Il reclamo avverso l’ordinanza di rigetto nella reintegrazione del possesso

Lorenzo Balestra
24 Luglio 2024

Avverso l’ordinanza di rigetto di reintegra nel possesso con condanna alle spese si deve procedere con il reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. oppure con appello innanzi alla Corte di appello competente?

Per rispondere al quesito è bene analizzare le disposizioni normative che si riferiscono alla fattispecie.

In primo luogo, viene in rilievo il disposto dell'art. 1168 c.c. il quale, al primo comma, dispone che: «Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro l'anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l'autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo.»

Il codice di rito, poi, dispone la corretta procedura da applicare: nella specie l'art. 703 c.p.c. prevede che la domanda si proponga con ricorso al giudice competente e che questi provveda ai sensi degli artt. 669 bis e ss. c.p.c. in quanto compatibili (si tratta delle norme comuni per i procedimenti cautelari previsti dalla l. n. 353/1990, e successive modifiche e integrazioni).

Il richiamo alla normativa generale in materia di procedimenti cautelari si giustifica per il fatto che il giudizio possessorio, proprio riferendosi unicamente alla situazione di fatto del possesso, prescinde da qualsiasi diritto o ragione in base al quale si eserciti e, pertanto, la relativa domanda ha natura latamente cautelare, avente il solo fine di stabilire la situazione possessoria di fatto. Tuttavia, anche se avente natura latamente cautelare, il legislatore fa salva la compatibilità del giudizio possessorio, che presenta sue caratteristiche peculiari, con le norme generali in materia di procedimento cautelare.

Proseguendo nell'analisi delle norme, si può vedere come l'art. 703 c.p.c., stabilisca inoltre, al terzo comma, che «L'ordinanza che accoglie o respinge la domanda è reclamabile ai sensi dell'art. 669 terdecies». Prosegue, poi, indicando la procedura per l'eventuale fase di merito.

Attualmente, quindi, il procedimento ha una natura c.d. bifasica, chiaramente individuata anche dalla giurisprudenza: «… i giudizi possessori sono caratterizzati da una "bifasicità" ormai soltanto eventuale, nel senso che, una volta conclusasi la fase sommaria (il cui rito, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 703 comma 2 c.p.c., è improntato al modulo processuale cautelare), con l'accoglimento o con la reiezione della domanda di emissione del provvedimento interdettale, la fissazione di un termine per la prosecuzione del giudizio nel merito può far seguito all'ordinanza anzidetta o alla decisione sul conseguente reclamo, soltanto nel caso in cui almeno una delle parti ne abbia fatto richiesta, entro il termine di cui al comma 4 dell'articolo citato. Ove tale termine non sia richiesto, il procedimento si conclude con l'ordinanza di cui all'art. 703, comma 3 c.p.c., oppure, ove sia stato proposto un reclamo, con quella di cui all'art. 669 terdecies c.p.c., provvedimenti, l'uno e l'altro non soggetti ad appello, per la natura cautelare o comunque interinale che li contraddistingue, in quanto destinati ad essere assorbiti dalla decisione di merito del giudizio che le parti hanno facoltà di instaurare» (Cass. civ., sez. un., 20 novembre 2013, n. 26037).

Proseguono, poi, le sezioni unite, osservando che : «Da quanto sopra consegue che, a differenza di quanto si verificava nel regime anteriore alla citata "novella", nel quale la "bifasicità" del giudizio possessorio era necessaria, essendo allora il giudice della fase sommaria tenuto, a conclusione della stessa, a fissare comunque una successiva udienza per la prosecuzione della causa nel merito (con la conseguenza che, in caso di omissione e contemporaneo regolamento delle spese processuali, dovendo ritenersi le due fasi unificateci provvedimento decisorio, era da considerarsi una sentenza definitiva di merito: v, tra le altre, Cass. civ., sez. II, 19 giugno 2007, n. 14281), risultano oggi del tutto irrilevanti, essendo coerenti al sistema processuale come in precedenza delineato sia la circostanza che il giudice non abbia fissato ex officio un termine per la riassunzione del giudizio di merito, sia quella che abbia regolato le spese della fase innanzi al medesimo conclusasi. Quest'ultima statuizione, in particolare prescritta dall'art. 669 septies c.p.c., deve ritenersi compatibile con la "bifasicità" solo eventuale del giudizio possessorio, proprio in considerazione della possibilità che il giudizio di merito non sia richiesto da alcuna delle parti, ipotesi nella quale le spese dell'esaurita fase sommaria resterebbero prive di regolamento. Le suesposte considerazioni comportano che, anche nell'ipotesi in cui il diniego di reintegra o manutenzione nel possesso sia motivato dal ravvisato difetto di giurisdizione, nondimeno, il negativo provvedimento, avendo chiuso soltanto la fase sommaria diretta all'emissione (o alla negazione) del provvedimento interdittale, non si sottrae alla reclamabilità ex art. 703, comma 3 c.p.c. in relazione all'art. 669 terdecies c.p.c., considerato che tale è l'unico rimedio che l'ordinamento accorda, senza alcuna distinzione, avverso "l'ordinanza che accoglie o respinge la domanda che alla seconda ipotesi andava ricondotto il provvedimento, sostanzialmente reiettivo, motivato dal difetto di giurisdizione (rectius: inammissibilità della domanda possessoria, implicante la richiesta di condanna ad un facere della P.A, con riferimento ad attività ritenute non meramente materiali, ma ricollegabili all'esercizio di poteri autoritativi, come da costante giurisprudenza di questa Corte, da ultimo ribadita da queste Sezioni Unite con sent. n. 10825 del 21.6.2012), che il primo giudice aveva ravvisato. Correntemente a tale decisione, dunque, nessun termine tale giudice avrebbe dovuto accordare per la prosecuzione del processo davanti al giudice amministrativo, non essendo ipotizzabile alcuna continuità tra un'azione possessoria, neppure approdata alla fase di merito e radicalmente esclusa nei confronti della P.A., in quanto ritenuta operante nell'esercizio di poteri istituzionali, ed un eventuale giudizio analogo da svolgersi innanzi al G.A. Consegue, pertanto, l'inconferenza dell'argomento, che la ricorrente lamenta non considerato dalla corte di merito, secondo cui, la mancata fissazione di un termine al riguardo avrebbe evidenziato la natura di sentenza del provvedimento, considerato che l'unico sviluppo della vicenda avrebbe potuto essere quelle del reclamo previsto dall'art. 669 terdecies c.p.c., sede nella quale ben avrebbe potuto essere riesaminata, in funzione della negata tutela interdettale la questione di ammissibilità dell'azione possessoria per motivi di giurisdizione»

Dato l'impianto normativo sopra indicato sembra potersi affermare che il legislatore, nel richiamare le norme in materia di procedimenti cautelari, ha previsto un vaglio di compatibilità che, però, ha positivamente risolto per quanto riguarda il reclamo dell'ordinanza che accoglie o respinge il ricorso, tanto che si dovrà ritenere che la strada da percorrere contro l'ordinanza che rigetta la domanda di reintegrazione nel possesso sia il reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c., anche qualora contenga la condanna alle spese.

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