Non basta l’atteggiamento non collaborativo a giustificare la nomina dell’amministratore di sostegno

10 Luglio 2024

La Cassazione nel caso in esame si confronta sui requisiti necessari affinché si possa nominare un amministratore di sostegno. Si chiede in particolare se un atteggiamento non collaborativo, nelle indagini istruttorie, da parte del possibile “beneficiario” che si sottrae alle visite mediche, possa essere elemento sufficiente per giustificarne la nomina.

Cass. civ., sez. I, ord., 11 luglio 2022, n. 21887 ;Cass. civ., sez. I, ord., 31 marzo 2022, n.10483

Massima

Ai fini della nomina dell’amministratore di sostegno, la condotta non collaborativa del soggetto beneficiario della misura non può, di per sé, costituire un indizio significativo della menomazione della salute, fisica o psichica, in mancanza di accertamenti clinici certi ed univoci. L’ambito dei poteri da conferire all’amministratore di sostegno deve rispondere alle specifiche finalità di tutela del soggetto amministrato e non può prescindere da risultanze espressive di un chiaro e significativo stato di menomazione o difficoltà della persona che s'ipotizza bisognevole di tutela.

Il caso

La vicenda prende origine dalla richiesta di nomina dell’amministratore di sostegno presentata dai familiari di una donna ritenuta affetta da un grave stato di alterazione psicofisica, evidenziato da osmofobia, deliri persecutori e prodigalità.

Il giudice tutelare accoglieva l’istanza e nominava un amministratore di sostegno precisandone i poteri conferiti. Il giudice in particolare rilevava che secondo la relazione dei Servizi sociali la donna, pur proprietaria di immobili, viveva sola in un appartamento in affitto, era stata in cura presso un centro di salute mentale, aveva tenuto comportamenti rischiosi anche per la sua salute, come trascorrere la notte in strada, e non aveva dimostrato di saper gestire le risorse economiche personali. Aveva inoltre rifiutato la visita del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU).

La donna proponeva ricorso alla Corte d’Appello. I giudici territoriali peraltro rigettavano la richiesta rilevando che il rifiuto di sottoporsi alla visita del CTU poteva essere considerato argomento di prova, sintomo dell’incapacità di percepire l’importanza degli atti istruttori ai quali la stessa reclamante era stata chiamata doverosamente a collaborare nel suo esclusivo interesse. La Corte concludeva pertanto che tutti gli elementi di giudizio acquisiti inducevano a ritenere che la signora fosse affetta da patologie psichiatriche influenti sulla capacità decisionale. Nominava pertanto un amministratore di sostegno, terzo estraneo alla famiglia, alla luce delle tensioni esistenti tra familiari.

La questione

La Cassazione nel caso in esame si confronta sui requisiti necessari affinché si possa nominare un amministratore di sostegno. Si chiede in particolare se un atteggiamento non collaborativo, nelle indagini istruttorie, da parte del possibile “beneficiario” che si sottrae alle visite mediche, possa essere elemento sufficiente per giustificarne la nomina.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione con l'ordinanza in esame accoglie il ricorso. I giudici di legittimità si soffermano innanzitutto sulle caratteristiche dell'istituto dell'amministrazione di sostegno precisando come, affinché si proceda alla nomina, è necessario che il beneficiario versi in condizione attuale, d'incapacità, o almeno di seria difficoltà. Quando infatti il soggetto, sottolinea la Corte, pur non essendo in uno stato d'incapacità d'intendere o di volere, sia privo, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi “infermità” o “menomazione fisica”, anche parziale o temporanea e non necessariamente mentale, che lo ponga nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi o nella condizione di gravemente lederli il giudice è tenuto, a nominare un amministratore di sostegno (Cass. 12998/2019).

Diverso invece è il caso, precisa la Cassazione, in cui il soggetto conduca una vita caratterizzata da condotte anomale, come nella specie, ma si trovi nella piena capacità psico-fisica. In tale ipotesi manca la legittimazione a richiedere l'amministrazione di sostegno.

In questo contesto l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge, come affermato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità (art. 12), deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario, sia rispetto all'incidenza delle stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali.

Va inoltre in particolare verificato in concreto, aggiunge la giurisprudenza in materia, se le esigenze del soggetto possano essere tutelate anche con strumenti diversi dall'istituto dell'amministrazione di sostegno (Cass.  21877/2022, A. Lestini, Amministrazione di sostegno, sistema di deleghe e rete familiare, in Ratio Iuris , 2022).  Quando in particolare la disabilità è esclusivamente fisica deve essere opportunamente considerato il ricorso a possibili strumenti alternativi, proposti dallo stesso soggetto beneficiario. Parimenti va rilevato come l'opposizione dell'eventuale beneficiario all'istituto, ove provenga da persona lucida, va adeguatamente ascoltata, onde privilegiare, tra l'altro, il rispetto dell'autodeterminazione dell'interessato (Cass.  10483/22, Cass. 1667/2023; A. Lestini, L'audizione del beneficiario di ADS come adempimento essenziale, strumento prezioso e imprescindibile, in IUS Famiglie).

Nella specie, si sottolinea, il giudice di merito non ha statuito riguardo al fatto che la ricorrente fosse persona priva, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi “infermità” o “menomazione fisica”, tale da essere nell'impossibilità di provvedere ai propri interessi, ma ha valorizzato unicamente alcune forme di disagio che di per sé, non hanno una sufficiente valenza in ordine ai presupposti dell'amministrazione di sostegno. Non vi sono inoltre, specificano i giudici di legittimità, elementi tali da giustificare l'ampiezza dei poteri conferiti all'amministratore, comprensivi persino della possibilità di riscuotere la pensione della medesima beneficiaria della misura.

La condotta non collaborativa della signora, costituita dal rifiuto di sottoporsi alla Ctu, costituisce, afferma la Cassazione, comportamento valutabile ai sensi dell'articolo 116 c.p.c.   Tali elementi peraltro non portano necessariamente alla conclusione della sussistenza di una grave situazione di salute che possa richiedere l'applicazione dell'istituto in oggetto.

La richiesta di nomina nel caso in esame, precisa conseguentemente la Corte, è stata il frutto di un'opzione previsionale calibrata sull'ipotesi di una condotta futura della ricorrente, non sorretta da chiari ed univoci accertamenti clinici e diagnostici.

Per tali motivi la Cassazione accoglie il ricorso precisando come la nomina dell'amministratore di sostegno dipenda da accertamenti clinici certi e univoci in relazione alla menomazione della salute fisica o psichica del soggetto. Si rileva altresì come l'ambito dei poteri da conferire all'amministratore di sostegno deve rispondere alle specifiche finalità di tutela del soggetto amministrato e non può prescindere da risultanze espressive di un chiaro e significativo stato di menomazione o difficoltà della persona che s'ipotizza bisognevole di tutela.

Osservazioni

L'ordinanza in esame precisa quali sono i confini dell'istituto dell'amministrazione di sostegno. Non tutti i casi di fragilità hanno infatti i requisiti necessari per la nomina. La legge richiede in particolare che la persona si trovi, per effetto di un'infermità o di una menomazione fisica o psichica, nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi. È escluso, pertanto, il ricorso all'istituto nei confronti di chi si trovi nella piena capacità di autodeterminarsi, pur in condizioni di menomazione fisica, in funzione di asserite esigenze di gestione patrimoniale (Cass. 32542/2022).

È questo spesso il caso degli anziani, a volte molto avanti con l'età o affetti da patologie, ma in grado di gestire i propri interessi, circondati peraltro da familiari preoccupati per la loro salute o per le loro finanze.

Si sottolinea d'altro canto che l'età da sola, seppur avanzata, non è sufficiente a giustificare il ricorso all'istituto in oggetto.A fronte, infatti, di provvedimenti che hanno nominato l'amministratore di sostegno a persone anziane, senza particolari patologie, vi sono altri provvedimenti con i quali l'organo giudicante ha ritenuto di rigettare l'istanza pur in presenza di soggetti avanti con gli anni. Si sostiene in proposito che, quando la persona è perfettamente in grado di badare a stessa e non ha particolari problemi di salute o deficienze intellettive, non si dà luogo alla nomina. Principio informatore della legge è infatti quello secondo cui il provvedimento deve comportare la “minor limitazione possibile della capacità d'agire” (Trib. Modena 21 dicembre 2005 nella specie l'uomo aveva superato i novant'anni; Trib. Catania Decreto 26.02.2009, il soggetto aveva 85 anni). D'altro canto, va altresì rilevato, come precisato dalla giurisprudenza, che l'amministrazione di sostegno non può essere un rimedio alternativo per la risoluzione di conflitti endofamiliari di natura patrimoniale, che possono essere risolti agendo secondo le specifiche azioni di tutela della proprietà (Cass. 21887/2022).

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