Per applicare le sanzioni a carico dell'aggiudicatario inadempiente non è necessario indicarle nell'avviso di vendita

08 Luglio 2024

Esecuzione immobiliare: l'avviso di vendita deve contenere l'avvertimento agli offerenti per cui, in caso di decorso del termine senza che l'aggiudicatario abbia versato il saldo prezzo, anche per cause a lui non imputabili, questi incorrerà nella sanzione prevista ex art. 177 disp. att. c.p.c.?

Massima

La decadenza dell'aggiudicazione per mancato versamento del saldo prezzo nel termine stabilito, la perdita della cauzione e la condanna dell'aggiudicatario inadempiente al pagamento della differenza tra il prezzo offerto e quello minore per il quale è avvenuta la vendita sono conseguenze che derivano ex lege, indipendentemente dal fatto che le disposizioni che le prevedono siano state riportate nell'avviso di vendita pubblicato ai sensi degli artt. 490 e 570 c.p.c.

Il caso

Il giudice dell'esecuzione, dopo avere accertato che il saldo prezzo non era stato versato nel termine stabilito, dichiarava l'aggiudicatario decaduto e gli irrogava la sanzione prevista dall'art. 177 disp. att. c.p.c.

L'aggiudicatario proponeva opposizione avverso tale provvedimento, sostenendo, da un lato, che l'inadempimento non gli era imputabile (essendo dovuto alla tardiva erogazione del finanziamento richiesto) e, dall'altro lato, che nell'avviso di vendita non erano state menzionate le disposizioni che prevedono le sanzioni applicabili in caso di mancato versamento del saldo prezzo, circostanza che avrebbe comportato la violazione del principio di trasparenza delle vendite esecutive.

L'opposizione veniva respinta dal Tribunale di Forlì, con sentenza impugnata mediante ricorso per cassazione.

La questione

La Corte di cassazione è stata chiamata a valutare se il mancato richiamo nell’avviso di vendita delle norme che stabiliscono le conseguenze derivanti dalla decadenza dall’aggiudicazione esenti l’aggiudicatario inadempiente dalle sanzioni che la legge prevede a suo carico.

Le soluzioni giuridiche

Con l’ordinanza che si annota, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso, affermando che non vi è alcun obbligo di riportare nell’avviso di vendita pubblicato dal professionista delegato le regole della vendita esecutiva che risultano direttamente da norme di legge, ivi comprese quelle che sanciscono la decadenza dall’aggiudicazione e le sanzioni irrogabili in danno dell’aggiudicatario inadempiente.

Osservazioni

L'avviso di vendita è lo strumento con cui viene data pubblicità alla vendita esecutiva, onde raggiungere il più ampio numero possibile di soggetti interessati a presentare offerte d'acquisto e conseguire così la liquidazione del bene pignorato alle condizioni migliori sia per i creditori che per il debitore esecutato (visto che alla più ampia soddisfazione delle ragioni dei primi fa da contraltare la maggiore esdebitazione del secondo).

L'avviso di vendita, unitamente alla perizia di stima e all'ordinanza di vendita, nonché agli ulteriori documenti che possono contribuire a dare precisa contezza delle caratteristiche del bene e delle condizioni dell'acquisto, deve quindi essere pubblicato nel Portale delle Vendite Pubbliche e nei siti internet individuati dal giudice dell'esecuzione, con congruo anticipo rispetto alla data fissata per lo svolgimento dell'esperimento di vendita (a questo proposito, peraltro, va segnalato che l'art. 490 c.p.c. indica il termine per la sola pubblicazione sui siti internet, che deve avvenire almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte, mentre nulla viene specificamente disposto per la pubblicazione sul Portale delle Vendite Pubbliche).

Il contenuto minimo dell'avviso di vendita è prescritto dall'art. 570 c.p.c. (a mente del quale vanno indicati i dati identificativi del bene, il valore dell'immobile, il sito internet sul quale è pubblicata la relazione di stima, il nome e il recapito telefonico del custode giudiziario, l'avvertimento che maggiori informazioni, anche relative alle generalità del debitore, possono essere fornite dalla cancelleria del tribunale a chiunque vi abbia interesse), ma nulla vieta – e, anzi, ciò avviene pressoché sempre – che il giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza di vendita (che, come noto, costituisce lex specialis cui deve attenersi il professionista delegato nell'adempimento dei compiti demandatigli), prescriva ulteriori dati.

In particolare, si tende a prevedere che nell'avviso di vendita siano riportate quelle informazioni che consentono a chi intende presentare un'offerta di conoscere tutti i dati utili per valutare consapevolmente la convenienza o meno dell'acquisto e gli elementi caratterizzanti la vendita esecutiva (non solo sotto il profilo sostanziale, ma anche dal punto di vista procedurale).

L'avviso di vendita, così, a dispetto di quanto stabilisce l'art. 570 c.p.c., viene ad assumere una struttura complessa, sicché è apprezzabile la posizione assunta dalla Corte di cassazione, che esclude la necessità di sovraccaricarlo con l'inserimento di informazioni che, in realtà, non sono altro che il portato delle norme che disciplinano tipicamente la vendita forzata (quali quelle che stabiliscono le conseguenze del mancato versamento del saldo prezzo nel termine previsto).

Diversamente opinando, infatti, si rischierebbe di ottenere l'effetto contrario: riportare il contenuto delle disposizioni (e ve ne sono molte, visto che, oltre a quelle presenti nel codice di procedura civile e nelle relative disposizioni di attuazione, vi sono pure quelle dettate dal codice civile in materia di esecuzione forzata, nonché quelle del d.m. 32/2015 che disciplinano le offerte e le aste telematiche) che hanno attinenza con la vendita esecutiva, significherebbe senz'altro fare perdere di vista gli elementi che debbono senz'altro emergere dall'avviso di vendita, quale atto deputato a informare la platea dei potenziali offerenti, se non altro per il fatto che, se non vi fossero inseriti, questi non potrebbero acquisirli altrimenti.

Ciò, a ben vedere, non è a dirsi per le disposizioni di legge, alcune delle quali, peraltro, sono spesso indicate, se non addirittura, riportate nell'ordinanza emessa dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 569 c.p.c., che pure dev'essere pubblicata al pari dell'avviso di vendita ed è quindi consultabile da chi intende presentare un'offerta d'acquisto.

Non pare affatto peregrino, del resto, il richiamo operato dalla Corte di cassazione al principio secondo cui ignorantia legis non excusat: essendo il sistema delle vendite esecutive caratterizzato da un certo grado di tecnicità, è ovvio che chi vi si approccia lo deve fare con cognizione di causa, se del caso avvalendosi dell'ausilio o del supporto di chi ne conosce già le regole.

D'altra parte, non è ipotizzabile che chi le viola possa sottrarsi alle conseguenze che ne discendono semplicemente adducendo di non averne rinvenuto cenno nell'avviso di vendita, poiché non si tratterebbe certo di ignoranza incolpevole, visto che sono agevolmente e facilmente reperibili nei testi di legge accessibili a chiunque; né il loro mancato esplicito richiamo può essere inteso quale volontà di escluderne l'applicazione, dal momento che è semmai ogni eventuale deroga – beninteso, in quanto sia consentita – a dovere trovare chiara ed espressa menzione negli atti del processo esecutivo oggetto di pubblicazione.

In modo del tutto condivisibile, dunque, la Corte di cassazione ha reputato infondata la doglianza dell'aggiudicatario decaduto perché non aveva tempestivamente provveduto a saldare il prezzo di aggiudicazione.

A questo proposito, va rammentato che, per effetto delle modifiche introdotte dal d.lgs. 149/2022, l'aggiudicatario, nel medesimo termine entro cui deve saldare il prezzo, è tenuto a rendere la cosiddetta dichiarazione antiriciclaggio, volta a fornire le informazioni prescritte dall'art. 22 d.lgs. 231/2007: solo una volta che entrambi gli adempimenti siano stati regolarmente evasi, il giudice dell'esecuzione può emettere il decreto di trasferimento, come stabilisce il riformato art. 586 c.p.c.

Peraltro, se, come reso evidente da quanto avvenuto nella fattispecie esaminata dai giudici di legittimità, le conseguenze del mancato tempestivo versamento del saldo prezzo sono chiaramente delineate dalla legge (decadenza dall'aggiudicazione, perdita della cauzione versata a corredo dell'offerta e condanna dell'aggiudicatario decaduto al pagamento della differenza tra il prezzo offerto e quello minore conseguito all'esito degli esperimenti di vendita successivi all'intervenuta decadenza), non altrettanto è a dirsi quando non sia stata resa la dichiarazione antiriciclaggio (essendo difficile sostenere che le sanzioni stabilite per il mancato versamento del saldo prezzo possano applicarsi anche in questo caso, data la loro natura afflittiva e il conseguente carattere eccezionale), visto che il legislatore della riforma nulla ha previsto al riguardo.

Va precisato, altresì che, mentre la perdita della cauzione versata dall'aggiudicatario inadempiente, venendo definitivamente acquisita alla procedura esecutiva, si traduce in un incremento della massa attiva che formerà oggetto di distribuzione tra i creditori dell'esecutato, la condanna comminata ai sensi dell'art. 177 disp. att. c.p.c. viene piuttosto a configurare un credito che verrà attribuito, in sede di riparto, a chi risulterà averne diritto, il quale, avvalendosi del decreto pronunciato dal giudice dell'esecuzione (che costituisce titolo esecutivo), potrà agire nei confronti dell'aggiudicatario decaduto per ottenere il pagamento del relativo importo (non competendo ciò agli ausiliari del processo esecutivo, ovvero al custode giudiziario o al professionista delegato).

Infine, è altrettanto condivisibile l'affermazione – contenuta sempre nell'ordinanza annotata – secondo cui la decadenza dall'aggiudicazione è conseguenza automatica dell'inadempimento ascrivibile all'aggiudicatario che non versi il saldo prezzo, indipendentemente dalla presenza o meno di profili di colpa.

Il termine (che non può essere superiore a centoventi giorni, giusta quanto disposto dall'art. 569, comma 3, c.p.c.) all'uopo fissato dal giudice dell'esecuzione è perentorio e non prorogabile (Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 2019, n. 32136), oltre a non essere assoggettato a sospensione feriale (come recentemente affermato da Cass. civ., sez. III, 8 giugno 2022, n. 18421): ciò in considerazione della necessaria immutabilità delle iniziali condizioni del subprocedimento di vendita, funzionale ad assicurare lungo tutto il suo corso l'uguaglianza e la parità dei partecipanti alla gara.

Pertanto, l'offerente che – come avvenuto nel caso esaminato dai giudici di legittimità – intenda finanziare l'acquisto mediante l'accensione di un mutuo garantito da ipoteca di primo grado da iscrivere sull'immobile oggetto di aggiudicazione contestualmente alla trascrizione del decreto di trasferimento (ai sensi dell'art. 585, comma 3, c.p.c.), è tenuto ad avanzare per tempo, finanche prima dell'eventuale aggiudicazione in suo favore, la richiesta di concessione del finanziamento, ricadendo su di lui il rischio che, non attivandosi tempestivamente, si verifichino situazioni tali da impedire il rispetto del termine fissato per il versamento del saldo prezzo.

In altre parole, l'offerente che attende l'aggiudicazione per avviare la pratica volta alla concessione del finanziamento (che sconta necessariamente le incertezze derivanti dal possesso o meno di un sufficiente merito creditizio o dalle condizioni oggettive del bene), lo fa a proprio rischio e pericolo, in considerazione del fatto che l'impossibilità per il debitore di un'obbligazione pecuniaria di adempiere il debito alla scadenza, sia che derivi da un fatto riconducibile alla propria sfera giuridica e personale sia che risulti riconducibile al fatto di un terzo, non costituisce un'esimente, in virtù del principio per cui genus numquam perit (art. 1218 c.c.).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.