Decreto del Presidente della Repubblica - 22/09/1988 - n. 448 art. 10 - Inammissibilità dell'azione civile.

Andrea Conti

Inammissibilità dell'azione civile.

 

1. Nel procedimento penale davanti al tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie non è ammesso l'esercizio dell'azione civile per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato1.

2. La sentenza penale non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno cagionato dal reato.

3. Non può essere riconosciuta la sentenza penale straniera per conseguire le restituzioni o il risarcimento del danno.

[1] A norma dell'articolo 33, comma 1, lettera e) del Dlgs 10 ottobre 2022, n.149, le parole «tribunale per i minorenni», sono sostituite dalle seguenti: «tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie». Per l’applicazione vedi l’articolo 49, comma 1 del D.Lgs. n. 149/2022 medesimo.

Inquadramento

La costituzione di parte civile nel processo penale minorile, ai sensi e per gli effetti di quanto dispone l'art. 10 d.P.R. n. 448/1988, deve considerarsi inammissibile, alla luce del principio di minima offensività e di incompatibilità delle pretese civilistiche con la disciplina del processo penale minorile. Da ciò deriva che il danneggiato dal reato commesso dal minorenne dovrà necessariamente adire il Giudice civile al fine di ottenere il risarcimento del danno, senza potersi, però, giovare degli effetti extrapenali di una eventuale sentenza pronunziata ad esito del processo penale minorile.

L'esclusione dell'azione civile «è una scelta a favore dell'imputato minorenne, ma non contro la vittima del reato (sub specie di danneggiato)» nella misura in cui «il danneggiato dal reato sa di poter agire in sede civile, sa di poterlo fare senza dover attendere l'esito del processo penale, sa di non subire alcun pregiudizio dall'esito del processo penale a carico del minore (non essendo a lui opponibile l'esito di un processo al quale non ha potuto prendere parte)» (Corso, 60).

L'inammissibilità dell'azione civile

L'art. 10 d.P.R. n. 448/1988 esclude l'esercizio dell'azione civile nel processo penale minore. L'inammissibilità dell'azione civile – con la conseguente rimozione del thema probandum (Vigoni, 1983) – appare funzionale a garantire il principio di minima offensività e le esigenze di semplificazione e celerità «mediante la riduzione a due delle parti processuali e il contenimento dell'oggetto ai soli fatti di rilievo penale, in un contesto [...] in cui la speditezza è valore primario tenuto conto che la pena applicata a distanza di tempo dal fatto la priverebbe del carattere di emenda, tenuto conto della personalità in itinere degli adolescenti» (Cipolla, 455).

L'esclusione della parte civile appare funzionale anche a garantire l'applicabilità degli istituti che consentono la fuoriuscita anticipata del minore dal processo penale: infatti, «per un verso, la parte civile sarebbe sempre interessata ad osteggiare qualsiasi forma di diversion; per altro verso, la presenza di un attore civile costituirebbe, per il giudice, una grave remora all'adozione dei [...] provvedimenti proscioglitivi, i quali inevitabilmente frustrerebbero la aspettative di una «parte» del processo» (Bronzo, 150).

L'impossibilità di costituirsi parte civile comporta, da un lato, l'esclusione del responsabile civile e, dall'altro lato, l'inapplicabilità dell'art. 75, comma 1 – secondo il quale l'azione civile proposta davanti al giudice civile può essere trasferita nel processo penale fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche non passata in giudicato – e comma 3, c.p.p. in forza del quale se l'azione risarcitoria è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile resta sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione. Pertanto, il processo civile non potrà essere sospeso e, di conseguenza, il danneggiato potrà agire in sede civile a prescindere dall'andamento del procedimento penale.

La Corte Costituzionale ha ritenuto la previsione contenuta nell'art. 10 d.P.R. 448/1988 costituzionalmente legittima in quanto, in linea generale, «la separazione dell'azione civile dal processo penale non può essere considerata come esclusione o menomazione del diritto di tutela giurisdizionale: essa costituisce una modalità di detta tutela giurisdizionale, che generalmente è alternativa, ma che il legislatore, nell'ambito del suo potere discrezionale, può scegliere come esclusiva in vista di altri interessi da tutelare, quale quello della speditezza del processo penale» e «l'autonomo esercizio dell'azione di restituzione o risarcitoria nel processo civile non comprime il diritto di difesa». Inoltre, la Corte, con specifico riferimento al processo penale minorile, ha evidenziato che «il divieto di costituzione di parte civile trova ragione nelle esigenze di evitare che il processo rieducativo del minore rimanga turbato dalla presenza di un soggetto «antagonista», portatore di interessi «privati» estranei a quelli perseguiti dallo Stato nei confronti dell'imputato minorenne, e di non appesantire la rapidità e snellezza del processo minorile, indirizzato a dare largo spazio all'esame della personalità del minore e alla individuazione di idonei strumenti di recupero». (C. Cost. 433/1997).

Il processo civile avente ad oggetto le restituzioni o il risarcimento del danno derivante da reato non può essere sospeso fino all'esito del procedimento penale celebrato nei confronti dell'imputato minorenni, non essendo possibile la costituzione di parte civile nel processo penale minorile (Cass. civ. III, ord. n. 15014/2005).

Risulta ammissibile, in assenza di un espresso divieto normativo, la partecipazione al processo penale minorile degli enti e delle associazioni rappresentative degli interessi lesi dal reato ai sensi di quanto dispongono gli artt. 91 ss. c.p.p. (Cipolla, 458; Reynaud, 110; Giannino, 106 ss.; Lambertucci, 106 e Vigoni, 1985).

La sentenza minorile passata in giudicato

L'art. 10, comma 2, d.P.R. n. 448/1988 precisa che la sentenza penale emessa ad esito del processo penale minorile e passata in giudicato non produce effetti nel giudizio civile per le restituzioni ed il risarcimento del danno cagionato. La norma, con riferimento alle sentenze di condanna, deroga a quanto prevede l'art. 651 c.p.p.; mentre costituisce un corollario, in relazione alle sentenze assolutorie pronunziate in seguito al dibattimento, di quanto previsto dall'art. 652, comma 1, c.p.p. in forza del quale l'efficacia extrapenale della sentenza assolutoria nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno presuppone che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile. Pertanto, essendo inammissibile la costituzione di parte civile all'interno del processo penale minorile, l'efficacia extrapenale della sentenza di assoluzione è preclusa dall'art. 652 c.p.p.

All'interno del processo civile sarà possibile produrre gli atti del procedimento penale (Scidà, 83 e Bronzo, 161 ss. che ritiene producibile anche la sentenza pronunziata dall'Autorità Giudiziaria minorile).

L'art. 10, comma 3, d.P.R. n. 448/1988 prevede, in deroga a quanto previsto dall'art. 732 c.p.p., l'impossibilità di riconoscere la sentenza penale straniera per conseguire il risarcimento del danno. La ratio di tale esclusione è rappresentata dalla «necessità di evitare la disparità di trattamento tra danneggiati da reati commessi da minori in Italia e persone offese in procedimenti per reati perpetrati da minori e giudicati all'estero» (Cipolla, 459).

La dottrina evidenzia come l'art. 651 c.p.p. «verrebbe in rilievo solo nel caso in cui la sentenza irrevocabile di condanna, pronunziata a seguito di giudizio abbreviato o di dibattimento [...] sia fatta valere nel giudizio civile nei confronti del solo minorenne: si tratta di un'ipotesi nella prassi del tutto residuale» (Zoerle, 3900).

La formulazione letterale dell'art. 10, comma 2, d.P.R. n. 448/1988 – che limita l'inefficacia della sentenza penale ai giudizi per la restituzione ed il risarcimento del danno – rende applicabili al rito minorile gli artt. 653 (che regola l'efficacia delle sentenze nei giudizi civili diversi da quelli di danno) e 654 (che disciplina l'efficacia delle sentenze nei procedimenti disciplinari avanti alle Pubbliche Autorità) c.p.p. (ZOERLE, 3902 ss.).

Il ruolo della persona offesa

Alla persona offesa dal reato viene, però, riconosciuto un ruolo attivo all'interno del processo penale minorile. Infatti, l'offeso – oltre a poter esercitare le prerogative che gli sono riconosciute dal codice di procedure penale ordinario, ovvero funzioni sollecitatorie e di controllo dell'azione del pubblico ministero con particolare riferimento alla fase delle indagini preliminari (artt. 90 ss. c.p.p.) – viene coinvolto nell'iter processuale nella misura in cui il suo contributo può essere utile al percorso di responsabilizzazione del minore.

La persona offesa può partecipare, in quanto preventivamente avvisata, all'udienza preliminare e dibattimentale (artt. 31, comma 3 e 33, comma 4 d.P.R. 448/1988.

Inoltre, dovrà essere sentita ai fini della pronunzia della sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto (art. 27, comma 2, d.P.R. 448/1988) e potrà essere coinvolta nella messa alla prova in quanto il Giudice minorile, con l'ordinanza che sospende il processo, può impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato ed a promuovere la conciliazione del minore con la persona offesa.

L'inammissibilità dell'azione civile nel processo penale a carico di imputati minorenni non è ostativa all'esercizio da parte della persona offesa dei diritti e delle facoltà previste dall'art. 90 c.p.p. (Cass. pen. I, n. 8482/1991 e Trib. min. Caltanissetta, 6 febbraio 2003 in Giur. merito, 2004, 1209).

Nel processo minorile, essendo precluso l'esercizio dell'azione civile, la presenza della persona offesa può interessare le parti private solo in quanto la stessa persona offesa possa fornire un suo apporto alla conoscenza dei fatti per cui si procede; il che implica, però, che essa dovrebbe assumere veste di testimone e, come tale, essere indicata nella lista che ciascuna parte è tenuta a presentare, ai sensi dell'art. 468 c.p.p. (Cass. pen. I, n. 7491/1994).

Bibliografia

Aimonetto, Costituzione di parte civile e processo minorile, in Giur. cost., 1997, 3871 ss.; Bronzo, Sub art. 10 d.P.R. 448/1988, in Aa.Vv.., Il processo penale minorile. Commento al D.P.R. 448/1988, a cura di Giostra, Milano, 2016, 147 ss.; Cipolla, Sub art. 10 d.P.R. 448/1988, in Aa.Vv.., Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, a cura di Lattanzi e Lupo, vol. X, Milano, 2017, 453 ss.; Conti, L'ente a tutela dell'infanzia nel processo penale: l'alternativa tra costituzione di parte civile ed intervento ex artt. 91 ss. c.p.p., in Min. giust., 2018, f. 3, 158 ss.; Corso, L'inammissibilità dell'azione civile tra tutela dell'imputato minorenne e ragioni del danneggiato dal reato, in Riv. it. dir. pen. e proc., 2012, 50 ss.; Giannino, Il processo penale minorile, Padova, 1997; Lambertucci, Sub art. 10 d.P.R. 448/1988, in Aa.Vv.., Il processo penale minorile. Commento al D.P.R. 448/1988, a cura di Giostra, Milano, 2001, 97 ss.; Pellegrino, voce Imputato minorenne, in Dig. disc. pen., vol. III agg., tomo I, Torino, 2005, 755 ss.; Presutti, La posizione del minore, in Aa.Vv.., Trattato di diritto di famiglia, a cura di Zatti, vol. V, Milano, 2011, 437 ss.; Presutti, I soggetti e le parti private, in Aa.Vv.., Procedura penale minorile, a cura di Bargis, Torino, 2021, 108 ss.; Reynaud, Sub art. 10 d.P.R. 448/1988, in Aa.Vv.., Commento al codice di procedura penale, a cura di Chiavario, vol. I - Leggi collegate, Torino, 1994, 101 ss.; Scidà, Sub art. 10 d.P.R. 448/1988, in Esp. giust. min., 1989, 82 ss.; Vigoni, Sub art. 10 d.P.R. 448/1988, in Aa.Vv.., Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda e Spangher, tomo IV, Milano, 2023, 1983 ss.; Zoerle, L'inefficacia extrapenale della sentenza pronunciata dal giudice minorile, in Cass. pen., 2018, 3894 ss.

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