PMA. Nell’atto di nascita può risultare solo la madre biologica

13 Febbraio 2024

Con la presente ordinanza, la Cassazione torna ad affrontare il tema della genitorialità frutto di procreazione medicalmente assistita praticata all’estero da parte di una coppia di coniugi monoaffettiva femminile e della conseguente legittimità del rifiuto da parte dell’Ufficiale dello stato civile di procedere alla dichiarazione di riconoscimento di filiazione naturale ex art. 250 c.c. da parte della madre c.d. intenzionale.

Massima

Nel registro di stato civile non può essere indicato il nome della genitrice c.d. intenzionale italiana del minore nato in Italia, a seguito di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, a cui era ricorsa la madre biologica straniera.

Il caso

Il procedimento da cui muove la vicenda ha riguardato l’impugnazione del provvedimento con cui l’Ufficiale di stato civile di un Comune toscano aveva opposto il rifiuto al ricevimento della dichiarazione di riconoscimento di filiazione naturale da parte di un madre c.d. intenzionale ed alla richiesta di rettificazione dell’atto di nascita del minore nato da PMA. A detta dell’amministrazione, infatti, tale riconoscimento si poneva in contrasto con quanto stabilito dall’art. 250 c.c., norma che fa riferimento, come soggetto legittimato a riconoscere, ad un genitore di sesso maschile ed a uno di sesso femminile. Inoltre, non risultava in alcun modo che vi fosse stata richiesta di trascrizione di un atto di nascita formato all’estero. In particolare, l’atto di nascita in questione: riguardava un minore, in possesso della cittadinanza americana; nato in Italia da una donna cittadina americana, a seguito di concepimento tramite le tecniche di procreazione medicalmente assistita, avvenuto negli USA, con il consenso prestato dalla genitrice intenzionale che, con la prima, aveva ivi contratto matrimonio. In primo grado era stata affermata la legittimità del rifiuto opposto dall’Ufficiale dello stato civile in quanto la legge n. 40/2004 era stata considerata come ostativa alle pretese delle due genitrici, mentre in sede di reclamo la Corte di appello aveva accolto l’impugnazione delle due donne.

Da qui il ricorso per cassazione promosso dalle amministrazioni e quello incidentale promosso dalle ricorrenti originarie.

La questione

È possibile richiedere all’Ufficiale di stato civile l’iscrizione del nominativo, unitamente a quello della madre naturale, della genitrice c.d. intenzionale italiana del minore nato in Italia, a seguito di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo pratica all’estero, a cui era ricorsa la madre biologica straniera e con cui l’istante risulta coniugata?

Le soluzioni giuridiche

La questione affrontata dalla pronuncia in esame impone una breve analisi delle norme coinvolte.

In primo luogo, la circostanza che non fosse stata richiesta la trascrizione di un atto di nascita formato all'estero permette di escludere che le interessate fossero tenute a promuovere il procedimento di cui  all'art. 67, l. n. 218/1995, richiamato dall'art. 68 per gli atti pubblici ricevuti all'estero, il quale trova applicazione anche in caso di rifiuto dell'Ufficiale di stato civile di trascrivere un provvedimento giurisdizionale straniero recante l'accertamento del rapporto di filiazione tra un minore nato all'estero ed un cittadino italiano (cfr. Cass. civ., sez. un., n. 12193/2019).

Di conseguenza, l'unico strumento utilizzabile ai fini della contestazione della legittimità del rifiuto opposto dall'Ufficiale di stato civile doveva (e deve) essere individuato nel procedimento di rettificazione ex art. 95, comma 1, d.P.R. n. 396/2000: quest'ultimo, infatti, la cui funzione, collegata a quella pubblicitaria propria dei registri dello stato civile ed alla natura dichiarativa propria delle annotazioni in essi contenute, aventi l'efficacia probatoria privilegiata prevista dall'art. 451 c.c., ma non costitutive dello status cui i fatti da esse risultanti si riferiscono, esclude peraltro l'idoneità della decisione ad acquistare efficacia di giudicato in ordine alla sussistenza del rapporto giuridico di filiazione (sul punto cfr. Cass. n. 23319/2021). Ciò posto, però, con tale procedimento non si può conseguire l'auspicato risultato, ossia il riconoscimento dello status filiationis ex  art. 250 c.c., in quanto le annotazioni a cui il procedimento si riferisce hanno l'efficacia probatoria privilegiata prevista dall'art. 451 c.c., ma non sono costitutive dello status, cui i fatti da esse risultanti si riferiscono.

In secondo luogo, poi, occorre ricordare che l'ordinamento di stato civile italiano è disciplinato dal d.P.R. n. 396/2000, il quale si basa su un sistema che distingue tra: atti di stato civile formati direttamente dall'Ufficiale di stato italiano (oggetto di iscrizione, se formati dallo stesso Ufficiale che li registra o di trascrizione, se formati da altro Ufficiale) i quali possono essere formati solo secondo il diritto italiano; atti di stato civile che consistono in trascrizioni di atti stranieri (se relativi a italiani o stranieri, previo vaglio di non contrarietà all'ordine pubblico e con funzione di pubblicità dichiarativa, mentre se riguardanti stranieri residenti in Italia con funzione di pubblicità notizia, ma non trascrivibili se non residenti in Italia) la cui formazione può concretarsi nell'applicazione della legge del luogo o di quella italiana quando gli stessi atti siano compiuti dinanzi alle autorità consolari o diplomatiche italiane, previo il necessario vaglio della non contrarietà all'ordine pubblico.

Orbene, nel caso oggetto di attenzione, la Corte di appello, essendo la madre biologica ed il bambino cittadini USA, aveva ritenuto applicabile la legge del Wisconsin e che la fattispecie ricadesse nell'ambito di applicazione dell'art. 33 l. n.  218/95, in base al quale lo status di figlio si individua facendo riferimento alla legge nazionale di quest'ultimo o, se più favorevole, alla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino al momento della nascita. Pertanto, sulla base della ricognizione normativa e giurisprudenziale dello Stato estero così individuato, la Corte di merito aveva concluso che potessero essere qualificati come genitori, in caso di PMA di tipo eterologa praticata all'estero, anche i componenti di una coppia omosessuale sposata.

Secondo la Cassazione, però, trattandosi della formazione di un atto di nascita richiesto all'Ufficiale di stato civile italiano, la legislazione applicabile doveva essere esclusivamente quella nazionale, nel rispetto delle modalità indicate dall'art. 30, d.P.R. n. 396/2000, previa necessaria verifica, in capo al soggetto chiamato ad effettuare la dichiarazione, della condizione di paternità o maternità risultante dalle formule approvate con d.m. del 5 aprile 2002. In questo ambito, dunque, doveva essere valutata la legittimità del rifiuto opposto dall'Ufficiale di stato civile, con riferimento, cioè, alla normativa a cui lo stesso era ed è tenuto a dare attuazione, senza discrezionalità operativa.

In conclusione, quindi, secondo la Suprema Corte, l'erronea applicazione dell'art. 33 l. n. 218/1995, da parte della Corte di appello, ha realizzato una evidente violazione di legge, in quanto ha consentito la formazione, attraverso un'operazione interpretativa della normativa americana, di un atto di nascita di un bambino nato in Italia con l'applicazione diretta del diritto straniero, laddove ciò non è consentito all'Ufficiale di stato civile stante il precipuo e limitato esercizio dei poteri di carattere pubblico attribuitigli, da cui esorbitano quelli costituivi dello status filiationis.

Osservazioni

La pronuncia in esame è senza dubbio interessante in quanto rappresenta l’ennesima occasione per la Cassazione di ribadire che status filiationis può essere conseguito solo grazie alla diretta applicazione della legge nazionale ex art. 231 e ss. c.c. ed ex lege n. 40/2004, ove ne ricorrano i presupposti ivi previsti, e/o all’esito dell’esperimento delle azioni di stato e/o in caso di trascrizione in Italia dell’atto di nascita formato all’estero, relativo a un minore, figlio di madre intenzionale italiana e di madre biologica straniera o di una sentenza straniera.

Tuttavia, però, non può non essere segnalato come la pronuncia in commento sia solo l’ultima, in ordine di tempo, ad aver affrontato la questione, tanto dibattuta in dottrina quanto in giurisprudenza, della trascrizione in Italia dell’atto di nascita di un minore formato all’estero a seguito di procreazione medicalmente assistita. Questioni, infatti, come quelle oggetto della presente nota, aventi rilevanza etico sociale prima ancora che giuridica, se da un lato mettono in evidenza lo stato dell’evoluzione delle relazioni familiari nell’ambito di un dato contesto sociale, dall’altro non possono prescindere dalle cure del legislatore, che più del giudice sarebbe deputato a leggere la realtà sociale e ad effettuare il miglior bilanciamento dei valori fondamentali in conflitto.

In attesa, quindi, di un intervento legislativo in materia, la soluzione prospettata dalla pronuncia in esame rimane, ad avviso di chi scrive, quella più coerente da un punto di vista sistematico.

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