Consecuzione di procedure e prededuzione del credito degli organi della procedura
09 Agosto 2024
Il ricorrente, già commissario giudiziale della procedura di concordato preventivo poi seguita da fallimento per rinuncia della stessa debitrice, aveva avanzato domanda di ammissione al passivo, in prededuzione, degli importi liquidati dal tribunale. Su tale domanda, il giudice delegato, in applicazione dei principi sanciti da Cass., sez. un., 31 dicembre 2021, n. 42093 – “In tema di concordato preventivo, il credito del professionista incaricato dal debitore per l'accesso alla procedura è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all'art. 161 l.fall., sia stata funzionale, ai sensi dell'art. 111, comma 2, l.fall., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio "ex ante" rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all'incremento dei valori aziendali dell'impresa sempre che il debitore sia stato poi ammesso al concordato ex art. 163 l.fall. ciò permettendo istituzionalmente ai creditori, cui la proposta è rivolta, di potersi esprimere sulla stessa…” – aveva ritenuto di non poter riconoscere la prededuzione al suddetto credito, ammettendolo in privilegio. Il creditore-ricorrente sosteneva la errata applicazione del principio di diritto affermato in Cass., sez. un., 31 dicembre 2021, n. 42093, in quanto applicabile ai crediti professionali di coloro che hanno assistito l'impresa e non, invece, ai compensi del commissario giudiziale. A suffragio della sua prospettazione, invocava anche la disciplina contenuta ora nell'art. 6 del codice della crisi, che appunto diversifica il trattamento di tali organi [lett. d)] rispetto a quello previsto per i professionisti che hanno viceversa assistito l'imprenditore in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo [lett. b) e c)]. In primo luogo, il tribunale verifica l'applicabilità dei criteri dettati dal codice della crisi quale chiave interpretativa della disciplina pregressa. In base al dettato normativo del codice, infatti, la relativa disciplina, pacificamente, non presenta efficacia retroattiva. Nondimeno, rimane da indagare se le richiamate disposizioni dell'art. 6 comma 1, lett. d) costituiscano argomenti interpretativi utili della normativa previgente. Sul punto, viene fatto rinvio al principio di diritto con cui la Suprema Corte ha affermato che le norme del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza possono rappresentare un utile criterio interpretativo degli istituti della legge fallimentare «solo ove ricorra, nello specifico segmento considerato, un ambito di continuità tra il regime vigente e quello futuro». Quanto al tema della consecuzione tra procedure, il tribunale – richiamato l'orientamento consolidato della corte di cassazione – chiarisce che tale effetto «si sostanzia nella unitarietà della procedura e con possibile retrodatazione degli effetti relativi al momento del deposito del ricorso di accesso al concordato preventivo». La consecuzione, tuttavia, «non è un effetto automatico delle procedure che – in una sorta di excalation da quella minore – hanno riguardato lo stesso imprenditore, necessitando essa piuttosto l'accertamento della concreta ricorrenza del relativo stato d'insolvenza già in sede di accesso al concordato preventivo». Tale accertamento «non risulta precluso al giudice dell'opposizione allo stato passivo fallimentare, che potrà verificare, in concreto, la consecuzione di procedure tra il concordato preventivo ed il successivo fallimento, ai fini dell'ammissione del credito». Il tribunale sottolinea come la Corte affermi espressamente che la retrodatazione degli effetti alla prima procedura possa avvenire in sede fallimentare ove vi sia consecuzione delle procedure (nei termini descritti) e nell'ipotesi in cui l'effetto sia previsto dalla legge. Ciò avviene nell'art. 11 comma 2, l. fall., per i crediti sorti in occasione e in funzione del concordato preventivo. Ne deriva che il disposto dell'art. 6 comma 2, c.c.i.i., costituisce recepimento di un orientamento già consolidato, confermando il riconoscimento della prededucibilità nelle “successive procedure concorsuali”, da intendersi queste ultime quelle legate da un nesso di consequenzialità a quelle attivate in pregresso ove ricorra il medesimo presupposto oggettivo (la crisi o l'insolvenza). In definitiva, le norme del codice della crisi esaminate offrono sicuramente un utile criterio interpretativo a proposito della collocazione da attribuire ai crediti degli organi del concordato preventivo nel successivo fallimento. Ritenuto che, nel caso di specie, si versi pienamente in una fattispecie di consecuzione di procedure aventi il medesimo requisito oggettivo, il tribunale accoglie il ricorso ed ammette al passivo fallimentare il credito dell'ex commissario giudiziale in prededuzione. |