Eccesso di potere giurisdizionale: violazione dei limiti per sconfinamento nel merito amministrativo e per arretramento

Redazione Scientifica Processo amministrativo
11 Settembre 2024

La pronuncia del giudice che si spinga a prefigurare il possibile esito di una valutazione riservata all’amministrazione, individuando un’unica corretta modalità di esercizio della discrezionalità amministrativa, integra l’eccesso di potere giurisdizionale del giudice amministrativo, sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera riservata al potere discrezionale della P.A.

La violazione del limite della giurisdizione per asserito arretramento – configurabile in astratto quando il giudice adito neghi l'esistenza del potere di condannare la P.A. – non è configurabile quando la negazione di tutela alla situazione soggettiva azionata risulti frutto di una scelta ermeneutica – giusta o sbagliata che sia – a proposito del significato delle norme di diritto applicate, così rimanendo nei limiti interni della giurisdizione, poiché le scelte ermeneutiche del giudice amministrativo possono integrare – come quelle di qualunque giudice – al più un errore giuridico, in iudicando o in procedendo.

A seguito della proposizione di un ricorso al TAR territorialmente competente, per illegittima occupazione di alcuni terreni, avvenuta nell'ambito della gestione emergenziale del ciclo dei rifiuti della regione per effetto della costruzione di una strada di accesso ad un sito di stoccaggio, il giudice amministrativo accoglieva la domanda del ricorrente di restituzione dei suoli e di risarcimento del danno.

In sede di appello, il Consiglio di Stato riformava la sentenza, rimettendo all'amministrazione la scelta di restituire il bene o acquisirlo, rigettando la domanda risarcitoria avanzata dal privato per l'occupazione illegittima del fondo dovendosi considerare anche quest'ultima dipendente da un potere amministrativo non ancora esercitato.

Veniva, quindi, proposto ricorso per cassazione , deducendo, tra gli altri motivi, un eccesso di potere giurisdizionale per c.d. sconfinamento , in quanto il Consiglio di Stato avrebbe imposto all'amministrazione soccombente sia l'adozione di uno specifico provvedimento, seppur a contenuto alternativo tra l'acquisizione sanante e la restituzione del bene, sia l' eccesso di potere giurisdizione per c.d. arretramento, per aver la sentenza negato l'esistenza di un potere di condanna alla restituzione del terreno illegittimamente occupato nei confronti dell'autore dell'illecito, quale reintegrazione in forma specifica del danneggiato , così precludendo, nelle more dell'esercizio di un potere autoritativo, la cognizione giurisdizionale del fatto illecito integrato dall'occupazione illegittima del fondo, in contrasto con gli artt. 2058 c.c., 34 c.p.a. e anche con la giurisprudenza della stessa Corte, nonché per aver negato l'esistenza del potere di condanna anche a fronte del risarcimento per equivalente monetario del danno derivante dall'illegittima occupazione del bene e dalla conseguente privazione del diritto di godimento nelle more del provvedimento da adottarsi ai sensi dell'art. 42-bis del T.u.e.

Tanto rappresentato, la Suprema Corte, con riferimento alla doglianza per eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nella sfera riservata al potere discrezionale della P.A., ha evidenziato che detta fattispecie ricorre quando la pronuncia si spinge a prefigurare il possibile esito di una valutazione riservata all'amministrazione individuando un'unica corretta modalità di esercizio della discrezionalità amministrativa , estendendo, in concreto, la propria giurisdizione direttamente nella sfera riservata all'amministrazione e invadendone l'ambito mediante una decisione strumentale alla valutazione dell'opportunità e/o della convenienza di un atto.

Alla luce di questa premessa e con riferimento al caso di specie, la Corte ha rilevato che il Consiglio di Stato non ha imposto all'amministrazione l'adozione di uno specifico (seppure alternativo) modulo provvedimentale, e quindi non ha usurpato la funzione amministrativa. Si è fermato alla ricognizione del dato normativo (art. 42-bis del T.u.e.) ritenuto essenziale alla stregua di una premessa per la soluzione del caso concreto, secondo le alternative in esso stabilite, e ne ha tratto le conseguenze.

Con riferimento, invece, ai motivi del ricorso per eccesso di potere da arretramento , la Corte ha statuito che la violazione del limite della giurisdizione per arretramento – configurabile in astratto quando il giudice adito neghi l'esistenza del potere di condannare la P.A. – non ricorre quando la negazione di tutela alla situazione soggettiva azionata risulti frutto di una scelta ermeneutica - giusta o sbagliata che sia - a proposito del significato delle norme di diritto applicate, così rimanendo nei limiti interni della giurisdizione, poiché le scelte ermeneutiche del giudice amministrativo possono integrare – come quelle di qualunque giudice – al più un errore giuridico, in iudicando o in procedendo.

Invero, come per le ipotesi di sconfinamento, anche il vizio di giurisdizione da arretramento può essere affermato in rapporto al solo limite esterno, e il mero fatto della negazione della tutela azionata, dipendente da una scelta interpretativa di norme di legge, non è tale da integrarlo, essendo cosa diversa dall'ipotesi nella quale si affermi, invece, che la specifica situazione soggettiva è completamente priva di tutela in astratto, per un difetto assoluto di giurisdizione.

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