Verificazione della scrittura privata disconosciuta e produzione dell’originale

Lorenzo Balestra
11 Settembre 2024

Si può utilizzare la copia del documento per l'istanza di verificazione in caso di disconoscimento dello stesso non avendo l'originale che è solo in possesso della controparte che non intende consegnarlo?

L'istanza di verificazione, come recita l'art. 216 c.p.c., viene proposta dalla parte che intenda avvalersi in giudizio di una scrittura disconosciuta.

La stessa norma richiede che, per potersi svolgere la verificazione, la parte interessata debba produrre i mezzi di prova che ritenga utili, indicando anche le scritture che possano servire di comparazione.

Il problema che si pone sovente è quello che avviene qualora non si disponga dell'originale della scrittura che si intenda verificare, ove la stessa sia detenuta dalla controparte che non intenda produrla o non sia più nella sua disponibilità.

Infatti, anche qualora il giudice rivolgesse alla controparte che ha disconosciuto la scrittura un ordine di esibizione ai sensi dell'art. 210 c.p.c., questa potrebbe non ottemperare, venendo sottoposta al pagamento di una pena pecuniaria (art. 210, quarto comma, c.p.c.); inoltre, nonostante il giudicante possa desumere da questo comportamento un argomento di prova a norma dell'art 116, comma 2 c.p.c., ciò non equivarrebbe alla prova che potrebbe derivare dalla scrittura disconosciuta, della quale si chiede la verificazione.

Ragion per cui ci si è chiesto se la verificazione potesse svolgersi utilizzando una copia e non l'originale della scrittura.

Sul punto bisogna registrare la pressoché compatta posizione della giurisprudenza che, pur in mancanza di una previsione esplicita del legislatore, ritiene che non possa farsi luogo ad un giudizio di verificazione ove non si disponga dell'originale della scrittura disconosciuta. Si consideri, infatti, che le copie di scritture formano piena prova se non disconosciute (come prevede il legislatore, ad es., nell'art. 2719 c.c.).

Così, Cass. civ., sez. II, 30 settembre 2020, n. 20884, stabilisce che «La parte che, in sede di procedimento di verificazione della sottoscrizione in calce ad un documento, non abbia prodotto l'originale (di cui non abbia mai contestato di essere in possesso) nonostante l'ordine giudiziale di esibizione, non può eccepire in appello la nullità dell'elaborato peritale per essere stata sottoposta all'indagine la copia fotografica del documento, trattandosi di nullità relativa la cui denunzia è preclusa dall'avervi dato causa mediante il comportamento defensionale tenuto innanzi al giudice del grado precedente».

Allo stesso modo anche la giurisprudenza più risalente: «In tema di disconoscimento dell'autenticità della sottoscrizione di una scrittura privata prodotta in copia fotostatica, ove gli eredi dell'apparente sottoscrittore affermino di non conoscere la scrittura del de cuius, la parte che l'abbia esibita in giudizio e intenda avvalersene deve produrre l'originale al fine di ottenerne la verificazione ex art. 216 c.p.c., avendo, comunque, la possibilità di dare prova del contenuto del documento - inutilizzabile a fini istruttori in ragione dell'intervenuta contestazione e della mancata sottoposizione a verificazione - con i mezzi ordinari, nei limiti della loro ammissibilità.» (Cass. Civ., n. 33769/2019).

Anche Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2014, n. 9971, in motivazione afferma chiaramente che: «Quest'ultima affermazione della corte di appello non è stata censurata dalla G., ed appare comunque in linea con l'orientamento di legittimità, posto che se il disconoscimento può essere rivolto anche nei confronti di una copia fotostatica (quanto a genuinità della sua provenienza ed a conformità con l'originale), l'istanza di verificazione ad opera della parte che intenda avvalersi della scrittura disconosciuta presuppone la produzione di quest'ultima in originale (Cass. civ., sez. II, 27 luglio 2000, n. 9869; Cass. civ., sez. II, 14 maggio 2004, n. 9202)».

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