Liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale: criteri tabellari romani e milanesi e valutazione delle circostanze del caso concreto

31 Luglio 2024

L’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale ha portato all’elaborazione di particolari figure di danno non patrimoniale, come il danno da perdita del rapporto parentale. Se sul piano dell’an debeatur si è giunti ad alcuni punti fermi, in tema di liquidazione, invece, l’attuale scenario presenta la coesistenza di due tabelle giudiziali: quella predisposta dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Milano e quella elaborata dal Tribunale di Roma.

Stante alcune similarità, le due tabelle appaiono valutare in maniera differente, nella fase di quantificazione del pregiudizio, le peculiarità dello specifico rapporto parentale perduto.

Il danno da perdita del rapporto parentale: inquadramento generale

Tra le varie tipologie di danno non patrimoniale, rientrano i c.dd. “danni parentali”, ossia le lesioni di quel bene giuridico fondamentale ed inviolabile dato dall'integrità dei rapporti famigliari, tutelato da fonti sovranazionali (art. 8 della CEDU, art. 7 e 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE) nonché dalla Costituzione (artt. 2, 29 e 30 Cost.).

Nell'ambito dei danni parentali, l'evoluzione giurisprudenziale e dottrinale ha portato a delineare due particolari fattispecie, le quali presentano fra loro ontologiche differenze che si riverberano sulla valutazione e sulla quantificazione del danno. In particolare, queste sono:

  1. Il danno da perdita del rapporto parentale, ossia il danno per la morte del congiunto.
  2. Il danno da (grave) lesione del rapporto parentale, ossia il danno per la macrolesione del congiunto.

Stante l'attuale stato dell'arte il primo di questi danni, oggetto del presente approfondimento, è definibile come un danno non patrimoniale risarcibile iure proprio ai congiunti superstiti del de cuius quando la morte di questi sia stata cagionata di un illecito del terzo (si pensi alle vittime di reato, ma altresì alle vittime di sinistri stradali, di malpractice medica, etc.).

Il pregiudizio, alla luce del revirement della giurisprudenza di legittimità che è tornata a distinguere il danno alla persona in due diverse componenti (Cass. Civ., sez. III, 27 marzo 2018, n. 7513) – con fondamentali conseguenze sulle modalità di quantificazione del danno – è risarcibile sotto un duplice profilo (Cass. Civ. sez. III, 18 aprile 2023, n. 10335):

  1. la componente morale, data dalla sofferenza soggettiva interiore e dal turbamento d'animo scaturenti dal lutto, patita sia nell'immediatezza del fatto lesivo che anche in modo più duraturo;
  2. la componente dinamico-relazionale, data dall'alterazione della propria sfera relazionale conseguente al detrimento della propria vita famigliare, alla perdita di un affetto, al peggioramento delle condizioni di vita.

Tutti i parenti della vittima sono legittimati attivi per la richiesta risarcitoria, ma, in base al grado di parentela, vi sono alcuni riflessi sui profili probatori.

Fermo restando che l'onere della prova incombe sul danneggiato, il danno in esame è spesso definito “presuntivo” (ma non in re ipsa, v. Cass. Civ., sez. III, 30 agosto 2022 n. 25541), in quanto non è – a differenza del danno derivante dalla lesione dell'integrità psicofisica – accertabile con metodi scientifici, cosicché si deve ricorrere ad una presunzione iuris tantum ex art. 2727 c.c. di esistenza del pregiudizio, almeno in riferimento ai parenti più prossimi. La giurisprudenza più recente (Cass. civ., sez. III, 4 marzo 2024, n. 5769), sul punto, sembrerebbe distinguere, tuttavia, in base alla tipologia del legame parentale e alle componenti dapprima richiamate:

  1. la componente morale è sempre presunta, non solo per i membri della famiglia nucleare data da coniuge e figli, ma anche per gli altri famigliari (come i genitori o i fratelli).
  2. La componente dinamico-relazionale, invece, mentre non richiede un mero onere di allegazione per la famiglia nucleare, richiede una specifica prova da parte degli altri parenti danneggiati circa l'effettività, la consistenza e l'intensità del rapporto parentale.

Così, se del caso, sarà il danneggiante convenuto a dover offrire la controprova, rappresentando situazioni di astio o odio o indifferenza tra de cuius e parente istante per il risarcimento o, ad ogni modo, altri elementi probatori che possano portare a dedurre una minore se non assente effettività del legame affettivo leso.

Il danno da perdita del rapporto parentale non è a prioriescluso nel caso di assenza di vincolo di sangue (si pensi ai casi di famiglie di fatto), ma non è sufficiente l'allegazione di una coabitazione, in quanto si rende necessario allegare l'esistenza di un legame affettivo dalla quale dedurre la sussistenza di un danno non patrimoniale (Cass. civ., sez. III, 15 novembre 2023, n. 31867).

Nell'accertamento della sussistenza e nella valutazione del danno assume rilevanza altresì la convivenza. In particolar modo, si sono susseguiti negli anni due diversi orientamenti:

  1. Un primo orientamento affermava che per il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale ai soggetti esterni alla famiglia nucleare fosse necessaria la convivenza, in quanto «connotato minimo attraverso il quale si esteriorizza l'intimità delle relazioni di parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi, pratica della solidarietà e sostegno economico» (Cass. civ., sez. III, 16 marzo 2012, n. 4253).
  2. Un successivo orientamento, oggi consolidato, invece, nega che l'elemento della convivenza sia necessario per la sussistenza del danno, riconducendolo ad un utile elemento probatorio per dimostrarne l'ampiezza e la profondità, incentrando l'indagine sull'effettività del singolo rapporto leso (v. Cass. civ., sez. III, 5 novembre 2020, n. 24689; Cass. civ., sez. III, 25 giugno 2021, n. 18284), pur dovendosi tenere conto, tuttavia, del logico principio per il quale tanto più è prossimo il grado formale di parentela, tanto meno gravoso dovrà intendersi lo standard probatorio che il danneggiato deve soddisfare (v. Cass. civ., Sez. III, 29 settembre 2023, n. 27658).

Inoltre, come è irrilevante l'assenza della convivenza, tale risulta essere altresì, nell'opinione della più recente giurisprudenza di legittimità, la distanza geografica tra i due soggetti, la quale al più potrà essere considerata ai fini della quantificazione del danno (v. Cass. civ., sez. III, 15 luglio 2022, n. 22397).

In ultimo, ulteriore aspetto di particolare interesse concerne la risarcibilità del danno da perdita del rapporto parentale al soggetto di tenera età o al concepito. Infatti, sul punto la giurisprudenza di legittimità (v. Cass. civ., sez. III, 26 aprile 2022, n. 12987; Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2023, n. 13540) tende all'esclusione della liquidazione del pregiudizio in questi casi, argomentando che:

  • Il danno in questo caso andrebbe configurato come danno futuro, il quale può ulteriormente distinguersi in un danno virtuale, ossia un danno certo al momento del fatto illecito, ma destinato a manifestarsi solo nel futuro; e in un danno eventuale, ossia un danno che al momento del fatto illecito non si sa se si verificherà in futuro, costituendo, dunque, un pregiudizio ipotetico. La Corte di cassazione riconduce il danno parentale dell'infante o del concepito a questo secondo tipo di danno, conseguentemente escludendone la risarcibilità.
  • Non vi sarebbe una attualità della perdita, non potendosi ammettere una ipotetica perdita del futuro godimento della relazione parentale.

La liquidazione: ricostruzione della recente evoluzione giurisprudenziale

La liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, sotto il profilo non patrimoniale – essendo configurabile anche un profilo di carattere patrimoniale, dato dalla perdita dell'apporto economico che un soggetto forniva alla propria famiglia – è necessariamente effettuato in via equitativa. In particolar modo, si può ricorrere o ad una valutazione equitativa pura ex art. 1226 c.c. o ai criteri tabellari che, per il danno in questione, sono esclusivamente di origine giudiziale stante l'inesistenza di tabelle normative.

In relazione alla valutazione equitativa pura, invero, la giurisprudenza di legittimità è ferma nell'affermare che il ricorso ad essa è ammissibile solo là dove ricorrano circostanze eccezionali e peculiari, di cui deve essere fornita un'analitica motivazione (v. Cass. civ., sez. VI, 31 dicembre 2022, n. 36297).

Conseguentemente, il giudice dovrà preferire la determinazione del quantum debeatur tramite le tabelle giudiziali.

Sul punto si rende necessario un breve excursus relativo al più recente sviluppo della giurisprudenza di legittimità sul tema.

Prima del 2021, vi era la coesistenza (rectius: concorrenza) di due differenti sistemi tabellari: quello predisposto dall'Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Milano e quello predisposto dal Tribunale di Roma.

In particolare, la tabella milanese, fino all'edizione 2021, si strutturava in tre colonne:

  1. Nella prima colonna si indicava il rapporto di parentela, in base alle ipotesi più frequenti (risarcimento a favore: di ciascun genitore per la morte del figlio; del figlio per la morte di un genitore; del coniuge non separato, alla parte dell'unione civile o al convivente di fatto sopravvissuto; del fratello per la morte di un fratello; del nonno per la morte di un nipote); si specificava, tuttavia, che la platea di soggetti risarcibili poteva altresì essere ampliata, purché sussistente la prova di un effettivo legame affettivo e dell'effettiva incidenza peggiorativa dell'illecito nella vita dell'istante.
  2. Nella seconda colonna si indicava il valore monetario di base (per le prime tre ipotesi prima menzionate, pari a euro 168.250,00, mentre per le altre pari a euro 24.350,00); tali valori, si specificava, esprimevano l'uniformità pecuniaria di base.
  3. Nella terza colonna si indicava il massimale, ossia l'aumento personalizzato fino al tetto massimo liquidabile (per le prime tre ipotesi prima menzionate, pari a euro 336.500,00, mentre per le altre pari a euro 146.120,00), là dove fossero state provate conseguenze particolarmente pregiudizievoli per il danneggiato.

Nel testo che accompagnava la tabella si leggeva che – fermo restando l'obbligo di allegazione e prova da parte del danneggiato, in quanto il danno non è in re ipsa, pur potendosi ricorrere alle presunzioni – nell'ambito di questa forbice, il giudice avrebbe dovuto determinare l'importo risarcitorio, motivando specificamente, tenendo conto delle circostanze del caso di specie che sono tipizzabili in: sopravvivenza o meno di altri congiunti del nucleo familiare primario, nella convivenza o meno di questi ultimi, nella qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, nella qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta, nell'età del de cuius e del congiunto superstite.

Inoltre, si specificava che la tabella era applicabile ai soli reati di carattere colposo laddove, nel caso di reati dolosi, spettava al giudice valutare le peculiarità del caso concreto potendo altresì addivenire ad una valutazione superiore al tetto massimo previsto.

Tuttavia, la Suprema Corte, con sentenza Cass. civ., sez. III, 21 aprile 2021, n. 10579, ha affermato che, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concretoe l'uniformità del giudizio in casi analoghi – secondo quanto già affermato nella sentenza c.d. “Amatucci” (v. Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2011, n. 12408) –, il danno da perdita del rapporto parentale dovesse essere liquidato secondo una tabella basata su di un sistema a punti, che prevedesse, oltre all'adozione di tale criterio, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità nonché l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, necessariamente, l'età della vittima primaria e della vittima secondaria, il grado di parentela, la convivenza, con indicazione dei rispettivi punteggi, salva la possibilità di applicare correttivi sull'importo finale al fine di tenere conto delle peculiarità del caso concreto.

Così, la Corte dichiarava l'inidoneità della tabella milanese, in quanto non basata su un sistema a punto, tanto da atteggiarsi come mera perimetrazione della più generale clausola di valutazione equitativa, inadeguata, di conseguenza, a perseguire gli obiettivi di uniformità e prevedibilità delle decisioni.

Il modello delineato dalla Corte era, invece, sovrapponibile alla tabella romana (v. Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2021, n. 26300).

La Tabella Romana

La tabella romana ricorre ad un sistema a punti.

Questi sono attribuiti sulla scorta di determinati criteri, e il risultato così ottenuto viene moltiplicato per il valore base del punto.

L'ultima edizione della tabella è stata pubblicata nel novembre del 2023 - la quale ha sostituito la precedente edizione del 2019 - e presenta alcune novità, che non mutano la struttura della tabella, ma integrano dei profili di miglioramento. Tali novità sono date dalla maggiorazione del valore del punto base (ad oggi pari a euro 11.356,15), nell'affinamento del sistema di attribuzione dei punti per l'età, sia di vittima primaria che secondaria, nonché una specificazione circa l'assenza di convivenza tra le due.

I criteri per l'attribuzione dei punti sono i seguenti:

  1. Il rapporto di parentela con il de cuius, là dove si attribuiscono: 20 punti al genitore, al coniuge, al convivente, alla parte dell'unione civile; 18 punti al figlio; 7 punti al fratello; 6 punti all'avo, al nipote e allo zio; 2 punti al cugino; si specifica, inoltre, che il punteggio così attribuito può subire delle variazioni in diminuzione in relazione all'accertamento di un effettivo rapporto d'affetto, là dove il punteggio può quindi essere diminuito sino alla metà o annullato in caso di prova di assenza di un vincolo affettivo;
  2. L'età della vittima primaria: partendo da 5 punti per la fascia di età 0-10 anni, il punteggio diminuisce di 0,5 ogni dieci anni, fino a contemplare un punteggio pari a 1 per un'età superiore agli 81 anni; nella precedente versione del 2019, invece, lo scatto del punteggio era previsto ogni venti anni, attribuendo sempre da 1 a 5 punti ma senza previsione di decimali.
  3. L'età della vittima secondaria, ossia del congiunto che chiede il risarcimento (si ripete lo schema illustrato sub b, anche in relazione alle novità apportate dall'edizione 2023).
  4. La convivenza: si attribuiscono 4 punti per la convivenza con la vittima e si contempla la possibilità di riduzione fino alla metà (nella precedente versione, era previsto fino a un terzo) del punteggio complessivo nel caso di non convivenza, così da consentire la possibilità di diversificare tra non conviventi.
  5. La composizione del nucleo familiare: si attribuiscono 3 punti in caso di assenza di altri familiari conviventi, e si prevede, invece, un aumento da a ½ in caso di assenza di altri familiari entro il secondo grado).

La tabella romana, tuttavia, è stata oggetto di alcune critiche, in questo modo riassumibili:

  1. È assente un'estrazione del valore del punto dai precedenti della gran parte degli uffici giudiziari italiani, nonostante ciò sia richiesto dai principi di diritto enucleati in Cass. civ., sez. III, 21 aprile 2021, 10579;
  2. La predisposizione della tabella è frutto di una riunione tra soli giudici delle sezioni civili e della sezione lavoro del Tribunale capitolino, in tal modo escludendo dal confronto altri operatori del diritto quali gli avvocati;
  3. La tabella romana appare rigida, in quanto permette di arrivare a liquidazioni elevate anche senza la specifica allegazione ed indagine circa l'effettivo rapporto parentale e affettivo perduto, in quanto incentrata primariamente su oggettivi criteri anagrafici;
  4. Infine, si lascia un margine ampio di discrezionalità in capo al giudice circa le variazioni in aumento e diminuzione previste in relazione ai fattori della convivenza e della presenza di parenti superstiti (cfr. Trib Milano, 11 luglio 2022, n. 6059).

La Tabella Milanese

All'indomani di Cass. civ., sez. III, 21 aprile 2021, 10579, che sanciva l'inidoneità della tabella milanese per il danno da perdita del rapporto parentale, il Tribunale di Milano (v. Trib. Milano, sez. X, 7 luglio 2021, n. 5947) emanava una sentenza illustrativa di una sorta di “regime transitorio” da applicarsi nelle more della predisposizione di una nuova tabella conforme ai principi di diritto enunciati dai giudici di legittimità, la quale è stata licenziata in data 29 giugno 2022.

Questa tabella si presenta non come una “nuova” tabella, ma come una integrazione della precedente con il sistema a punti per somma.

Il valore del punto base, infatti, è stato individuato dividendo per 100 il valore massimale previsto dalla precedente versione delle tabelle, il quale era già stato determinato tramite l'analisi di precedenti della giurisprudenza di merito: in altri termini, i valori minimi e massimi ivi riportati era già frutto dell'estrazione dai precedenti, come richiesto dalla Corte di cassazione.

Si mantiene, altresì, la distinzione tra le categorie di parenti prima richiamate, specificando che la ratio si deve rinvenire nel fatto che per i fratelli e i nipoti, da ciò che emerge dal monitoraggio effettuato dall'Osservatorio, manca la presunzione di danno morale ed in forza di ciò si giustifica il minore importo risarcitorio e il minore punteggio attribuito. In tal modo, il valore del punto è pari ad euro 3.365,00 per i parenti di primo grado, il coniuge e assimilati, mentre è pari ad euro 1.461,20 per i parenti di secondo grado. Ad ogni modo, è fatta salva la possibilità, valutate le circostanze del caso concreto, di risarcire il danno da perdita del rapporto parentale anche nei confronti di altri legami affettivi non tabellati.

Onde evitare di liquidare l'importo massimo solo nel caso di perdita parentale più grave, è stato elaborato il sistema del “cap” (soglia non superabile), cosicché – anche al fine di considerare che l'importo massimo anche nei precedenti giurisprudenziali non era liquidato solo e soltanto in tale caso – i punti astrattamente attribuibili dalle due tabelle non sono solo 100, ma, rispettivamente, 118 e 116, così da permettere di pervenire in più ipotesi al punteggio massimo e quindi all'importo massimo che, per le due categorie, rimaneva, rispettivamente, pari ad euro 336.500,00 e 146.120,00 (questi valori, con le tabelle milanesi edizione 2024, sono stati aumentati, rispettivamente, ad euro 391.103,18 e ad euro 169.830,60). Si specifica, ad ogni modo, che è sempre salva l'eccezionalità del caso concreto qualora comporti la necessità di liquidare importi maggiori della soglia massima.

I criteri per l'attribuzione del punteggio, inoltre, non differiscono rispetto a quelli già previsti come criteri orientativi nella precedente versione delle tabelle che, come menzionato, prevedevano già una modulazione del quantum damni basata su fattori quali l'età delle vittime, la convivenza, l'esistenza di parenti superstiti nel nucleo familiare primario, nonché l'essenza del singolo rapporto parentale perduto. Rileva segnalare come la tabella, per ogni criterio, sottolinea che il punteggio attribuito è riferito al danno non patrimoniale, da una parte, “presumibile” – evidenziando, ancora, la natura presuntiva del danno in esame; dall'altra, comprensivo sia della componente morale (nella tabella, “sofferenza interiore”) che di quella dinamico-relazionale, così richiamando i più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità.

Per la prima categoria di parenti (genitore, figlio, coniuge non separato, parte dell'unione civile e convivente di fatto), l'attribuzione dei punti per i vari criteri è la seguente:

  1. Per l'età della vittima primaria e di quella secondaria: partendo dai 28 punti per la fascia di età 0-10 anni, il punteggio diminuisce di 2 punti ogni dieci anni, salvo diminuire invece di 4 punti rispetto alla fascia precedente a partire dalla quella 71-80 anni, fino ad arrivare ad un punteggio pari a 4 per la fascia di età 91-100 anni.
  2. Per la convivenza si attribuiscono 16 punti nel caso di convivenza tra vittima primaria e secondaria, ed 8 punti nel caso, pur non essendovi tale convivenza, le due vittime abitassero nello stesso stabile o complesso condominiale.
  3. Per la sopravvivenza di altri congiunti nel nucleo famigliare primario del de cuius (in questo caso, a prescindere dalla convivenza) si attribuiscono 18 punti in caso di nessun superstite, 14 nel caso di uno, 12 nel caso di 2, 9 nel caso di 3.  
  4. Per la qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto, infine, si attribuiscono fino a 30 punti, tramite un lodevole sistema il quale permette di prendere in considerazione le specificità del caso concreto, guidando il giudice tramite l'illustrazione (né esaustiva né tassativa) di quelle circostanze di fatto che possono essere rilevanti; in particolar modo, per ciascuna di queste si prevedono vari gradi di intensità, e sono le frequentazioni e i contatti, la condivisione di festività e ricorrenze, la condivisione di vacanze, la condivisione di attività lavorative o hobby, all'attività di assistenza sanitaria o domestico, l'intensità o la durata della vittima primaria là dove abbia determinato una maggiore sofferenza nella vittima secondaria, ed infine, il rinvio ad ogni altra circostanza utile.

Per la seconda categoria di parenti (fratelli e nipoti), l'attribuzione dei punti per i vari criteri è la seguente:

  1. Per l'età della vittima primaria e di quella secondaria: partendo dai 20 punti per la fascia di età 0-10 anni, il punteggio diminuisce di 2 punti ogni dieci anni, salvo diminuire invece di 4 punti rispetto alla fascia precedente nella fascia 81-90 anni, per diminuire di nuovo di 2 punti per la finale fascia di età 91-100 anni.
  2. Per la convivenza si attribuiscono 20 punti nel caso di convivenza tra vittima primaria e secondaria, ed 8 punti nel caso in cui, pur non essendovi tale convivenza, le due vittime abitassero nello stesso stabile o complesso condominiale. Inoltre, in particolare, per questa categoria di congiunti si prevede anche l'attribuzione di 25 punti nel caso di convivenza per oltre 30 anni tra vittima primaria e vittima secondaria e di 30 punti qualora tale convivenza si sia protratta per oltre 40 anni.
  3. Per la sopravvivenza di altri congiunti nel nucleo famigliare primario del de cuius si attribuiscono 16 punti in caso di nessun superstite, 14 nel caso di uno, 12 nel caso di 2, 9 nel caso di 3. Tuttavia, si specifica, occorre verificare, nel caso di perdita del fratello, a prescindere dalla convivenza, se siano in vita i genitori o altri fratelli della vittima secondaria, e, nel caso di perdita del nipote, occorre accertare se, sempre a prescindere dalla convivenza, siano in vita altri parenti entro il secondo grado.
  4. Per la qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto, infine, si attribuiscono fino a 30 punti, secondo le modalità già illustrate.

Per entrambe le tipologie di parentela, la tabella prevede, in chiusura, una nota, nella quale si precisa che nei casi di rilevanti contrasti o di controversie giudiziarie tra le vittime, o ancora, nel caso di violenze o reati perpetrati dalla vittima secondaria a danno di quella primaria, l'ammontare risarcitorio riconosciuto in base alla tabella può essere diminuito o, addirittura, azzerato.

Inoltre, nella relazione illustrativa, si specifica che l'importo massimo delle tabelle può invece essere superato nel caso di reato doloso, in quanto le tabelle si applicano solo alle ipotesi integranti responsabilità oggettiva e reati colposi.

Una delle critiche mosse nei confronti della tabella meneghina è quella di essere strutturata in modo tale da lasciare uno spazio eccessivo ai criteri di carattere oggettivo, rispetto a quelli di carattere soggettivo, in modo tale che il primo influenzerebbe i dell'importo risarcitorio; si critica, ancora, l'impossibilità di modulare il punteggio attribuito, là dove sarebbe stato preferibile poter attribuire un punteggio intermedio tra quello previsto dalla tabella e zero.

Ad ogni modo, i giudici di legittimità, con la pronuncia Cass. civ., sez. III, 16 dicembre 2022, n. 37009, hanno affermato la conformità del nuovo modello milanese ai principi elaborati in materia di danno parentale cosicché, ad oggi, oltre che alle tabelle romane, si può fare applicazione altresì delle tabelle milanesi.

In conclusione

In conclusione, allo stato attuale della giurisprudenza di legittimità si può ricorrere, per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, tanto alle tabelle romane quanto a quelle milanesi.

Partendo dal presupposto che mai potrà esservi un metodo tabellare tale da poter quantificare l’inquantificabile e lungi dal ritenere che la tabella milanese possa essere uno strumento per aggirare l’onere probatorio incombente sulla parte istante per il risarcimento - in quanto l’accertamento della sussistenza del danno è un prius logico rispetto alla quantificazione ed in quanto il corretto utilizzo di uno strumento a ciò deputato è sempre onere dell’operatore che vi ricorre -non si può non rilevare come essa sia, tra le due, quella che fornisce al giudice un maggior numero di indici – rilevati tramite una analitica disamina di numerosi precedenti di merito – per la valutazione del caso concreto e della peculiare ontologia del singolo rapporto parentale perduto.

Ciò si riflette, in particolar modo, nella previsione di criteri per la valutazione, anche in fase di liquidazione, dell’intensità e della profondità del legame tra de cuius e congiunto laddove, invece, nella tabella romana, oltre che a confondere il piano del rapporto di parentela con quello dell’intensità del rapporto, è prevista meramente una diminuzione in caso di controprova, il che potrebbe portare, ancor più facilmente, ad aggirare l’onere probatorio inerente all’ontologia del singolo legame parentale.

In tema di risarcimento del danno alla persona, infatti, non si può ritenere sufficiente accertare l’esistenza e l’intensità del rapporto parentale solo ai fini dell’an debeatur, ma tali elementi devono, necessariamente, essere valutati anche nella fase di quantificazione del pregiudizio e sembrerebbe che l’unica tabella che ciò permetta, al momento, sia quella milanese.

La tabella romana, invero, parrebbe basarsi esclusivamente su parametri oggettivi tanto che, accertata la sussistenza del danno, l’importo risarcitorio sarebbe uguale sia in casi in cui tale legame fosse profondo ed intenso che in casi in cui tale legame fosse quasi nullo, laddove il danneggiante non riesca a fornire quella che, invero, risulta essere una difficile controprova.

Senza voler in questa sede richiamare tutte le varie teorie circa il profilo funzionale del risarcimento del danno alla persona, appare sufficiente richiamare, a riguardo, i principi costituzionali di uguaglianza e di personalizzazione per comprendere come dalla concreta realtà familiare - e più in generale della persona - non si può prescindere anche nella fase di quantificazione del danno, dovendo in tal modo rifuggire da meccanismi i quali, in toto, si rivelano automatismi.

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