I caratteri di prevedibilità e ponderabilità delle spese straordinarie

30 Maggio 2024

La pronuncia in esame, nel tracciare i confini tra ciò che costituisce spesa ordinaria e ciò che è esborso straordinario, ha ribadito il concetto di spesa straordinaria c.d. routinaria e di spesa straordinaria in sé e per sé.

Le prime rappresentano quegli esborsi che, se pur non ricompresi nell’assegno fisso periodico di mantenimento, assumono nella loro riproposizione una connotazione sostanzialmente certa poiché, anche se non determinabili nel loro preciso ammontare e nel quando, lo sono invece in ordine all’an.

Le seconde, invece, sono quelle spese imprevedibili e imponderabili nel loro ammontare per cui esulano dall’ordinario regime di vita dei figli e per la loro debenza è necessario compiere un accertamento giudiziale ex post tramite l’esercizio di apposita azione.

Massima

In tema di mantenimento dei figli, costituiscono spese straordinarie, non comprese nell'ammontare dell'assegno ordinario previsto con erogazione a cadenza periodica, quelle che (ove non oggetto di espressa statuizione, convenzionale o giudiziale) non siano prevedibili e ponderabili al tempo della determinazione dell'assegno, in base a una valutazione effettuata in concreto e nell'attualità degli elementi indicati nell'art. 337-ter, comma 4 c.c. e che dunque, ove in concreto sostenute da uno soltanto dei genitori, per la loro rilevante entità, se non intese come anticipazioni dell'obbligo di entrambi i genitori, produrrebbero l'effetto violativo del principio di proporzionalità della contribuzione genitoriale, dovendo infatti attribuirsi il carattere della straordinarietà a quegli ingenti oneri sopravvenuti che, in quanto non espressamente contemplati, non erano attuali né ragionevolmente determinabili al tempo della quantificazione (giudiziale o convenzionale) dell'assegno.

Il caso

Nel 1998 nasceva il figlio di una coppia di professionisti, avvocato uno e architetto l’altro i quali, dopo 5 anni dal loro matrimonio, si separavano consensualmente per poi divorziare nel 2006 con una sentenza che, in sostanza, confermava le condizioni stabilite nella separazione nei confronti del figlio, ma nulla prevedeva circa le modalità di suddivisione delle spese straordinarie.

Tale mancanza portava la madre a citare in giudizio l’ex marito al fine di ottenere il rimborso del 50% delle spese straordinarie sostenute negli ultimi anni per le quote di iscrizioni scolastiche, le tasse universitarie private, i costi di vitto, alloggio e trasporto, le spese per i corsi extrascolastici di perfezionamento e varie spese mediche.

Il Tribunale di Taranto, con sentenza n. 2725/2018, accoglieva le domande della donna e condannava il convenuto a corrisponderle l’importo di € 16.898,66, oltre agli interessi legali dal giorno dell’esborso. Secondo il Tribunale salentino, infatti, le spese non quantificabili e preventivabili ab origine (quali le spese per il materiale scolastico, le vacanze studio, le tasse e spese di iscrizione scolastica e universitaria, i costi di convitti o alloggi per studiare e i costi di trasporto) non possono rientrare nel contributo ordinario previsto per il mantenimento e devono essere divise equamente tra entrambi i genitori.

Il padre impugnava detto provvedimento e il gravame veniva accolto integralmente dalla Corte d’Appello che, in sostanza, ribaltava la sentenza di primo grado.

La Corte ha ritenuto non godessero del carattere di straordinarietà le spese dell’Università milanese privata scelta dal figlio della coppia, così come le spese di viaggio e alloggio nella città meneghina, considerando l’elevato livello socio culturale e il tenore di vita certamente non ordinario della famiglia (entrambi laureati ed esercenti una professione), comprovato altresì dal considerevole assegno di mantenimento versato dal padre a beneficio del figlio sia in sede di separazione che di divorzio.

Le condizioni socio-culturali e economiche della famiglia, infatti, facevano ragionevolmente prevedere con una certa obiettività e concretezza che il figlio avrebbe proseguito gli studi e che avrebbe avuto tutte le possibilità per poter ambire a frequentare un istituto privato come l’Università Bocconi di Milano.

Per la Corte erano da considerarsi straordinarie solo quelle spese che, per il loro rilevante valore economico, risultavano imponderabili e non prevedibili nel contesto familiare in cui dovevano essere assunte nell’interesse del figlio, diversamente dalle spese c.d. ordinarie che, certe nel quantum e nell’an, integravano l’assegno di mantenimento ordinario.

Per gli stessi motivi la Corte territoriale escludeva dal novero delle spese straordinarie gli esborsi per analisi, visite mediche specialistiche, le spese sportive e del corso di musica, da ricomprendersi invece nel contributo al mantenimento forfettariamente determinato in sede di divorzio, sia perché non legate a eventi sopravvenuti, sia perché aventi ad oggetto importi “ordinari” rispetto al tenore di vita del nucleo familiare.

Contro tale provvedimento di secondo grado la madre proponeva ricorso per Cassazione sulla base di un unico motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 147, 148, 155, 315-bis e 337-ter c.c. poiché la Corte d’Appello avrebbe errato nel non considerare come spese straordinarie quelle dalla stessa sostenute sulla base dell’assunto che tali esborsi sarebbero stati prevedibili, stante la qualità di professionisti dei genitori tenuti al mantenimento.

La questione

In mancanza di una specifica definizione di legge, la prassi e la giurisprudenza distinguono due tipi di spese sostenute nell’interesse dei figli: quelle ordinarie, comprese nell’assegno periodico di mantenimento e quelle straordinarie escluse da quest’ultimo e solitamente ripartite tra i genitori in base al reddito.

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione è tornata ad affrontare l’annosa questione del confine esistente tra queste due macrocategorie, cercando di rispondere ai quesiti che da anni interessano la dottrina e la giurisprudenza:

i) quando una spesa è straordinaria e quali sono i criteri per individuarla?

ii) che cosa si intende per imprevedibilità degli esborsi da sostenere nell’interesse dei figli?

iii) esiste un legame tra la straordinarietà di una spesa e le capacità reddituali dei genitori?

Le soluzioni giuridiche

Come noto, l'obbligo di mantenimento imposto ai genitori ha la propria origine nella procreazione di un figlio e serve ad assicurargli tutto quanto è materialmente necessario per la sua crescita e per la soddisfazione di ogni bisogno, dalla cura allo sviluppo della persona.

L'obbligo di mantenimento trova la propria fonte nell'art. 30 della Costituzione, oltre che in precise norme del diritto di famiglia, tra le quali gli artt. 147 e 315-bis c.c., dove è espressamente previsto che i genitori devono mantenere i figli nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni e l'art. 316-bis c.c. a mente del quale i genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e capacità di lavoro professionale o casalingo.

Tale dovere non può attenuarsi per la crisi dei rapporti familiari, tant'è che l'art. 337-ter comma 4 c.c. stabilisce che il Giudice, nella quantificazione dell'assegno di mantenimento, deve tener conto delle attuali esigenze del figlio, del tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori, dei tempi di permanenza, delle risorse economiche dei genitori, oltre che dell'eventuale apporto di compiti domestici e di cura di ciascuno nel tempo trascorso col figlio.

Sono proprio le attuali esigenze del figlio e le risorse economiche dei genitori a costituire da sempre i presupposti e i criteri che consentono al Giudice di quantificare l'entità dell'assegno di mantenimento dovuto dal genitore obbligato all'altro, dovendo ricomprendersi al suo interno sia la componente ordinaria che quella straordinaria (Cass. civ. n. 10926/1992).

È necessario quindi chiarire il criterio distintivo di dette spese, stante l'assenza di indicazioni normative a riguardo che ha sempre causato incertezze applicative e difficoltà di inquadramento sistematico; infatti, solo l'interpretazione giurisprudenziale è intervenuta negli anni nel tentativo di fornire un indirizzo, non sempre concorde, sulla distinzione tra spese ordinarie e spese straordinarie.

Il contributo al mantenimento fissato dal Giudice in via ordinaria, qualificabile come rata mensile di un contributo annuale, tiene in considerazione esigenze complessive e quotidiane della vita dei figli, ricomprendendo anche quelle spese che, sia pure non presenti ogni mese, sono prevedibili in un normale iter di vita, come ad esempio le spese per l'abbigliamento o il materiale di cancelleria scolastica (in tal senso Cass. civ. 8676/2010; Trib. Messina 3 gennaio 2006).

Tale previsione, però, non esaurisce il dovere di mantenimento dei figli che deve necessariamente ricomprendere anche gli avvenimenti che trascendono le prevedibili e normali esigenze di vita quotidiana. L'assegno di mantenimento, infatti, è determinato in misura tale da contemperare le contrapposte esigenze dell'obbligato e dei beneficiati in “regime di normalità”, per cui tale apporto si rivela inadeguato di fronte a quelle spese che sfuggono al criterio di normalità e che pertanto devono essere separatamente rimborsate (cfr App. Messina 5 luglio 2004; Cass. civ. 19 luglio 1999 n. 7672; Cass. civ. 5 maggio 1999 n. 4459; Cass. civ. 2 luglio 2007 n. 14965 e Cass. civ. 12 luglio 2007 n. 15611).

La giurisprudenza definisce, quindi, come straordinarie le spese che per la loro rilevanza e imprevedibilità esulano dall'ordinario regime di vita dei figli; tali caratteristiche non devono necessariamente coesistere e così sono da considerarsi straordinarie sia quelle spese che in ragione della loro entità non rientrano nella consuetudine di vita del nucleo familiare a prescindere dal loro ripetersi nel tempo che, viceversa, quelle spese di modesto valore del tutto imprevedibili (Cass. civ. 1 ottobre 2012 n. 16664, Cass. Civ. 18 settembre 2013 n. 21272).

Per una parte di giurisprudenza, tuttavia, tali requisiti non apparivano sufficientemente appropriati ad individuare una netta distinzione tra le due macro categorie di spesa, per cui alcuni Tribunali di merito si sono cimentati nell'elaborazione di elenchi aventi ad oggetto quelle che ritenevano essere spese straordinarie (cfr. Trib. Catania 4 dicembre 2008); ciò con scarsi risultati poiché si rischiava di comprendere nell'ordinario anche spese in realtà straordinarie, come ad esempio l'ingente spesa da sostenere per l'acquisto dei testi scolastici ad inizio anno (Trib. Monza 13 gennaio 2003 n. 409 e Cass. Civ. 19 luglio 1999 n. 7662).

D'altro canto, la giurisprudenza maggioritaria ha sempre ritenuto di non poter prescindere dai criteri di imprevedibilità e di rilevanza economica che caratterizzano tali voci, per cui le spese straordinarie non possono mai essere ricomprese nel contributo fisso in quanto difficilmente quantificabili preventivamente e soggette a continue variazioni. Ciò in quanto, ove le stesse venissero considerate forfettariamente nel contributo mensile predeterminato si rischierebbe, da un lato, di imporre al genitore contribuente uno sforzo economico maggiore non richiesto e, dall'altro, di assorbire integralmente la misura del contributo ordinario, così limitando e/o sacrificando la soddisfazione dei diritti primari ed irrinunciabili del minore (Cass. civ. 8 giugno 2012 n. 9372).

In altre parole, l'inclusione di dette spese nel mantenimento ordinario sarebbe in contrasto con i principi di proporzionalità e di adeguatezza del mantenimento con conseguente possibile pregiudizio per l'interesse dei figli (App. Napoli 6 giugno 2008; Trib. Firenze 27 settembre 2006; Cass. civ. 8 giugno 2012 n. 9372 e Cass. civ. 9 giugno 2015 n. 11894).

Muovendo dal presupposto che l'inclusione forfettaria di dette spese nell'assegno ordinario sarebbe logicamente incompatibile con la loro natura, la Suprema Corte negli anni ha dettato un criterio interpretativo dirimente: le spese ordinarie sono quelle destinate a soddisfare i bisogni quotidiani del minore, mentre le spese straordinarie attengono a esborsi necessari per far fronte a eventi imprevedibili e eccezionali, nonché ad esigenze esorbitanti rispetto alle normali consuetudini di vita dei figli non quantificabili e determinabili in anticipo o comunque di non lieve entità rispetto alle situazione economica dei genitori ( ex pluribus Cass. civ. 62021/ 2009; Cass. civ. 23411/2009; Cass. civ. 5490/2018, App. Catania 6 aprile 2018, Cass. civ. 15 dicembre 2023 n. 40281; Cass. civ. 15 febbraio 2021 n. 3835).

 I tre caratteri, quindi, necessari per qualificare una spesa come straordinaria sono (Cass. civ. 18869/2014):

1) l'imprevedibilità, intesa come impossibilità per il Giudice e per le parti di determinare preventivamente la debenza;

2) l'imponderabilità, riferita all'entità della spesa poiché non può essere quantificata nel suo ammontare;

3) la rilevanza, intesa come esorbitanza rispetto alle spese ordinariamente sostenute, per cui la stessa va valutata con riferimento all'incidenza di detta spesa proporzionalmente al tenore di vita della famiglia.

Tali tratti distintivi sono stati recentemente richiamati da un'altra interessante sentenza della Cassazione che si è uniformata a quell'orientamento già esistente che individua nelle spese straordinarie due sub-categorie: quelle c.d. routinarie, certe nel loro prevedibile ripetersi e comprendenti, ad esempio, le spese mediche e scolastiche e quelle del tutto imprevedibili o anche dette spese straordinarie tout court (Cass. civ. 25 maggio 2023 n. 14564, Cass. civ. 30 maggio 2023 n. 15229, Cass. civ. 23 maggio 2011 n. 11316).

All'individuazione della sub-categoria delle spese c.d. routinarie è conseguito il riconoscimento della possibilità di agire direttamente in via esecutiva sulla base del provvedimento già emesso, per cui la parte richiedente potrà procedere con la notifica di un atto di precetto in cui verrà enucleata ogni singola voce di spesa, senza la necessità di farne accertare in sede giudiziale l'an e il quantum.

Tale distinzione è stata riaffermata dalla sentenza in commento, con la quale gli Ermellini hanno ribadito che rientrano nella categoria delle spese routinarie quelle che, pur non ricomprese nell'assegno fisso periodico di mantenimento, «…assumono una connotazione di probabilità tale da potersi definire come sostanzialmente certe cosicché esse, se non predeterminabili nel quantum e nel quando, lo sono invece in ordine all'an…» (Cass. civ. 3835/2021), mentre costituiscono spese straordinarie tout court tutti quegli esborsi che non possono rientrare nelle prime poiché altrimenti si rischierebbe un contrasto con «...il principio di proporzionalità e adeguatezza del mantenimento sancito dall'art. 337-ter comma 4 c.c…», oltre al rischio di arrecare pregiudizio al figlio nel soddisfacimento dei suoi bisogni essenziali.

Sulla scorta di tali osservazioni, la sentenza in esame non ha ritenuto fondato il provvedimento reso dalla Corte d'Appello che ha escluso dal novero delle spese straordinarie sia quelle scolastiche e universitarie in un istituto privato e lontano dalla sua residenza, sulla sola scorta del fatto che l'elevato livello socio-culturale della famiglia di origine del figlio avrebbe dovuto far prevedere l'esigibilità di tali esborsi, sia quelle mediche poiché non riferite a patologie improvvise e perciò prevedibili.

Prosegue, infatti, la Corte affermando come l'obbligo di mantenimento dei figli si estrinsechi in due distinte prospettive: da una parte il diritto di uguaglianza di trattamento per tutti i figli nel rispetto di quanto previsto all'art 315-bis comma 1 c.c., dall'altra parte il diritto al rispetto del principio di proporzionalità in considerazione del reddito di ciascun genitore ex art. 316-bis comma 1 c.c.

Il Giudice è tenuto a determinare la misura del contributo al mantenimento sulla base di tale principio di proporzionalità, centrale nelle indicazioni previste nell'art. 337-ter comma 4 c.c., per cui la valutazione economica va eseguita sulla base delle esigenze attuali del soggetto, unitamente alle contingenti consistenze reddituali dei genitori, addivenendo così alla ponderazione della proporzione.

In tale contesto, quindi, «…tutto ciò che è previsto o comunque prevedibile e ponderabile, nei termini sopra indicati, deve, pertanto, ritenersi compreso nell'assegno di mantenimento del figlio, che è oggetto di quella valutazione ponderata necessaria per distribuire proporzionalmente tra i genitori le spese per i figli. Tutto ciò che non è previsto né prevedibile e ponderabile al momento della determinazione dell'assegno, non è compreso nell'assegno e, se di rilevante entità, deve essere considerato come un esborso straordinario ».

Alla luce di questa chiara ricostruzione la Corte di Cassazione ha ritenuto non prevedibili né ponderabili le spese legate alla scelta universitaria del figlio, posto che i genitori si erano separati quando il bambino avevo solo 4 anni per cui erano esborsi del tutto privi del requisito dell'attualità e, in ogni caso, nemmeno astrattamente ipotizzabili al momento della determinazione del contenuto dell'assegno di mantenimento ordinario da parte del Giudice, a prescindere dall'entità dello stesso e dalle condizioni socio-economiche del nucleo familiare.

Per tali ragioni la Corte, nell'accogliere il ricorso avanzato dalla madre, ha espresso il principio di diritto sopra massimato e ha rinviato la causa alla Corte d'Appello di Lecce.

Per completezza si evidenzia come la Corte abbia accolto il gravame solo relativamente alle spese scolastiche e universitarie, mentre nulla ha statuito circa le altre spese mediche, sportive e riferite ad altre esigenze del figlio, poiché la ricorrente non aveva sollevato alcuna doglianza sulle argomentazioni della Corte d'Appello che ne aveva escluso la rimborsabilità in quanto esborsi prevedibili e non rilevanti nel loro importo.

Osservazioni

Dalla lettura della sentenza in commento emerge chiaramente come le esigenze di vita di un bambino in tenera età, consistenti soprattutto nella cura e nel suo accudimento, siano differenti rispetto a quelle di un adolescente alle prese con il proprio percorso di studi e, ancora di più, di un maggiorenne alla ricerca di lavoro e/o del percorso universitario.

Questo naturale sviluppo assolutamente imprevedibile ha generato e genera sempre grande contrasto tra i genitori quando, alla fine del loro rapporto e/o comunque nel momento della regolamentazione dei rapporti rispetto ai figli, devono valutare l’entità e la suddivisione del mantenimento da loro dovuto, soprattutto per quanto concerne le spese scolastiche e quelle della salute.

Come abbiamo visto sopra, non esiste una precisa elencazione normativa di cosa sia ordinario e cosa straordinario e questo anche perché un’indicazione troppo precisa rischierebbe di contraddire la necessaria elasticità di una definizione di spesa straordinaria collegata alle mutevoli e non aprioristicamente identificabili esigenze della prole.

La precisa e puntuale ricostruzione operata dalla sentenza in commento ha correttamente ribadito come la quantificazione della contribuzione straordinaria non possa prescindere dalla comparazione dei redditi dei genitori così come dall’opportuna proporzionalità della rispettiva partecipazione, precisando però nel contempo la natura non esclusivamente perequativa della contribuzione straordinaria, finalizzata alla soddisfazione di specifiche esigenze dei figli in ragione dei loro mutevoli interessi.

Nel tentativo di ridurre il contenzioso e assicurare maggior certezza all’orientamento giurisprudenziale, alcuni uffici giudiziari, con l’aiuto e la collaborazione dei consigli dell’Ordine e di associazioni forensi, hanno elaborato

dei protocolli volti ad agevolare l’identificazione delle spese da considerarsi extra-ordinarie e quindi estranee all’importo mensile dell’assegno di mantenimento.

I Tribunali che li hanno già adottati in ordine alfabetico: i) Bassano del Grappa (Prot. 15 aprile 2010), ii) Bergamo (Prot. 21 febbraio 2012), iii) Bologna (Prot. 23 maggio 2011); iv) Bolzano (Prot. Giugno 2011); v) Firenze ( Prot. 6 maggio 2011); vi) Milano (privo di data); vi) Pistoia (Prot. Giugno 2011); vii) Pordenone (Prot. 5 agosto 2010); viii) Roma (Prot. 17 dicembre 2014); ix) Sondrio ( privo di data); x) Varese; x) Verona (Prot. 13 febbraio 2009) e Vicenza (Prot. Luglio 2009).

In questi Protocolli molto spesso si distinguono due tipi di spese straordinarie: quelle che non devono essere concordate con l’altro genitore e quelle che invece devono esserlo.

Nelle prime vi rientrano: i) quelle obbligatorie, poiché sono la conseguenza di scelta già concordate tra i genitori (libri scolastici, medicinali rutinari); ii) quelle urgenti e indifferibili che non permettono una preventiva condivisione e scelta comune (spese mediche urgenti). In questi casi il genitore che le ha sostenute, ha il diritto di ottenere dall’altro il rimborso sulla base della ripartizione stabilita dal Giudice.

Nelle seconde vi rientrano le spese legate alle scelte di maggior interesse per la crescita, l’educazione e la salute del figlio (art. 337-ter c. 3 c.c.); in questo caso per ottenerne il rimborso, il genitore che le ha sostenute deve dimostrare di aver ottenuto preventivamente il consenso dall’altro genitore, in assenza del quale il rimborso sarà negato.

È altresì necessario e utile che gli avvocati e i Giudici indichino le modalità di pagamento di dette spese specificando i criteri della loro ripartizione (così i protocolli di Milano, Bologna e Verona), vale a dire, tra le soluzioni più adottate: i) ripartizione pro quota da ciascun genitore in proporzione ai rispettivi redditi; ii) ripartizione al 50% tra i genitori; iii) attribuzione differenziata tra i genitori o interamente a carico di uno dei due.

In conclusione, alla luce dell’attenzione posta dalla sentenza in commento ai presupposti per la qualificazione delle spese straordinarie, presupposti che si è visto hanno il pregio di essere sufficientemente elastici sì da consentire la valutazione dei casi più disparati, è opportuno richiamare l’attenzione degli operatori del diritto ad una consapevole utilizzazione di tali protocolli d’intesa che, avendo valore vincolante soltanto laddove integralmente recepiti nel provvedimento giudiziale, non dovrebbero mai degenerare in un aprioristico richiamo del tutto sterile alle peculiarità del caso concreto.

Riferimenti

AA.VV., Codice della famiglia, diretto da Fabrizio di Marzio, Giuffrè, 2022;

G. Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, Milano, 2023;

M. Florio, Aspetti economici nella crisi della famiglia. Le spese straordinarie – Il commento, in Riv. fam. e dir., 2010, 10, 889 ss;

L. Moramorco, Ineludibilità del contributo del genitore separato o divorziato per le spese straordinarie, in Riv. Fam., 2015, 4, 340 s.s.;

R. Russo, Mantenimento diretto, spese straordinarie e protocolli d’intesa: la ricerca di prassi condivise, in Ius Famiglie, 2018;

G.A. Parini, L’assegno periodico di mantenimento nei rapporti con l’interesse morale del figlio, in Riv. fam. e dir., 2021, 11, 1027 ss;

C. Mancuso, La Cassazione torna sulle spese straordinarie: verso una tutela rapida del credito familiare?, in Fam e dir., 2024, 1, 21 ss.

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