Negato il mantenimento della figlia ultramaggiorenne

31 Maggio 2024

La patologia non costituente grave handicap della figlia ultramaggiorenne può limitare o escludere il suo diritto al mantenimento se tale disfunzione non inficia le sue capacità di impegno nella preparazione professionale o tecnica e nella ricerca lavorativa?

Massima

Ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, posto che il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione.

Il caso

Il Tribunale di Livorno respinge il ricorso presentato dall’ex marito nei confronti dell’ex moglie per la modifica delle condizioni previste nella sentenza di divorzio, ritenendo giustificato, in particolare, il perdurare del contributo di mantenimento in favore della figlia ultramaggiorenne (nello specifico, di 29 anni).

La Corte d’Appello di Firenze, a seguito del reclamo presentato dal padre, osserva che la figlia ha raggiunto quasi ormai i trenta anni di età senza conseguire un titolo universitario e neppure un’autonomia lavorativa.

Constata, però, che la giovane è affetta da un disturbo bipolare di personalità di tipo borderline, delineato come disturbo dell’area affettiva cognitiva comportamentale, le cui caratteristiche essenziali sono una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé, dell’umore, ed una marcata impulsività e reputa che tale stato patologico incida notevolmente sulla vita della medesima, che non può allo stato ritenersi avere uno sviluppo ordinario e di normalità richiedibile ai suoi coetanei.

I giudici di seconde cure escludono, di conseguenza, l’applicabilità al caso de quo della giurisprudenza in punto di autoresponsabilità del grande maggiorenne.

Il padre decide così di proporre ricorso in Cassazione e la Suprema Corte accoglie tale ricorso sulla scorta delle ragioni che qui di seguito percorreremo.

La questione

La patologia non costituente grave handicap della figlia ultramaggiorenne può limitare o escludere il suo diritto al mantenimento se tale disfunzione non inficia le sue capacità di impegno nella preparazione professionale o tecnica e nella ricerca lavorativa?

Le soluzioni giuridiche

Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il giudice di merito deve valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che questo obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni, purchè tali siano compatibili con le condizioni economiche dei genitori.

L’onere della prova delle condizioni che costruiscono il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, riguardando la circostanza che il figlio si sia preoccupato, con il massimo impegno, della propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con altrettanta dovizia, attivato nella ricerca di un lavoro.

Pertanto, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell’ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il “figlio adulto”, sulla scorta del principio di autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che giustificano il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa.

Se il riconoscimento del diritto al mantenimento dipende dal fatto che il figlio abbia curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e si sia attivato nella ricerca di un lavoro, allora la presenza di una patologia, a meno che essa non costituisca condizione di grave handicap (il che comporterebbe automaticamente l’obbligo di mantenimento) influisce sul diritto al mantenimento se e nella misura in cui incide sulle capacità di impegno nella preparazione professionale o tecnica e nella ricerca lavorativa.

Osservazioni

Si consideri poi che il figlio, nella circostanza in cui abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia trovato un'occupazione lavorativa stabile, o che comunque lo remuneri così da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l'esigenza a una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l'attuazione dell'obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, ferma restando l'obbligazione alimentare da attivare nell'ambito familiare per sopperire a ogni più essenziale esigenza di vita dell'individuo bisognoso.

Questo principio non soffre eccezioni ove il figlio ultramaggiorenne non autosufficiente risulti affetto da qualche patologia, ma non tale da integrare, come appena detto, la condizione di grave handicap che, invece, comporterebbe automaticamente l'obbligo di mantenimento.

In una simile fattispecie, per soddisfare le essenziali esigenze di vita del figlio ultramaggiorenne non autosufficiente, occorrerà richiedere, ove vi siano i presupposti, un sussidio sociale, oppure sarà possibile proporre l'azione per il riconoscimento degli alimenti, i quali rappresentano un minus rispetto all'assegno di mantenimento, con la conseguenza che nella richiesta di tale assegno potrà ritenersi compresa anche quella di alimenti.

In applicazione dei principi appena richiamati, i giudici di seconde cure, ove avessero ritenuto, in considerazione dell'età raggiunta dalla giovane che il mantenimento si fosse protratto oltre i ragionevoli limiti di tempo e di misura, avrebbero dovuto rivedere quanto ordinato in precedenza sull'obbligo di corresponsione di un assegno di mantenimento, a meno che non fosse stato possibile accertare che la figlia richiedente la contribuzione fosse portatrice di un handicap grave, ai sensi dell'art. 3, comma 3, l. 104/1992, a cui rimandano gli artt. 337-septies, comma 2, c.c.. e 37-bis disp. att. c.c.

Nel caso in cui i giudici distrettuali avessero ritenuto, invece, che il mantenimento non si fosse protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, la presenza di una patologia della giovane inidonea a integrare un grave handicap non sarebbe stato comunque sufficiente, di per sé, a confermarne il mantenimento.

La Suprema Corte, in conclusione, accoglie il ricorso del padre e rinvia alla Corte d'Appello di Firenze per una nuova pronuncia che si atterrà ai principi qui illustrati.

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