Libri c. Italia: l’Italia nuovamente condannata per condizioni insufficienti di tutela del diritto alla salute in carcere

16 Febbraio 2024

Il caso riguarda il ricorso alla Corte EDU di un detenuto, recluso presso la Casa di Reclusione di Parma, con cui si è eccepita l'incompatibilità della permanenza in carcere con lo stato di salute e l'omissione di cure mediche adeguate.

Massima

Nel caso Libri c. Italia, la Corte EDU conferma la propria giurisprudenza in materia di tutela del diritto alla salute, ribadendo l'obbligo da parte dello Stato di assicurare cure adeguate per le condizioni di salute dei detenuti e, in particolare, evidenziando che lo Stato deve tener conto (i) dello stato di salute e degli effetti che la privazione della libertà può provocare sul detenuto, (ii) degli standard qualitativi delle prestazioni mediche fornite, e (iii) la compatibilità della permanenza e della prosecuzione della detenzione alla luce delle valutazione sanitarie.

Il caso

Il ricorrente è in esecuzione pena per un cumulo di reati inerenti la criminalità organizzata e condannato alla pena dell'ergastolo. È gravato da numerose patologie, tra cui l'osteoporosi con collassi vertebrali multipli e la fibromialgia: è stato inoltre riconosciuto invalido al 100% e presenta una mobilità limitata agli arti inferiori. Nel suo ricorso alla CEDU il detenuto ha riferito che le problematiche di salute iniziarono nel 2017, quando era detenuto nel carcere di Rebibbia, e gli erano stati prescritti bastoni e corsetto ortopedico per la schiena, oltre ad attività di fisioterapia e specifici esami. Sulla scorta di questo quadro, il detenuto si era motivato per chiedere una misura alternativa per motivi di salute da scontarsi in una struttura sanitaria e perciò il Tribunale di Sorveglianza di Roma aveva nominato un perito per la valutazione più approfondita delle sue condizioni di salute. L'esperto aveva rilevato la necessità di un trasferimento presso altro carcere (Milano) dove gli potesse essere fornito un servizio più specializzato. Il Tribunale rigettava la richiesta e disponeva il trasferimento a Milano per motivi di salute, a far data dell'ordinanza del 26 ottobre 2017. Nei mesi successivi, i medici del carcere prescrissero al detenuto fisioterapia e uso di stampelle, oltre che di deambulatore e di una sedia a rotelle e gli fissarono appositi esami aggiuntivi. Tali esami, tuttavia, vennero eseguiti solo con il marzo del 2018 ed erano insufficienti rispetto alle prescrizioni mediche: non erano stati forniti, tra le altre cose, il deambulatore e il corsetto e le stampelle erano di misura sbagliata. Nel 2018, quindi, il detenuto presentò altra richiesta di sostituzione della pena del carcere con quella dei domiciliari per motivi di salute; richiesta tuttavia respinta nel giugno del 2018. Avverso la decisione provvisoria del Magistrato di Sorveglianza, il detenuto si appellò al Tribunale, il quale, pur confermando la decisione provvisoria, ordinò al servizio sanitario penitenziario di adeguarsi alle prescrizioni mediche e di fornire al detenuto quanto prescritto (con ordinanza rinnovata il 15 gennaio 2019). Il 16 febbraio 2019 il detenuto venne trasferito a Parma e collocato nella c.d. SAI, Sezione assistenza Intensiva: all'inizio della permanenza a Parma, tuttavia, gli venne assegnata una cella che non gli consentiva un accesso autonomo alla doccia; con il maggio del 2019 venne quindi trasferito in diversa cella. Secondo i rapporti sanitari del giugno 2019, per quanto le condizioni si fossero stabilizzate, si suggeriva un accesso a percorsi riabilitativi esterni. Sulla base della precedente procedura incardinata, il Tribunale di sorveglianza di Milano, il 13 dicembre 2019, provvedeva a nominare un perito: secondo l'esperto, le condizioni di salute erano migliorate e non poteva dirsi sussistere una piena incompatibilità con il carcere; tuttavia, vi era la necessità di un trattamento più costante che non era stato effettuato dal carcere e che aveva presentato, al contrario, forti ritardi ed omissioni. Alla luce delle nuove valutazioni peritali, il Tribunale di Sorveglianza di Milano, con ordinanza del 18 settembre 2020, rigettava la richiesta di accesso all'esterno per motivi di salute del detenuto; diniego confermato in sede di legittimità con sentenza del 18 maggio 2021. Il detenuto aveva presentato anche una richiesta di misure urgenti e provvisorie alla Corte EDU; richiesta, tuttavia, respinta con pronuncia del 13 ottobre 2020. Con il 2021, il detenuto veniva sottoposto a visita ortopedica presso l'ospedale di Bologna il quale aveva indicato la necessità di attività di riabilitazione specifica anche all'aria aperta e l'uso del corsetto ortopedico; secondo poi i rapporti del carcere, le sue condizioni erano stabili. Il detenuto dal carcere aveva presentato altre richieste di sostituzione della pena; tutte richieste respinte e l'ultimo diniego è dell'ottobre 2022.

La questione

Il ricorrente ha lamentato, quindi, una violazione dell'art. 3 CEDU per l'assenza di cure adeguate in carcere. Secondo la Corte, il ricorso non è né manifestamente infondato né irricevibile. Il detenuto, in particolar modo, ha sostenuto di non essere curato in modo adeguato e pertanto chiedeva o una misura all'esterno o un trasferimento in una struttura sanitaria specializzata. Si doleva infatti dei continui ritardi nella fornitura di fisioterapia, di dispositivi ortopedici e di esami specializzati oltre che di un collocamento in una cella non idonea alle sue difficoltà motorie. Per il Governo, il ricorso non avrebbe dovuto trovare accoglimento dato che il detenuto era stato sottoposto a esami specialisti e aveva ricevuto tutte le cure necessarie, comprese le sessioni di fisioterapia.

Le soluzioni giuridiche

Con riguardo al tema dell'incompatibilità del carcere, secondo la Corte EDU le doglienze del ricorrente non trovano accoglimento dato che le sue condizioni risultano stabili e tutti i periti nominati hanno attestato la piena conformità della detenzione rispetto alle sue patologie. Tuttavia, secondo la Corte, il detenuto ha subito un trattamento inumano e degradante in punto di parametro 3 della Convenzione perché non ha ricevuto cure mediche adeguate: dal punto di vista della qualità delle prestazioni sanitarie fornite, tutti i tribunali nazionali avevano individuato numerosi ritardi e diverse carenze di trattamento. Nello specifico, tutti i rapporti medici dal 2017 al 2021 evidenziavano la necessità di un'attività di fisioterapia costante, regolare e specifica da effettuarsi anche in strutture esterne; il detenuto non ha mai ricevuto invece prestazioni di questo tipo, né risulta che abbia mai beneficiato di un percorso riabilitativo intensivo. Non vi sono prove che al detenuto sia stata data la possibilità, anche a spese proprie, dell'acquisto del corsetto dorsale. Secondo la Corte ci sono elementi sufficienti per ritenere che durante il periodo di detenzione esaminato, il detenuto non abbia potuto beneficiare di cure mediche adeguate.

Osservazioni

Il caso Libri c. Italia conferma la giurisprudenza della Corte EDU in materia di diritto alla salute dei detenuti. La pronuncia è di poco successiva ad altra già commentata (Riela c. Italia) e si fonda sugli stessi principi, oltre che raggiunge le medesime conclusioni.

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