Perdita dello status di condomino al momento della decisione sull’impugnazione della delibera assembleare

11 Settembre 2024

Con l'ordinanza in commento, il Supremo Collegio, pur dichiarando inammissibile il ricorso per cassazione, sembra aprire una breccia al principio secondo cui la qualità di condomino, conservata fino al momento della decisione della lite, costituisce il presupposto ineludibile perché sussista la sua legittimazione ad impugnare la delibera assembleare. Si ammette, infatti, che, venuto meno tale status nel corso del giudizio - di solito, per avvenuta alienazione dell'unità immobiliare posta nello stabile - l'attore, oramai uscito dalla compagine condominiale, possa pur sempre dimostrare di vantare ancora un diritto correlato alla sua passata partecipazione al condominio e che tale diritto dipenda proprio dall'accertamento della legittimità della delibera impugnata oppure che quest'ultima continui ad incidere, in via derivata, sul suo patrimonio.

Massima

In tema di condominio, l'azione di annullamento della delibera assembleare, disciplinata dall'art. 1137 c.c., presuppone, quale requisito di legittimazione, la sussistenza della qualità di condomino dell'attore sia al momento della proposizione della domanda sia al momento della decisione della controversia, in quanto la perdita di tale status determina, di regola, il venir meno dell'interesse dell'istante alla caducazione o alla modifica della portata organizzativa della delibera impugnata.

Il caso

La causa - giunta all'esame dei giudici di ultima istanza - aveva ad oggetto l'impugnazione di una delibera, relativa a lavori di manutenzione straordinaria del fabbricato, approvata dall'assemblea in data 30 maggio 2012.

Il Tribunale aveva rigettato tale domanda e la Corte d'Appello, adita dal condomino, aveva confermato la sentenza di primo grado, escludendo che i vizi della delibera impugnata, denunciati dall'attore, consistessero in cause di nullità e, quindi, affermando l'intervenuta decadenza dall'azione di annullamento per decorso del termine di trenta giorni ex art. 1137 c.c.

Il soccombente in entrambi i giudizi di merito proponeva, quindi, ricorso per cassazione, con cui lamentava, da un lato, la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e dell'art. 2379 c.c., insistendosi per la nullità della delibera causata dalla difformità della contabilità dei lavori approvata rispetto al capitolato speciale d'appalto, e, dall'altro, la violazione e falsa applicazione dell'art. 1137 c.c., in relazione all'art. 2966 c.c., dovendosi ritenere impedita la decadenza dal termine di trenta giorni con la consegna della citazione all'ufficiale giudiziario per la notifica, nella specie avvenuta in data 29 giugno 2012.

La questione

Si trattava di verificare, in via preliminare, la fondatezza dell'eccezione pregiudiziale sollevata dal controricorrente, riguardante la sopravvenuta carenza di interesse ad agire del condomino attore, avendo quest'ultimo venduto, con atto notarile del 9 settembre 2016, il proprio appartamento compreso nel Condominio e non essendo, pertanto, più condomino.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno, innanzitutto, ritenuto che la produzione documentale del contratto di compravendita del 9 settembre 2016, da parte del Condominio controricorrente, sia ammissibile in forza dell'art. 372 c.p.c., in quanto attiene all'ammissibilità del ricorso per cassazione, ossia al venir meno dell'interesse ad agire e, quindi, dell'interesse a ricorrere.

Per quel che concerne il merito della sollevata eccezione, si premette che il vizio della delibera assembleare del 30 maggio 2012, supposto dal condomino impugnante, concerneva - per come affermato in ricorso per cassazione e nella sentenza impugnata - la denuncia di “incongruenze” tra il capitolato speciale di appalto della manutenzione condominiale, i lavori eseguiti e la conduzione delle opere, con realizzazione di interventi non autorizzati né concordati.

Si trattava, dunque, di vizio non rientrante nella “categoria residualedella nullità delle delibere assembleari, illustrata dal supremo organo di nomofilachia (Cass. civ., sez. un., 14 aprile 2021, n. 9839), e, dunque, da ricondurre, piuttosto ad un'impugnazione per annullamento ex art. 1137 c.c.

Orbene, come riaffermato, di recente, dagli stessi ermellini (Cass. civ., sez. II, 27 febbraio 2024, n. 5129), la legittimazione ad agire per l'annullamento, attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti, dissenzienti o astenuti, è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla semplice rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire richiesto dall'art. 100 c.p.c. come condizione dell'azione di impugnazione della delibera collegiale.

Occorre, peraltro, distinguere, tra l'interesse ad agire mediante impugnazione della delibera e l'interesse tutelato del condomino attore, essendo il primo necessariamente strumentale al secondo.

L'interesse del condomino ad impugnare la delibera, in particolare, è limitato all'interesse giuridicamente rilevante che egli abbia ad un diverso contenuto dell'assetto organizzativo della materia regolata dalla maggioranza assembleare, contenuto diverso perché più conveniente alle sue personali aspirazioni, sebbene la decisione del giudice che accoglie la domanda ex art. 1137 c.c. si limiti, in negativo, a caducare la delibera sfavorevole e non possa sostituirsi in positivo all'attività dell'assemblea.

Parallelamente, l'interesse ad agire, sotto il profilo processuale, suppone che venga prospettata una lesione individuale di rilievo patrimoniale correlata alla delibera impugnata, così rivelando quale utilità concreta potrebbe ricevere dall'accoglimento della domanda.

In quest'ordine di concetti, i magistrati del Palazzaccio affermano, dunque, che l'azione di annullamento delle delibere dell'assemblea condominiale, disciplinata dall'art. 1137 c.c., presuppone, quale requisito di legittimazione, la sussistenza della qualità di condomino dell'attore - non solo al momento della proposizione della domanda, ma anche - al momento della decisione della controversia, atteso che la perdita di tale qualità determina la conseguente perdita dell'interesse ad agire dell'istante (argomentando, sia pure sul versante societario, da Cass. civ., sez. I, 7 novembre 2008, n. 26862 e Cass. civ., sez. I, 25 marzo 2003, n. 4372).

Legittimati all'esercizio dell'azione ex art. 1137 c.c. sono, infatti, i soli condomini dissenzienti, assenti o astenuti, e ciò discende dal principio maggioritario, dal quale è retto il funzionamento dell'assemblea, giacché - come la stessa norma prescrive - le delibere prese dall'assemblea sono obbligatorie per tutti i condomini, e perciò unicamente costoro possono far valere la contrarietà delle stesse alla legge o al regolamento di condominio.

Aggiungono i giudici di legittimità che il diritto di impugnazione di una delibera condominiale non è un diritto primario, a differenza del diritto di proprietà, sicché la successione nel sottostante rapporto sostanziale di proprietà dell'unità immobiliare neppure determina, da sé sola, il trasferimento dell'interesse ad agire in capo a chi subentra nei diritti di condominio, e cioè dell'acquirente dell'unità immobiliare.

Lo status di condomino, e cioè di “avente diritto” (artt. 66 e 67 disp. att. c.c.) a partecipare all'assemblea, e perciò ad impugnarne le delibere, attiene, dunque, alla legittimazione ad agire per annullamento ex art. 1137 c.c., ossia al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne titolare.

La legittimazione ad agire per l'impugnazione delle delibere dell'assemblea manca, viceversa, ove l'attore non sia (più) un condomino, e la relativa carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d'ufficio dal giudice.

Osservazioni

In termini generali, si osserva che le condizioni dell'azione sono i requisiti indispensabili perché un'azione possa considerarsi esistente e sorga per il giudice la necessità di provvedere sulla domanda (accogliendola o rigettandola); tali condizioni, che costituiscono i presupposti di ammissibilità della domanda e vanno accertati preliminarmente all'esame del merito della stessa, sono - oltre l'interesse ad agire - la legittimazione ad agire, che si può definire come la titolarità (attiva e passiva) dell'azione, che indica, per ciascun giudizio, le “giuste parti”, ossia le persone che devono essere presenti perché il giudice possa provvedere su un dato oggetto.

In particolare, la questione relativa all'individuazione dei soggetti legittimati alla proposizione dell'impugnazione della delibera condominiale, va impostata, dal punto di vista attivo - che interessa più da vicino questo breve commento - prendendo le mosse dal disposto dell'art. 1137 c.c. che, al comma 2, contempla tale facoltà in capo al condomino (dissenziente, astenuto o assente).

Nello specifico, per quanto concerne la legittimazione ad agire nell'azione di impugnazione della delibera condominiale, l'art. 1137, comma 2, c.c. ribadisce che la stessa faccia capo ad “ogni condomino”.

In ordine all'attribuzione della qualità di condomino - indispensabile anche per aver diritto a partecipare alle assemblee ed aver tempestivo avviso della relativa convocazione - si è ritenuto che la stessa ha, come indefettibile presupposto, la proprietà di un piano o di una porzione di piano (ora unità immobiliare in proprietà esclusiva) in cui l'edificio condominiale risulti diviso, precisando che, ai fini dell'assunzione della qualità di condomino, non rileva tanto l'esistenza di un atto pubblico di trasferimento della proprietà frazionata di una parte dell'edificio stesso - requisito che può riguardare, semmai, il problema dell'opponibilità della qualità di condomino rispetto ai terzi - quanto l'esistenza di un negozio effettivamente traslativo di tale diritto, anche se concluso per mezzo di semplice scrittura privata.

Comunque, la legittimazione all'impugnazione - salvo quanto concerne, in via eccezionale, la posizione del conduttore - è, di regola, inscindibilmente connessa alla titolarità di un diritto reale su una porzione dello stabile condominiale, sicché la stessa non può fare capo al possessore di uno degli appartamenti dello stesso stabile condominiale.

A ben vedere, la limitazione della legittimazione in favore dei soli condomini all'azione di annullamento ex art. 1137 c.c. si rivela ragionevole, potendo soltanto coloro che restano obbligati dalla delibera definirsi portatori, altresì, dell'interesse al corretto procedimento di formazione e di espressione della volontà assembleare, procedimento di cui sono parti necessarie sia nella fase di convocazione, sia nella fase di costituzione del collegio, sia in quella di espressione del voto.

A coloro che non sono condomini si apre, piuttosto, l'eventualità di agire per la declaratoria di nullità di una delibera, da far valere, secondo i principi generali, mediante un'azione di mero accertamento, la quale è esperibile da chiunque vi abbia interesse, tale rivelandosi chi abbia la titolarità di una situazione giuridica qualificata da una correlazione agli effetti della delibera nulla adottata dall'assemblea.

In buona sostanza, il venir meno, in corso di causa, del requisito di legittimazione, consistente nell'essere l'attore condomino, impedisce al giudice di pronunciare l'annullamento della delibera impugnata, essendo venuto meno il potere dell'attore di interloquire sul modo di operare dell'assemblea e di incidere sugli effetti da essa derivanti, a meno che lo stesso attore non prospetti che la permanente efficacia di tale delibera continua a ripercuotersi sulla sua sfera patrimoniale, ad esempio per essere egli tuttora obbligato a contribuire alle spese che quella statuizione assembleare aveva approvato e ripartito.

Nel caso di specie, avendo il condomino impugnante alienato durante il giudizio - segnatamente, già durante il grado di appello - il proprio diritto di proprietà sull'unità immobiliare compresa nel Condominio, deve escludersi che possa più pronunciarsi l'annullamento della delibera avente ad oggetto la manutenzione straordinaria dell'edificio, lamentandosi la difformità della contabilità dei lavori approvata rispetto al capitolato speciale di appalto, in quanto la dismissione dello status di condomino da parte dell'attore, ora ricorrente, ha fatto venir meno ogni suo interesse ad un diverso contenuto organizzativo di quella delibera e, quindi, pure ad avvalersi dell'impugnazione, in difetto di specifica allegazione di una permanente incidenza negativa delle irregolarità denunciate nella sfera giuridica del ricorrente.

Essendo - come sopra rilevato - l'interesse ad agire per ottenere giudizialmente una caducazione o una modifica della portata organizzativa di una delibera assembleare correlato alla qualità di condomino, la perdita di tale status può lasciare sopravvivere l'interesse ad agire solo quando l'attore vanti un diritto in relazione alla sua passata partecipazione al condominio, e tale diritto dipenda dall'accertamento della legittimità della delibera assembleare presa allorché egli era ancora condomino, oppure quando tale delibera incida tuttora in via derivata sul suo patrimonio.

Atteso che il mutamento della situazione sostanziale, che aveva comportato la perdita della qualità di condomino in capo all'originario attore, era avvenuto il 9 settembre 2016 e, quindi, ben prima del ricorso per cassazione, in questo giudizio il ricorrente avrebbe dovuto allegare quale fosse il suo persistente interesse ad ottenere un diverso assetto organizzativo della decisione sui lavori di manutenzione straordinaria del fabbricato rispetto a quello approvato nella delibera assembleare del 30 maggio 2012.

Invece, soltanto nella memoria depositata ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c. il ricorrente ha allegato al riguardo che “l'interesse all'esito della impugnazione della delibera assembleare […] non è venuto meno anche se egli ha venduto l'immobile”, in quanto l'azione “tende ad ottenere la declaratoria di nullità della stessa avente ad oggetto l'approvazione della contabilità finale dei lavori di straordinaria manutenzione […]”, in forza della quale egli “si è visto quindi richiedere il pagamento della propria quota millesimale”, sicché “sussiste anche attualmente l'interesse concreto del ricorrente a far venir meno detta delibera condominiale, posto che ciò comporterebbe il venir meno del titolo per il quale sono state riscosse le somme da parte del Condominio, che pertanto sarà tenuto a restituirle al predetto”.

Tuttavia, queste deduzioni sono state considerate inammissibili da parte del Supremo Collegio, atteso che la funzione esclusiva delle “sintetiche memorie illustrative” di cui all'art. 380-bis.1 c.p.c. è quella, appunto, di illustrare e chiarire i motivi della impugnazione e di confutare le tesi avversarie, non potendo viceversa esse servire a specificare, integrare o ampliare il contenuto dei motivi originari, allegando - come nella specie - quale perdurante interesse si abbia alla caducazione di una delibera assembleare condominiale, nonostante il risalente venir meno della qualità di condomino.

Riferimenti

Fanti, I mutevoli connotati dell'interesse all'impugnazione di una delibera di approvazione di bilancio nulla, in Società, 2019, 832;

Salciarini, Carenza di legittimazione a impugnare per l'astenuto, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 8, 19;

Fusi, Invalidità della delibera assembleare per mancata convocazione e legittimazione del socio alla impugnazione, in Società, 2009, 175;

Colantoni, Nullità e interesse all'impugnazione della delibera societaria, in Contratti, 2008, 118;

Spaltro, Legittimazione del socio ad intervenire nel giudizio di impugnazione di delibera assembleare, in Società, 2006, 473;

De Tilla, Sulla legittimazione ad agire per l'annullamento della delibera condominiale, in Arch. loc. e cond., 2005, 48;

Lolli, Interesse ad agire per l'impugnazione di delibera di società cooperativa, in Società, 2003, 990.

Alvino, Azione di nullità concessa anche al condomino che abbia espresso voto favorevole alla deliberazione, in Giust. civ., 1982, I, 2661.

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