Codice Civile art. 130 - Atto di celebrazione del matrimonio.Atto di celebrazione del matrimonio. [I]. Nessuno può reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del matrimonio, se non presenta l'atto di celebrazione estratto dai registri dello stato civile [107, 109]. [II]. Il possesso di stato, quantunque allegato da ambedue i coniugi, non dispensa dal presentare l'atto di celebrazione [131, 132 2]. InquadramentoIl matrimonio è inteso dalla codificazione vigente, sia in termini di rapporto che di atto. Sotto tale ultimo aspetto, il vincolo matrimoniale è un negozio solenne e come tale abbisogna di specifici elementi documentali perché ne sia data dimostrazione. Gli articoli 130-133 del codice civile regolano gli aspetti relativi alle prove della celebrazione del matrimonio. L'art. 130 c.c. muove dalla prova principe del vincolo matrimoniale, ossia l'atto di celebrazione che deve avere i contenuti previsti dall'art. 64 d.P.R. 396/2000 e, in primis, il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza e la residenza degli sposi; il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita e la residenza dei testimoni. L'atto di matrimonio, quindi, prova lo stato di coniuge. È il caso di ricordare che analoghi oneri probatori gravano in capo ai coniugi che reclamino questo status in relazione a un atto matrimoniale celebrato all'estero; tuttavia, per gli atti formati all'estero, la forma celebrativa di riferimento è quella del luogo in cui il matrimonio fu celebrato. Prova del matrimonioIl possesso di stato rivela il vincolo matrimoniale nei rapporti sociali benché, in sede giurisdizionale o amministrativa, debba essere dimostrato esibendo l'atto di celebrazione: una valida dimostrazione è realizzata con la certificazione che attesta la celebrazione, non occorrendo, in questo caso, l'esibizione dell'atto originale salvo contestazioni (Finocchiaro, 222). Diverso è, però, il caso in cui sia proprio lo status a costituire l'oggetto del procedimento: in questo caso, l'atto di celebrazione deve essere ritualmente prodotto. Il certificato di matrimonio, attestando quanto risulta dall'atto di matrimonio, deve considerarsi un documento di secondo grado; esso, in altre parole, presuppone l'esistenza dell'atto matrimoniale e vale ad attestare quanto risulta dai registri dello Stato Civile (Sesta, 445). Ci si interroga circa la possibilità di ottenere dimostrazione dello stato coniugale per effetto della mancanza di contestazione ex art. 115 c.p.c.(e, dunque, con riferimento ai casi in cui le parti siano costituite: v. Cass. n. 22461/2015). La soluzione è preferibilmente negativa in quanto l'art. 115 cit. si applica limitatamente ai fatti disponibili e non opera, quindi, al cospetto di situazioni giuridiche soggettive che non sono nella disponibilità delle parti. L'art. 130 c.c. ha connotati rigorosi quanto alla prova del matrimonio poiché il possesso di stato, quantunque allegato da ambedue i coniugi, non dispensa dal presentare l'atto di celebrazione. Non è chiaro se siffatto regime operi anche riguardo ai terzi. Il formante letterale della disposizione e la sua ratio dovrebbero indurre ad aderire alla tesi più rigorosa che assegna carattere generale all'art. 130 c.c. ritenendo che quindi anche i terzi debbano fornire la prova dello status di coniuge mediante l'atto di matrimonio (Finocchiaro, 223). Matrimonio celebrato all’esteroLa prova del matrimonio celebrato all'estero è costituita dall'atto matrimoniale, in genere estratto dai registri dello Stato Civile del luogo della celebrazione (Cian, Trabucchi, 227): ciò sia che si tratti di matrimonio celebrato all'estero da cittadini stranieri, sia che si tratti di matrimonio celebrato all'estero da cittadini italiani. Giova ricordare, al riguardo, che l'art. 16 d.P.R. n. 396/2000, prevede che il matrimonio all'estero, quando gli sposi sono entrambi cittadini italiani o uno di essi è cittadino italiano e l'altro è cittadino straniero, sia assistito da pubblicità e certificazione a mezzo della trasmissione di una copia dell'atto che è rimessa a cura degli interessati all'autorità diplomatica o consolare. Ciò nondimeno, non è detto che il matrimonio sia stato trascritto, magari al lume del regime speciale che regola il matrimonio nello stato di celebrazione (v art. 28 l. n. 218/1995): la trascrizione ha valore certificativo e non costitutivo e dunque ometterla non condiziona la validità della celebrazione (Cass. n. 17620/2013). Celebrazione del matrimonio e atto matrimonialeLa Suprema Corte, con la sentenza n. 9218 del 1995, ha avuto modo di chiarire che qualora un soggetto impugni un matrimonio, sostenendone l'inesistenza, per il fatto che il relativo atto di stato civile non contiene le indicazioni previste dalla legge sull'ordinamento dello Stato Civile (oggi d.P.R. 396 del 2000: «la dichiarazione degli sposi di volersi prendere rispettivamente in marito e moglie» e «la dichiarazione fatta dall'ufficiale di stato civile che gli sposi sono uniti in matrimonio») la difesa della controparte, la quale eccepisca che l'omissione riguarda l'atto e non la celebrazione, può provare, con ogni mezzo, che tali dichiarazioni sono state rese, anche se non siano materialmente inserite nell'atto, non sussistendo la limitazione dei mezzi di prova ricavabile dagli artt. 132 e 133 c.c., atteso che il convenuto dimostra il proprio titolo di coniuge sulla base dell'atto di celebrazione estratto dai registri dello stato civile, ai sensi dell'art. 130 c.c., e che la prova, con ogni mezzo, dell'intervenuta manifestazione del consenso «ad nuptias» può sempre essere fornita allo scopo di ottenere la rettificazione dell'atto ovvero, nel corso di un'azione di stato, per integrare le risultanze degli atti dello stato civile e, quindi, modificarli, ove si accerti la incompletezza della loro redazione. Matrimonio e trascrizione della sentenza di separazione o divorzioLa trascrizione dell'atto di matrimonio non è essenziale per ritenere esistente il vincolo e condurre un giudizio di accertamento. Diversamente opina la giurisprudenza ove si tratti di condurre a termine un giudizio di revisioneex art. 710 c.p.c. o art. 9 l. n. 898/1970. In questo caso, si afferma che, ai fini della modifica della sentenza di separazione o divorzio pronunciata da un Autorità Giudiziaria Straniera è preliminare la trascrizione della suddetta pronuncia, trascrizione che, pur non avendo valenza costituiva ai fini della validità ed efficacia della pronuncia in quanto tale, è necessaria nel sistema del diritto internazionale privato, come modificato dalla l. n. 218/1995 che ha introdotto il riconoscimento automatico delle pronunce straniere, per la verifica del rispetto dei requisiti basilari di compatibilità con l'ordinamento italiano (art. 64 della legge n. 218/1995), verifica demandata nel nuovo sistema del diritto internazionale privato all'Ufficiale dello Stato Civile salve le ipotesi di cui all'art. 67 della l. n. 218/1995 e che in ogni caso non può essere compiuta nell'ambito del procedimento di revisione (Trib. Milano, 20 maggio 2015). BibliografiaBianca C. M., Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014; Cian, Trabucchi - a cura di -, Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Dogliotti, Gli effetti del matrimonio invalido. Il matrimonio putativo in Tr. ZAT, I, Milano, 2002; Ferrando, L’invalidità del matrimonio in Tr. ZAT, I, Milano, 2002; Finocchiaro F., Matrimonio in Comm. S. B., artt. 84 - 158, Bologna - Roma, 1993; Lipari, Del matrimonio celebrato davanti all’ufficiale dello stato civile in Comm. Dif., II, Padova, 1992; Perlingieri, Manuale di Diritto Civile, Napoli, 2005; Sesta - a cura di -, Codice della famiglia, Milano, 2015. |