Le specifiche tecniche per il deposito degli atti penali

26 Settembre 2024

Il contributo prende in esame le novità in tema di processo penale telematico a seguito della recente pubblicazione e prossima entrata in vigore delle specifiche tecniche.

Attraverso l'analisi ragionata delle norme riguardanti il processo penale, vengono illustrate le principali novità “di sistema” nel deposito degli atti.

Le specifiche tecniche

Dal 30 settembre 2024 troveranno compiuta applicazione le specifiche tecniche, contenute in un provvedimento emanato dal Ministero della Giustizia la cui entrata in vigore viene espressamente indicata nella norma di chiusura dello stesso.

L'articolato si propone di costituire un'integrazione tecnica all'apparato normativo attualmente disciplinante il processo penale telematico a ciò legittimato dal dall'art. 34 comma 1 del DM n. 44/2011 come da ultimo modificato dal DM n. 217/2023, ma ancora prima dalla normativa transitoria al decreto legislativo n. 150/2022 (la cd. riforma Cartabia), laddove agli artt. 87 ed 87-bis si demandava a successivi decreti ministeriali la definizione delle regole tecniche poste a corollario delle modifiche procedurali.

Il provvedimento è stato concepito in uno con il DM n. 217/2023, rispettando in sostanza la scadenza indicata (31 dicembre 2023), ma vede la luce solo ora in ragione di un – lungo – passaggio volto ad acquisire il parere favorevole del Garante per la protezione di dati personali oltre che quello dell'Agenzia per l'Italia digitale (AgID).

Si intendono qui analizzare gli aspetti maggiormente significativi del testo, limitatamente alle questioni che attengono il settore penale, tralasciando i molti punti che esclusivamente interessano il cd. PCT, senza però disdegnare di gettare uno sguardo prospettico sulle indicazioni che l'ambito civile può offrire all'interprete, trattandosi di settore nel quale l'avanzamento applicativo è di gran lunga maggiore.

Il provvedimento viene emanato sulla falsariga di altri precedenti (ad es. 12 luglio 2023, in tema di deposito atti tramite Portale), ampliandone la portata di pari passo con l'avanzare del processo penale telematico.

L'atto abilitante

Di particolare interesse risultano le indicazioni relative ai depositi telematici, intesi come quelli effettuati tramite il PDP, Portale specificamente dedicato al deposito degli atti penali, collocato in apposita area del più ampio Portale dei Servizi Telematici (PST)

I punti più rilevanti.

Tra le definizioni contenute nell'art. 2, è interessante soffermarsi su quella prevista alla lettera c), concernente l'atto abilitante. Definizione certamente non nuova ma sempre un po' trascurata. Si tratta di un “atto da cui risulti la conoscenza dell'esistenza in una Procura della Repubblica di un procedimento relativo al proprio assistito ed il relativo numero di registro”. L'atto abilitante non è dunque un atto tipizzato potendo lo stesso identificarsi solo a titolo esemplificativo con il certificato rilasciato ex art. 335, comma 3 c.p.p., al pari di qualunque altro atto riportante il numero di registro di iscrizione.

La previsione di tale – spesso – oneroso incombente risale agli albori del Portale dei depositi, difatti già nel febbraio 2021 il Ministero prescriveva come l'avvocato deve (dovesse ndr) allegare all'atto di nomina un documento definito “atto abilitante”, cui non è necessario apporre la firma digitale, da cui risulti la conoscenza dell'esistenza di un procedimento a carico del proprio assistito o nel quale il soggetto difeso sia parte offesa. Nel campo oggetto il medesimo difensore descriverà la tipologia dell'atto abilitante (ad esempio certificato ex articolo 335 c.p.p.).

Dunque sin dall'inizio non viene stilato nessun catalogo di atti identificabili come abilitanti, né alcuna identificazione con il certificato ex art. 335 c.p.p., risultando così evidente come si tratti di un'interpretazione errata quella di alcune Procure che tendono a far coincidere i due atti (atto abilitante = certificato ex art. 335 c.p.p.).

Peraltro il senso di tale appesantimento coincide con la necessità di evitare il deposito delle c.d. “nomine esplorative”, volte ad apprendere gli estremi di un procedimento (e dunque l'esistenza del medesimo) in spregio del divieto di comunicazione di determinate ipotesi di reato.

Parimenti l'art. 19, comma 4, del provvedimento in commento chiarisce come l'atto abilitante sia necessario accompagnamento del deposito della nomina “solo” quando il procedimento sia in fase di indagini preliminari e non sia stato emesso o non sia previsto uno degli avvisi di cui agli artt. 408,411 o 415-bis c.p.p., risultando dunque errato o arbitrario ogni rifiuto riferito a depositi di nomine successive all'avvenuta discovery, cagionato dall'assenza del predetto.

I formati consentiti e le loro dimensioni

Gli artt. 15 e 16 si occupano di riepilogare le regole tecniche a presidio della corretta formazione e deposito del documento informatico, implementando il novero dei formati consentiti in caso di deposito di allegati, parimenti accresciuta la dimensione massima consentita per ciascun deposito ora pari a 60 Megabyte per singolo file fino ad un massimo di 600 Megabyte per l'intero deposito.

L'accettazione dei depositi “senza intervento degli operatori”

L'aspetto certamente più rilevante sotto il profilo non solo tecnico ma anche il qualche modo “politico” risulta essere il nuovo meccanismo di validazione del deposito atti tramite portale da parte del difensore, così come esplicitato dai commi 9 e ss. dell'art. 19. L'indicazione era già emersa con l'introduzione dell'art. 13-bis al DM 44/2011 da parte del DM 217/2023, laddove -grazie anche alle interlocuzioni intrattenute dall'Unione della Camere Penali Italiane con il Ministero- era stato previsto che l'accettazione degli atti o dei documenti depositati, avvenisse «senza intervento degli operatori della cancelleria o della segreteria salvo il caso di anomalia bloccante».

Di pari passo erano state ridotte ed espressamente elencate le possibili cause di rifiuto del deposito, in teoria tutte strettamente tecniche; ciò nonostante si assisteva (si assiste) ancora ad un proliferare di incomprensibili rifiuti, frutto di scarsa preparazione – soprattutto da parte degli operatori di cancelleria – oltre che di prassi differenti a seconda del luogo, spesso misteriose, certamente non verificabili da parte degli avvocati. Il provvedimento in commento si propone di ridurre ancora, tendendo ad azzerarla, la discrezionalità degli operatori, affidando invece alla tecnologia (i sistemi informativi ministeriali) il compito di rilevare – asetticamente ed uniformemente sul territorio nazionale – gli errori che non consentono di associare correttamente l'atto al procedimento.

Il sistema dovrebbe dunque recepire ed accettare automaticamente ogni deposito effettuato dal difensore sempre che vi sia corrispondenza tra i dati inseriti su PdP ed i dati presenti a sistema, senza alcun intervento umano.

Il personale amministrativo potrà intervenire per accettare depositi che il sistema non sia riuscito a “matchare” in automatico con i dati già presenti, individuando il procedimento di riferimento al quale associare il deposito.

Le motivazioni dei rifiuti, a questo punto dovuti unicamente ai casi di anomalie bloccanti, dovranno essere esplicitate sul portale stesso, così da consentirne la corretta esecuzione.

L'incremento degli automatismi dovrebbe ridurre sensibilmente gli errori e i rifiuti indiscriminati, consentendo altresì di velocizzare le operazioni di verifica, passaggio indispensabile per un successivo ulteriore deposito corretto, in tempo utile.

Il termine di deposito

Il comma 7 dell'art. 19, letto unitamente all'art. 172 c.p.p. (comma 6-bis) chiarisce, senza più possibilità di equivoco, ciò che sin dall'alba del processo penale telematico è stato motivo di preoccupazione, ovvero quale sia il termine utile per l'effettuazione del deposito telematico.

Il termine di deposito si considera dunque rispettato (per il difensore) se l'accettazione dell'atto, così come attestato dalla ricevuta che il sistema genera nell'immediatezza dello stesso, riporta un orario antecedente le ore 24 dell'ultimo giorno utile (data e orario di invio così come rilevati dai sistemi ministeriali). Ovviamente per la validità del deposito sarà necessario l'ulteriore passaggio di validazione e dunque di “accoglimento” che ci sia attende sempre più rapido e positivo.

L'attestazione di conformità di copia informatica

Infine uno spunto tratto dalle norme del processo civile (artt. 26 e 27) che possono rivelarsi utili in questa fase caratterizzata ancora da una molteplicità di canali di trasmissione e di deposito. In particolare, viene recepita la modalità di attestazione di conformità di copia informatica, prevista dal 3 comma dell'art. 196-undecies delle disposizioni di attuazione al codice di procedura civile (erroneamente indicata nel provvedimento in commento come prevista «dal terzo comma dell'articolo 16-undecies del decreto legge 18 ottobre 2012 n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012 n. 212», errore corretto con apposito avviso di rettifica del 16.09.2024). Pare questa la disciplina da mutuare allorquando si renda necessario nel procedimento penale (telematico) procedere ad attestare la conformità di un atto, come accade ad esempio in caso di notificazione eseguita dal difensore ai sensi dell'art. 56-bis disp. att. c.p.p., stante l'espresso richiamo del comma 3 di tale norma alle “modalità previste per i procedimenti civili”.

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