Il regime di rilievo, nel giudizio di rinvio, della natura abusiva di una clausola in attesa della CGUE

16 Luglio 2024

La Cassazione torna sui complessi rapporti tra tutela del consumatore, decadenze delle parti, poteri del giudice e principio di effettività. Consapevole del contrasto tra i principi enunciati dalla Corte di Giustizia UE e quelli dell’ordinamento interno, la Corte solleva una questione interpretativa relativa ai rapporti tra tutela del consumatore e giudicato implicito, chiedendo alla CGUE di chiarire se al giudice del rinvio sia precluso il rilievo d’ufficio della nullità (inefficacia) del contratto (o di una sua clausola), a protezione del consumatore, laddove nel giudizio di merito non sia stata sollevata la questione relativa alla validità della clausola, ma si sia formato giudicato implicito sulla validità della clausola, che era stata ridotta perché manifestamente eccessiva.

Massima

Va sottoposto alla CGUE il seguente quesito ai sensi dell'art. 267 TFUE: se l'art. 6, paragrafo 1, e l'art. 7, paragrafo 1, della Direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, e l'art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea debbano essere interpretati:

(a) nel senso che ostino all'applicazione dei principi del procedimento giurisdizionale nazionale, in forza dei quali le questioni pregiudiziali, anche in ordine alla nullità del contratto, che non siano state dedotte o rilevate in sede di legittimità, e che siano logicamente incompatibili con la natura del dispositivo cassatorio, non possono essere esaminate nel procedimento di rinvio, né nel corso del controllo di legittimità a cui le parti sottopongono la sentenza del giudice di rinvio;

(b) anche alla luce della considerazione circa la completa passività imputabile ai consumatori, qualora non abbiano mai contestato la nullità/inefficacia delle clausole abusive, se non con il ricorso per cassazione all'esito del giudizio di rinvio;

(c) e ciò con particolare riferimento alla rilevazione della natura abusiva di una clausola penale manifestamente eccessiva, di cui sia stata disposta, in sede di legittimità, la riduzione secondo criteri adeguati (quantum), anche in ragione del mancato rilievo della natura abusiva della clausola a cura dei consumatori (an), se non all'esito della pronuncia adottata in sede di rinvio.

Il caso

In forza di clausola compromissoria contenuta nel contratto preliminare di vendita immobiliare stipulato tra una società, promittente venditrice, e alcuni consumatori, promittenti acquirenti, veniva promosso giudizio arbitrale.

Il Collegio Arbitrale dichiarava la risoluzione del preliminare di vendita per inadempimento dei promissari acquirenti e condannando quest'ultimi alla restituzione dell'immobile e la società promittente venditrice alla restituzione delle somme ricevute in acconto per euro 72.869,16.

La Corte di Appello di Ancona - a seguito dell'impugnazione proposta dai promittenti acquirenti - dichiarava la nullità del lodo in quanto pronunciato oltre il termine consentito e dichiarava la risoluzione del preliminare per inadempimento dei promissari acquirenti, condannati alla restituzione dell'immobile. La Corte di Appello, inoltre, riduceva la penale, che veniva liquidata in un importo corrispondente ai soli interessi maturati sugli acconti, e condannava il promittente venditore alla restituzione degli acconti versati senza interessi.

La Cassazione, su ricorso della promittente venditrice, annullava la pronuncia della Corte di appello nella parte in cui era stata ridotta la penale.

Nel giudizio di rinvio, la Corte di Appello di Bologna condannava i promittenti acquirenti al pagamento, a titolo di penale della somma di euro 61.600,00.

I promittenti acquirenti proponevano ricorso per Cassazione articolato sulla base di tre motivi.

La questione

Nel primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentavano che la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare d'ufficio la nullità della clausola penale, che imponeva a titolo di risarcimento il pagamento di una somma manifestamente eccessiva e, pertanto, vessatoria ai sensi dell'art. 33, comma 1, lett. f), e 36, commi 1 e 3, d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206.

Col secondo motivo, invece, deducevano la violazione dell'art. 1384 c.c. in ordine alla riduzione della penale manifestamente eccessiva, in quanto sarebbe stato indebitamente ricostruito l'interesse del creditore, non già come finalizzato alla mera compravendita dell'immobile, bensì anche ad un diverso utilizzo, con “messa a frutto” dello stesso bene.

Con il terzo motivo, veniva dedotta la violazione degli artt. 132, II comma, n. 4 c.p.c. e 111, VI comma, Cost., per avere la Corte distrettuale adottato una motivazione anomala per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte con l'ordinanza in commento ha disposto la sospensione del processo e la rimessione alla Corte di Giustizia UE della questione pregiudiziale d'interpretazione degli artt. 6 e 7 della Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, e dell'art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea.

La Cassazione ha chiesto alla CGUE di chiarire se al giudice del rinvio (e segnatamente al giudice di legittimità all'esito del rinvio già disposto) sia precluso il rilievo d'ufficio della nullità (inefficacia) del contratto (o di una sua clausola), a protezione del consumatore, laddove nel giudizio di merito non sia stata eccepita la nullità della clausola e, a seguito della cassazione con rinvio, si sia formato giudicato implicito sulla validità della clausola e il giudice del rinvio sia chiamato soltanto a rideterminare il suo ammontare.

La Corte di Cassazione ricorda che il giudizio di rinvio è un procedimento chiuso, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata; nel giudizio di rinvio non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, onde neppure le questioni rilevabili d'ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema possono essere dedotte o comunque esaminate, giacché, diversamente, si finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di Cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità (Cass. civ, sez. II, 10agosto 2023, n. 24357; Cass. civ., sez. I, 31 maggio 2017, n. 13759; Cass. civ., sez. lav., 19 febbraio 2015, n. 3320; Cass. civ., sez. VI-V, 4 aprile 2011, n. 7656; Cass. civ., sez. lav., 10 giugno 2003, n. 9278; Cass. civ., sez. lav., 10 luglio 2002, n. 10046). La Corte sottolinea, inoltre, che nella fattispecie esaminata si era formato giudicato implicito interno sulla clausola penale atteso che la disposizione della riduzione della clausola penale manifestamente eccessiva postulava implicitamente la sua validità/efficacia.

La Cassazione, dopo aver richiamato le quattro sentenze gemelle della CGUE sulla questione della compatibilità dei principi posti dagli artt. 6 e 7 della Direttiva 93/13/CEE e dell'art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea con le norme processuali interne degli Stati membri, chiarisce che le sentenze interpretative del diritto dell'Unione europea rese dalla CGUE hanno effetto di ius superveniens e i principi esposti dalla CGUE sono dunque immediatamente applicabili nell'ordinamento nazionale. Sicché, in tema di giudizio di rinvio, rientrano nell'ambito dello ius superveniens, che travalica il principio di diritto enunciato nella sentenza di annullamento, anche i mutamenti normativi prodotti dalle sentenze della CGUE, che hanno efficacia immediata nell'ordinamento nazionale, con l'unico limite dei rapporti esauriti (per tutte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14624 del 25/05/2023).

Al contempo, la S.C. segnala che le sentenze interpretative CGUE con effetto di ius superveniens devono essere contemperate con il principio di stabilità-intangibilità delle pronunce del giudice di ultima istanza che dovrebbe impedire di rilevare in sede di rinvio la nullità/inefficacia della clausola abusiva a salvaguardia dell'unità dell'interpretazione giurisprudenziale rimessa alla Corte di legittimità, quale garante dell'uniforme interpretazione delle norme giuridiche e dell'unità del diritto oggettivo (ex art. 65, primo comma, dell'ordinamento giudiziario al r.d. n. 12/1941).

Osservazioni

L'ordinanza in commento riaccende i riflettori, dopo la pronuncia delle S.U. sul procedimento monitorio per D.I. a seguito delle quattro sentenze gemelle del 17 maggio 2022 della CGUE, su tematiche complesse e rilevanti quali, in particolare, quella della tenuta del giudicato civile "domestico" al cospetto del diritto eurounitario, tenuta che non sarebbe più — a dir di molti — perfettamente stagna e, in generale, quella dei rapporti tra il diritto interno e la disciplina dell'Unione, specie in relazione alla effettività della tutela consumeristica.

In particolare, la rimessione disposta con l'ordinanza in commento dovrebbe chiarire se il giudicato implicito interno, formatosi a seguito di rinvio della Corte di Cassazione, su una clausola penale manifestamente eccessiva, possa essere superato dal giudice del rinvio per assicurare la tutela consumeristica ex artt. 6 e 7 della Direttiva 93/13/CEE e art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea.

Tali norme impegnano gli Stati membri a prevedere che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un professionista ed un consumatore non vincolano quest'ultimo, alle condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali, restando valido ed efficace il solo contratto, ove possa sussistere senza le clausole abusive.

La tutela del consumatore, che nasce dalla posizione di inferiorità sia di potere negoziale sia informativa, va però contemperata con il principio di stabilità-intangibilità delle sentenze di legittimità. Ed infatti, nel nostro ordinamento il giudice di merito deve attenersi, in sede di rinvio, al principio di diritto affermato nella sentenza resa nella fase rescindente che, come nel caso di specie, può contenere una statuizione che presuppone la formazione di giudicato implicito sulla validità della clausola manifestamente abusiva.

Al riguardo la CGUE riconosce che in linea di principio la res iudicata rappresenta un valore imprescindibile dell'ordinamento unitario. Si legge in Corte giust. UE 17 maggio 2022, Ibercaja Banco che «occorre ricordare l'importanza che il principio dell'autorità di cosa giudicata riveste sia nell'ordinamento giuridico dell'Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali. La Corte ha, infatti, già avuto occasione di precisare che, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici sia una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l'esaurimento delle vie di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per tali ricorsi non possano più essere rimesse in discussione» (così v. anche, ex multis, Corte giust. UE, 2 aprile 2020, cause C-370/17 e Corte Giust. UE, 2 aprile 2020 C-37/18, CRPNPAC contro Vueling Airlines, EU:C:2020:260, punto 88; Corte giust. 17 ottobre 2018, causa C-167/17, Klohm, EU:C:2018:833, punto 63). Per altro verso, la Corte di giustizia ha statuito che, se al diritto processuale degli Stati membri spetta la definizione delle modalità di azione dei diritti dei consumatori, tali modalità non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano la tutela di posizioni di diritto sostanziale aventi fonte nel diritto nazionale (principio di equivalenza) né rendere impossibile o difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione (principio di effettività).

Dall'applicazione del principio di effettività, deriva che ogni caso in cui sorge la questione se una norma di procedura nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l'applicazione del diritto dell'Unione va esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell'insieme del procedimento, del suo svolgimento e delle sue peculiarità, nonché dei principi alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (Corte Giust. UE, 22 aprile 2021, C‑485/19, Profi Credit Slovakia, EU:C:2021:313, punto 53).

La CGUE ha pure affermato che il controllo giudiziale dell'eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali - in un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista - è conforme al principio di effettività alla luce della Dir. 93/13 se, da un lato, il consumatore è informato dell'esistenza di tale controllo e delle conseguenze che la suapassività comporta in materia di decadenza (dal diritto di far valere l'eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali), e, dall'altro, la (motivazione della) decisione adottata a seguito di detto controllo consente di individuare le clausole esaminate in tale occasione e le ragioni, anche sommarie, per le quali il giudice ha escluso il carattere abusivo. Solo una decisione giudiziaria che risponda ai requisiti in parola può, dunque, impedire un nuovo controllo dell'eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali nell'ambito di un procedimento successivo (CGUE 29 febbraio 2024 causa C‑724/22, Investcapital Ltd, punto 52).

Al contempo però, la Corte ha ritenuto che il rispetto del principio di effettività non può supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato (Corte Giust. UE, 1  ottobre 2015, C‑32/14, ERSTE Bank Hungary, EU:C:2015:637, punto 62).

Attiguamente a questo filo argomentativo, poi, nell'ordinanza in commento si muove il discorso sulla possibilità che il diritto euro-unitario costituisca fonte di ius superveniens, allorché il giudizio di merito si sia chiuso con una precedente pronuncia della Cassazione relativamente alle questioni non oggetto di dispositivo cassatorio, pur avendo avuto, in quella sede, la Corte di legittimità il potere di rilevare d'ufficio tali questioni (e, anzi, avendo annullato la pronuncia impugnata solo in ordine alla carenza di adeguate argomentazioni atte a pervenire alla riduzione, nella misura indicata, dalla clausola penale manifestamente eccessiva, ai sensi dell'art. 1384 c.c.).

In questo stato di cose, sussiste la fondata possibilità che la decisione della CGUE, a seguito dell'esame della questione rimessa con l'ordinanza in commento, comporti un indebolimento del principio di stabilità-intangibilità delle pronunce del giudice di ultima istanza affinché possa essere assicurata l'effettiva tutela del consumatore in applicazione delle norme comunitarie.

Riferimenti

AA. VV., La tutela del consumatore esecutato in prospettiva europea, Atti del convegno (Foggia 28 settembre 2022), a cura di Daniela Longo, Cacucci Editore, Bari, 2023, 10;

E. D’ALESSANDRO, Il decreto ingiuntivo non opposto, emesso nei confronti del consumatore dopo Corte di giustizia, grande sezione, 17 maggio 2022 (cause riunite C-693/19 e C-831/19, causa C-725/19, causa C-600/19 e causa C- 869/19): in attesa delle Sezioni Unite, in www.judicium.it

P. FARINA, Le sezioni unite rispondono alla Corte di giustizia creando un nuovo istituto. L’opposizione ultra-tardiva a decreto ingiuntivo e l’effettività della tutela consumeristica, in Foro it., 2023, V, p. 1474.

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