi anche ai rapporti tra mere imprese ed enti.
La definizione non specifica neppure che ai fini della disciplina del CCII rilevi la distinzione tra imprese assoggettabili o meno a liquidazione giudiziale, scelta che trova conferma anche negli artt. 25 e 25-quater CCII che, in tema di composizione negoziata, coinvolgono nelle trattative ed ammettono alla procedura anche imprese che non si trovino in crisi o insolvenza e imprese sottosoglia che non sarebbero, quindi, soggette a liquidazione giudiziale.
Da notare che tra le entità che possono comporre un gruppo non vi sono le persone fisiche (v. Sanzo, I principi generali e le disposizioni di immediata attuazione, in Sanzo - Burioni (a cura di) Il nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, Bologna, 2019, 18). Queste assumono un precipuo rilievo solo in quanto anche in capo ad esse può essere individuata la titolarità della direzione unitaria che connota il gruppo, ma non anche come soggetti ai quali possano essere estese le procedure riservate alle imprese, salvo che si ipotizzi l'esistenza di una vera e propria impresa apicale insolvente, ancorchè non palese (v. Vanetti, Concordato di gruppo e supersocietà di fatto, in sito Ilcaso.it, 2022). In particolare, il legislatore non riprende la definizione di gruppo – riferita a società, imprese ed enti – allorché riconduce l'attività di direzione ad una società, un ente o una persona fisica, con una espressione che dunque comprende anche soggetti che non esercitino attività imprenditoriale. Tuttavia, l'accesso alle procedure di gruppo previste dal Titolo VI del Codice non spetterebbe al socio che si limiti a svolgere il ruolo di holding, ma senza attività direttiva (Racugno, I gruppi di imprese nella regolazione della crisi e dell'insolvenza. Appunti, in DF, 2020, I, 1269). Se, dunque, al concordato ed alla liquidazione giudiziale possono accedere anche le ditte individuali, tale facoltà non spetta a coloro che non sono imprenditori, anche se costoro possono essere coinvolti nelle sorti del gruppo in quanto svolgano attività di direzione (salvo che si voglia accedere alla tesi secondo la quale la direzione stessa costituisce attività di impresa).
I presupposti che individuano un gruppo nella disciplina del CCII
Ai fini del riscontro dell'esistenza di un gruppo, la normativa concorsuale rimanda alla disciplina societaria, che già aveva avviato la transizione dal concetto di gruppo fondato sul controllo societario a quello basato sul riscontro di una direzione unitaria (v. Minervini, La direzione unitaria nel trattamento della crisi dell'impresa di gruppo (tra codice civile e nuovo codice della crisi), in sito Ilcaso.it, 2023) individuando appunto il presupposto identificativo del gruppo nella soggezione di più società, imprese o enti ad una attività di direzione e coordinamento unitaria con richiamo, dunque, alla disciplina del Codice civile (Callegari, Frammenti di disciplina dei gruppi nel codice della crisi alla luce del decreto correttivo e dello schema di Decreto Insolvency, in sito Ilcaso.it, 2022), art. 2497-sexies c.c.(v. Trib. Milano, 10 novembre 2014, in Soc., 2015, 1377, con nota di Zamperetti, Tesoreria di gruppo, presunzioni da consolidamento e articolazione plurisoggettiva della direzione e coordinamento).
Non vi sarebbe, quindi, un gruppo rilevante ai fini concorsuali nel caso in cui alcune società ed imprese, pur se tra loro collegate per effetto della titolarità di partecipazioni, avessero una vita del tutto autonoma, senza una direzione comune (situazione da valutare evidentemente ex ante, al netto delle limitazioni che l'avvio di una procedura comporterà rispetto alla libertà di proseguire nell'attività di coordinamento: v. Galletti, La gestione della crisi attraverso la direzione e coordinamento: appunti sulle compensazioni “concordatarie” infragruppo per la ricostruzione del sistema, in DF, 2022, I, 639).
Peraltro, per quel che concerne il fenomeno definito dal CCII, ad estendere le fattispecie nelle quali ravvisare l'esistenza del gruppo valgono le presunzioni previste dall'art. 2: si considera, da un lato, sia soggetta a direzione e coordinamento la società per la quale altra società o ente sia tenuta al consolidamento dei bilanci ed, in ogni caso, la sottoposizione a direzione e coordinamento è presunta quando vi sia un controllo diretto o indiretto - anche in forma congiunta - da parte di una società o ente sulla società presuntivamente diretta.
Assume, in tal senso, rilevanza il concetto dicontrollo nelle forme estese così come esplicitato all'art. 2359 c.c. che definisce come società controllate:
le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
L'estensione consente, dunque, di ravvisare l'esistenza di un gruppo mediante l'utilizzo di presunzioni; tuttavia, si segnala sul punto la recente Cass. sez. I, 29 marzo 2023, n. 7930 secondo la quale la fattispecie prevista dall'art. 2497 c.c. postula l'esistenza di un vero e proprio “vincolo di direzione”, tale da consentire al soggetto apicale di determinare le decisioni assembleari, in assenza del quale non opererebbe la disciplina di gruppo.
Le distinzioni dimensionali introdotte nelle definizioni
Se la lett. h) dell'art. 2 CCII contiene la definizione di “gruppo di imprese”, la successiva lett. i) è espressamente dedicata ad individuare i criteri distintivi dei “gruppi di rilevante dimensione” come tipologia di gruppo a sé stante, che viene descritta mediante il richiamo ai parametri dettati dalla Direttiva UE n. 2013/34 (del resto coincidenti con i limiti dimensionali che il d.lgs. n. 9 aprile 1991, n. 127 fissa per l'obbligo di redazione del bilancio consolidato) che fa riferimento ai gruppi composti da un'impresa “madre” e imprese “figlie” incluse nel bilancio consolidato che, su base consolidata, alla chiusura del bilancio dell'impresa “madre” superano almeno due dei tre limiti costituiti da un attivo patrimoniale superiore a Euro 20 milioni, da un ammontare dei ricavi netti superiore a Euro 40 milioni ovvero da un numero medio di dipendenti occupati nell'esercizio superiore a n. 250 unità.
L'appartenenza ad un gruppo di rilevanti dimensioni comporta alcuni esoneri sotto il profilo degli istituti di allerta, situazione che semmai potrà risultare rilevante al fine di stabilire la tempestività del ricorso a procedure di ristrutturazione. L'art. 12 CCII disapplica infatti le disposizioni sulla allerta preventiva per tale tipologia di gruppo ed altresì per le imprese che compongono gruppi che esercitano attività bancaria o di intermediazione, il che non esclude, per contro, che le imprese esonerate dall'allerta possano anch'esse giovarsi delle misure premiali.
Al di là di ciò, per quel che concerne le principali procedure di gruppo, la differenza principale consiste nella diversa individuazione del foro di competenza. Per i gruppi di rilevanti dimensioni l'art. 27, comma 1, CCII fa infatti prevalere la competenza del tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di imprese in cui è sita la sede degli interessi principali della impresa che esercita la direzione e coordinamento (in forza del criterio dettato dall'art. 286 CCII). Tale spostamento di competenza, peraltro, non opererebbe a detta di taluni (Abriani, La disciplina dei gruppi di imprese nel Codice della crisi e dell'insolvenza, in sito dirittodellacrisi.it, 2022) per la procedura di composizione negoziata.
Definizione e disciplina delle procedure di gruppo previste nel CCII: una coincidenza non perfetta
Una volta appurato quale sia il concetto di “gruppo” proposto dal legislatore e quali siano i presupposti per accertarne la sussistenza ai fini delle procedure previste nel CCII, occorre osservare, tuttavia, che nella disciplina specifica delle singole procedure per le quali è previsto l'accesso al gruppo sussistono alcune limitazioni che di fatto rendono le fattispecie non del tutto coincidenti e che sono correlate anche ai diversi presupposti (crisi, pre-crisi, o insolvenza, ma anche semplicemente opportunità di partecipare alle trattative per la composizione negoziata) sottostanti all'accesso alle diverse soluzioni proposte dal CCII (v. Abriani, La disciplina dei gruppi di imprese, cit.). In tal senso, non necessariamente nella procedura di gruppo saranno incluse tutte le entità che lo compongono (Scognamiglio, La gestione dei gruppi di imprese nella prospettiva del risanamento. spunti dalla recente disciplina della “composizione negoziata della crisi”, in sito Ilcaso.it, 2022).
Volendo partitamente esaminare quali siano le procedure per le quali è prevista la procedura di gruppo e come in essa si sviluppi e muti il concetto stesso di gruppo, si deve, anzitutto, considerare la disciplina della composizione negoziata, per la quale è prevista la possibilità di un accesso unitario che, in forza dell'art. 12 CCII si estende a tutti gli imprenditori, compresa l'impresa agricola (e le startup innovative sottratte a liquidazione giudiziale), che si trovino anche solo nella situazione di crisi probabile ivi descritta (o “crisi prospettica” per citare Cesare, Composizione negoziata di gruppo al vaglio dell'efficienza, in questo Portale, 5 luglio 2022). In questa fattispecie, quindi, il gruppo comprenderà un novero di imprese più ampio rispetto alle procedure “classiche”. Per contro, alle trattative, che sono il fulcro di questa procedura, potranno partecipare anche le imprese in bonis (Callegari, Frammenti di disciplina dei gruppi, cit.) che non si trovino in situazione di crisi neppure probabile (sicuramente, tra queste, l'impresa che esercita la direzione e coordinamento) e, posto che l'art. 25-quater CCII non esclude tale possibilità, si dovrebbe ritenere che anche imprese sotto soglia, legittimate autonomamente a richiedere la composizione negoziata, possano accedervi all'interno di una procedura del gruppo al quale appartengono. A ciò si aggiunge la peculiarità di questo istituto costituito dalla rimessione all'esperto (rectius ai diversi esperti nominati) di concentrare in una sola procedura composizioni negoziate aperte separatamente, facoltà cui si contrappone per certi versi la facoltà dell'esperto di cassare la forma aggregata se eccessivamente onerosa.
Di contro, sempre in tema di composizione negoziata, una limitazione pare implicita nella previsione secca dell'art. 25-quinquies CCII: non pare, infatti, derogabile per il gruppo il divieto di presentare il ricorso ex art. 17 CCII imposto all'impresa che abbia presentato nei quattro mesi precedenti o per la quale sia pendente il procedimento unitario di cui all'art. 40 CCII, anche se presentato “con riserva”. Anche in questo senso si modifica l'accezione di “gruppo”, che potrà comprendere solo imprese non in limine ad una procedura concorsuale e, aggiungerei enfatizzando il presupposto di cui all'art. 12 CCII, solo imprese per le quali sussista una prospettiva di risanamento, inteso come recupero dell'equilibrio cui la norma fa riferimento (anche se una recente pronunzia ha attribuito invece rilievo alla continuità “del gruppo” ovvero dal mantenimento delle sinergie derivanti dalla direzione e coordinamento: v. Trib. Ravenna, 24 febbraio 2023, in sito Ilcaso.it, 2023, che peraltro ha escluso la concessione delle misure protettive alle imprese destinate a cessare l'attività).
L'art. 25 CCII, invece, specifica che l'accesso alla composizione è limitato alle imprese che abbiano il centro degli interessi principali nel territorio dello Stato, e quindi l'estensione del gruppo già nella composizione negoziata trova un limite rispetto alle definizioni astratte e generali contenute nell'art. 2, poiché ai fini della procedura non potranno essere considerate le imprese estere che pure ne facciano parte.
Se questo è il concetto di gruppo rispetto all'accesso alla composizione negoziata, la stessa configurazione dovrebbe essere mantenuta nell'ambito delle soluzioni “negoziali”alternative previste dal primo comma dell'art. 23, alle quali l'art. 25 consente di accedere all'esito della procedura di gruppo in via unitaria.
Di contro, sebbene il legislatore abbia opportunamente corretto nel testo finale del CCII la precedente discrasia rispetto al d.l. n. 118/2021, che sembrava lasciare all'esito negativo della composizione negoziata di gruppo la sola opzione di un accesso separato alle procedure di crisi, pare evidente che il concetto di gruppo cambierà ancora una volta nel caso venga avviata una delle soluzioni previste dal secondo comma dell'art. 23, posto che – a voler seguire la tesi restrittiva prevalente (v. però infra) – dal perimetro del gruppo dovrebbero essere separate le imprese che non presentino i presupposti previsti dall'art. 121 CCII e quindi le imprese agricole – salvo quanto si dirà – e quelle sotto soglia, nonché le imprese che non possano definirsi in situazione di crisi attuale.
Se, invece, si vanno ad esaminare le procedure di gruppo previste al Titolo VI, nonostante l'incipit dell'art. 284 CCII che titola: “Concordato, accordi di ristrutturazione e piano attestato di gruppo”, nelle disposizioni successive non vi è alcun accenno al piano attestato, posto che le norme fanno esclusivamente riferimento alla disciplina di gruppo del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, oltre che alla liquidazione giudiziale. D'altro canto, la natura sostanzialmente contrattuale dell'istituto del piano attestato ben si presta ad essere terreno di sperimentazione per soluzioni che si estendano ad una ristrutturazione ampia delle imprese in crisi nell'ambito del gruppo o addirittura di rimodellamento del gruppo stesso e, di fatto, l'assenza di controllo giudiziario ex ante rende sicuramente percorribili tali soluzioni, salvo poi verificare le conseguenze di un insuccesso ai fini della protezione revocatoria.
Se così è, parrebbe che anche la definizione di gruppo si possa modellare in modo discrezionale nell'ambito di un piano attestato: in sostanza, potranno essere inseriti nel piano accordi relativi a rapporti che coinvolgano anche imprese del gruppo non insolventi né in crisi ed a prescindere dalla loro assoggettabilità a procedure concorsuali, a patto che vi sia l'assenso dei creditori e fors'anche che venga attestata anche in questo caso la maggior convenienza per i creditori della soluzione aggregata (in tal senso Abriani, La disciplina dei gruppi di imprese, cit.).
È anche legittimo il dubbio che in tal modo si possa anche superare il limite del divieto del coinvolgimento di imprese estere che non abbiano il centro degli interessi principale in Italia, laddove queste potrebbero partecipare ad accordi quando questi si rivelino essenziali al fine di conseguire la ristrutturazione del gruppo.
L'ambito del gruppo cambia ancora per gli accordi di ristrutturazione, posto che a tale soluzione, a norma dell'art. 57, ha accesso anche l'imprenditore non commerciale, e quindi anche, ad esempio, l'impresa agricola, salvo che – diversamente da quanto avviene nella composizione negoziata – si dovrà trattare di impresa in stato di crisi o di insolvenza.
Infine, nell'ambito delle procedure di concordato preventivo o di liquidazione giudiziale di gruppo, anche se gli artt. 284 e 287 CCII non fanno espresso richiamo agli artt. 84 e 121 CCII, non mi pare possibile ipotizzare una deroga che consenta di ricomprendere all'interno della procedura soggetti che non potrebbero in autonomia accedere a quelle procedure; pertanto, pur potendone essere più ampia la composizione – e di questa dovrà essere data precipua notizia in seno al ricorso introduttivo, posto che l'art. 289 CCII non fa esclusivo riferimento alle informazioni che riguardino le sole imprese che presentano il ricorso – la procedura dovrebbe riguardare solo imprese in possesso dei requisiti di cui all'art. 121 CCI, anche se in senso opposto si pone una pronunzia di merito (Trib. Catania, 22 marzo 2023, in Fallim., 2023, 804, con nota critica di Panzani, La liquidazione giudiziale di gruppo al vaglio della giurisprudenza) che ritiene estensibile la liquidazione giudiziale, ai sensi dell'art. 290 CCI, anche ad imprese sottosoglia.
Ovviamente, poi, la composizione del gruppo che accede al concordato preventivo differisce da quella delle imprese ammesse alla procedura unitaria di liquidazione giudiziale in quanto, nella prima procedura, saranno incluse imprese che si trovino in situazione di crisi o insolvenza, laddove il gruppo rilevante per la procedura di liquidazione giudiziale sarà formato dalle sole imprese insolventi (dovendosi ritenere che i presupposti di cui all'art. 121 CCII debbano ravvisarsi su ciascuna impresa: v. Benedetti, La liquidazione giudiziale di gruppo: una prima pronuncia giurisprudenziale, in Fallim., 2023, 392) per le quali sussista il presupposto dell'utilità per i creditori delle singole imprese coinvolte di una liquidazione coordinata degli attivi. Non solo, ma la peculiarità del concordato di gruppo rispetto alla liquidazione giudiziale è anche correlata al fatto che solo in quest'ultima procedura è ammessa la possibilità di una estensione successiva della procedura di gruppo ad entità che ne siano rimaste estranee in sede di ricorso introduttivo, invece preclusa (per scelta criticata da taluni) nei concordati, il che per certi versi limita in questi la stessa accezione di gruppo all'agglomerato di imprese definito dalle imprese ricorrenti, laddove invece il gruppo rilevante può divenire più ampio nella liquidazione giudiziale.
In sostanza, quindi, se le definizioni consentono di individuare il presupposto per l'esistenza di un gruppo ai fini dell'accesso alle procedure previste dal CCII, la mancata previsione – o meglio la scelta implicita dell'esclusione – della possibilità di realizzare procedure di gruppo “miste” fa sì che nell'ambito dei singoli istituti possa variare la struttura stessa del gruppo – insolvente o in crisi o anche solo in difficoltà – che avrà accesso alle diverse procedure.
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