Codice di Procedura Civile art. 125 - Contenuto e sottoscrizione degli atti di parte 1 .Contenuto e sottoscrizione degli atti di parte 1. [I]. Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione [163], il ricorso [414], la comparsa [167, 416], il controricorso [370], il precetto [480] debbono indicare l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o la istanza, e, tanto nell'originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente [82 1-2, 86, 417 1], oppure dal difensore che indica il proprio codice fiscale. [Il difensore deve altresì indicare il proprio numero di fax.] 2 3 [II]. La procura al difensore dell'attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione [165 1] della parte rappresentata. [III]. La disposizione del comma precedente non si applica quando la legge richiede che la citazione sia sottoscritta dal difensore munito di mandato speciale [221 2, 365, 370 3, 398 3].
[1] Articolo così sostituito dall'art. 6 l. 14 luglio 1950, n. 581, In tema di rito speciale per le controversie in materia di licenziamenti, v. art. 1, commi 47-68, in particolare il comma 48, l. 28 giugno 2012, n. 92. [2] Le parole «Il difensore deve altresì indicare il proprio numero di fax.» sono state soppresse dall'art. 3, comma1, lett. h), del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. Precedentemente l'art. 45 bis, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, conv., con modif, in l. 11 agosto 2014 n. 114, in sede di conversione ha modificato il secondo periodo del primo comma, che, ai sensi della modifica ex art. 25, l. 12 novembre 2011, n. 183, recitava: «Il difensore deve, altresì, indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine e il proprio numero di fax». Il comma era stato, inoltre, precedentemente modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, conv., con modif., in l. 22 febbraio 2010, n. 24 (che ha aggiunto la frase: « che indica il proprio codice fiscale »), e successivamente dall'art. 2, comma 35-ter, d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv., con modif., in l. 14 settembre 2011 n. 148. [3] Ai sensi dell'art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011 n. 98, conv., con modif., in l. 15 luglio 2011, n. 111, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio. La novella del 2014La norma in commento è stata oggetto di numerose modificazioni nell'arco degli ultimi 5 anni e, per quanto attiene allo specifico ambito di operatività della presente opera, anche in relazione alle procedure civili telematiche. L'art. 45-bis, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni nella l. 11 agosto 2014, ha modificato il secondo periodo del primo comma eliminando l'obbligatorietà dell'inserimento dell'indirizzo PEC del Difensore all'interno degli atti di parte di cui all'articolo in parola. La ragione che ha portato il legislatore ad operare tale “taglio” non è stata certo la volontà di fare un passo indietro rispetto al processo di digitalizzazione dei procedimenti giudiziari, bensì un intento di semplificazione. A seguito della nascita dei così detti “pubblici registri di indirizzi PEC” e, in particolare, a seguito dell'istituzione del Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (alias ReGIndE), ogni Avvocato ha dovuto obbligatoriamente comunicare il proprio indirizzo PEC all'Ordine di appartenenza. Gli Ordini poi, per il tramite dei propri referenti informatici, provvedono periodicamente ad aggiornare il registro INIPEC ed il ReGIndE con le PEC comunicate dai propri iscritti. La presenza di un indirizzo PEC censito in un pubblico registro che, a norma dell'art. 16-sexies d.l. n. 179/2012, costituisce a tutti gli effetti un vero e proprio domicilio digitale del Difensore, mal si armonizzava con l'indicazione, operata dal Difensore stesso, di un indirizzo di posta elettronica certificata negli atti di cui all'art. 125 c.p.c. e, in particolare, nell'atto di costituzione in giudizio. L'indirizzo PEC del difensore, come anche l'indirizzo fisico, è in effetti mutevole e cristallizzarlo all'interno di un atto giudiziario avrebbe potuto creare un'asincronia con l'aggiornamento del domicilio digitale che fosse stato eventualmente effettuato attraverso la comunicazione di nuovo indirizzo di Posta Elettronica Certificata ai gestori dei pubblici registri sopra richiamati, con la conseguente incertezza sull'indirizzo da utilizzare per eventuali comunicazioni e/o notificazioni da effettuare via PEC. Sul punto, peraltro, si è pronunciata la Suprema Corte che con sentenza del 15 settembre 2022, n. 2718, ha ribadito che a seguito dell'introduzione del domicilio digitale (con la modifica apportata all'art. 125 c.p.c. da parte dell'art. 45-bis, comma 1, d.l. n. 90/2014, conv. con l. n. 114/2014) non sussiste alcun obbligo per il difensore di indicare nell'atto introduttivo l'indirizzo PEC comunicato al proprio ordine, trattandosi di dato già risultante dal “ReGindE”, in virtù della trasmissione effettuata dall'Ordine stesso. L’indicazione della PEC all’interno dell’atto, un elemento attivo?Annosa questione che ha tenuto a lungo banco sia fra la dottrina che nelle aule di Tribunale, è quella dei link ipertestuali. Gli indirizzi PEC indicati negli atti di cui all'art. 125 c.p.c., infatti, generavano e generano — nella quasi totalità dei casi — un link ipertestuale automatico al programma di posta elettronica predefinito del sistema. Tali link ipertestuali, come ogni altro collegamento ad una risorsa digitale esterna, sono stati in alcuni casi ritenuti contrari al disposto di cui all'art. 12 delle specifiche tecniche 16 aprile 2014: « rilevato che l'atto digitale non rispetta la normativa vigente: infatti, l'art. 12 del Provvedimento del Ministro della Giustizia del 16 aprile 2014 (contenente le Specifiche tecniche previste dall'articolo 34, comma 1 del decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44, a sua volta richiamato dall'art. 16-bis d.l. n. 179/2012, che prevede che il deposito dei provvedimenti, degli atti di parte e dei documenti ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici) prevede che “L'atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all'ufficio giudiziario, rispetta i seguenti requisiti: a) è in formato PDF; b) è privo di elementi attivi; c) è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini [...]”; considerato che nella fattispecie la documentazione allegata al ricorso presenta uno o più elementi attivi (compare in evidenza da consolle la presenza di uno o più collegamenti ipertestuali negli allegati) e dunque la forma prevista dalla legge non è stata rispettata; ritenuto che la violazione della forma legale non consente di ritenere raggiunto lo scopo poiché l'atto introduttivo manca dei requisiti genetici indispensabili per dar corso a valido processo telematico ....”. Dichiara inammissibile il ricorso per decreto ingiuntivo ». Contrarie a tale precedente giurisprudenziale del Tribunale di Roma, però, sono le linee guida pubblicate dal Ministero della Giustizia sul Portale dei Servizi Telematici in materia di formazione dell'atto da depositare in giudizio, le quali chiariscono: « Si precisa che “privo di elementi attivi” significa che non è ammessa la presenza di macro o di campi che possano pregiudicare la sicurezza (es. veicolare virus) e alterare valori quando il file viene aperto. Sono ammessi, invece, elementi quali: — figure all'interno del testo — indirizzi mail/PEC — link a documenti allegati al deposito: consigliati in quanto migliorano la leggibilità e la fruizione dell'intero deposito... — link a siti o risorse esterne: in questo caso al magistrato viene inviata una segnalazione di attenzione che non risulta comunque bloccante » (Il testo integrale è reperibile al seguente indirizzo Internet: https://pst.giustizia.it/PST/resources/cms/documents/Indicazioni_su_creazione_Atto_principale.pdf). Per un commento più approfondito e una più completa analisi della giurisprudenza di riferimento sulla forma degli atti telematici, si rimanda al commento in calce all'art. 11 del d.m. n. 44/2012 (Formato dell'atto del processo in forma di documento informatico). La sottoscrizione dell’atto da parte del difensoreIn relazione al requisito della sottoscrizione digitale dell'atto giudiziario, sono state numerose le pronunce della Suprema Corte che si sono susseguite negli ultimi anni. È in primis da analizzare la recente pronuncia n. 19434 del 18 luglio 2019, nella quale la Cassazione Civile si è occupata della carenza di sottoscrizione olografa all'interno di un atto processuale. Nel caso di specie, il Difensore della parte aveva provveduto a sottoscrivere con firma olografa solo la procura alle liti e non anche il ricorso a cui tale procura si riferiva, e aveva poi provveduto a: scansionare i due documenti, attestarli come conformi e sottoscriverli digitalmente ai fini della notificazione. Orbene, la Suprema Corte ha ritenuto che tale attività fosse da ritenersi idonea a confermare la provenienza del ricorso notificato “restando del tutto irrilevante che l'originale cartaceo del ricorso non recasse sottoscrizione autografa”. In tema, invece, di atti totalmente privi di sottoscrizione, vi sono da segnalare le pronunce n. 14338/2017 della Corte di Cassazione e la Sentenza 15 giugno 2017 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, per il cui approfondimento si rimanda al commento all'art. 11 della legge n. 53/1994. L’inserimento del numero di faxCome meglio si specificherà nel commento all'art. 136 c.p.c. il d.lgs. n. 149/2022 ha eliminato la facoltà di invio del biglietto di cancelleria a mezzo telefax per tutti i procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023. Tuttavia, a seguito di tale modifica, non si era provveduto a modificare l'art. 125 c.p.c. con la conseguenza che, seppur ultroneo, l'indicazione del numero di fax nell'atto introduttivo è rimasta vigente sino all'emanazione del decreto legislativo n. 164 del 2024 (cd correttivo Cartabia) che ha abrogato la disposizione. |