Legge - 29/05/2017 - n. 71 art. 7 - AmmonimentoAmmonimento 1. Fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 594, 595, 612 e 612-ter del codice penale e all'articolo 167 del codice per la protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, anche mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne, è applicabile la procedura di ammonimento di cui all'articolo 8, commi 1 e 2, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive modificazioni 1. 2. Ai fini dell'ammonimento, il questore convoca il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale. 3. Gli effetti dell'ammonimento di cui al comma 1 cessano al compimento della maggiore età. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. [1] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera e), numero 1), della Legge 17 maggio 2024, n. 70. InquadramentoCon il termine “cyberbullismo” si intende il fenomeno che si verifica online e si estrinseca in diverse forme di aggressione, molestie o discriminazioni, a mezzo di social network, forum, chat, applicazioni di messaggistica istantanea o siti web in cui è possibile condividere fotografie, video, messaggi, ai danni di un soggetto minore di età. Come il termine stesso suggerisce, si tratta di forme mutuate dal “bullismo” comune, che tuttavia trovano spazio e terreno fertile nel cyberspazio: disancorati da limitazioni di spazio (tipicamente l'ambiente in cui il bullo e la sua vittima si incontrano e interagiscono è quello scolastico o similare, come scuole sportive, campi estivi eccetera) e di tempo (gli episodi di bullismo cosiddetto tradizionale, o fisico, si estrinsecano durante le ore di permanenza a scuola o nel luogo in cui entrambi i soggetti si trovano in quel momento contemporaneamente), il cyberbullismo è in grado di raggiungere una pervasività pressoché assoluta. Così i messaggi umilianti ed offensivi rivolti ad un determinato soggetto possono essere letti, condivisi e commentati da una platea vastissima, aumentando in questo modo il senso di isolamento, di ridicolo e di umiliazione della vittima, che si vede bersaglio di attacchi non solo da persone che conosce, ma anche da sconosciuti. L'effetto branco, tipico del bullismo, ottiene una perfetta cassa di risonanza dal web. Parimenti, anche il periodo in cui il soggetto è vittima dei suoi aguzzini, che normalmente dovrebbe essere limitato alla compresenza fisica dei soggetti nello stesso posto, si dilata ad una persecuzione 24/7, in quanto le condotte di cyberbullismo proseguono, per mezzo dei dispositivi collegati alla rete, anche quando la vittima dovrebbe trovarsi al sicuro, tra le mura domestiche. Caratteristica del web è, per l'appunto, quella di essere una rete mondiale, e pertanto, il contesto virtuale in cui si collocano gli episodi li rende ancor più gravi, perché capaci di travalicare confini di spazio e tempo: la vittima di cyberbullismo, pertanto, non conosce requie. Altra caratteristica che contribuisce ad aggravare il fenomeno è la percezione, soprattutto nei soggetti più giovani (che, sebbene considerati “nativi digitali”, non hanno in realtà una vera e propria coscienza del reale funzionamento dei meccanismi della rete), che internet non esista nel mondo reale, che non sia un luogo fisico, che tutto quello che succede nel web, per la sua intangibilità e quindi virtualità, sia destinato a rimanere senza conseguenze. Questa sorta di sicurezza, di presunta impunità, fornita da schermo e tastiera, rende i bulli del cyberspazio più spregiudicati e violenti, idealmente coperti da una sorta di salvacondotto che tutto cancella con un semplice click. Una serie di episodi di grande rilievo mediatico, culminati, nel 2013, con il suicidio di una giovanissima vittima di cyberbullismo (Carolina Picchio, 14 anni, considerata la prima vittima del fenomeno del cyberbullismo, toltasi la vita nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 2013, a seguito di una vera e propria tempesta social di insulti e attacchi personali dovuti alla circolazione di alcuni video che mimavano rapporti intimi non consensuali, girati a sua insaputa e condivisi senza il suo consenso) ha portato il legislatore a interessarsi proattivamente del fenomeno. Dopo un iter parlamentare non privo di complessità, è stata approvata la legge 71/2017, recante misure di contrasto e prevenzione al cyberbullismo: si tratta della prima legge europea su un tema che sta diventando sempre più diffuso e preoccupante. Definizione e caratteristicheIl cyberbullismo trova la sua prima definizione ufficiale proprio nella legge in commento, che lo definisce come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”. Si tratta di una definizione estremamente ampia e particolareggiata, per un fenomeno che, in rete, si sostanzia in modalità diverse e variegate. Perché si possa parlare di cyberbullismo, le condotte prese in considerazione devono avere determinate caratteristiche (ripetitività, sistematicità, pervasività), ma soprattutto devono essere mirate a isolare uno o più minori specifici, identificati come bersaglio. Questo significa che non si tratta semplicemente di manifestazioni generiche di aggressività online, comunque gravi, ma eventualmente sanzionabili ad altro titolo. Inoltre, sul piano degli effetti, il comportamento di cyberbullismo deve causare un serio pregiudizio alla persona presa di mira. Questo pregiudizio deve rivelarsi di una certa gravità e non si riferisce a episodi di offesa di rilevanza minima. In altre parole, il cyberbullismo comporta danni significativi per la vittima, che possono influire sulla sua reputazione, sulla sua autostima e sulla sua vita sociale ed emotiva, fino ad arrivare ai casi più gravi di autolesionismo e di suicidio. Dunque, da un lato la vittima si trova a confrontarsi con gli episodi in una situazione che potrebbe diventare continuativa, giorno e notte, senza controllo alcuno e senza la possibilità di individuare e sanzionare i colpevoli; dall'altro, i bulli stessi, per la percezione effimera e virtuale di tutto ciò che avviene in rete, in un mondo che, di fatto, pare non esistere veramente, perdono ogni inibizione che invece potrebbero mostrare nella cosiddetta “vita reale” aumentando il livello di violenza e dunque di pericolosità. Infine, la stessa natura della rete, che rende “virale” un contenuto nel momento stesso in cui viene caricato online, facendone perdere il controllo e la diretta disponibilità al soggetto che per primo ne ha effettuato l'upload, rende in alcuni casi sostanzialmente impossibile procedere alla rimozione definitiva e completa dei contenuti di carattere violento o vessatorio, che possono continuare a girare in rete senza controllo. Per questi motivi e per questo elevato livello di pericolosità, il cyberbullismo è stato considerato come una fattispecie a sé stante, piuttosto che come un sottoinsieme del già conosciuto fenomeno del bullismo fisico. Forme di cyberbullismoSI distinguono varie modalità in cui il cyberbullismo può manifestarsi. Tra esse, le più comuni sono le seguenti: – Flaming: si riferisce alla pubblicazione di messaggi aggressivi, violenti, volgari o denigratori che prendono di mira un utente durante la sua attività online, ad esempio quando esprime le proprie opinioni su un social network. – Harrassment: consiste nell'invio continuo e ripetuto di numerosi messaggi volgari, aggressivi e minatori tramite strumenti di comunicazione come SMS, e-mail, chat, social network, ecc., da parte di uno o più individui nei confronti di un bersaglio specifico. È simile al fenomeno del cyber-stalking, in cui una persona perseguita in modo persistente un'altra attraverso canali informatici o telematici, spesso come reazione a un rifiuto o alla fine di una relazione. – Denigration: diffusione di notizie, fotografie o video via internet o tramite mezzi telematici con lo scopo di danneggiare l'immagine, offendere la reputazione o violare la privacy della vittima. In questa categoria rientrano anche casi in cui forme più tradizionali di bullismo utilizzano la condivisione offerta dai mezzi di comunicazione moderni per raggiungere un pubblico più ampio, diffondendo online o tramite messaggistica contenuti (spesso video) che mostrano la vittima subire maltrattamenti e abusi (pratica nota come cyber-bashing o happy slapping). – Impersonation: attività non autorizzate in cui un individuo si appropria delle credenziali di accesso a uno o più account online della vittima e le utilizza per agire in modo da causare nocumento o imbarazzo, ad esempio inviando messaggi o contenuti inappropriati, facendo credere che provengano dalla vittima stessa. – Outing and trickery: si tratta della diffusione di dati personali, immagini intime o altro materiale sensibile della vittima senza il suo consenso o contro la sua volontà. Queste informazioni vengono divulgate tramite messaggi, chat, social network o vengono caricate online, rendendole accessibili a un vasto pubblico. Tutele civili e penaliAl di là della l. n. 71/2017, che regola specificamente il cyberbullismo, di cui diremo fra breve, le condotte sopra descritte possono integrare fattispecie penali, nonché, poiché condotte idonee a cagionare danni patrimoniali e non patrimoniali, dare causa a responsabilità e conseguente risarcimento del danno. Dirimente sarà la verifica dell'età dei soggetti coinvolti, sia in qualità di vittima, sia di colpevoli: gli episodi di cyberbullismo si verificano essenzialmente tra minori di età, a volte anche giovanissimi. Dal punto di vista civile, quindi sarà necessario valutare la responsabilità dei soggetti tenuti a vigilanza ed educazione dei minori (culpa in vigilando e culpa in educando, artt. 2047 e 2048 c.c.), mentre dal lato penale le regole generali escludono in via assoluta l'imputabilità dei minori di quattordici anni, (art. 97 c.p.), mentre impongono di valutare in concreto la capacità di intendere e di volere del colpevole in età compresa tra quattordici e diciotto anni, prevedendo in ogni caso pene mitigate. Inoltre, come meglio vedremo nel commento alla legge 71, l'applicazione di una pena nei confronti di un minore rappresenta sempre l'extrema ratio, essendo invece il principale intento del legislatore quello di rieducare e reinserire il minore nella società civile. Tuttavia, poiché nulla vieta che i comportamenti sopra descritti possano essere commessi anche da adulti, ecco una breve panoramica delle eventuali fattispecie penali di riferimento. L'invio di messaggi di contenuto denigratorio attraverso servizi di messaggistica, chat, forum o social network potrebbe configurare un'ipotesi di diffamazione (art. 595 c.p.), aggravata dal mezzo (il web è equiparato da costante giurisprudenza al mezzo della stampa). Potrebbero altresì ravvisarsi i reati di molestie, minaccia o atti persecutori. Nei casi in cui l'episodio di cyberbullismo si realizzi attraverso la diffusione, senza il consenso della persona ritratta, di materiale (video e fotografico) ritraente la vittima in intimità, si potrebbe configurare il reato di cosiddetto “revengeporn” o pornografia non consensuale, previsto e punito dall'art. 612-ter del Codice penale. Ricordando, tuttavia, che lo stesso art. 612-ter contiene una clausola di riserva, che fa salva l'applicazione di reati più gravi, quali la pedofilia e la pedopornografia, per una disamina del reato di revenge porn si rimanda alla relativa sezione in questo Commentario. Altre ipotesi di reato configurabili: – Interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.): Riferito all'interferenza indebita nella sfera privata di un individuo. – Estorsione (art. 629 c.p.) o truffa (art. 640 c.p.): se, oltre all'aggressione alla vittima, sono presenti elementi di estorsione o inganno con l'intento di ottenere un vantaggio patrimoniale. – Istigazione al suicidio (art. 580 c.p.) Infine, venendo ai reati più correlati al trattamento dei dati, nei casi in cui il bullo si nasconda dietro un account o un nickname e si spacci online per un'altra persona al fine di causare conseguenze negative a quest'ultima, potrebbero configurarsi diverse fattispecie: – Sostituzione di persona (art. 494 c.p.): qualora un soggetto assuma l'identità di un'altra persona con l'intenzione di danneggiarla. – Accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-terc.p.): qualora si verifichi il furto di credenziali per accedere a servizi di comunicazione elettronica, al fine di ottenere dati personali in maniera illecita. – Trattamento illecito di dati (art. 167, d.lgs. n. 196/2003). Commento alla legge n. 71/2017Pubblicata in Gazzetta il 3 giugno 2017, dopo un lungo iter legislativo, la l. n. 71/2017 recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del Cyberbullismo” rappresenta il primo strumento normativo europeo specificamente dedicato al contrasto del dilagante fenomeno del Cyberbullismo. La norma, che si configura come lex specialis, affronta la tematica del cyberbullismo, fenomeno dilagante tra giovani e giovanissimi, in un'ottica di prevenzione più che di repressione, attraverso “azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l'attuazione degli interventi senza distinzione di età nell'ambito delle istituzioni scolastiche”. L'articolo 1 fornisce per la prima volta un'ampia ed esaustiva definizione del fenomeno, nel quale rientrano una pluralità di condotte diverse, che tuttavia trovano il loro comune denominatore nella finalità specifica di voler “isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso”, oppure metterlo in ridicolo. L'articolo 2 introduce una forma di tutela specifica finalizzata alla protezione della dignità del minore, prevedendo la possibilità per ciascun minore di età superiore ai quattordici anni che sia stato vittima di atti di cyberbullismo, nonché per i genitori e per gli altri soggetti esercenti la responsabilità sul minore medesimo, di rivolgersi al titolare del trattamento di dati online o al gestore di un sito internet o di un social media per ottenere “l'oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore, diffuso nella rete internet”. L'istanza di oscuramento dovrà indicare con precisione l'indirizzo web su cui i contenuti dannosi sono pubblicati (c.d. URL – Uniform Resource Locator) e potrà essere formulata anche qualora non sia possibile ravvisare il reato di illecito trattamento di dati previsto dall'art. 167 del d.lgs. n. 196/2003 o un'altra fattispecie di rilevanza penale. Il destinatario della segnalazione dovrà attivarsi in tempi molto brevi, comunicando entro ventiquattr'ore la presa in carico dell'istanza e provvedendo entro quarantotto ore all'oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto. Qualora il soggetto adito non si renda parte diligente nell'operare la rimozione o l'oscuramento del sito, ovvero se fosse impossibile individuare il titolare del trattamento o il gestore del sito, il minore (e per lui i soggetti esercenti la responsabilità) potrà rivolgersi all'Autorità Garante per la Protezione dei dati personali, che si farà carico di avviare e seguire la procedura, sollecitando l'adozione dei provvedimenti richiesti, oppure disponendo direttamente il blocco. Gli artt. da 3 a 6 prevedono una serie di misure preventive volte a sensibilizzare, educare e prevenire il fenomeno del cyberbullismo. Tali misure spaziano dall'istituzione di un tavolo tecnico presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per la prevenzione e il contrasto al cyberbullismo (un organo composto da rappresentanti delle varie componenti governative, amministrative e sociali coinvolte nel fenomeno), incaricato di sviluppare un piano d'azione integrato e un sistema di raccolta dati e monitoraggio, fino all'implementazione di iniziative a livello scolastico. La scuola e gli insegnanti, in particolare, sono gli attori principali nella lotta e nel contrasto al cyberbullismo, secondo l'impianto della l. n. 71/2017. Nel contesto scolastico, al Ministero dell'Istruzione è stato assegnato il compito di adottare linee guida per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole. A tal fine, si promuove la formazione del personale, il coinvolgimento degli studenti in attività di sensibilizzazione e il supporto ai minori coinvolti, sia come vittime che come autori di comportamenti aggressivi online. È stato stabilito che ogni istituto scolastico dovrà individuare un docente referente e coordinatore responsabile di tutte le iniziative di prevenzione e contrasto del cyberbullismo. Queste iniziative, secondo gli auspici della legge, dovrebbero tradursi in percorsi educativi che promuovano la legalità e un uso consapevole e rispettoso di Internet e delle nuove tecnologie. Si incoraggia anche la collaborazione sinergica con altri enti operanti sul territorio. A livello territoriale, pur tenendo conto delle risorse disponibili e con l'eventuale supporto di associazioni e organizzazioni sociali, sono stati previsti progetti mirati sia al sostegno dei minori, vittime di cyberbullismo, sia alla rieducazione dei minori che hanno commesso tali comportamenti. Questi progetti potrebbero includere attività riparatorie o di utilità sociale. Completando il pacchetto delle misure nell'ambito scolastico, è previsto che il dirigente scolastico, una volta venuto a conoscenza di atti di cyberbullismo, informi le famiglie dei minori coinvolti e attivi contemporaneamente azioni educative. In caso di necessità, potrebbero essere adottati anche provvedimenti disciplinari nei confronti degli studenti che si sono resi autori di tali condotte. L'art. 7 della legge in commento, infine, estende al fenomeno del cyberbullismo la misura dell'ammonimento del questore già prevista per il reato di stalking dall'art. 8, commi 1 e 2, del d.l. n. 11/2009, convertito con modificazioni in l. n. 38/2009. L'ammonimento rappresenta un intervento dell'autorità pubblica finalizzato a interrompere tempestivamente comportamenti aggressivi che non sono ancora sfociati in un procedimento penale. Nell'ottica preventiva e rieducativa che pervade non solo la legge 71/2017, ma tutto l'impianto sanzionatorio penale dei minori, questo intervento, se correttamente utilizzato potrebbe rappresentare un buon compromesso sanzionatorio per i minori colpevoli di condotte di cyberbullismo. La legge prevede che “fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli artt. 594,595 e 612 c.p. e all'art. 167 del codice per la protezione dei dati personali, di cui al d.lgs. n. 196/2003, commessi, mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne” il questore, a cui sono state segnalate tali situazioni – acquisendo eventuali informazioni aggiuntive utili a comprendere meglio i fatti – può convocare il minore identificato come autore, in presenza di almeno un genitore o di un altro responsabile legale, per impartirgli un'ammonizione verbale e invitare a “tenere una condotta conforme alla legge”. Conformemente all'art. 7, gli effetti dell'ammonimento cessano automaticamente quando il giovane destinatario raggiunge la maggiore età. Mentre dal punto di vista soggettivo, solo i minori ultra quattordicenni possono essere destinatari di un ammonimento del questore (stante l'assoluta non imputabilità del minore infra quattordicenne), per quanto riguarda gli elementi oggettivi, che permettono al questore di procedere con l'ammonimento, tenendo conto anche della funzione principalmente dissuasiva dell'istituto, si è osservato che tale provvedimento non richiede “l'acquisizione di prove che possano resistere in un procedimento penale [...], ma la presenza di elementi da cui si possa dedurre un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che potrebbe degenerare in atti criminosi”. |