Udienza cartolarizzata ex art. 127 ter c.p.c.: che succede in caso di mancato deposito delle istanze e conclusioni?

01 Ottobre 2024

Il giudice può decidere la causa, discussa nella forme c.d. cartolari, quando le parti non hanno depositato le note scritte sostitutive dell'udienza? 

Massima

In mancanza, nelle note depositate in sostituzione dell'udienza, delle espresse "istanze e conclusioni" attraverso cui si realizza la fictio impostata dall'art. 127-ter c.p.c., il giudice può validamente assumere i provvedimenti per i quali l'udienza è stata fissata solo se sia certo, attraverso un'integrale interpretazione dell'atto nel contesto processuale, l'intento delle parti di dare impulso alla trattazione della causa, dovendo altrimenti formulare richiesta di chiarimenti, attraverso il rinvio a tal uopo ad altra udienza in presenza o, se del caso, in forma sostitutiva scritta o, se sia, al contrario, già chiaro l'intento di non dare impulso alla causa, disporre ai sensi dell'art. 127-ter, comma 4, c.p.c.

Il caso

Il ricorrente, dipendente a tempo determinato, richiedeva alla propria datrice di lavoro di fare accertare il riconoscimento del diritto all'accensione della polizza INA accesa per i dipendenti sin dal 1963.

Il Tribunale di Catania rigettava la domanda.

Impugnata la decisione, la Corte d'appello disponeva la trattazione della causa nella forme c.d. cartolari (art. 127-ter c.p.c.) e decideva l'appello rigettando il gravame.

Con un unico motivo di ricorso si lamentava la nullità della sentenza, dato che la Corte territoriale avrebbe violato le regole procedurali dettate in tema di trattazione c.d. cartolare, avendo deciso la causa senza che le parti avessero depositato le relative note scritte, in spregio all'art. 127-ter , commi 1 e 3 c.p.c.

Nella pronunzia in epigrafe si dava conto che, a seguito della fissazione dell'udienza di discussione nelle forme cartolari, con assegnazione dei termine di deposito delle note sostitutive, una delle parti aveva depositato una «nota di deposito», allegando una pronunzia cassazione riguardante fattispecie similare.

Il ricorrente dava atto che, in realtà, le parti non avevano depositato note sostitutive contenenti «le sole istanze e conclusioni», dato che avevano concordemente deciso l'abbandono del giudizio.

La questione

Il giudice può decidere la causa, discussa nella forme c.d. cartolari, quando le parti non hanno depositato le note scritte sostitutive dell'udienza ? 

Le soluzioni giuridiche

Dato che la norma processuale (art. 127-ter c.p.c.) dispone che le parti depositino note sostitutive dell'udienza contenenti «le sole istanze e conclusioni», in presenza di deposito di una mera «nota di deposito» contenente una sentenza e priva di alcuna richiesta e neppure di alcun riferimento all'udienza, la S.C. ritiene non integrato il presupposto normativo necessario per la sostituzione dell'udienza.

In particolare, precisando che si debba «procedere ad una rigorosa interpretazione di quanto integra il realizzarsi della fattispecie sostitutiva dell'udienza».

Onde evitare l'equivocità dell'atto di deposito, la pronunzia ritiene necessario il recupero dei «possibili contenuti dialogici dell'udienza, in luogo di un rigore formalistico che può allontanare il processo dalla sua effettiva realtà»; un luogo, quello dell'udienza, «che può chiarire senza equivoci gli intenti e l'assetto processuale reale».

Si precisa ancora che, onde «evitare una situazione dubbia del rito c.d. cartolare..., va dato corso a richiesta di chiarimenti, che altro non sono che l'espressione tangibile del contraddittorio».

In concreto, la richiesta di «chiarimenti», stante gli elementi di dubbio emersi, deve concretarsi nella fissazione di una nuova udienza in forma nuovamente cartolare o alla presenza fisica delle parti, secondo quanto dispone l'art. 127-ter, comma 4 c.p.c.

In mancanza di questo adempimento processuale essenziale, consegue un vizio di nullità che inficia per derivazione di nullità la sentenza impugnata, che la Corte ha cassato con rinvio.

Osservazioni

I. E' fin troppo noto che la previsione di sostituzione dell'udienza in presenza col deposito di note scritte in telematico costituisce uno dei più significativi lasciti della stagione pandemica, la cui prima versione si rinviene nell'art. 83 d. l.  n. 18/2020.

La previsione dell'udienza cartolare, da strumento contingente introdotto in via temporanea ed eccezionale in periodo pandemico per evitare contatti e contagi tra difensori e giudice nel luogo fisico dell'udienza, grazie alla riforme processuali del 2022 è stata stabilizzata ed implementata, divenendo istituto di diritto processuale civile comune (v. artt. 127 e 127-ter c.p.c.).

Fin da subito, l'introduzione di un udienza in presenza sostituita dal deposito di scritti da depositare in via telematica suscitò la critica di parte della processualistica, paventando il pericolo di una sua  stabilizzazione ed in particolare ritenendo la normativa testé introdotto incostituzionale, in quanto sarebbe contrastante col principio dell'udienza pubblica ex art. 101 Cost. (SCARSELLI, 262 ss.).

Oggi, la critica viene ribadita da chi evidenzia che questa modalità di esplicazione del contraddittorio «impoverisca il confronto tra le parti», «azzerando il confronto dialettico che contraddistingue il confronto de visu tra le parti» (RUSSO, 110 e ss.); per quanto parte autorevole della dottrina valorizzi la disposizione di nuovo conio ritenendola «estremamente importante» (LUISO, 37; CARRATTA, 25, che contro il nuovo meccanismo non solleva obiezioni di sorta).

Alla critiche che ha scontato il nuovo modulo cartolare d'udienza sembra del tutto sorda l'avvocatura che lo ritiene funzionale alle proprie esigenze di lavoro, oltreché razionale strumento di lavoro; un nuovo sistema che evita i continui spostamenti logisticianche per il compimento di attività ed adempimenti processuali assai poco significativi (come nel caso delle istanze di mero differimento d'udienza per trattative in corso).

D'altro canto, la giurisdizione tende ad applicare senza eccessivi sofismi e senza ritrosie di sorta il nuovo canone cartolare, ritenendolo strumento di razionale ed agevole gestione del ruolo, in grado di determinare un considerevole risparmio di tempo ed energie.

Un sistema in grado di garantire un miglioramento del servizio giustizia a beneficio dei cittadini.

Sembra allora che quello che taluno stenta ad accettare della nuova configurazione che può assumere l'udienza è più che altro il mutamento di canoni tradizionalmente dati; e, in particolare, si stenta a comprendere che gli istituti e le forme processuali si evolvono, cambiano, mutano e si adeguano al progresso tecnologico.

Con l'implementazione del nuovo processo telematico é divenuta ormai anacronistica (oltreché inammissibile in diritto) la redazione del deposito di «comparse scritte scritte con penna d'oca e diligentemente rilegate» (BIAVATI, 237).

Anche la conformazione dell'udienza, luogo in cui si sviluppa il contraddittorio, ha risentito dei mutamenti recati dal progresso tecnologico che ormai da tempo ha fatto ingresso nelle aule di giustizia.

Questo processo e questo radicale cambiamento sembrano ormai irreversibili, mentre la prassi di questi cinque anni sembra avere pienamente metabolizzato tali innovazioni, decretandone il successo, come evidenzia l'inaugurazione della c.d. fase 2: ovvero, quella volta all'esatta individuazione del perimetro applicativo dell'istituto dell'udienza cartolare, come emerge dalla remissione alle Sezioni Unite di «questione di massima di particolare importanza» riguardante «l'applicabilità dell'art. 127-ter c.p.c. alle controversie regolate dal rito del lavoro ed al procedimento per l'impugnativa dei licenziamenti» (Cass. civ., sez. lav., 2 maggio 2024, n. 11808).

II. Come è stato autorevolmente osservato (BIAVATI, 116), il risultato dell'introduzione dell'art. 127-ter c.p.c. comporta «certamente il declino dell'oralità da contatto fisico che, a sua volta, determina «un cambio di paradigma trainato dalla tecnologia». E' questa una conseguenza di quel processo, da tempo in atto, consistente nell'abbandono delle carte (processo c.d. paperless), per effetto dell'accettazione della validità del documento informatico e dell'introduzione, a far data dal 28 febbraio 2023, dell'obbligatorio deposito telematico di atti, documenti, verbali e provvedimenti del giudice (art. 194-quater att. c.p.c.).

Rispetto ad un così epocale mutamento di paradigma, sarebbe apparso non poco distonico esentare il luogo di fisico incontro di giudice e parti dall'adeguamento degli sviluppi tecnologici. Tale incontro invece oggi può avvenire, tramite una fictio, mediante lo scambio di atti scritti depositati in via informatica nell'ambito di un processo ormai dematerializzato e completamente telematico, concepito in un'ottica di velocizzazione dei tempi di durata (come richiede a gran voce l'Europa).

Il processo telematico, e con esso lo schema di udienza ex art. 127-ter c.p.c., non può non presentare taluni inconvenienti; ad es., suscitando una certa superficialità di giudizio conseguente alla lettura, talvolta frettolosa, degli atti e documenti di causa che vengono rapidamente (forse troppo) compulsati a monitor; ormai non più scorrendo e riflettendo sulle carte processuali ben apparecchiate sulla scrivania.

Un altro inconveniente si ravvisa nella riduzione dell'oralità del dibattito d'udienza, che, per effetto della cartolarizzazione, resta compendiato e circoscritto a brevi difese scritte, senza possibilità di ulteriore replica.

Tuttavia, tali criticità possono venire compensate (se non, in parte, annullate) da un non secondario pregio che caratterizza il nuovo processo civile totalmente telematico; compendiabile nella maggiore celerità del procedere processuale, oltreché dei tempi decisori del giudice.

Cosicché il risparmio del tempo impiegato incide positivamente sulla contrazione dei tempi processuali.

III. Tornando alla pronunzia che si annota, si può osservare che l'esito cui la stessa perviene è condivisibile, oltreché conforme ad un recente precedente pronunziato dalla medesima sezione lavoro (Cass. civ., sez. lav., 27 giugno 2024, n. 17717).

Nella configurazione data all'udienza cartolare dal legislatore delegato la sostituzione di essa presuppone un atto di impulso processuale che si compendia appunto nel deposito, quantomeno ad opera di un parte, di una nota «contenente le sole istanze e conclusioni» (art. 127-ter , comma 1 c.p.c.).

Tale atto ha il significato di atto di impulso processuale, dato che le «istanze e conclusioni» in esse contenute presuppongono la richiesta che il processo prosegua.

In difetto di deposito di note contenenti «le sole istanze e conclusioni» (come si è verificato nel caso deciso dalla S.C., ove era stata depositata una nota di deposito con allegata una pronunzia di legittimità), opera un meccanismo conformato su quello di deserzione dall'udienza in presenza (artt. 181 e 309 c.p.c.) che, ai sensi dell'art. 127-ter, comma 4 c.p.c., impone al giudice la fissazione di una nuova udienza.

Avverte opportunamente la S.C. che, in caso di di dubbio sul c.d. rito cartolare, il giudice deve  «dare corso a richiesta di chiarimenti che poi altro non sono che l'espressione tangibile del contraddittorio».

D'altro canto, decidere la causa a seguito di discussione cartolarizzata, in difetto di impulso processuale di parte (e perciò di alcun interesse di natura sostanziale, dato che, come nella specie si era verificato, la causa era stata conciliata), significa disattendere fondamentali principi processuali (v. l'art. 99 c.p.c. titolato al «principio della domanda») che istituzionalmente si compendiano nell'antico brocardo judex ne procedat ex officio (v. REDENTI, 27).

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