Negato il mantenimento del coniuge che inizia una convivenza con altro soggetto in fase separativa

25 Marzo 2024

La solidarietà economica tra i coniugi che connota la fase separativa può essere esclusa nel caso in cui uno dei due stia già vivendo una relazione sentimentale che, proprio in tale periodo, sfoci in una stabile convivenza?

Massima

Se durante lo stato di separazione il coniuge avente diritto all’assegno di mantenimento instaura, di fatto, un rapporto con un nuovo partner che si traduce in stabile e continuativa convivenza, ovvero, in mancanza di coabitazione, in un comune progetto di vita caratterizzato dalla spontanea adozione dello stesso modello solidale che connota il matrimonio, viene meno l’obbligo di assistenza materiale da parte del coniuge separato e, quindi, il diritto all’assegno.

Il caso

Il Tribunale di Lecce dichiara la separazione personale dei coniugi, accoglie la domanda di addebito a carico del marito, ponendo a suo carico un assegno di mantenimento in favore della moglie e un contributo per la figlia.

Il marito impugna tale provvedimento avanti la Corte d’Appello di Lecce e, a seguito di istruttoria, i giudici di seconde cure revocano l’assegno di mantenimento posto a suo carico in favore della moglie, avendo constatato che quest’ultima ha una relazione affettiva con un terzo, manifestatasi nell’accertamento della presenza stabile dell’uomo nell’abitazione della moglie.

La moglie presenta ricorso in Cassazione contro tale pronuncia e, nel caso di specie, tale troverà accoglimento per le ragioni che in questo commento analizzeremo.

La questione

La solidarietà economica tra i coniugi che connota la fase separativa può essere esclusa nel caso in cui uno dei due stia già vivendo una relazione sentimentale che, proprio in tale periodo, sfoci in una stabile convivenza?

Le soluzioni giuridiche

Nel caso in questione, la Corte d’Appello di Lecce ha fatto discendere la revoca dell’assegno di mantenimento della moglie dall’accertamento del fatto che, in talune notti dell’estate 2019, il suo nuovo compagno ha pernottato nell’abitazione della ricorrente: sulla scorta di tali fatti, i giudici di secondo grado hanno ritenuto accertata la relazione affettiva tra i due, stabilendo, come conseguenza, l’annullamento dell’assegno di mantenimento posto a carico del marito in primo grado.

La Suprema Corte ritiene tale motivazione al di sotto del cosiddetto minimo costituzionale, non consentendo alcun controllo sulla correttezza e logicità del ragionamento posto alla base della decisione poiché non spiega le ragioni per le quali si è ritenuto che, dagli elementi di fatto emersi, si potesse ricavare non già una semplice relazione affettiva, ma la convivenza, o comunque una relazione di tipo familiare, tale da comportare l’assistenza morale e materiale tra le parti.

La Corte di Cassazione ha, invero, affermato che in presenza di una convivenza stabile si deve presumere che le risorse economiche vengano messe in comune, salvo la prova contraria data dall’interessato. Perché possa però legittimamente farsi ricorso a detta presunzione, occorre preventivamente accertare che si tratti di una relazione non solo “affettiva” ma di un rapporto stabile e continuativo, ispirato al modello solidale che connota il matrimonio, che non necessariamente deve sfociare in una stabile coabitazione, purchè sia rigorosamente provata la sussistenza di un progetto di vita dello stesso beneficiario con il nuovo partner, dal quale discendano inevitabilmente reciproche contribuzioni economiche, gravando il relativo onere probatorio sulla parte che neghi il diritto all’assegno”.

Peraltro, in tema di divorzio, la Corte di legittimità ha affermato che, ove sia richiesta la revoca dell’assegno in favore dell’ex coniuge a causa dell’instaurazione da parte di quest’ultimo di una convivenza “more uxorio”, il giudice deve procedere al relativo accertamento, tenendo conto, quale elemento indiziario, dell’eventuale coabitazione con l’altra persona, in ogni caso valutando nel loro complesso l’insieme dei fatti secondari noti, acquisiti nel processo nei modi ammessi dalla legge, e gli eventuali ulteriori argomenti di prova, rilevanti per il giudizio in ordine alla sussistenza della detta convivenza, intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale.

Tale orientamento è pienamente condiviso e ribadito nel caso di specie, pur con le opportune precisazioni in ordine alle ragioni per le quali la convivenza può comportare la perdita dell’assegno di separazione.

In tema di assegno di divorzio, infatti, è principio consolidato che, qualora sia instaurata una stabile convivenza tra un terzo e l’ex coniuge, viene meno la componente assistenziale all’assegno divorzile, e se ne perde il correlativo diritto, ma non viene meno la componente compensativa, qualora l’interessato dimostri non solo di essere privo anche nell’attualità di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per ragioni oggettive, ma anche, nel caso concreto, il documentato emergere di un contributo dato alle fortune familiari e al patrimonio dell’altro coniuge.

Di conseguenza, qualora sia stato il coniuge divorziato a intraprendere una nuova relazione familiare di fatto, non necessariamente ciò comporta il venire meno dell’assegno di divorzio, perché il diritto può nel caso essere mantenuto rimodulando il quantum dell’assegno.

Osservazioni

Sul tema, pare utile ricordare che assegno di mantenimento e assegno di divorzio sono diversi quanto a natura, presupposti e funzioni.

L'assegno di mantenimento che il coniuge privo di mezzi può ottenere in fase di separazione è scevro della componente compensativa e consiste nel diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario per il mantenimento nel caso di mancanza di adeguati redditi propri, così come regolamentato dall'art. 156 c.c.

Nel quadro normativo del codice civile, la separazione dei coniugi ha funzione conservativa, pur se la Corte di cassazione ha affermato che in tema di crisi familiare, nell'ambito del procedimento di cui all'art. 473-bis c.p.c., comma 1, è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto anche con la domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Secondo l'id quod plerumque accidit, si considera che - con alta probabilità - la crisi separativa conduce all'esito divorzile successivo, seppur attraverso una graduazione e assottigliamento dei diritti e i doveri dei coniugi.

La funzione conservativa della separazione, ad oggi, si concretizza prevalentemente nel riconoscimento del diritto del coniuge economicamente debole a mantenere lo stesso tenore di vita.

È noto che in fase di separazione alcuni doveri matrimoniali, quali l'obbligo alla coabitazione, vengono meno, oppure si attenuano, come l'obbligo di fedeltà, ma è essenzialmente conservata la solidarietà economica, pilastro del principio costituzionale di parità dei coniugi, che si spiega nel dovere di assistenza in forza della quale il coniuge cui non si addebita la separazione ha diritto a mantenere lo stesso tenore di vita matrimoniale e quindi a ricevere un assegno di mantenimento dal coniuge economicamente più forte.

La giurisprudenza della Corte di legittimità ha affermato che la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicchè i “redditi adeguati” cui va correlato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione e che ha un'entità ben diversa dalla solidarietà post-coniugale posta alla base dell'assegno di divorzio.

Il diritto all'assegno di mantenimento è quindi fondato sulla persistenza del dovere di assistenza materiale; il principio di parità richiede che tale sostegno sia reciproco, senza graduazioni o differenze, ma anche solidale, e ciò vale a dire che chi ha maggiori risorse economiche deve condividerle con chi ne ha meno.

In ogni caso, il coniuge economicamente debole deve essere consapevole che la separazione è una condizione di probabile breve durata e che, nella maggior parte dei casi, non anticipa una riconciliazione bensì lo scioglimento del vincolo, in seguito al quale l'assegno di divorzio è riconosciuto, ove riconosciuto, sulla base di diversi presupposti e prescindendo dal rapporto con il tenore di vita.

Tuttavia, finchè permane lo stato di separazione resta attiva la solidarietà matrimoniale, che si realizza nel dovere di assistenza tra i coniugi, sebbene diversamente attuato che in costanza di convivenza perché i coniugi non vivono più insieme.

Ed è attivo anche, di conseguenza, il legame con il modello matrimoniale concretamente vissuto dai coniugi, vale a dire il pregresso tenore di vita.

Ciò non significa che detto legame non possa essere interrotto per effetto di una scelta volontaria e la giurisprudenza della Suprema Corte è in linea con tale principio che afferma che “durante la separazione personale la formazione di un nuovo aggregato familiare di fatto opera del coniuge beneficiario dell'assegno di mantenimento, operando una rottura tra il preesistente tenore e modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale ed il nuovo assetto fattuale, fa venir meno in via definitiva il diritto alla contribuzione periodica”.

La Suprema Corte tutt'oggi aderisce a questo orientamento, considerando che l'assegno di mantenimento è fondato sulla persistenza di uno dei doveri matrimoniali e, come già sottolineato, non ha, a differenza dell'assegno divorzile, componenti compensative.

Nel nostro ordinamento il modello di relazione familiare tra due adulti, sia essa fondata sul matrimonio, che sull'unione civile, che su un rapporto di fatto, è un modello monogamico che non consente di contrarre matrimonio o unione civile se si è già vincolati da analogo legame, e neppure stipulare validi patti di convivenza se si è legati da altro vincolo matrimoniale o da altra convivenza regolata da patto (si veda la Legge n. 76 del 2016, comma 57, articolo 1, che prevede in tal caso la nullità insanabile del patto).

Il nostro ordinamento non sostiene la concorrenza di due vincoli solidali fondati sullo stesso tipo di relazione e, quindi, il coniuge separato non può al tempo stesso beneficiare dell'assistenza materiale dell'altro coniuge e della assistenza materiale del nuovo convivente.

Quanto sopra esposto evidenzia l'errore della Corte d'Appello di Lecce che non ha accertato iuxta alligata e probata e, a fronte della contestazione della ricorrente sull'assenza di prova di una convivenza stabile, ha ritenuto di revocare l'assegno di mantenimento a suo favore.

La sentenza di secondo grado viene, pertanto, cassata con rinvio alla Corte d'appello di Lecce in diversa composizione per un nuovo esame, con l'indicazione di attenersi ai principi di diritto qui analizzati.

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