Domanda risarcitoria nel rito del silenzio: la trattazione con un rito diverso non ne determina la nullità se non viene dedotta la lesione del diritto di difesa

Redazione Scientifica Processo amministrativo
27 Febbraio 2024

Nel ricorso avverso il silenzio contenente una domanda risarcitoria o indennitaria la mancata conversione del rito deve essere annunciata alle parti ma non determina la nullità della sentenza se la parte non deduca e dimostri che l'adozione di un rito diverso le ha causato la lesione del diritto di difesa.

Avanti al TAR per la Puglia veniva proposto da una società il ricorso avverso il silenzio serbato dall'amministrazione comunale sull'istanza di autorizzazione all'esercizio dell'attività sanitaria, nonché per il risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 30, comma 4, c.p.a. e per l'indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento, art. 2-bis, comma 1-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il Tribunale accoglieva il ricorso all'esito del giudizio con rito speciale ex artt. 87 e 117 c.p.a. ma rigettava la domanda di risarcimento del danno per difetto di prova degli elementi costituitivi della responsabilità del comune e quella di indennizzo per difetto di prova dell'imputabilità del ritardo al comportamento colpevole del comune. Quindi la società ricorrente appellava i predetti due capi della sentenza, ponendo in rilievo la parte in cui le relative domande non erano state trattate mediante la conversione del rito, come disposto dall'art. 117, comma 6, c.p.a., ai sensi del quale avrebbero dovuto essere decise con rito ordinario.

In via preliminare il Collegio rileva che nel caso di specie non può configurarsi la tardività, e dunque l'irricevibilità, del ricorso in appello, visto che il rito si determina in funzione della qualificazione della domanda, di conseguenza, nel caso di specie, per valutare la tempestività dell'appello occorreva considerare i termini del rito ordinario. Infatti, ad avviso del Collegio, la notifica risulta tempestiva secondo il termine previsto per il c.d. rito ordinario, mentre sarebbe tardiva secondo il termine dimezzato per il rito speciale in materia di silenzio; in ogni caso, l'appellante non impugnava il capo della sentenza relativo all'illegittimità del silenzio, oggetto di trattazione con rito speciale, ma quello relativo al rigetto della domanda risarcitoria e indennitaria, la cui decisione deve essere assunta con il rito ordinario; il giudizio di appello, infatti, è stato ritualmente introdotto nelle forme e nei termini del rito ordinario, proprio, in relazione alle domande di risarcimento dei danno e indennitaria, che ne costituiscono l'oggetto.

Quanto al merito, il Collegio afferma la fondatezza dell'appello, considerato che il Tribunale non ha disposto la conversione del rito da rito  speciale a rito ordinario per decidere sulla domanda risarcitoria, come disposto dall'art. 117, comma 6 c.p.a., anzi le domande, risarcitoria è stata decisa nell'ambito del giudizio già incardinato con c.d. rito speciale  senza neppure avvisare le parti, a norma dell'art. 73, comma 3, c.p.a., che la conversine del rito non ci sarebbe stata e la decisone sulla domanda risarcitoria sarebbe stata assunta  unitamente alla domanda sul silenzio.

Al riguardo il Collegio, richiamando la giurisprudenza della Corte di cassazione, afferma che la trattazione della causa con un rito diverso da quello previsto non determina la nullità della sentenza se la parte non deduca e dimostri che dall'erronea adozione del rito le sia derivata una lesione del diritto di difesa, come nel caso di specie. Infatti, l'appellante aveva dedotto e documentato che la sentenza “a sorpresa” del Tribunale - ovvero la decisone  assunta senza avvertire previamente le parti in ordine alla mancata conversione del rito - aveva inciso il diritto di difesa, impedendole di istruire la trattazione della domanda risarcitoria nell'ambito del rito ordinario, vista, peraltro le peculiarità dell'onere probatorio sulla parte attrice in materia risarcitoria nel processo amministrativo, che il rito ordinario consente di assolvere in maniera più ampia, rispetto al rito speciale, condizionato dalle norme acceleratorie di cui all'art. 87, comma 3, c.p.a.

Il Collegio precisa che le considerazioni esposte per la domanda risarcitoria, relative all'art. 117, comma 6, c.p.a. valgono anche per la domanda di indennizzo del danno da ritardo, sebbene non sia espressamente contemplata dalla disposizione citata, visto che anch'essa è un'azione di accertamento e di condanna, che secondo le regole generali segue il rito ordinario.

 Pertanto, il Consiglio di Stato ha accolto l'appello e per l'effetto ha annullato la sentenza di primo grado, con rinvio della causa al TAR per la Puglia.

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