La decisione della Corte si pone in consapevole contrasto con la prevalente giurisprudenza di legittimità relativamente alla questione dei presupposti dell'omicidio preterintenzionale, con particolare riguardo all'elemento psicologico.
Secondo un primo orientamento, maggioritario in giurisprudenza ed a cui la decisione in commento non aderisce, l'elemento soggettivo di cui all'art. 584 c.p. non è costituito da dolo misto a colpa, ma unicamente dalla consapevole volontà di infliggere percosse o provocare lesioni, a condizione che la morte dell'aggredito sia causalmente conseguente alla condotta dell'agente; quest'ultimo, pertanto, risponde per fatto proprio, sia pure per un evento più grave di quello effettivamente voluto che, per esplicita previsione legislativa, aggrava il trattamento sanzionatorio. Si osserva che l'elemento soggettivo dell'omicidio preterintenzionale è costituito unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all'art. 43 c.p. assorbe la prevedibilità di un evento più grave nell'intenzione di risultato. A tal riguardo si parla di dolo unitario di percosse o di lesioni, in quanto la valutazione relativa alla prevedibilità dell'evento da cui dipende l'esistenza del reato è insita nella stessa norma che lo prevede, la quale reputa altamente probabile che da un'azione violenta contro una persona possa derivare la morte della stessa attesa l'omogeneità dei beni giuridici protetti. Dunque, sarebbe lo stesso legislatore, partendo dalla constatazione che non raramente da atti diretti a percuotere o a ledere altri possa, naturalisticamente ancorché involontariamente, sopravvenire la morte del soggetto passivo, ad avvertire la necessità di predisporre una difesa avanzata del bene della vita (tra le altre: Cass. pen., sez. V, 3 aprile 2023, n. 36402 Rv. 285196; Cass. pen., sez. V, 4 aprile 2018, n. 23606 Rv. 273294; Cass. pen., sez. V, 26 ottobre 2016, n. 44986 Rv. 268299; Cass. pen., sez. V, 8 gennaio 2013, n. 791 Rv. 254386; Cass. pen., sez. V, 18 ottobre 2012, n. 791 Rv. 254386; Cass. pen., sez. V, 27 giugno 2012, n. 35582 Rv. 253536).
Secondo altro orientamento, anche recentemente ribadito, in tema di omicidio preterintenzionale l'evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dall'agente con la condotta intenzionale volta a ledere o percuotere una persona, della quale, pertanto, la morte rappresenta una conseguenza prevedibile secondo il naturale sviluppo delle cose. Il che non si verifica laddove l'evento mortale sia l'effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall'evento di lesioni, ossia un effetto del tutto estraneo all'area di rischio attivato con la condotta iniziale di lesioni e conseguenza invece di un comportamento successivo (Cass. pen., sez. V, 20 aprile 2022, n. 15269 Rv. 283016; Cass. pen., sez. V, 28 gennaio 2003, n. 3946 Rv. 224903).
Secondo un più risalente orientamento (Cass. pen., sez. V, 19 marzo 1993, n. 2634 Rv. 194325; Cass. pen., sez. I, 8 novembre 1983, n. 9294 Rv. 161037; Cass. pen., sez. V, 16 dicembre 1981, n. 10994 Rv. 151265; Cass. pen., sez. I, 23 marzo 1979, n. 2989 Rv. 141563), che ha però ricevuto nell'attualità una rinnovata adesione, fra cui la sentenza in commento, l'elemento soggettivo dell'omicidio preterintenzionale è una combinazione tra dolo, per il reato di percosse o lesioni, e colpa in concreto per l'evento morte (tra i precedenti più recenti: Cass. pen., sez. V, 27 settembre 2022, n. 46467 Rv. 283892).
Il fondamento della colpa per gli eventi lesivi che derivano da attività illecite, denominata “colpa generica”, è stato individuato tanto nell'inosservanza del dovere di astenersi dal compiere attività pericolose non autorizzate, che di per sé funge da regola cautelare, quanto nella prevedibilità e, quindi, nell'evitabilità in concreto degli eventi lesivi, alla luce della situazione di fatto con cui essi sono stati realizzati, valutata secondo il parametro del comune uomo giudizioso. Donde, si è concluso che, considerato che l'attività di percuotere o ledere rientra nell'ambito di attività pericolose non solo non autorizzate ma anche vietate, qualora da essa consegua la morte non voluta del soggetto passivo, l'agente sarà chiamato a risponderne, purché tale evento si sia presentato come una prevedibile concretizzazione del rischio creato con la condotta di base.
Le pronunce più recenti argomentano la presa di posizione in ragione: del rispetto dei principi di colpevolezza, prevedibilità e rieducazione del condannato; della sentenza della Corte cost. n. 1085/1988, che ha riferito esplicitamente il requisito della colpa anche ad attività illecite (colpa intesa nella sua accezione “normale”, cioè violazione di una regola cautelare, giudizio di prevedibilità ed evitabilità); della circostanza che, aderendo alla prima impostazione, si andrebbe a configurare ai sensi dell'art. 584 c.p. una presunzione assoluta di probabilità (dolo di risultato con previsione ex lege) che dalle azioni violente di percosse o lesioni derivi l'evento morte e perciò un'ipotesi di dolo misto a responsabilità oggettiva, che violerebbe gli artt. 3 e 27 Cost.; del differente trattamento sanzionatorio tra le fattispecie di omicidio colposo e preterintenzionale. |