Amministratore revocato giudizialmente: il divieto di nuova nomina è temporaneo

02 Agosto 2024

Il Tribunale di Tempio Pausania ribadisce il principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui, sostanzialmente, l'avverbio “nuovamente”, contenuto all'interno del comma 13 dell'art. 1129 c.c., debba essere riferito all'immediata rinnovazione della nomina, come amministratore di condominio, di quello revocato in via giudiziale, non potendo trasformarsi per l'assemblea, in una limitazione perpetua, sine die, della libertà decisionale e, per l'amministratore di condominio, in una sanzione a tempo indeterminato. In definitiva la disciplina prevista dall'art. 1129 comma 13 c.c. impedisce la riconferma immediata dell'amministratore rimosso dal Tribunale, ma opera solo con riguardo all'esercizio di gestione successivo a quello in cui è avvenuta la revoca.

Massima

Il divieto di rieleggere l'amministratore di condominio, revocato giudizialmente, ha carattere temporaneo e si estende soltanto all'esercizio di gestione successivo a quello in cui è avvenuta la revoca.

Il caso

Due condomini convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Tempio Pausania, il proprio condominio, chiedendo che fosse accertata l'invalidità della delibera assembleare avente ad oggetto la rielezione dell'amministratore dello stabile, perchè adottata in violazione del comma 13 dell'art. 1129 c.c. e, in via subordinata, in quanto determinante una situazione di incompatibilità e conflitto di interessi. Sostenevano che l'amministratore era stato revocato dalla propria carica con sentenza della Corte d'Appello di Cagliari e che, con la delibera impugnata, l'assemblea, oltre ad aver rinominato l'ex amministratore, gli aveva affidato nuovamente la gestione del condominio e appaltato il servizio di giardinaggio.

Nel costituirsi in giudizio, il condominio chiedeva, preliminarmente, che fosse dichiarata la tardività del ricorso presentato dai ricorrenti, per decadenza dei termini ex art. 1137, comma 2, c.c. e, in via principale, il rigetto del ricorso poiché infondato in fatto e in diritto.

La causa veniva istruita documentalmente.

La questione

Si tratta di stabilire nello specifico se, a seguito di revoca giudiziale, l'amministratore di condominio rimanga escluso sine die dall'incarico ovvero soltanto temporaneamente.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice sardo dà ragione al condominio convenuto e, nel ritenere le domande attoree non meritevoli di accoglimento, le rigetta, condannando parte attrice al pagamento delle spese di lite. Giunge, dunque, a ritenere che la disciplina prevista dall'art. 1129, comma 13 c.c. impedisce la riconferma immediata dell'amministratore rimosso giudizialmente e si riferisce soltanto all'esercizio immediatamente successivo alla revoca.

Osservazioni

Ai sensi dell'art. 1129 c.c., come novellato dall'art. 9, comma 1, della l. 11 dicembre 2012, n. 220, di riforma della disciplina condominiale, è obbligatoria la nomina di un amministratore nei condominii con almeno otto partecipanti (in luogo dei quattro previsti dal testo originario della norma).

La revoca dello stesso può essere deliberata in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può, inoltre, essere disposta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, nel caso di mancata comunicazione all'assemblea dei condomini della notifica di una citazione o di un provvedimento amministrativo il cui contenuto esorbiti dalle sue attribuzioni (art. 1131, commi 3 e 4, c.c.); nell'ipotesi di mancato rendiconto della sua gestione per due anni; quando ci siano fondati sospetti di gravi irregolarità. In merito a questi ultimi, si è affermato generalmente che se una grave irregolarità non si traduca in un immediato danno o pericolo di danno per il condominio non è idonea a provocare la revoca dell'amministratore, potendo sempre l'assemblea adottare le iniziative opportune, non escluso il recesso (Trib. Napoli 13 dicembre 1994). Il procedimento di revoca dell'amministratore di condominio si svolge in camera di consiglio, si conclude con decreto reclamabile alla Corte d'Appello (art. 64 disp. att. c.p.c.) e si struttura, pertanto, come giudizio camerale plurilaterale tipico, che culmina in un provvedimento privo di efficacia decisoria, non incidente su situazioni sostanziali di diritti o status (Cass. civ., sez. VI/II, 23 giugno 2017, n. 15706; Cass. civ., sez. un, 29 ottobre 2004, n. 20957).

Il decreto con cui la Corte d'Appello provvede sul reclamo in ordine alla domanda di revoca dell'amministratore di condominio, non avendo carattere decisorio e definitivo, non è ricorribile per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.; tuttavia, ai sensi dell'art. 742 c.p.c., può essere revocato o modificato dalla stessa Corte d'Appello, per preesistenti vizi di legittimità o per un ripensamento sulle ragioni che indussero ad adottarlo, mentre resta attribuita al Tribunale, quale giudice di primo grado, la competenza a disporne la revisione sulla base di fatti sopravvenuti (Cass. civ., sez. VI/II, 18 marzo 2019, n. 7623; Cass. civ., sez. I, 1° marzo 1983, n. 1540).

Il fondato sospetto di gravi irregolarità ricorre in presenza di comportamenti gravemente significativi del venir meno del necessario rapporto di fiducia tra amministratore e condomini: tale situazione è però esclusa nel caso di lamentele attinenti a una gestione avallata dalla maggioranza assembleare con delibere non impugnate dai condomini ricorrenti (Trib. Modena 17 maggio 2007).

Si è ritenuto, ad esempio, che il non aver tempestivamente informato l'assemblea dei condomini dell'impugnazione di una delibera condominiale non giustifichi la rimozione dell'amministratore dalla carica, non avendo tale condotta in alcun modo influenzato il rapporto fiduciario con il condominio (Cass. civ., sez. II, 23 agosto 1999, n. 8837); che le gravi irregolarità non si esauriscono nelle anomalie contabili, ma si estendono a tutti quei comportamenti che fanno sospettare una gestione anomala, con l'unico limite della loro gravità (App. Genova 6 novembre 1990). È stato, invece, ritenuto non legittimo il comportamento dell'amministratore che, facendo affluire i versamenti delle quote condominiali e dei fondi di riserva sul suo conto personale e non su quello del condominio, generi una confusione del suo patrimonio con quello condominiale e renda, peraltro, impossibile ogni controllo da parte dei condomini che hanno il diritto soggettivo di fruire di una corretta gestione dei beni e dei servizi comuni. Tale comportamento rappresenta una irregolarità gestionale di gravità tale da portare da sola alla revoca dell'amministratore (Trib. Milano 29 settembre 1993), così come si è ritenuto integri una grave irregolarità e, dunque, un comportamento legittimante la revoca giudiziale ex art. 1129 c.c., la condotta dell'amministratore condominiale che presenti il rendiconto della gestione oltre il termine di 180 giorni dalla data di chiusura dell'esercizio di riferimento previsto dall'art. 1130, ultimo comma, c.c., anche laddove l'assemblea lo approvi (Trib. Palermo 14 gennaio 2022; Trib. Taranto 21 settembre 2015).

Il Tribunale di Tempio Pausania ribadisce un principio consolidatosi in giurisprudenza secondo il quale anche dopo le modifiche introdotte dalla l. n. 220/2012, va confermata la mancanza di attitudine al giudicato del provvedimento con cui il Tribunale pone termine ante tempus al rapporto tra amministratore e condomini. Non è determinante, in senso contrario, il disposto dell'art. 1129, comma 13, c.c., in forza del quale “in caso di revoca da parte dell'autorità giudiziaria, l'assemblea non può nominare nuovamente l'amministratore revocato”. Si afferma, infatti, che il divieto di nomina dell'amministratore revocato dal tribunale è temporaneo e non comprime definitivamente il diritto dello stesso di ricevere l'incarico, rilevando soltanto per la designazione assembleare immediatamente successiva al decreto di rimozione. Dunque, il divieto di nomina posto dal riformato art. 1129, comma 13, c.c., funziona, in realtà, nei confronti dell'assemblea, precludendole di rendere inoperativa la revoca giudiziale con una delibera che riconfermi l'amministratore rimosso dal tribunale, e ciò anche nel caso in cui siano venute meno le ragioni che avevano determinato la sua revoca (Cass. civ., sez. II, 28 ottobre 2020, n. 23743; Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 2023, n. 3198).

In altre parole, la suddetta preclusione si ritiene valida soltanto con riferimento all'esercizio successivo, e non sine die, non potendo trasformarsi, per l'assemblea, in una limitazione perpetua della libertà decisionale e, per l'amministratore di condominio, in una sanzione a tempo indeterminato (Trib. Trieste 11 dicembre 2018, n. 729).

In giurisprudenza, si è sostenuto, anche se in modo isolato, che la delibera con cui l'assemblea, nell'esercizio successivo, nomina nuovamente l'amministratore revocato giudizialmente deve essere inquadrata nell'ambito delle deliberazioni annullabili in quanto contraria alla legge, non potendosi ipotizzare una violazione della morale o dell'ordine pubblico (App. Torino 13 dicembre 2017, n. 2657).

Il procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, che può essere intrapreso su ricorso di ciascun condomino, riveste un carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare, ed è ispirato dall'esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell'amministratore. Non è, quindi, ammessa la partecipazione al giudizio del condominio o degli altri condomini: interessato e legittimato a contraddire è soltanto l'amministratore, a titolo personale, non sussistendo litisconsorzio degli altri condomini (Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2023, n. 2726; Cass. civ., sez. VI/II, 21 febbraio 2020, n. 4696; Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 2013, n. 23955; Cass. civ., sez. II, 23 agosto 1999, n. 8837).

Nella fattispecie in esame, il Tribunale adìto rileva come, a seguito della revoca dell'amministratore condominiale, avvenuta con provvedimento della Corte d'Appello di Cagliari, la funzione di amministratore sia stata esercitata per due annualità da un diverso soggetto e, pertanto, la rielezione del precedente amministratore avvenuta con la delibera oggetto di impugnazione appaia perfettamente legittima.

Il Tribunale di Tempio Pausania, inoltre, ha ritenuto non sussistente l'ipotesi di conflitto di interessi tra il condominio e l'amministratore. Ha infatti sostenuto, richiamandosi alla giurisprudenza della Suprema Corte, che tale conflitto di interessi, che la legge a determinate condizioni prende in considerazione come causa di annullamento della deliberazione assembleare, è quello rinvenibile tra coloro che, partecipando al voto, concorrono alla formazione della volontà collettiva, mentre deve escludersi la configurabilità di tale conflitto con riguardo all'amministratore di condominio, atteso che quest'ultimo presenzia ma non partecipa all'assemblea e non ha diritto di voto, salva l'ipotesi che sia egli stesso condomino (Cass. civ., sez. II, 9 maggio 2023, n. 12377).

Nella fattispecie in esame, non è assolutamente ravvisabile un'ipotesi di confitto di interessi, non essendo l'amministratore anche condomino e non avendo, quindi, partecipato alla votazione assembleare. Dunque, non sussiste alcuna invalidità della delibera impugnata. Il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari è limitato ad un riscontro di legittimità della decisione, avuto riguardo all'osservanza delle norme di legge o del regolamento condominiale ovvero all'eccesso di potere, inteso quale controllo del legittimo esercizio del potere di cui l'assemblea medesima dispone, non potendosi invece estendere al merito e al controllo della discrezionalità di cui tale organo sovrano è investito. Ne consegue che ragioni attinenti all'opportunità e alla convenienza della gestione del condominio possono essere valutate soltanto in caso di delibera che arrechi grave pregiudizio alla cosa comune, ai sensi dell'art. 1109, comma 1, c.c. (Cass. civ., sez. VI/II, 25 febbraio 2020, n. 5061).

Il fatto che l'amministratore svolga diverse funzioni non si ritiene possa costituire causa di un possibile grave pregiudizio alla cosa comune, comunque neppure specificamente allegata dagli attori. La gestione del condominio e l'appalto dell'attività di giardinaggio non risultano incompatibili con nessuno dei compiti che il legislatore codice attribuisce all'amministratore, ex artt. 1129 e 1130 c.c.

Unico vero controllore dell'operato e dell'attività dell'amministratore resta l'assemblea condominiale.

Riferimenti

Celeste, L'assemblea può (ri)nominare l'amministratore revocato dal magistrato una volta però “scontato” l'anno di squalifica, in IUS Condominio e locazione, 6 marzo 2024;

Tortorici, Questioni inerenti alla revoca dell'amministratore di condominio, in Immob. & proprietà, 2024, fasc. 3, 159;

Saraz, Revoca assembleare e giudiziaria dell'amministratore di condominio, in Officina del diritto, Milano, 2015.

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