Responsabilità degli amministratori e ripartizione dell’onere di prova

La Redazione
01 Ottobre 2024

La Cassazione si pronuncia sulla ripartizione dell'onere della prova nel caso di presunta responsabilità di un amministratore di una società di capitali.

Una società si opponeva avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano, con cui le era stato ingiunto il pagamento di una somma in favore dell'ing. Tizio, a titolo di compenso per l'attività di progettazione e direzione dei lavori relativa a due immobili di proprietà della società attrice; la società chiedeva inoltre la condanna di Tizio al risarcimento dei danni per mala gestio, nella sua veste di amministratore della società. Il Tribunale rigettava l’opposizione e la Corte d’appello confermava tale decisione. La società allora ricorreva in Cassazione, dolendosi in particolare del fatto che la Corte territoriale avesse rigettato la domanda per pretesa mala gestio da parte dell’amministratore Tizio, il quale aveva omesso di mettere a frutto gli immobili della società, utilizzandoli invece per fini personali. La società aveva allegato e provato l'inadempimento dell'amministratore, mentre Tizio non aveva provato di essersi attivato per mettere a frutto l'immobile né aveva dimostrato di trovarsi nell'impossibilità di farlo. L'inerzia dell'amministratore aveva causato un danno alla società relativo ai mancati ricavi derivanti dai due immobili.

La Suprema Corte ha evidenziato che la responsabilità degli amministratori nei confronti della società ha natura contrattuale, pertanto la società ha l'onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sugli amministratori l'onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento dei loro obblighi. Se è vero che tale responsabilità trova come limite la discrezionalità imprenditoriale (per cui all'amministratore di una società non può essere imputato, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico), è anche vero che, qualora i comportamenti degli amministratori che si assumono illeciti non siano vietati dalla legge o dallo statuto, la condotta dell'amministratore è illegittima se omette di adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati: in tal caso l'attore ha l'onere di provare tutti gli elementi di fatto dai quali è possibile dedurre la violazione dell'obbligo di lealtà e di diligenza. Dunque, la Cassazione ha ritenuto il motivo fondato e cassato la Corte di merito, che si è limitata ad affermare l'insindacabilità delle scelte gestionali dell'amministratore, senza verificare se il non essersi attivato per concedere in locazione gli immobili della società, utilizzandoli gratuitamente, costituisse violazione del dovere di diligenza.

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