Per la conversione della pena detentiva in pena pecuniaria va valutata anche la situazione patrimoniale dell’imputato

La Redazione
21 Giugno 2024

Non è abnorme l'ordinanza con cui il G.i.p. rigetta la richiesta di emissione del decreto penale di condanna con restituzione degli atti al P.M. in mancanza di elementi sufficienti per commisurare la pena alla concreta situazione patrimoniale dell'imputato e per valutare i parametri in base ai quali commisurare la pena pecuniaria richiesta in sostituzione di quella detentiva.

Il G.i.p. rigettava la richiesta di decreto penale di condanna avanzata dal P.M. nei confronti di un imputato alla luce dell'art. 459, comma 1-bis, c.p.p. nella formulazione risultante dalla riforma Cartabia. Il G.i.p. evidenziava infatti l'impossibilità di valutare la congruità della pena pecuniaria richiesta dal P.M. in mancanza di accertamenti patrimoniali.

Ricorre in Cassazione il Procuratore della Repubblica sostenendo l'abnormità del provvedimento. L'impugnazione non ha però successo.

Il G.i.p. ha correttamente ritenuto necessari gli accertamenti che consentono di commisurare la pena alla concreta situazione patrimoniale dell'imputato, fermo restando il suo  potere-dovere di valutare la congruità  della pena proposta dal P.M. con la richiesta di decreto penale di condanna.

Tale valutazione riguarda «il criterio di ragguaglio della pena pecuniaria, che risulta modificato nel minimo (5 euro) ed è determinato in misura variabile (da 5 a 250 euro); nella commisurazione della entità della pena pecuniaria il giudice deve tenere conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell'imputato e del suo nucleo familiare». Di conseguenza, il  parametro di valutazione del giudice  risulta ampliato dovendo determinare l'ammontare del valore giornaliero della pena pecuniaria, al quale può essere assoggettato l'imputato tenendo conto non solo della situazione economica personale e familiare ma anche delle condizioni patrimoniali e di vita, intesi quale ulteriore e personalizzante parametro di valutazione.

Tornando al caso di specie, deve essere  escluso il dubbio di abnormità  del provvedimento impugnato in quanto il GIP non ha interferito con le attribuzioni della pubblica accusa circa le modalità di esercizio dell'azione penale, né è stata adottata in violazione di legge.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso cristallizzando il  principio di diritto  secondo cui «non è abnorme  l'ordinanza con la quale il G.i.p. rigetti la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero, perché, in mancanza di elementi sufficienti per commisurare la pena alla concreta situazione patrimoniale dell'imputato e per valutare i parametri in base ai quali commisurare la pena pecuniaria richiesta in sostituzione di quella detentiva, il provvedimento  non interferisce con le attribuzioni istituzionali della pubblica accusa circa le modalità di esercizio dell'azione penale e di strutturazione dell'imputazione».

*Fonte: DirittoeGiustizia

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