Suicidio assistito: alla Consulta i residui spazi di rilevanza penale della condotta di chi aiuta il suicidio altrui

01 Febbraio 2024

Il GIP di Firenze, con il provvedimento del 17 gennaio 2024, ha sollevato, innanzi alla Corte Costituzionale, una questione di legittimità costituzionale sull'art. 580 c.p., come modificato dalla sentenza del 2019 della medesima Consulta, nella parte in cui richiede che la non punibilità di chi agevola l'altrui suicidio risulti subordinata alla circostanza che l'aiuto sia prestato a un individuo tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, per contrasto con gli articoli 2,3,13,32,117 della Costituzione, quest'ultimo in riferimento agli articoli 8 e 14 della Convenzione.

Tre “assistenti” denunciati ex art. 580 c.p.

Il GIP di Firenze si è pronunciato sulla  richiesta di archiviazione  presentata dalla Procura della Repubblica nel procedimento iscritto a carico di tre soggetti per il reato di cui all'art. 580 c.p.

Gli stessi avrebbero organizzato, e in seguito materialmente eseguito, l'accompagnamento di un soggetto presso la clinica  Svizzera  dove nel 2022 è deceduto in seguito a suicidio assistito. L'uomo era affetto da sclerosi multipla e, nel 2021, era venuto a conoscenza dell'esistenza di associazioni che offrivano supporto ai pazienti interessati ad accedere alle procedure di  suicidio assistito all'estero, così entrando in contatto con uno degli indagati.

L'uomo, l'8 dicembre 2022, confermava la volontà di procedere a suicidio assistito e, utilizzando il braccio che ancora poteva controllare, ha assunto per via orale il farmaco letale, morendo dopo pochi minuti.

L'illegittimità parziale del 2019

Rubricato “Istigazione o aiuto al suicidio”, l'art. 580 c.p.  statuisce che chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, venga punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da 5 a 12 anni.

Nel 2019, con la sentenza n. 242, la Consulta dichiarava  costituzionalmente illegittimo  l'articolo  de quo, nella parte in cui non escludeva la punibilità di chi, con le modalità previste dagli  artt. 1  e  2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219  (recante “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”), agevolasse l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputasse intollerabili, ma  pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione fossero state verificate da una struttura pubblica del SSN, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

L'operatività dell'aiuto al suicidio nella versione post 2019

Il giudice fiorentino ha rilevato di dover applicare l'articolo 580 c.p.  nella versione risultante a seguito della sentenza della  Consulta n. 242/2019  al fine di valutare la possibilità di  accogliere la richiesta di archiviazione  presentata dalla Procura, osservando, al contempo, che tale richiesta non poteva essere accolta in quanto la condotta degli imputati rientrava sì nell'operatività dell'articolo 580 c.p., in particolare della fattispecie di aiuto al suicidio, tuttavia senza che i medesimi potessero beneficiare della causa di non punibilità introdotta a seguito di detta pronuncia di illegittimità parziale.

Il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale

Lo stesso giudice ha ritenuto che la condotta degli indagati non ricadesse nell'ipotesi di non punibilità introdotta dalla Consulta in quanto, nel caso di specie,  non appariva integrato il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. Gli elementi acquisiti durante le indagini avevano infatti consentito di accertare la sussistenza delle ulteriori condizioni sostanziali richieste, come pure del rispetto delle condizioni procedurali prescritte dalla legge.

L'asserito contrasto costituzionale del requisito costituito dalla necessità che la persona sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale

Lo stesso giudice ha quindi ritenuto che il requisito costituito dalla necessità che la persona sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale presenti  profili di possibile contrasto costituzionale. Secondo la lettura del GIP tale requisito segna, ove letto in negativo, il confine tra l'ambito di liceità e quello tuttora coperto dal divieto di aiuto al suicidio e, quindi, costituisce un limite per la persona che desidera morire avvalendosi dell'aiuto altrui, poiché disincentiva, attraverso la minaccia della sanzione penale, i terzi che intendano apportare tale aiuto.

La questione di legittimità costituzionale

Per l'effetto il GIP ha richiesto alla Consulta di dichiarare illegittimo l'art. 580 c.p., nella versione modificata dalla medesima Consulta, tramite la  sentenza n. 242/2019, nella parte in cui richiede che la non punibilità di chi agevola l'altrui suicidio risulti subordinata alla circostanza che sia prestato a un individuo tenuto in vita da  trattamenti di sostegno vitale, per contrasto con gli  articoli 2, 3, 13, 32, 117 della Costituzione, e quest'ultimo in riferimento agli articoli 8 e  14 della CEDU.

L'ampiezza dell'intervento richiesto

Lo stesso GIP ha al contempo evidenziato che ciò non significa chiedere una smentita dei principi già enunciati dalla Consulta nella sentenza del 2019, né tantomeno un'impugnazione surrettizia della sentenza. In detta occasione la Consulta, ha argomentato il remittente,  ha individuato un  minimum  di tutela  da riconoscersi ai diritti fondamentali del paziente prendendo in considerazione, specificamente, situazioni come quella oggetto del giudizio in questione.

Secondo il GIP fiorentino, evidentemente, ciò non impedisce che lo stimolo derivante dalla casistica possa determinare la Corte a  pronunciarsi di nuovo. Il senso di tale intervento risulta infatti dalla necessità di  sfaldare progressivamente il divieto di aiuto al suicidio  previsto dal codice penale che, già oltrepassato nella sua originaria assolutezza, conserva tuttora una portata sovraestesa, la quale ha bisogna di ulteriore erosione, al fine di eliminare i residui di illegittimità costituiti non tanto dai requisiti della non punibilità, bensì dai perduranti spazi di rilevanza penale della condotta che solamente la prassi consente progressivamente di individuare e censurare, alla luce dei parametri della Costituzione.

Per l'effetto, il GIP ha dichiarato  rilevante e non manifestamente infondata  la sopra illustrata questione di legittimità costituzionale dell'art. 580 c.p., disponendo la trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale, nonché la sospensione del procedimento e dei relativi termini di prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimità costituzionale.

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