Nesso causale tra attività lavorativa e malattia professionale: quando può ritenersi provato?

La Redazione
28 Maggio 2024

Il Tribunale di Trapani, con sentenza del 27 febbraio 2024, ha chiarito, sulla scorta di consolidati principi giurisprudenziali, quando il nesso causale tra l'esposizione ad amianto e il decesso intervenuto per tumore polmonare può ritenersi provato.

Quanto al nesso causale tra attività lavorativa e malattia professionale, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità «in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali trova applicazione la regola dell'art. 41 c.p., con la conseguenza che il rapporto causale tra l'evento e il danno è governato dal principio di equivalenza delle condizioni, secondo cui va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, potendosi escludere l'esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge solo se possa essere ravvisato con certezza l'intervento di un fattore estraneo all'attività lavorativa, di per sé sufficiente a produrre l'infermità e tale da far degradare gli altri fattori a semplici occasioni» (v. tra le tante, Cass. n. 6105/2015; Cass. n. 27952/2018; Cass. n. 678/2023; Cass. n. 21950/2023). E ancora, «in tema di risarcimento del danno, il nesso causale tra l'esposizione ad amianto e il decesso intervenuto per tumore polmonare può ritenersi provato quando, sulla scorta delle risultanze scientifiche e delle evidenze già note al momento dei fatti e secondo il criterio del "più probabile che non", possa desumersi che la non occasionale esposizione all'agente patogeno - in relazione alle modalità di esecuzione delle incombenze lavorative, alle mansioni svolte e all'assenza di strumenti di protezione individuale - abbia prodotto un effetto patogenico sull'insorgenza o sulla latenza della malattia» (Cass. n. 13512/2022).

Venendo al caso concreto, in considerazione della comprovata esposizione di M. P. al rischio professionale per circa 40 anni (dal 1974 al 2015), e quantomeno fino al 2006 senza idonee misure di precauzione, è stata disposta CTU medico-legale al fine di verificare il nesso di causalità fra l'ambiente di lavoro e la patologia che ne ha cagionato il decesso. La consulenza medico-legale svolta, tenuto conto dell'attività lavorativa del M., i fattori di rischio ipotizzabili in base alle caratteristiche lavorative richieste dagli interventi di manutenzione e sostituzione di parti meccaniche degli automezzi (anche se non quantificati) e riconosciuti anche come agenti cancerogeni nelle tabelle delle Malattie professionali (i fumi di scarico della combustione dei motori, le fibre di amianto per la sostituzione dei mezzi frenanti e di frizione, antecedentemente all'entrata in vigore delle normative per abolizione dell'uso dei materiali amiantiferi, il benzene, presente in quantità eccessive nelle benzine verdi dei primi anni, gli oli minerali), della localizzazione della malattia neoplastica e considerando anche la possibilità di compromissioni genetiche (accertato un gentilizio positivo per neoplasie anche se di altri organi) e una esposizione a fumo passivo, ha concluso dichiarando che l'esposizione professionale non poteva essere esclusa come concausa nel determinare l'insorgenza della malattia neoplastica, ma che anzi «il rischio lavorativo (in considerazione anche di una possibile azione di potenziamento nell'azione cancerogena da parte dei singoli fattori cancerogeni presenti, anche se a concentrazioni da ritenere non eccessive) è più probabile rispetto sia a quello familiare che a quello personale di natura genetica». Alla luce delle sopracitate conclusioni – frutto di valutazioni coerenti, motivate e prive di vizi logici e dunque pienamente condivise dallo scrivente – è altamente probabile che l'esposizione, in occasione di lavoro, a cancerogeni polmonari abbia agito in modo concausale nella genesi della neoplasia polmonare, per cui può ritenersi accertata l'origine professionale della patologia che ha determinato il decesso del M.

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