La Russian Roulette clause nell’ordinamento giuridico italiano

12 Settembre 2024

Nell’ambito di una controversia sorta tra due noti personaggi del mondo dello spettacolo, il Tribunale di Milano ha avuto l’occasione di pronunciarsi, dapprima in via cautelare e poi nel merito, sulla c.d. Russian Roulette clause, disposizione contrattuale funzionale alla risoluzione di situazioni di impasse decisionali tra i soci di una società, riconfermandone la validità nel nostro ordinamento, sulla scorta di quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 22375/2023.

La vicenda processuale

La vicenda trae origine dall’attivazione della clausola della c.d. Russian Roulette, da parte di uno dei due soci di una società a responsabilità limitata, detenuta dagli stessi in via paritetica al 50%, al fine di risolvere una situazione di c.d. deadlock, ossia una situazione di paralisi patologica degli organi deliberativi sociali.

La Russian Roulette clause è una disposizione contrattuale con la quale, per superare uno stallo decisionale, viene assegnata al socio la possibilità di rilevare la partecipazione dell’altro: il socio che attiva la clausola si offre di acquistare le altrui quote ad un determinato prezzo e il socio che riceve l’offerta può decidere se accettarla, oppure acquistare lui stesso la partecipazione del socio offerente.

La condizione per attivare il meccanismo della clausola, quindi, è la situazione di impasse e la sua funzione è quella di consentire il superamento del conflitto mediante la riallocazione delle partecipazioni societarie.

Le insuperabili divergenze personali e professionali dei due soci, infatti, avevano determinato la rottura degli equilibri decisionali, impedendo alla società di proseguire nelle sue attività.

Pertanto, rilevata la situazione di stallo, uno dei due soci aveva deciso di attivare il meccanismo della Russian Roulette, così come previsto nello statuto della società.

In particolare, la clausola statutaria consentiva a ciascun socio di proporre all’altro socio un’offerta di acquisto della sua partecipazione, ad un prezzo che il primo provvedeva a determinare. Al socio ricevente veniva rimessa la scelta tra le seguenti opzioni:

  1. accettare l’offerta e vendere la propria partecipazione al prezzo proposto;
  2. proporre all’altro socio un prezzo superiore per l’acquisto della partecipazione;
  3. rifiutare l’offerta con conseguente automatico obbligo di acquistare la partecipazione del socio proponente, al medesimo prezzo da quest’ultimo offerto.

Ricevuta l’offerta da parte del socio proponente, il socio oblato la rifiutava, proponendosi di acquistare la partecipazione altrui.

Nonostante il dettato della clausola, il socio proponente - la cui offerta non era stata accettata - non aveva acconsentito al trasferimento delle proprie quote, costringendo l’oblato ad adire l’autorità giudiziaria affinché venisse riconosciuto il proprio diritto di acquisto.

Il Tribunale di Milano, dapprima chiamato, in via cautelare, a pronunciarsi sulla richiesta di sequestro delle quote societarie del proponente - disponendolo, con provvedimento del 23 febbraio 2024 - e, successivamente, sul merito della questione, ha accertato la validità della clausola statutaria e, in accoglimento delle sue istanze, ha riconosciuto il diritto dell’oblato di acquistare l’altrui partecipazione.

Il funzionamento della c.d. Russian Roulette clause e la validità della clausola nell’ordinamento giuridico italiano

La questione, recentemente sottoposta al vaglio del Tribunale di Milano, consente di approfondire un tema di estrema rilevanza in ambito societario, ossia il funzionamento della clausola della c.d. Russian Roulette e la sua validità nel nostro ordinamento.

Come accennato, la Russian Roulette clause, di derivazione anglosassone, attribuisce al socio (ad uno, ad alcuni o a tutti i soci), nel caso di conclamato stallo decisionale dell’assemblea, la facoltà di proporre all’altro (o agli altri) la vendita della sua partecipazione ovvero l’acquisto della propria, ad un determinato prezzo.

Il presupposto per l’attivazione del meccanismo, dunque, è la sussistenza di una situazione di stallo suscettibile di riflettersi sulla continuità aziendale.

Ricevuta l’offerta, il socio oblato può accettarla e vendere la propria partecipazione al prezzo proposto dal socio proponente, oppure può decidere di acquistare la partecipazione altrui al medesimo prezzo.

La previsione di tale clausola produce effetti estremamente significativi nella compagine sociale, poiché di fatto determina l’exit di uno dei soci: al fine di risolvere una situazione di impossibilità deliberativa, infatti, viene operata una riallocazione delle partecipazioni all’interno della società.

Sulla legittimità della clausola nel nostro ordinamento, pur muovendo da interpretazioni parzialmente diverse, si sono espressi positivamente il Consiglio del Notariato di Milano, il Consiglio del Notariato di Firenze, nonché, in una recente pronuncia, la Corte di Cassazione.

Con riferimento alla posizione assunta dal Consiglio del Notariato di Milano nella Massima n. 181/2019, le clausole statutarie come la Russian Roulette, pur legittime, configurano un exit forzato del socio e, pertanto, dovrebbero soggiacere al principio di “equa valorizzazione”, che si rinviene nelle norme in tema di recesso legale (artt. 2437-ter e 2473 del c.c.), di riscatto convenzionale (art. 2437-sexies c.c.) e di esclusione (art. 2473-bis c.c.). Tale principio imporrebbe di offrire al socio forzato alla vendita un riconoscimento minimo, coincidente con il valore che gli spetterebbe in caso di recesso.

Più recentemente, il Consiglio del Notariato di Firenze nella Massima n. 73/2020, in parziale superamento dell’orientamento assunto dal Notariato di Milano, ha affermato come sia la clausola stessa, per come è strutturata, a garantire un equo prezzo. Essa, quindi, deve ritenersi “legittima indipendentemente dalla previsione di un meccanismo di predeterminazione del prezzo della partecipazione oggetto del trasferimento”, e la sua validità “non soggiace alla condizione che siano indicati criteri da seguire per la determinazione del prezzo e che quest’ultimo sia almeno pari al valore di liquidazione della partecipazione spettante al socio receduto ai sensi degli artt. 2437-ter e 2473 c.c.”.

Quanto, infine, alle conclusioni formulate nella sentenza n. 22375 del 2023, i giudici di legittimità hanno focalizzato il loro esame sulla struttura bilaterale della clausola, ritenendola idonea ad escludere ogni arbitrio del proponente nella determinazione del prezzo della compravendita, basandosi su un meccanismo intrinsecamente equilibrato.

La Corte ha, dunque, riconosciuto - confermando - la validità della disposizione contrattuale sul presupposto della meritevolezza degli interessi che la stessa tende a perseguire. Ed invero, “è proprio nell’esigenza di superare una difficoltà obiettiva di blocco o stallo societario che potrebbe portare alla liquidazione societaria per l’impossibilità di perseguirne gli scopi statutari che si rinviene la meritevolezza degli interessi perseguiti, avendo il meccanismo strutturalmente imprevedibile di esito dello stallo proprio la funzione, indiretta, di spingere i due partner a collaborare nel perseguimento dell’impresa comune”.

In particolare, nella sentenza in commento i giudici hanno rilevato come sia l’oblato a “decidere quale posizione societaria assumere all’esito del meccanismo antistallo, in quanto se il prezzo dichiarato fosse minore del valore di mercato della partecipazione, allora potrebbe guadagnare acquistando con uno “sconto” l’altrui partecipazione, mentre nell’ipotesi inversa, in cui il primo offerente indicasse un sovrapprezzo, potrebbe comunque lucrare vendendo vantaggiosamente la propria partecipazione”.

In questa prospettiva, il meccanismo bilaterale della clausola “impedisce di concludere che la fissazione del prezzo corrisponda al “mero arbitrio” del primo dichiarante, il quale dovrà invece tenere conto di una serie di considerazioni di carattere oggettivo e, soprattutto, si espone al rischio della decisione finale della controparte”, in quanto “la determinazione di una parte trova un riequilibrio nei poteri contrattuali riconosciuti alla controparte”.

Considerazioni conclusive

Alla luce di quanto affermato, in particolare, dalla Corte di Cassazione, siffatta clausola non comporterebbe una situazione di exit passivo/forzoso di uno dei soci: la circostanza che la scelta del trasferimento sia rimessa alla parte che non decide il prezzo della compravendita esclude qualsivoglia situazione di soggezione di una delle parti, al potere dell’altra.

Il trasferimento della partecipazione, inoltre, non costituisce il fine della Russian Roulette clause, bensì lo strumento di realizzazione dell’interesse aziendale, all’esclusivo fine di mantenere la capacità deliberativa degli organi sociali.

In questa prospettiva, la clausola risponde ad un interesse di carattere generale che merita di essere tutelato, costituendo un vero e proprio rimedio ai rischi di inattività della società e finanche di scioglimento della stessa (basti pensare che l’art. 2484 del c.c. annovera, tra le cause di scioglimento di una società, anche l’impossibilità di raggiungere l’oggetto sociale), che consente di risolvere lo stallo creatosi in seno all’organo deliberativo, mediante un meccanismo di determinazione del prezzo della vendita strutturalmente equilibrato.

Il caso sottoposto alla cognizione dei giudici di Milano, dunque, oltre ad affrontare una tematica estremamente rilevante e dibattuta, conferma come la presenza di partecipazioni paritarie all’interno di una società possa rappresentare un rischio per il verificarsi di situazioni di impasse deliberativa e come possa essere opportuno dotarsi, in via preventiva, di un meccanismo di risoluzione, quale è la Russian Roulette clause, a presidio della continuità aziendale.

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