L’intervenuto pagamento di canoni scaduti non preclude la clausola risolutiva espressa se non integralmente eseguito

Luca Malfanti Colombo
16 Ottobre 2024

La fattispecie sottoposta all'esame del giudice di merito aveva per oggetto, tra l'altro, la verifica della legittimità o meno della pretesa attorea in ordine all'applicazione della clausola risolutiva espressa, contrattualmente prevista, con conseguente intervenuta risoluzione del contratto di sublocazione per mancata corresponsione di canoni scaduti da parte del subconduttore e contestuale immediato rilascio dell'immobile a questi previamente locato.

Massima

In tema di locazione, il pagamento tardivo di canoni scaduti non disinnesca la clausola risolutiva espressa, ove contrattualmente prevista, se il conduttore non fornisce prova né documentale né testimoniale dello stesso e, comunque, in caso di estinzione solo parziale del debito con persistenza di credito residuale a vantaggio del locatore.

Il caso

La controversia prendeva le mosse dall'azione, promossa dal sublocatore, volta, tra l'altro, all'accertamento della cessazione del vincolo contrattuale per fatto imputabile al subconduttore e, quindi, alla declaratoria di intervenuta risoluzione del contratto di sublocazione con convalida di sfratto per morosità.  

La questione

Si trattava, per il giudice di merito, di verificare il corretto adempimento del rapporto obbligatorio lato subconduttore mediante prova dell'avvenuto integrale pagamento, seppur tardivo, di pregressi canoni scaduti. Il tutto onde evitare l'attivazione, da parte del sublocatore, della clausola risolutiva espressa, inserita nel contratto, che prevedeva la cessazione del vincolo a fronte del mancato pagamento anche di un solo canone e decorsi trenta giorni dalla scadenza.   

Le soluzioni giuridiche

Al riguardo, il Tribunale massese si era pronunciato per l'intervenuta risoluzione del contratto di sublocazione per fatto imputabile al subconduttore, con conseguente condanna di questi al pagamento del residuo dei canoni scaduti, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo. Il giudice di merito aveva ritenuto, quindi, il subconduttore in errore circa l'avanzata pretesa di insussistente legittimazione attiva di parte attrice.

Secondo l'organo giudicante, il sublocatore, all'azione di accertamento di intervenuta risoluzione del vincolo di sublocazione per inadempimento del convenuto, era perciò pienamente legittimato. Egli, infatti, ne aveva interesse (a mente dell'art. 100 c.p.c.) sia in quanto tale azione era atta al recupero del proprio credito maturato in una fase “in cui non sussistevano ancora elementi patologici del contratto principale (…)” e sia perché “(…) l'avvenuta risoluzione a tale momento preclude irrimediabilmente al subconduttore azioni di risarcimento” (v. sentenza in commento). La perdita della disponibilità dell'immobile da parte del convenuto era, infatti, per il magistrato toscano, unicamente legata al suo inadempimento verso il sublocatore, essendo perciò del tutto indipendente dal rapporto intercorrente fra questi e il locatore principale.      

La soluzione adottata dal Tribunale di Massa derivava dalla disamina dell'istanza del convenuto, il quale aveva basato la pretesa di mancata legittimazione attiva di parte attrice fondandosi sul discutibile comportamento di questa nella gestione del rapporto locativo originario. Il sublocatore era, infatti, risultato inadempiente verso il locatore principale, ragion per cui era stata promossa da quest'ultimo azione di convalida di sfratto nei confronti del primo soggetto. Una condotta, quella dell'attore, cha avrebbe così violato (a detta del subconduttore) il dovere di garantire il pacifico godimento del bene sublocato.

Tuttavia, va posto che, al tempo della causa de qua, la vicenda fra locatore e conduttore principali si era già risolta in accordo negoziale. Il tutto con rinuncia del conduttore/sub locatore ad opporsi allo sfratto (a fronte di una sensibile riduzione delle somme dovute per canoni non versati) e al conseguente rilascio del bene a favore del locatore principale (come, tra l'altro, pacificamente riconosciuto dalla stessa parte convenuta).

Pertanto, le conseguenze negative derivanti dalla perdita della disponibilità del bene locato dovevano, per l'organo giudicante, essere eziologicamente ricondotte al solo comportamento inadempiente del subconduttore e non alla condotta (pur inadempiente) del sublocatore. Tale ultimo profilo aveva, invero, spiegato i propri effetti quando il vincolo negoziale subordinato era già stato risolto. Lo stato debitorio del convenuto (giustificativo dell'immediata risoluzione del suo contratto) risultava cioè già presente ben prima del comportamento inadempiente adottato dalla parte attrice verso il locatore principale.

Per il giudice massese, sarebbe stato quindi onere del subconduttore (onde evitare di incorrere nel meccanismo risolutivo contrattualmente convenuto) dimostrare di aver correttamente adempiuto alla propria obbligazione (i.e. il pagamento integrale dei canoni scaduti). Questi, però, non ne aveva dato prova né documentale né testimoniale. Anzi, come sottolineato dallo stesso giudice di merito, pur non volendo considerare l'erraticità ed i ritardi dei suoi versamenti, al momento dell'intimazione ad adempiere a cura del sublocatore risultava ancora un credito residuo a favore di quest'ultimo. Un credito che legittimava ipso facto proprio l'azione di parte attrice volta all'accertamento dell'intervenuta cessazione del vincolo per fatto imputabile al subconduttore, anche nelle forme sommarie della convalida di sfratto.

È da sottolineare, infine, che, per il Tribunale di Massa, la circostanza che il contratto di sublocazione dovesse ritenersi risolto, per fatto imputabile al subconduttore, in data anteriore alla condotta del sublocatore nella gestione del rapporto principale costituiva certamente ragione più liquida (…)” comportante esenzione dalla disamina “(…) della condotta contrattuale di costui e dalla asserita violazione del suo dovere di garantire il pacifico godimento del bene sublocato (v. sentenza in commento).

Giova qui ricordare il significato del sopra citato termine di “ragione più liquida”. Ovvero, trattasi di quel principio, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., per cui la decisione di una causa può vertere sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza necessità di esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell'art. 276 c.p.c.(Cass. civ., sez. lav., n. 9309/2020 e Cass., sez. trib., n. 26634/2022).                  

Osservazioni

Norma di riferimento per la vertenza in esame risulta essere l'art. 1455 c.c.. Tale disposizione statuisce che, ai fini della risoluzione di un contratto (quale quello locativo), è necessaria la previa valutazione circa la gravità dell'inadempimento di una delle parti nonché il confronto fra questa e il concreto interesse perseguito dall'altra. Il concetto di gravità (rectius, non scarsa importanza) va quindi necessariamente verificato in riferimento al comportamento di entrambe le parti nel quadro generale dell'esecuzione del contratto nonché dell'interesse che la parte ha all'esatto adempimento dell'obbligo contrattuale.

Per quanto riguarda, in particolare, il fenomeno locativo, un criterio applicabile risulta desumibile dal disposto dell'art. 1564 c.c. in tema di somministrazione, per cui l'inadempienza per essere giustificativa della risoluzione contrattuale dovrà essere atta alla menomazione della sicurezza all'ottenimento delle prestazioni stabilite per contratto.

Stante quanto sopra, il mancato integrale pagamento nei termini del canone (come nel caso di specie) da parte del subconduttore costituisce giustificato motivo legittimante la risoluzione della sublocazione da parte del sublocatore per grave inadempimento contrattuale. È infatti pacifico assunto giurisprudenziale che la principale e fondamentale obbligazione di un conduttore (o subconduttore) è proprio costituita dalla corresponsione del canone di locazione. L'inquilino non può, quindi, sua sponte astenersi (o ritardare) dal pagamento integrale del canone (così come non può nemmeno determinarlo in via unilaterale!). E ciò nemmeno qualora (come nel nostro caso) il sublocatore abbia adottato comportamenti implicanti una mala gestione del rapporto locativo principale con conseguente rischio di perdita del godimento del bene da parte del medesimo subconduttore. Il tutto in quanto la sospensione totale o parziale dell'adempimento di detta obbligazione (i.e. il pagamento del canone) risulta legittima, ai sensi dell'art. 1460 c.c., “soltanto quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte” (così Trib. Nola 24 maggio 2022, n. 1133Trib. Pisa 2 novembre 2016, n. 1340Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2016, n. 18987Cass. civ, sez. III, 18 aprile 2016, n. 7636).

Non si vuole, comunque, sottacere che, in caso di morosità nel pagamento del canone di locazione pattuito, “non può reputarsi automaticamente sussistente la gravità sol perché l'inadempimento incide su una delle obbligazioni primarie scaturenti dal contratto, dovendosi invece accertare la gravità in concreto (...)”. Compito dell'organo giudicante è, dunque, quello - appunto ai sensi dell'art. 1455 c.c. - della verifica dell'effettiva idoneità della mora a sconvolgere l'intera economia del rapporto contrattuale, con conseguente annullamento dell'interesse del locatore (il sublocatore nel nostro caso) alla prosecuzione del medesimo.

Nel caso di specie, la valutazione attesa dall'organo giudicante riguarda in particolare sia il livello di incidenza apprezzabile dell'inadempimento sull'economia complessiva del contratto di sublocazione (c.d. parametro oggettivo), (...) si da dar luogo ad uno squilibrio sensibile del sinallagma negoziale” (così Trib. Roma 30 maggio 2022, n. 8480), e sia la condotta realmente tenuta da entrambe le parti (c.d. parametro soggettivo) che, in relazione al caso specifico, può anche attenuare il giudizio sulla “non scarsa importanza” indipendentemente dall'importanza della prestazione (qual è il pagamento del canone di locazione) ritardata o ineseguita.

Ed è proprio sulla base della disamina combinata del duplice parametro sopra citato che, nel caso il Tribunale massese era giunto a considerare grave il mancato pagamento del canone locativo da parte del convenuto e, quindi, come elemento idoneo a produrre l'esito della risoluzione contrattuale richiesta da parte attorea con conseguente riconsegna immediata del bene locato. Dall'analisi della documentazione prodotta in atti, era infatti emerso un comportamento “sbilanciato” da parte del convenuto. In altre parole, il giudice di merito aveva constatato che i “vizi” vantati dal subconduttore non potevano definirsi idonei all'interruzione della sua obbligazione pecuniaria verso il sublocatore. Il convenuto aveva invero addotto, a giustificazione del proprio tardivo e parziale pagamento del canone, il comportamento (pur discutibile) tenuto dall'attore relativamente alla gestione del proprio rapporto contrattuale con il locatore principale. Anche il sublocatore era infatti incorso nel mancato pagamento di canoni scaduti (relativamente al medesimo immobile sublocato) e, a detta del convenuto, con l'intimazione di sfratto effettuata dal locatore principale aveva contravvenuto all'obbligo di assicurare al sub conduttoreil pacifico godimento del bene affittatogli.

Tuttavia, il convenuto ometteva di indicare che, al tempo del proprio inadempimento, le problematiche relative al rapporto locativo principale si erano già risolte in accordo negoziale tra le parti e che, pertanto, le conseguenze negative derivanti dalla perdita della disponibilità del bene locato dovevano essere poste in capo al solo comportamento inadempiente del subconduttore e non alla condotta (pur inadempiente) del sublocatore. Tale ultimo profilo aveva, invero, spiegato i propri effetti quando il vincolo negoziale subordinato era già stato risolto!            

Oltretutto il subconduttore non solo aveva continuato a servirsi del bene sublocato anche durante il periodo di sospensione del canone locativo ma non aveva fornito al giudice di merito prova né documentale né tantomeno testimoniale della tardiva integrale corresponsione delle somme pattuite. Il che avrebbe certamente funto da fattore estintivo del proprio inadempimento consentendogli il continuo godimento del bene sublocato con perdita di legittimazione attiva di parte attrice e disinnesco immediato della clausola risolutiva espressa contrattualmente prevista dalle parti. Il comportamento del convenuto aveva invece dato prova certa della menomazione nella fruibilità del bene.

È da rilevare che il fatto che (come nel caso di specie) l'attore abbia originariamente mal gestito il rapporto locativo principale non costituisce elemento riduttore della valutazione della gravità dell'inadempimento del subconduttore. Questi non può in nessun caso sospendere unilateralmente il canone di locazione (salvo pagarlo poi parzialmente extra time al sublocatore) invocando, a giustificazione, l'inadempimento della controparte nel rapporto locativo principale. Soprattutto in una situazione (come quella in esame) in cui l'inadempienza rilevata dal subconduttore si era già risolta ben prima del suo inadempimento sulla base di un accordo negoziale tra le parti non inficiante, quindi, minimamente il godimento del bene da parte del convenuto.

Stante l'accoglimento dell'istanza di parte attrice, alla luce delle precedenti considerazioni, è, infine, da segnalare che, per l'organo giudicante, restava comunque assodato il tradizionale principio giurisprudenziale (ribadito chiaramente anche nel caso de quo) in tema di onere della prova gravante sulla parte che agisce in giudizio. Quest'ultima, infatti, deve provare il titolo costitutivo del rapporto e può limitarsi ad allegare l'inadempimento vantato, gravando quindi sulla controparte l'onere della prova contraria (Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533).

Riferimenti

Nasini, La locazione di immobili urbani ad uso abitativo, Milano, 2019, 38;

De Tilla, Le locazioni. Canone. Oneri. Locazioni particolari. Indennità di avviamento. Prelazione e riscatto, Milano, vol. II, 2017, 379;

Lazzaro - Di Marzio, Le locazioni ad uso abitativo, Milano, 2012, 435;

Masoni, L'estinzione del rapporto di locazione, Milano, 2011, 51.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.