PMA: la cessazione del rapporto di coppia non incide sulla richiesta di adozione avanzata dalla madre intenzionale

24 Giugno 2024

Al pari delle unioni eterosessuali anche quelle tra persone dello stesso sesso possono sciogliersi, ma la cessazione di tale rapporto di coppia non comporta l'interruzione del legame genitori-figli.

Pertanto, al verificarsi di tali situazioni, deve trovare accoglimento la domanda di adozione in casi particolari ex art. 44, lett. d), l. n. 184/1983, avanzata da parte della madre intenzionale, così da salvaguardare la continuità affettiva ed educativa tra la stessa e i figli nati da procreazione medicalmente assistita.

Questo il principio che si ricava dalla sentenza in esame e che ha portato all'accoglimento della domanda.

Il caso. Una coppia omogenitoriale aveva intrapreso un percorso di procreazione medicalmente assistita dalla quale erano nati, in tempi diversi, tre figli. La scelta di diventare madri era stata voluta da entrambe le donne ed aveva coinvolto anche le rispettive famiglie, tanto che successivamente le stesse si erano unite civilmente ai sensi della legge n. 76/2016.

A distanza, però, di alcuni anni dalla formalizzazione di tale unione, la coppia aveva deciso di interrompere la relazione sentimentale e, di conseguenza, si era reso necessario, soprattutto nell'interesse dei minori, regolarizzare, a livello giuridico, la situazione affettiva che legava la madre intenzionale ai tre figli. Infatti, dopo la separazione, due di questi avevano spostato la residenza formale presso la casa della madre biologica, pur abitando a settimane alterne presso l'abitazione di quella intenzionale; il terzo, invece, era rimasto nella stessa casa di prima, insieme all'istante, pur mantenendo rapporti costanti con l'altra madre e coi fratelli.

Da qui, la richiesta di formalizzazione del riconoscimento come genitore, ai sensi dell'art. 44, lett. d, l. n. 184/1983, avanzata dalla madre intenzionale, la quale aveva sempre provveduto ai bisogni economici, educativi e di cura dei tre figli.

L'adozione in casi particolari. Al riguardo, la pronuncia in esame ricorda che tale adozione è prevista, tra le altre, anche quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo (art. 44, lett. d, legge n. 184/1983), ossia non solo a fronte di situazioni di impossibilità materiale di adottare bambini in stato di abbandono, ma anche al presentarsi di ogni altra ipotesi giuridica che non consente di addivenire ad un'adozione legittimante. Si tratta, cioè, di casi in cui non si versa in stato di abbandono ma, tuttavia, l'adozione appare comunque consigliabile per una migliore tutela dei diritti del minore.

Attraverso, quindi, la disposizione di cui all'art. 44, lett. d, legge n. 184/1983, si è arrivati ad affermare che, nell'ipotesi di minore concepito e cresciuto nell'ambito di una coppia dello stesso sesso, sussiste il diritto ad essere adottato dalla madre non biologica, secondo le disposizioni sull'adozione in casi particolari di cui sopra ed a prendere il doppio cognome, sussistendo, in ragione del rapporto genitoriale di fatto instauratosi fra il genitore sociale ed il minore, l'interesse concreto di quest'ultimo al suo riconoscimento.

Una lettura, questa, che, peraltro, trova conferma anche nella legge n. 76/2016 e nella “clausola di salvaguardia” di cui all'art. 1, comma 20, la quale, nel prevedere che «resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti» non delimita più rigidamente i confini interpretativi dell'adozione in casi particolari ma, semmai, fa emergere la volontà contraria, tanto che, successivamente all'emanazione della legge de qua, non sono mancate pronunce che, in casi analoghi a quello in esame, hanno accolto la domanda di adozione ex art. 44, lett. d, legge n. 184/1983 (cfr. Cass. civ. n. 12962/2016).

La soluzione del giudice. Ciò premesso, nel caso di specie, secondo il Tribunale, l'istante presentava tutti i requisiti necessari per soddisfare la domanda avanzata. Infatti, nel corso degli anni e nelle more del procedimento, la donna aveva mantenuto un legame profondo e significativo con tutti e tre i figli, per i quali ella era a tutti gli effetti loro madre al pari di quella biologica.

La domanda, quindi, ha trovato accoglimento in quanto l'adozione, effettuata in accordo e con il pieno consenso della madre biologica e dei figli, consente, da un lato, di formalizzare la relazione che di fatto già esisteva fra la madre intenzionale e la prole sin dalla loro nascita e, dall'altro, di rispondere al fondamentale interesse alla continuità affettiva per i minori coinvolti in tale procedimento.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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