Azione di simulazione da parte del legittimario leso subordinata alla preventiva accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario

29 Aprile 2024

 L'azione di simulazione proposta dall'erede in merito a un atto di disposizione patrimoniale del defunto, ritenuto lesivo della quota di legittima, è strettamente correlata all'azione di riduzione prevista dall'art. 564 c.c. L'accettabilità di tale azione è pertanto subordinata alla previa accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario.

Massima

L'azione di simulazione relativa proposta dall'erede in ordine ad un atto di disposizione patrimoniale del de cuius, stipulato (anche o solo) con un terzo che non sia chiamato come coerede, che si assume lesivo della quota di legittima ed abbia tutti i requisiti di validità del negozio dissimulato deve ritenersi proposta esclusivamente in funzione dell'azione di riduzione prevista dall'art. 564 c.c., con la conseguenza che l'ammissibilità dell'azione è condizionata dalla preventiva accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario.

Il caso

Due sorelle citano in giudizio la sorella ed il fratello. Con tale domanda le attrici chiesero dichiararsi la nullità assoluta di due atti di compravendita con i quali il padre Tizio, deceduto ab intestato, aveva trasferito una casa di abitazione ed un terreno ai convenuti; in via subordinata, chiesero che il Tribunale dichiarasse che tali atti dissimulavano delle donazioni e proposero azione di riduzione al fine di reintegrare la loro quota di legittima.

All’esito dei giudizi di merito, la Corte d’appello conferma la decisione di primo grado che aveva accolto la domanda di simulazione.

In particolare, la Corte d’appello rigetta l’eccezione di improcedibilità della domanda di riduzione, ritenendo che l’azione di simulazione fosse finalizzata alla mera determinazione della quota disponibile, a seguito della riunione fittizia; quanto alla domanda di simulazione, la Corte d’appello ritiene ammissibile la prova per testi e per presunzioni e, sulla base delle risultanze istruttorie, accerta che il prezzo non era mai stato corrisposto, sicché gli atti di vendita dissimulavano una donazione.

Le attrici propongono ricorso per cassazione.

La questione

Il legittimario che impugna per simulazione un atto compiuto dal de cuius a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, è tenuto alla preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di inventario?

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ribadisce il principio, già più volte affermato, secondo cui l'azione di simulazione relativa proposta dall'erede in ordine ad un atto di disposizione patrimoniale del de cuius stipulato con un terzo, che si assume lesivo della quota di legittima ed abbia tutti i requisiti di validità del negozio dissimulato deve ritenersi proposta esclusivamente in funzione dell'azione di riduzione prevista dall'art. 564 c.c., con la conseguenza che l'ammissibilità dell'azione è condizionata dalla preventiva accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario. Tale condizione non ricorre soltanto quando l'erede agisca per far valere una simulazione assoluta od anche relativa, ma finalizzata a far accertare la nullità del negozio dissimulato, in quanto, in tale ipotesi, l'accertamento della realtà effettiva consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, mai usciti dal patrimonio del defunto.

La disposizione di cui all'art. 564 c.c., che subordina la proposizione dell'azione di riduzione delle donazioni e dei legati da parte del legittimario alla sua accettazione con beneficio d'inventario, opera, dunque, solo quando la stessa sia esercitata nei confronti dei terzi e non anche nei confronti di persone chiamate come coeredi e quando l'azione di simulazione sia preordinata all'azione di riduzione.

Nel caso di specie, l'azione di simulazione era finalizzata all'azione di riduzione, sicché nei confronti di coloro che non erano eredi del de cuius doveva essere preceduta dall'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario.

Ha quindi errato la Corte d'appello a ritenere che l'azione di simulazione fosse finalizzata alla mera determinazione della quota disponibile, a seguito della riunione fittizia, laddove la domanda di simulazione era preordinata alla riduzione delle donazioni anche nei confronti di terzi non coeredi, con la conseguenza che essa doveva essere preceduta dall'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario.

La Cassazione richiama anche il consolidato principio di diritto secondo cui affinché l'erede, che sia però anche legittimario, possa provare la simulazione per testi o per presunzioni, in deroga al limite dell'articolo 1417 c.c., è necessario che la relativa domanda sia stata proposta sulla premessa dell'avvenuta lesione della propria quota di legittima. Infatti, in tale situazione la lesione assurge a causa petendi accanto al fatto della simulazione e il legittimario, benché successore del defunto, non può, pertanto, essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall'articolo 1417 c.c., non rilevando la circostanza che egli, quale erede legittimo, benefici non solo dell'effetto di reintegrazione della summenzionata quota, ma pure del recupero del bene al patrimonio ereditario per intero, poiché il regime probatorio non può subire differenziazioni a seconda del risultato finale cui conduca l'accoglimento della domanda.

Ne consegue che il legittimario è ammesso a provare, nella veste di terzo, la simulazione di una vendita fatta dal de cuius per testimoni e presunzioni, senza soggiacere ai limiti fissati dagli artt. 2721 c.c. e 2729 c.c., a condizione che la simulazione sia fatta valere per un'esigenza coordinata con la tutela della quota di riserva tramite la riunione fittizia; egli, pertanto, va considerato terzo anche quando l'accertamento della simulazione sia preordinato solamente all'inclusione del bene, oggetto della donazione dissimulata, nella massa di calcolo della legittima e, così, a determinare l'eventuale riduzione delle porzioni dei coeredi concorrenti nella successione ab intestato, in conformità a quanto dispone l'art. 533 c.c.

Osservazioni

L'art. 564, comma 1, c.c. prescrive, quale condizione per l'esercizio dell'azione di riduzione, l'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario da parte del legittimario.

L'accettazione beneficiata costituisce, rispetto all'esercizio dell'azione di riduzione, una condizione di ammissibilità e non un presupposto dell'azione (Cass. 18 giugno 1964, n. 1562); la mancanza di detta condizione è rilevabile d'ufficio (Cass. 19 ottobre 2012, n. 18068).

Tale condizione non è richiesta per agire in riduzione verso le donazioni e i legati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunziato all'eredità.

A tal proposito è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità, per violazione degli artt. 2,3 e 24 Cost., della disposizione dell'art. 564 c.c., comma 1, che condiziona l'ammissibilità dell'azione di riduzione all'accettazione dell'eredità con il beneficio d'inventario solo nel caso in cui tale azione venga esercitata nei confronti di un terzo e non anche quando essa sia rivolta verso un coerede, essendo tale norma giustificata: 1) dall'esigenza di porre il convenuto in grado di conoscere l'entità dell'asse ereditario, esigenza maggiormente avvertita per il terzo, in quanto si presume che il coerede possa accertarsi dell'entità dell'asse con mezzi diversi dall'accettazione del beneficiato; 2) dalla ratio di evitare il contrasto logico insanabile tra la responsabilità ultra vires dell'erede per il pagamento dei debiti e dei legati, il suo obbligo di rispettare integralmente gli effetti degli atti compiuti dal defunto - quindi, anche delle donazioni - e l'azione di riduzione della liberalità; 3) dalla volontà del legislatore di non sacrificare il terzo a vantaggio dei creditori del defunto, i quali, invero, ai sensi dell'art. 557 c.c., comma 3, non approfittano della riduzione solo se il legittimario avente diritto alla riduzione ha accettato l'eredità con il beneficio d'inventario (Cass. 19 ottobre 2012, n. 18068).

Per giurisprudenza pacifica, la condizione della preventiva accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, ex art. 564, comma 1, c.c., per l'esercizio dell'azione di riduzione, opera soltanto per il legittimario che abbia al contempo tempo la qualità di erede, e non anche per il legittimario totalmente pretermesso dal testatore. Infatti, il legittimario pretermesso, non essendo chiamato alla successione in conseguenza della morte del de cuius, non può evidentemente accettare l'eredità non essendovi delazione dell'eredità a suo favore, e può acquistare i suoi diritti solo dopo l'esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento (Cass. 22 agosto 2018, n. 20971; Cass. 3 luglio 2013, n. 16635; Cass. 23 dicembre 2011, n. 28632; Cass. 15 giugno 2006, n. 13804).

Agli effetti dell'art. 564, comma 1, c.c., in caso di apertura della successione legittima, il legittimario, sebbene non possa ritenersi diseredato in senso formale, poiché chiamato ex lege all'eredità, è considerato pretermesso qualora il de cuius abbia distribuito tutto il suo patrimonio mediante disposizioni a titolo particolare inter vivos; ne deriva che l'azione di riduzione non è soggetta all'onere dell'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario (Cass. 17 agosto 2022, n. 24836).

In tema di successione mortis causa, la disposizione di cui all'art. 564 c.c., che subordina la proposizione dell'azione di riduzione delle donazioni e dei legati da parte del legittimario alla sua accettazione con beneficio d'inventario, opera solo quando la stessa sia esercitata nei confronti dei terzi e non anche nei confronti di persone chiamate come coeredi, sicché il legittimario, che non possa aggredire la donazione più recente a favore di un non coerede per avere omesso di assolvere a detto onere, può aggredire la donazione meno recente a favore del coerede solo nei limiti in cui risulti dimostrata l'insufficienza della donazione più recente a reintegrare la quota di riserva, mentre, in caso di donazioni coeve, si applica il criterio proporzionale, in virtù del quale la donazione in favore del coerede può essere aggredita nei limiti necessari a reintegrare la propria quota, ma in misura non eccedente quella che sarebbe stata la riduzione conseguita ove si fosse considerato anche il valore della donazione a favore del non coerede (Cass. 27 ottobre 2023, n. 29891).

La Cassazione afferma costantemente anche il principio – ribadito dalla sentenza in commento – secondo cui il legittimario totalmente pretermesso che impugna per simulazione un atto compiuto dal de cuius a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce, sia nella successione testamentaria, che nella successione ab intestato, in qualità di terzo e non in veste di erede, la cui qualità acquista solo in conseguenza del positivo esercizio dell'azione di riduzione, e non è, come tale, tenuto alla preventiva accettazione dell'eredità con beneficio di inventario.

Viceversa, se si tratta di azione di simulazione relativa proposta da chi già è erede in ordine ad un atto di disposizione patrimoniale del de cuius stipulato con un terzo, che si assume lesivo della quota di legittima ed abbia tutti i requisiti di validità del negozio dissimulato (come una donazione in favore di un altro erede), l'ammissibilità dell'azione, proposta esclusivamente in funzione dell'azione di riduzione prevista dall'art. 564 c.c., è condizionata dalla preventiva accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario. Tale condizione non ricorre, infatti, soltanto quando l'erede agisca per far valere una simulazione assoluta od anche relativa, ma finalizzata a far accertare la nullità del negozio dissimulato, in quanto, in tale ipotesi, l'accertamento della realtà effettiva consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, mai usciti dal patrimonio del defunto (Cass. 19 novembre 2019, n. 30079; Cass. 22 giugno 2017, n. 15546; Cass. 3 luglio 2013, n. 16635; Cass. 23 febbraio 2011, n. 4400; Cass. 29 maggio 2007, n. 12496; Cass. 27 giugno 2003, n. 10262).

L'esperimento dell'azione di simulazione da parte degli eredi, relativamente ad un negozio apparentemente oneroso compiuto dal de cuius, preordinato al successivo eventuale esercizio dell'azione di riduzione e diretto contro persone estranee all'eredità, non è condizionato all'accettazione con beneficio d'inventario nei soli casi in cui venga in questione la simulazione assoluta di un negozio giuridico o in cui, pur prospettandosi la simulazione come relativa, il negozio dissimulato sia nullo per vizio di forma o per incapacità di uno dei soggetti o per altra causa, non potendo in tali casi negarsi l'interesse del legittimario a fare accertare, indipendentemente dall'azione di riduzione, l'intervenuta simulazione e cioè l'inesistenza dell'apparente negozio giuridico posto in essere dal de cuius. Viceversa, allorquando sia stato impugnato un negozio oneroso, siccome dissimulante una donazione, essendo il negozio dissimulato rivestito della forma prescritta, l'azione di simulazione è in funzione unicamente dell'azione di riduzione e perciò in tanto può essere proponibile, in quanto sussista il presupposto cui è condizionata la proposizione della seconda, e cioè l'accettazione con beneficio d'inventario (Cass. 31 agosto 2011, n. 17896).

I legittimari che agiscono per l'accertamento della simulazione, relativamente ad un negozio apparentemente oneroso compiuto dal de cuius, con contestuale proposizione dell'azione di riduzione, per reintegrare la quota loro spettante per legge, assumono la qualità di terzi ai fini della disciplina probatoria.

In tal senso si è pronunciata, con indirizzo ormai assolutamente consolidato, la Cassazione, secondo cui l'erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita compiuta dal de cuius siccome celante una donazione, assume la qualità di terzo rispetto ai contraenti - con conseguente ammissibilità della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni - quando agisca a tutela del diritto, riconosciutogli dalla legge, all'intangibilità della quota di riserva, proponendo in concreto una domanda di riduzione, nullità o inefficacia della donazione dissimulata. In tale situazione, infatti, la lesione della quota di riserva assurge a causa petendi accanto al fatto della simulazione ed il legittimario - benché successore del defunto - non può essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall'art. 1417 c.c.; né assume rilievo il fatto che egli - oltre all'effetto di reintegrazione - riceva, in quanto sia anche erede legittimo, un beneficio dal recupero di un bene al patrimonio ereditario, non potendo applicarsi, rispetto ad un unico atto simulato, per una parte una regola probatoria e per un'altra una regola diversa (Cass. 4 maggio 2023, n. 11659; Cass. 13 giugno 2018, n. 15510; Cass. 13 novembre 2009, n. 24134).

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