Maltrattamenti in famiglia e atti persecutori: rapporti

12 Giugno 2024

È configurabile l'ipotesi aggravata di atti persecutori di cui all'art. 612-bis, comma 2, c.p., e non il reato di maltrattamenti in famiglia, quando le reiterate condotte moleste e vessatorie siano perpetrate dall'imputato dopo la cessazione della convivenza more uxorio con la persona offesa.

Il caso e la questione controversa

  • Con doppia sentenza conforme l'imputato era stato riconosciuto colpevole del delitto di maltrattamenti in famiglia in danno della propria compagna con riferimento alla condotta di reiterate molestie anche successivamente alla cessazione della convivenza.
  • La Sesta Sezione penale della Suprema Corte, riqualificate le condotte realizzate dopo la cessazione della convivenza nel reato di cui all'art. 612-bis, comma 2, c.p., ha annullato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte di appello di Lecce per la rideterminazione complessiva della pena.
  • La questione riguarda la puntuale definizione del perimetro applicativo tra il reato di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori, là dove le reiterate condotte moleste e vessatorie siano state perpetrate dall'imputato dopo la cessazione della convivenza more uxorio.
Il principio di diritto
Cass. pen., sez. VI, 30 marzo 2023, n. 31390

«In tema di rapporti fra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori, il divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici impone di intendere i concetti di "famiglia" e di "convivenza" di cui all'art. 572 c.p. nell'accezione più ristretta, quale comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza di affetti implicante reciproche aspettative di mutua solidarietà ed assistenza, fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell'abitazione, ancorché non necessariamente continuativa, sicché è configurabile l'ipotesi aggravata di atti persecutori di cui all'art. 612-bis, comma 2, c.p., e non il reato di maltrattamenti in famiglia, quando le reiterate condotte moleste e vessatorie siano perpetrate dall'imputato dopo la cessazione della convivenza more uxorio con la persona offesa».

Il contrasto

Il perimetro applicativo in un'ottica di sistema 

  • La decisione della Corte si fonda sull'esigenza di garantire il rispetto del divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici (art.14 preleggi), corollario del principio di legalità (art. 25 Cost.), nonché sulla presenza di una disciplina complessiva che estende l'ambito delle condotte prevaricatrici di rilievo penale poste in essere nel corso di relazioni interpersonali non qualificate. Pertanto, al fine della applicazione della fattispecie di cui all'art. 572 c.p., tali presupposti impongono di interpretare i concetti di "famiglia" e di "convivenza" nella loro accezione più ristretta, là dove sono proprio queste espressioni che consentono di delimitare il campo di applicazione delle due ipotesi di reato in commento (tra le altre: Cass. pen., sez. VI, n. 38336/2022, Rv. 283939; Cass. pen., sez. VI, n. 15883/2022, Rv. 283436; Cass. pen., sez. VI, n. 10626/2022, Rv. 283003).
  • Di converso, secondo altro orientamento, nei casi di cessazione della convivenza more uxorio è configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia - e non quello di atti persecutori - quando tra i soggetti permanga un vincolo assimilabile a quello familiare, in ragione di una mantenuta consuetudine di vita comune o dell'esercizio condiviso della responsabilità genitoriale ai sensi dell'art. 337-ter c.c. (Cass. pen., sez. VI, n. 7259/2021, Rv. 283047). Inoltre, è stato anche sostenuto che il delitto ex art. 572 c.p. assorbe quello di atti persecutori quando, sebbene sia avvenuta la cessazione della convivenza, nondimeno la relazione tra i soggetti rimanga comunque caratterizzata da vincoli solidaristici; invece, si configura il reato di cui all'art. 612-bis c.p. - seppur nella sua forma aggravata prevista al comma secondo dello stesso articolo - quando non residua neppure una aspettativa di solidarietà nei rapporti tra l'imputato e la persona offesa, non risultando insorti vincoli affettivi e di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale (tra le altre, Cass. pen., sez. VI, n. 37077/2020, Rv. 280431; Cass. pen., sez. VI, n. 7259/2021, Rv. 283047; Cass. pen., sez. VI, n. 37628/2019, Rv. 276697).
La dottrina

In dottrina, si sottolinea come la linea di demarcazione tra il reato di maltrattamenti di cui all'art 572 c.p. ed il delitto di atti persecutori aggravati ai sensi dell'art. 612-bis comma 2 c.p. risieda nella cessazione effettiva del rapporto di convivenza.

Tuttavia nei casi in cui le condotte vessatorie intervengono nell'ambito di relazioni terminate e prive sin dall'inizio di un legame formale, la distinzione tra le due fattispecie risiede solo in un accertamento di merito in ordine al perdurare di una consuetudine di vita che si ponga in continuità con il precedente segmento di convivenza (1). 

(1) F. Alma, La Cassazione sul discrimen tra stalking aggravato dalla relazione affettiva e maltrattamenti contro conviventi: decisiva la cessazione o meno della convivenza, SP, 2023;

L. Piras, Maltrattamenti successivi alla cessazione della convivenza? È stalking, Diritto e Giustizia, 20.07.2017.

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