Rifiuto al rimpatrio della minore sottratta dalla madre nonostante il legame affettivo con il padre

La Redazione
05 Febbraio 2024

Ai fini del rimpatrio del minore illecitamente sottratto, il giudice è tenuto a verificare attentamente l'ambiente di vita in cui il minore verrebbe ricondotto, tenendo conto di vari fattori come il rapporto con il genitore da cui è stato sottratto, l'ambiente familiare, le relazioni sociali, la scuola, l'attività sportiva e il tempo libero, l'età e le caratteristiche del bambino.

Un cittadino belga in seguito al mancato rientro della figlia dopo le vacanze di carnevale trascorse con la madre in Italia, presentava ricorso alle autorità belghe perché disponessero il rientro della minore.

Successivamente, il procuratore presso il Tribunale per i Minorenni di Milano presentava ricorso per ottenere l'ordine di rimpatrio della bambina in Belgio. Tuttavia, il Tribunale respingeva il ricorso. Il padre presentava ricorso per Cassazione contro la decisione.

La Corte di Cassazione affermava che la violazione del diritto di custodia condiviso tra i genitori costituisce un illecito di sottrazione internazionale di minori, così annullava la decisione del Tribunale ordinando il rientro immediato della bambina in Belgio.

Conseguentemente la madre presentava ricorso per Cassazione, affermando la presenza di ostacoli al rimpatrio della minore.

La Corte di Cassazione afferma che il giudice deve attenersi ad un criterio di rigorosa interpretazione della portata della condizione ostativa al rientro, non potendo dare peso al mero trauma psicologico o alla semplice sofferenza morale per il distacco dal genitore autore della sottrazione abusiva, a meno che tali inconvenienti non raggiungano il grado - richiesto dalla norma convenzionale - del pericolo psichico o dell'effettiva intollerabilità della situazione da parte del minore.

Per i Supremi Giudici, la tollerabilità, per il minore, del cambiamento di vita non può essere valutata in termini meramente ipotetici e astratti, dovendo essere esaminate le reali e concrete condizioni di vita, l'ambiente e le relazioni personali, familiari, scolastiche e sociali del minore, sia nel contesto dal quale è stato allontanato, sia in quello successivamente instaurato, il tutto in rapporto all'età e alla personalità dello stesso.

La Suprema Corte ritiene che nel caso in esame tali accertamenti siano assenti e che la ritenuta tollerabilità del rientro della minore in Belgio sia frutto di una valutazione ipotetica e astratta.

Pertanto, non essendo necessario alcun ulteriore accertamento in fatto, ed essendo la minore affidata in via esclusiva alla madre, che vive in Italia, questa è autorizzata a scegliere da sola (anche) la residenza abituale della stessa, quindi il rientro e la permanenza abituale in Belgio della bambina, senza il consenso della madre, sono esclusi dal provvedimento che disciplina l'esercizio della responsabilità genitoriale, sopravvenuto in corso di causa (e sostitutivo di ogni precedente regolamentazione), reso esecutivo anche nello Stato in cui la minore dovrebbe essere ricondotta

In conclusione la corte Cassa la decisione impugnata nei limiti del motivo accolto e, decidendo nel merito, respinge la domanda volta ad ottenere l'ordine di ritorno della minore.

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