Adozione piena e legami con i genitori d’origine

07 Giugno 2024

La Cassazione si confronta nella specie con la possibilità di mantenere e anzi coltivare rapporti di fatto tra il minore adottato, e la famiglia biologica, pur in caso di adozione piena

Massima

L'evoluzione interpretativa dell'istituto dell'adozione piena, offerta dalla sentenza della Corte Costituzionale 183/2023 secondo la quale l'art. 27, comma 3, l. 184/1983 non esclude che, nelle specifiche situazioni del caso concreto, l'interesse superiore del minore sia tale da imporre, al momento della pronuncia di adozione, di conservare rapporti affettivi con alcuni dei componenti della famiglia di origine, comporta la necessità di dare rilievo a tale interesse del minore già al momento della pronuncia che dichiara l'adottabilità, ove l'art. 19 l. cit. consente di adottare "gli ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore" ed, anzi, in tale sede, l'assunzione di tali provvedimenti e l'estensione degli stessi vanno modulate esclusivamente in vista della tutela dell'interesse del minore senza tollerare alcun bilanciamento con altre e diverse esigenze.

Il caso

La vicenda riguarda due bambine dichiarate in stato di abbandono dal Tribunale per i minorenni di Roma. La madre, migrante e vittima di tratta, pur non avendo mai commesso atti pregiudizievoli nei confronti delle minori, e non avendo fatto mancare loro il necessario, non era stata considerata in grado di occuparsene. La perizia, svolta in primo grado, indicava infatti che la donna aveva disturbi psichici tali da pregiudicare la sua capacità genitoriale.

La stessa impugnava la decisione di fronte alla Corte d’Appello e successivamente si rivolgeva alla Corte di cassazione. I giudici di legittimità, in particolare, con l’ordinanza 3643/2020 sottolineavano come, ai fini della valutazione della situazione d'abbandono, fosse necessario verificare la corrispondenza all’interesse delle minori della conservazione del legame con la madre, considerato che, nella specie, la consulenza tecnica d’ufficio aveva affermato l’importanza di mantenere tale rapporto.

Riassunto il giudizio la Corte d’Appello confermava l’incapacità genitoriale della donna, e di conseguenza l’adottabilità delle bambine. Peraltro, alla luce del principio esposto dalla Cassazione sosteneva la necessità di un mantenimento dei contatti tra le minori e la madre biologica. Dava pertanto incarico ai servizi sociali di riattivare i rapporti tra le bambine e la madre mediante contatti telefonici, via internet e videochiamate, disponendo altresì di effettuare incontri in presenza, precisando peraltro, la salvezza della “possibilità e dell’esigenza” di mantenere riservata l’identità dei genitori adottandi e il collocamento delle minori.

Con ricorso in Cassazione, la madre delle bambine evidenziava che la statuizione di segretezza era priva di motivazione adeguata e si presentava del tutto irrazionale.

La questione

La Cassazione si confronta nella specie con la possibilità di mantenere e anzi coltivare rapporti di fatto tra il minore adottato, e la famiglia biologica, pur in caso di adozione piena.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in esame si inserisce in un recente filone interpretativo volto a rendere l’istituto dell’adozione dei minori più vicino all’interesse del singolo minore coinvolto nelle varie situazioni.

La cosiddetta adozione piena, chiamata un tempo legittimante per distinguerla da quella non legittimante di cui all’articolo 44 l. 184/1983, è stata da sempre caratterizzata da una rottura definitiva dei legami e dei rapporti tra la famiglia d’origine e il minore adottato il quale entra far parte pienamente della famiglia adottiva, diventando a tutti gli effetti figlio degli adottanti e acquisendo altresì rapporti di parentela con i parenti degli stessi.

Nella specie invece, la Cassazione, accogliendo la doglianza della ricorrente, supera questa rigidità.

La Corte nel motivare la sua decisione richiama innanzitutto la sentenza della Corte Costituzionale 183/2023 che, fornendo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 27 l. 184/1983, sottolineava la differenza tra i rapporti giuridici-formali e quelli socio-affettivi. Secondo tale interpretazione la cessazione dei rapporti con la famiglia biologica riguarda il piano delle relazioni giuridico-formali. Quanto, invece, alla interruzione dei rapporti di natura socio-affettiva, la norma racchiude una presunzione solo iuris tantum che il distacco di fatto dalla famiglia d'origine realizzi l’interesse del minore. Tale presunzione pertanto, precisava la Consulta, non esclude che il giudice possa accertare che la prosecuzione di significative, positive e consolidate relazioni socio-affettive con alcuni componenti della famiglia d’origine realizzi il migliore interesse del minore e, che per converso, la loro interruzione sia tale da poter cagionare allo stesso un pregiudizio. Ove, pertanto, sussistano radici affettive profonde con familiari che, tuttavia, non possono condurre all’esclusione dello stato di abbandono, risulta preminente l’interesse dell’adottato a non subire l’ulteriore trauma di una recisione di ogni rapporto con la famiglia di origine, mediante la preservazione di una linea di continuità con il mondo degli affetti che appartiene alla sua memoria e che costituisce un importante tassello della sua identità (Corte cost. 28 settembre 2023, n. 183. In IUS FAMIGLIE, con nota di Figone, La Corte costituzionale riconosce l’adozione aperta. Nella specie si trattava di minori orfani a causa dell’uccisione della madre da parte del padre per i quali, oltre all’adozione, si è ritenuto importante consentire di mantenere rapporti con la nonna materna).

Il caso di specie, come accennato, era già precedentemente arrivato di fronte alla Cassazione. In quella sede la Corte aveva sottolineato come, nell’interesse concreto del minore, la dichiarazione di adottabilità fondata sull’accertamento dei presupposti, ossia uno stato di abbandono morale e materiale, non esclude la possibilità di mantenere una continuità affettiva tra il minore e la famiglia d’origine. Anche la Corte Europea dei diritti umani era intervenuta su richiesta della mamma delle minori statuendo che lo Stato italiano aveva violato il diritto alla vita privata e familiare (art. 8 CEDU) della ricorrente in quanto erano stati vietati, in una causa durata più di tre anni, i contatti tra madre e figlie.

Con la sentenza in esame, inserendosi nella linea interpretativa esposta e ribadendo quanto affermato dalla Corte costituzionale, la Cassazione specifica che l’esigenza di mantenere rapporti con la famiglia biologica può verificarsi, non solo al momento della dichiarazione di adozione (art. 27), ma anche, come nella specie, al momento della dichiarazione di adottabilità (art.19). In tale sede, si chiarisce, venendo meno la responsabilità genitoriale, il giudice è tenuto ad adottare ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore che possono essere finalizzati, anche, al mantenimento di un rapporto affettivo con i familiari d’origine.

Pertanto, sottolinea la Corte, l’evoluzione interpretativa dell’istituto dell’adozione piena, che trova le sue origini nell’intervento della Corte Costituzionale, comporta la necessità che, nelle specifiche situazioni concrete, l’interesse superiore del minore sia tale da imporre sia nel momento della pronuncia che dichiara l’adottabilità sia nel momento della pronuncia di adozione il mantenimento di rapporti affettivi con alcuni dei componenti della famiglia di origine.

In questo contesto, si precisa, la pretesa riservatezza sull’identità dei genitori adottandi e sul collocamento delle minori non rispetta la considerazione secondo cui la continuità dei rapporti tra famiglia di origine e minore non è episodica, né deve costituire evento eccezionale e coperto da particolari cautele, ove non necessarie in concreto e specificamente motivate.

In conclusione, pertanto, partendo dalla considerazione secondo cui la sussistenza dell’interesse del minore a conservare il legame affettivo con la famiglia di origine non comporta necessariamente l’esclusione dello stato di adottabilità, il giudice, chiamato ad adottare tutti i provvedimenti nell’interesse del minore, può, e anzi deve, prevedere tempi e modi che consentano al fanciullo di mantenere il rapporto affettivo con i familiari biologici.

Osservazioni

L'istituto dell'adozione dei minori ad opera dell'intervento giurisprudenziale si sta evolvendo seguendo le istanze della società. La storica e stabile distinzione tra adozione piena e adozione non legittimante, ognuna con i suoi presupposti e suoi effetti, viene ad opera della giurisprudenza, ad attenuarsi.

Dirompente in tal senso è stata la modifica dell'art. 28 l. 184/1983 che ha reso possibile per l'adottato conoscere l'identità dei propri genitori. In nome del diritto all'identità personale la ricerca delle origini può ora spingersi anche nel caso in cui la madre abbia scelto al momento del parto di rimanere anonima. La donna può infatti su richiesta del figlio essere interpellata ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione (C. cost. 278/2013). Ciò consente di superare quello stacco netto che l'istituto dell'adozione, così com'è previsto dalla legge, richiede con la famiglia di provenienza.

Tale esigenza è stata del resto sottolineata più volte anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo la quale ha evidenziato come debbano essere residuali quelle soluzioni che recidano ogni legame del minore con la famiglia d'origine. La Corte ha in particolare precisato come l'allontanamento del bambino dalla propria famiglia sia, una misura estrema alla quale si dovrebbe fare ricorso solo in ultima istanza, tenendo conto, in ogni caso, che in tutte le decisioni riguardanti i minori il loro interesse superiore deve prevalere.

Se da una parte pur in caso di adozione piena si possono ritrovare e coltivare legami con la famiglia d'origine, d'altro canto nel caso di adozione in casi particolari l'adottato, grazie a un intervento della Corte costituzionale, entra pienamente nella famiglia dell'adottante divenendo parente dei parenti dell'adottante (C. cost 79/2022). Secondo la Consulta in particolare non riconoscere i legami familiari con i parenti dell'adottante lede il minore nell'identità che gli deriva dall'inserimento nell'ambiente familiare del genitore adottivo e, dunque, dall'appartenenza a quella nuova rete di relazioni, che di fatto vanno a costruire stabilmente la sua identità.

Se ne deduce l'importanza dell'elasticità di istituti capaci di adattarsi ai singoli casi concreti in nome dell'interesse del minore valorizzando, quando necessario, i legami familiari d'origine o i legami familiari acquisiti

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