Il compenso dell’amministratore può essere approvato dall’assemblea anche per facta concludentia?

14 Febbraio 2024

Tra le varie garanzie di affidabilità dell’amministratore di condominio che la legge di riforma ha voluto apprestare a tutela dei condomini e della collettività in generale, vi è stata anche quella relativa all’obbligo che l’amministratore ha di presentare, con l’offerta per un nuovo possibile incarico, anche un preventivo dei compensi da questo richiesti, in modo da dare al condominio officiante la possibilità di valutarlo in via preventiva e decidere se, in concorso con altri, sia quello più conveniente o più completo di servizi per la compagine condominiale. Tale previsione ha avuto il pregio di rendere il rapporto amministratore/condominio più chiaro e trasparente, la fine di scongiurare “sorprese” al momento del pagamento del compenso ed anche per tarare al meglio il bilancio di spesa.

Massima

Ai fini della validità della delibera di nomina o conferma dell’amministratore condominiale, l’indicazione del compenso è valida anche se formulata mediante richiamo ad un preventivo approvato dall’assemblea condominiale.  

Il caso

Un condominio citava in giudizio il suo vecchio amministratore, revocato con apposita delibera assembleare, chiedendo al Tribunale di Foggia la restituzione di alcune somme indicate nello specifico, nonché quella dell’importo di € 12.463,40, pari all’importo complessivo del compenso percepito dal precedente amministratore negli anni dal 2013 al 2020 in mancanza di una valida delibera di nomina o conferma contenente una specifica determinazione del medesimo compenso

Si costituiva in giudizio l’amministratore revocato, il quale eccepiva, in via preliminare, l’improcedibilità delle domande per mancato esperimento della negoziazione assistita o, comunque, della mediazione civile e commerciale, obbligatoria per la materia condominiale, nonché il difetto di autorizzazione dell’assemblea al nuovo amministratore in ordine alla domanda di ripetizione dei compensi percepiti dall’amministratore negli anni dal 2013 al 2020 e, di conseguenza, l’incompetenza del Tribunale in ordine all’unica domanda validamente proposta, quale quella della ripetizione di un importo portato da alcune fatture.

Nel merito, eccepiva l’infondatezza delle domande di ripetizione, aventi ad oggetto, rispettivamente, spese documentate e giustificate e compensi liquidati in preventivi e consuntivi regolarmente approvati dall’assemblea condominiale.

La questione

Sostanzialmente, il condominio dopo aver revocato un amministratore, e nel pieno delle funzioni del nuovo amministratore al quale erano stati consegnati tutti i documenti della precedente gestione, citava il primo dinanzi il Tribunale al fine, da una parte, di ottenere la restituzione di somme asseritamente incamerate senza alcuna legittimazione - l’indicazione analitica che ne fa il giudice attiene ad importi a dire il vero abbastanza irrisori che non avrebbero potuto giustificare l’esistenza di un giudizio davanti il Tribunale - e dall’altra, per ottenere la restituzione della ben più cospicua somma di € 12.463,40, quale compenso - a dire del Condominio - incassato dal precedente amministratore illegittimamente per non essere stato lo stesso mai incaricato da una valida delibera di nomina o conferma contenente una specifica determinazione del compenso.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Foggia, nel rigettare tutte le eccezioni relative alla improcedibilità della domanda ed al difetto di legittimazione attiva del condominio per non aver dato espresso mandato all'amministratore di procedere contro il vecchio mandatario, rigetta la domanda anche per quanto attiene l'azione di ripetizione del compenso del vecchio amministratore e l'accoglie solo per l'esiguo importo di € 160,00 quale spese non documentate, condannando il condominio alla rifusione delle spese legali.      

Il giudice foggiano, nel rigettare le eccezioni di improcedibilità sollevate dalla difesa dell'amministratore uscente e nel confermare che le somme ordinarie richieste in ripetizione fossero dovute, attesa la presenza di documenti giustificativi che ne avevano legittimato le uscite, al netto di una sola voce che non essendo coperta da una ragione valida, andava restituita, focalizza la sua attenzione sull'aspetto relativo alla richiesta in restituzione da parte dell'ex amministratore dell'importo di € 12.463,40, in quanto - a detta del Condominio attore - non erano dovuti in quanto lo stesso non era stato nominato da una assemblea valida perché non contenente una specifica determinazione del compenso.

Affrontando il tema, il giudicante rileva come, dalla documentazione allegata al fascicolo di parte del convenuto ex amministratore, all'atto della nomina e delle successive conferme annuali, l'assemblea condominiale avesse sempre approvato il preventivo di gestione predisposto dallo stesso amministratore, contenente l'espressa e precisa indicazione del compenso annuale e delle ulteriori somme dovutegli a titolo di rimborso spese.

In particolare - osserva il magistrato pugliese - nel verbale di assemblea del 15 febbraio 2013, vi era specifica approvazione del preventivo delle spese di amministrazione con importi del compenso indicato nel preventivo predisposto dell'amministratore uscente e sottoposto all'attenzione assembleare proprio in vista della riunione del 15 febbraio 2013.

Quindi, richiamata la giurisprudenza di legittimità, rigettava la domanda di ripetizione delle somme a titolo di compenso ritenendo validamente costituito il contratto di “amministrazione condominiale” - che in diritto non esiste, intendendosi la configurazione del più corretto contratto di mandato (in tal senso, App. Palermo 29 dicembre 2021, n. 2099) - sulla base di un documento approvato dall'assemblea, ove, richiamato espressamente un preventivo come parte integrante del contenuto di esso, poteva ragionevolmente ritenersi rinvenuto l'elemento essenziale della analitica determinazione del compenso.    

Osservazioni

Com'è noto, il terzultimo comma dell'art. 1129 c.c., nella nuova versione introdotta con la riforma del 2012, prevede che la mancata indicazione dell'importo dovuto a titolo di compenso renda nulla la deliberazione di nomina dell'amministratore.

Tale disposizione, seppur con qualche iniziale riluttanza, ha cominciato ad essere applicata nelle aule giudiziarie in maniera abbastanza uniforme.

Ad ogni buon conto, si tratta di una disposizione degna di nota perché le ipotesi di nullità delle deliberazioni assembleari sono eccezionali, in quanto finalizzate a sanzionare vizi di particolare gravità, tenuto conto anche delle rilevanti conseguenze che ne derivano in termini di efficacia giuridica dell'atto.

Vi sono tendenzialmente sul punto due orientamenti opposti: da una parte chi sostiene che la portata della norma di cui al comma 14 dell'art. 1129 c.c. vada letta in modo letterale e chi invece, pur di salvare l'atto deliberativo dell'assemblea, considera che esso possa essere salvato dalla scure della nullità ritenendo valido il richiamo al preventivo, che si attua mediante un comportamento per facta concludentia dell'assemblea.

Pur trovandoci di fronte ad una mole abbastanza cospicua di decisioni, vale la pena di evidenziare due pronunce simboliche e contrapposte tra di loro.

Da una parte, si è ritenuto di aderire all'orientamento letterale della norma non solo perché nettamente prevalente ma in quanto maggiormente aderente al disposto normativo, che prevede espressamente l'indicazione analitica del compenso, risultando coerente con la ratio complessiva della legge di riforma del condominio che prevede obblighi di trasparenza ed informazione maggiormente stringenti a carico dell'amministratore, in quanto una  diversa interpretazione non risulta accoglibile in quanto porterebbe ad una elusione della disciplina giuridica oggi vigente (sul punto, v. Trib. Pavia 8 settembre 2021, n. 1142).

D'altro canto, altra giurisprudenza di merito (v., da ultimo, Trib. Milano 12 gennaio 2022, n. 196), pur dichiarando la nullità della delibera per violazione del terzultimo comma dell'art. 1129 c.c., non ha accolto la conseguente domanda avente ad oggetto la restituzione delle somme incassate dall'amministratore come compenso, sul presupposto che l'approvazione assembleare del consuntivo che comprenda anche il compenso dell'amministratore legittima quest'ultimo a pretenderne il pagamento od a trattenere quanto già incassato a tale titolo.

A sostegno della propria decisione, il Tribunale meneghino ha anche richiamato il disposto di cui all'art. 1711 c.c. in base al quale l'atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario, a meno che il mandante lo ratifichi.

Il Tribunale di Foggia ha aderito a quest'ultimo orientamento, peraltro confermato in sede di prima applicazione dalla Suprema Corte di Cassazione con la decisione di cui in epigrafe.

Ultima considerazione a margine: l'amministratore uscente non era obbligato a presentare alcun preventivo scritto ed analitico, quale conditio sine qua non, per il conferimento dell'incarico, pena, in difetto, la nullità dello stesso, in quanto il 15 febbraio 2013, data dello svolgimento dell'assemblea, così come richiamata negli atti di causa, non era ancora entrato in vigore il disposto di cui al comma 14 dell'art. 1129 c.c., la cui efficacia era stata differita al 18 giugno 2013.      

Riferimenti

Ditta, in Consulente Immobiliare, 17 giugno 2022, n. 1138, 991;

Di Rago, in Italiaoggi Sette, 25 aprile 2022, n. 96, 31.

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