Disp. Att. Trans. Codice Procedura Civile - 18/12/1941 - n. 1368 art. 196 octies - Potere di certificazione di conformità delle copie degli atti e dei provvedimenti contenuti nel fascicolo informatico o allegati alle comunicazioni e notificazioni di cancelleria 1

Nicola Gargano
Luca Sileni
Giuseppe Vitrani

Potere di certificazione di conformità delle copie degli atti e dei provvedimenti contenuti nel fascicolo informatico o allegati alle comunicazioni e notificazioni di cancelleria 1

[I]. Le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest'ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche, equivalgono all'originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all'originale.

[II]. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore, il commissario giudiziale e il liquidatore giudiziale possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al primo comma e attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico ovvero allegati alle comunicazioni telematiche. Le copie analogiche e informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico o dall'allegato alla comunicazione telematica e munite dell'attestazione di conformità hanno la stessa efficacia probatoria dell'atto che riproducono. Il duplicato informatico di un documento informatico deve essere prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine.

[III]. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli atti processuali che contengono provvedimenti giudiziali che autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all'ordine del giudice.

[1] Articolo inserito dall'art. 4, comma 12, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149/2022, il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).   Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n. 197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

Commento

La norma in commento, ricalca pedissequamente l'originario testo del comma 9-bisd.l. n. 179 del 2012 introdotto dal decreto legge 90 del 2014, e che già consentiva al difensore, al dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, al consulente tecnico, al professionista delegato, al curatore ed al commissario giudiziale di estrarre dal fascicolo informatico, o semplicemente dalla PEC costituente il biglietto di cancelleria, copia di atti processuali e provvedimenti giudiziari ed asseverarne la conformità all'originale contenuto nel fascicolo informatico.

Tuttavia, tale norma pur recependo completamente il contenuto del comma 9-bis dell'art. 16-bis, trova applicazione esclusivamente nei confronti dei procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023, per i giudizi iniziati prima di tale date — invece — continuerà ad applicarsi l'originario testo dell'art. 16-bis comma 9-bis.

L'art. 35 del d.lgs. n. 149/2022 (cd. riforma Cartabia), infatti, ha fissato l'entrata in vigore al primo gennaio 2023 — anche per i procedimenti pendenti — esclusivamente per le seguenti norme:

• Art. 196-quater. Obbligatorietà del deposito telematico di atti e di provvedimenti;

• Art. 196-quinquies. Dell'atto del processo redatto in formato elettronico;

• Art. 196-sexies. Perfezionamento del deposito con modalità telematiche;

• Art. 196-septies. Copia cartacea di atti telematici;

• Art. 196-duodecies. Udienza con collegamenti audiovisivi a distanza.

Sono dunque rimasti esclusi gli articoli dal 196-octies al 196-undecies, che riguardano le attestazioni di conformità e che, pur ricalcando, come detto, pedissequamente quanto statuito dalle norme sulle attestazioni di conformità contenute nel d.l. n. 179/2012, hanno trovato applicazione solo per i procedimenti iniziati successivamente al 28 febbraio 2023.

Ne consegue che per i procedimenti pendenti al 28 febbraio 2023 si è applicato il vecchio comma 9-bis del d.l. n. 179/2012 mentre ai nuovi procedimenti si applica l'articolo in commento.

Tale differenza applicativa non comporta particolari differenze dal punto di vista pratico e basterà rispettare, nel redigere le attestazioni, l'accorgimento di non citare una specifica normativa ma richiamarsi genericamente alle norme di legge, utilizzando una dicitura del tipo “ai sensi di legge”.

Tuttavia, se per i procedimenti pendenti dinnanzi al Tribunale e alla Corte di Appello non vi saranno particolari problematiche, si potrebbero presentare alcuni dubbi interpretativi in relazione alle attestazioni di atti e provvedimenti estrapolati dai fascicoli telematici di Cassazione e Giudice di Pace.

Infatti, il testo del comma 9-bis limitava la possibilità di estrarre copie e duplicati limitatamente ad atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest'ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo.

Ebbene i procedimenti indicati nell'articolo dovevano intendersi quelli pendenti presso Tribunali e Corti di Appello, ovvero gli unici uffici dove era imposta l'obbligatorietà del PCT prima del 1° gennaio 2023.

Se quindi non vi è alcun dubbio che per i procedimenti pendenti presso il Tribunale e Corte di Appello si possano estrarre copie di atti e provvedimenti dal fascicolo telematico, qualche dubbio interpretativo rimane sulle copie e duplicati estrapolate dai fascicoli di Cassazione e Giudice di Pace.

Il comma 9-bis dell'articolo 16-bis, infatti, sarebbe applicabile agli uffici giudiziari diversi dai tribunali e corti di appello in caso di attuazione del sesto comma dell'art. 16-bis.

Detto comma prevede infatti che, negli uffici giudiziari diversi dai tribunali le disposizioni di cui ai commi 1 e 4 (ovvero l'obbligatorietà del deposito telematico) si applicano a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti, aventi natura non regolamentare, con i quali il Ministro della giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione. I decreti previsti dal presente comma sono adottati sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i consigli dell'ordine degli avvocati interessati.

Ne consegue che l'applicabilità del comma 9-bis agli uffici giudiziari diversi da Tribunali e Corti di Appello è subordinata alla presenza di decreti, aventi natura non regolamentare, con i quali il Ministro della giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione, disponendo l'obbligatorietà del deposito telematico.

Ebbene né per la Suprema Corte e né per il Giudice di Pace sono stati emanati tali decreti, poiché l'obbligatorietà del processo civile telematico è stata disposta da una norma di legge ovvero il d.lgs. n. 149/2022 (cd. riforma Cartabia), seppur di rango superiore ad un decreto ministeriale.

Ne consegue che una interpretazione restrittiva dell'articolo 16bis imporrebbe di escludere la possibilità di esercitare la facoltà di cui al comma 9bis per i procedimenti già pendenti dinnanzi a Giudice di Pace e Cassazione alla data del 28 febbraio 2023,

Tuttavia, una interpretazione estensiva e più aderente a principi di semplificazione porterebbe a pensare che, il legislatore del 2012, volesse semplicemente circoscrivere l'applicabilità del comma 9-bis, solo a quei procedimenti ove fosse attivo e a pieno regime il deposito telematico obbligatorio, peraltro disposto da una norma di legge avente rango superiore ad un decreto ministeriale.

Seguendo questa seconda interpretazione le attestazioni di conformità degli atti estratti dal fascicolo telematico e dalle comunicazioni di cancelleria sarebbero possibili per la Suprema Corte di Cassazione dal 1° gennaio 2023 e per il Giudice di Pace, Tribunale dei Minorenni, Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e Commissario per la liquidazione degli usi civici dal 30 giugno 2023.

Per la verità, relativamente alla possibilità di estrarre copie e duplicati dai fascicoli telematici della Suprema Corte, la dottrina si era già interrogata sulla possibilità di estendere l'operatività del comma 9-bis.

Una prima tesi propendeva, difatti, per l'applicabilità del comma 9bis anche a detti procedimenti poiché l'estensione dal 31 marzo 2021 del processo telematico alla Suprema Corte era stato disposto pur sempre con Decreto DGSIA che accertava la funzionalità dei servizi di comunicazione.

L'obiezione, tuttavia, mossa da parte della dottrina è che questo stesso decreto fosse stato emanato non ai sensi dell'articolo 16-bis ma ai sensi dell'art. 221, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, ovvero la normativa emergenziale.

Ciò detto. comunque, vi è da precisare che, in virtù di quanto si legge al punto 10 del vademecum per i depositi telematici presso la Corte Suprema di Cassazione predisposto dal gruppo di lavoro della Fondazione Italia per l'Innovazione Forense (fiif.it), debba ritenersi applicabile anche nel processo civile telematico innanzi alla S.C. — in mancanza di indicazioni di segno contrario — la disposizione contenuta nell'art. 16-bis, comma 9-bis, d.l. n. 179/2012.

Passando ad un'altra problematica è opportuno chiarire che lo stesso incipit dell'articolo limita tali poteri ai soli atti processuali di parte e degli ausiliari del Giudice nonché ai provvedimenti del Giudice stesso, rimanendo pertanto esclusa la possibilità di attestare la conformità dei documenti allegati ai depositi telematici.

La predetta copia potrà essere formata sia come documento elettronico, ad esempio per la notifica a mezzo PEC, oppure stampata ed utilizzata in forma analogica per una classica notifica a mezzo ufficiale giudiziario oppure, ad esempio, per il deposito in un altro giudizio. In generale, però, non è prescritto alcun limite a tale potere di attestazione in ordine all'utilizzo della copia asseverata, quindi, la stessa potrà ben essere utilizzata anche al di fuori dell'ambito processuale o giudiziario.

Per tutti i casi di estrazione di copia dal fascicolo informatico, poi, è stata espressamente prevista l'esenzione dal pagamento di qualsiasi diritto di copia, ed in tal senso si è intervenuti sugli artt. 40 e 268 del d.P.R. n. 115 del 2002 in tema di spese di giustizia, che sono stati modificati specificando come « Il diritto di copia autentica non è dovuto nei casi previsti dall'articolo 16-bis, comma 9-bis, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 », uniformandosi così a quanto già previsto per le copie senza certificazione di conformità per cui l'art. 269 del d.P.R. n. 115/2002 prevedeva che « Il diritto di copia senza certificazione di conformità non è dovuto quando la copia è estratta dal fascicolo informatico dai soggetti abilitati ad accedervi ».

Rimandando la trattazione in ordine alle modalità di attestazione al commento dell'art. 196-undecies disp. att. c.p.c., è opportuno chiarire l'incipit della norma in parola, che non si limita a conferire una semplice potestà di attestazione di conformità degli atti e provvedimenti contenuti nel fascicolo informatico, ma introduce una vera e propria presunzione di equivalenza di ciò che è presente nel fascicolo informatico rispetto all'originale depositato. Ne consegue che, tutto ciò che viene caricato all'interno del fascicolo informatico sotto forma di originale informatico (depositi telematici di atti di parte o provvedimenti del Giudice) o in copia per immagine (ad esempio la scansione di una sentenza redatta in formato cartaceo) può essere estratto e attestato come conforme per qualsiasi finalità.

Tuttavia, la norma in commento oltre a conferire i poteri di attestazione di conformità consente di estrapolare anche il cosiddetto duplicato informatico per il quale non sarà necessaria alcuna attestazione.

Tanto è confermato peraltro dalla Suprema Corte che, con sentenza del 17 marzo 2021, n. 7489 ha sottolineato che se l'esemplare di un decreto notificato è un “duplicato informatico” non necessiterà di alcuna attestazione di conformità. L'ipotesi è infatti ben diversa da quella della “copia informatica”, che, viceversa, necessita dell'attestazione de qua.

Tuttavia, con la riforma Cartabia, il secondo comma dell'articolo 137 del codice di procedura civile, ha di fatto limitato l'utilizzo del duplicato informatico, prevedendo che, l'ufficiale giudiziario o l'avvocato esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all'originale dell'atto da notificarsi.

Ci si pone dunque il dubbio che la dicitura “copia conforme” possa escludere che ai fini della notifica possa essere utilizzato il duplicato informatico, fatta eccezione per gli atti processuali redatti dall'avvocato per i quali ai sensi del combinato disposto dagli articoli 18 del d.m. n. 44/2014 e 19-bis delle specifiche tecniche del processo telematico, sarà necessaria la notifica sotto forma di pdf nativo firmato digitalmente (rectius duplicato informatico). Rimandandosi, sul punto, al commento dell'art. 137 del codice di procedura per un'analisi più approfondita della problematica, si ribadisce come tale lettura appaia certamente troppo formalistica e comunque in contrasto con l'intera architettura del processo telematico e del codice dell'amministrazione digitale.

Si richiamano in ogni caso anche le considerazioni svolte circa l'inopportunità di utilizzo del duplicato informatico in molti casi. Un punto sul quale non sorgono dubbi è invece che tale tipologia di documento può essere comunque utilizzata nei depositi telematici.

Appare a questo punto opportuno fare un passo indietro e chiarire la differenza e la disciplina di riferimento relativa alle copie (informatiche ed analogiche) e ai duplicati.

Ebbene per chiarire tali concetti, è necessario richiamarsi al Codice dell'Amministrazione Digitale (d.lgs. n. 82/2005) comunemente detto CAD.

Il duplicato informatico viene definitivo dall'art. 1 lettera i-quinquies) del CAD come « il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario » e rappresenta in realtà un artifizio giuridico volto ad armonizzare la terminologia utilizzata in ambito informatico con i concetti fondamentali dell'ordinamento giuridico e, più banalmente, della lingua italiana.

Nell'ambito linguistico, come anche in quello giuridico, infatti, i concetti di “copia” e di “originale” descrivono elementi della realtà fattuale ben identificati e identificabili.

L'originale — che in ambito giuridico è solitamente inteso come qualcosa di unico — potrà essere oggetto di innumerevoli azioni di copia, ma non di attività di “duplicazione” volte alla creazione di ulteriori originali.

In ambito informatico, invece, non si distingue solitamente tra copia ed originale, posto che un file composto dalla medesima sequenza di bit di un altro file, sarà in tutto e per tutto identico a quest'ultimo costituendo a tutti gli effetti un secondo originale.

Posto che questa peculiarità propria dei documenti informatici avrebbe potuto portare a notevoli problematiche di ordine pratico, il legislatore è ricorso alla creazione del concetto di “duplicato informatico”.

Il duplicato, quindi, non sarà altro che un documento informatico del tutto identico a quello di origine tanto da avere la medesima validità e la stessa efficacia probatoria del documento dal quale è stato originato.

Il primo comma dell'art. 23-bis del CAD chiarisce infatti che: « I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle regole tecniche di cui all'articolo 71 ».

La norma in questione, quindi, richiama direttamente le regole tecniche attuative dell'art. 71 del CAD stesso che sono state emanate solo nel novembre 2014 con il d.P.C.M. 13 novembre 2014.

Orbene l'art. 5 di detto decreto, molto semplicemente, chiarisce come il duplicato di un qualsiasi documento informatico dovrà essere prodotto tramite processi e strumenti idonei a garantire che il file finale — sia memorizzato sul medesimo supporto che su supporto diverso — contenga la medesima sequenza di bit di quello dal quale è stato estratto. Tale definizione è confermata al paragrafo 2.3 delle linee guida sulla formazione, gestione e conservazione del documento informatico, emanate dall'AgID in sostituzione delle suddette regole tecniche.

Per il legislatore, quindi, non è importante tanto lo strumento utilizzato per creare il duplicato quanto il risultato finale, ossia, l'identicità di sequenza binaria fra il file originario e quello derivato.

Per quanto attiene invece alla definizione di copia informatica, il Codice dell'Amministrazione Digitale opera innanzitutto una differenziazione di base fra “copia informatica di documento analogico” (a sua volta distinta in copia e copia per immagine) e “copia informatica di documento informatico”.

La copia informatica di documento analogico (ad esempio cartaceo) sarà quindi — ex art. 1 lettera i-bis) del CAD — quel documento avente contenuto identico a quello del documento da cui è stato estratto e, nel caso in cui si tratti di copia per immagine, non solo identità di contenuto ma anche di forma (v. art. 1 lettera i-ter) del CAD), posto che la copia per immagine non è altro che una scannerizzazione — e quindi una riproduzione fotografica — del primo documento.

La copia informatica di documento informatico, invece, sarà costituita da un documento informatico avente analogo contenuto rispetto al documento originale ma diversa sequenza di valori binari (vedi art. 1 lettera i-quater) del CAD).

In tutte e tre le definizioni, quindi, il CAD pone l'attenzione sul concetto di “identità di contenuto”, elemento che evidenzia la netta differenza che esiste rispetto al concetto di duplicato informatico il quale, oltre al contenuto, reca una sequenza binaria del tutto analoga al file di origine e si sostanzia, quindi, in un documento in tutto e per tutto identico al primo e non solo dal punto di vista contenutistico.

Il valore e l'efficacia delle copie informatiche di documenti analogici è stabilita dai primi 3 commi dell'art. 22 del CAD, che evidenziano 3 situazioni “tipo”.

1) Qualora il documento informatico contenga copia di atti pubblici, scritture private e documenti formati su supporto analogico e documenti in genere, lo stesso avrà piena efficacia ai sensi degli articoli 2714 e 2715 c.c., qualora chi lo spedisce o rilascia (tale soggetto dovrà essere un depositario pubblico autorizzato o un pubblico ufficiale), apponga o associ al documento stesso una firma digitale o altra firma elettronica qualificata.

In tal caso, quindi, qualora il contenuto di un atto analogico venga trasposto in un documento informatico che ne costituirà la copia, il pubblico ufficiale rilasciante dovrà apporvi la propria firma digitale.

2) Qualora si tratti di copia informatica per immagine (leggasi scansione) di documento analogico, l'efficacia probatoria della copia resterà immutata qualora la conformità della copia all'originale sia attestata da pubblico ufficiale, con dichiarazione allegata al documento secondo il paragrafo 2.2 delle linee guida AgID.

3) Qualora, ancora una volta, si tratti di copia informatica per immagine di documento analogico, e la copia sia stata realizzata in ossequio alle linee guida AgID, l'efficacia probatoria della copia sarà pari a quella dell'originale, qualora la conformità della copia stessa non venga espressamente disconosciuta. Si richiama in particolare l'attenzione su quanto previsto al paragrafo 2.2. delle suddette linee guida; si prevede infatti che “fermo restando quanto previsto dall'art. 22 comma 3 del CAD nel caso in cui non vi è l'attestazione di un pubblico ufficiale, la conformità della copia per immagine ad un documento analogico è garantita mediante l'apposizione della firma digitale o firma elettronica qualificata o firma elettronica avanzata o altro tipo di firma ai sensi dell'art. 20 comma 1bis, ovvero del sigillo elettronico qualificato o avanzato da parte di chi effettua il raffronto”.

Ricalcando le previsioni si chiarisce dunque che la copia così realizzata potrà essere sottoscritta tramite firma digitale o firma elettronica qualificata ciò, con tutta evidenza, per attribuire una paternità alla copia e per creare un sigillo di immodificabilità del documento.

Il valore e l'efficacia delle copie informatiche di documenti informatici, sono invece stabiliti dall'art. 23-bis, comma 2, del CAD, il quale prevede espressamente che le copie e gli estratti informatici del documento informatico, qualora vengano prodotti in ossequio alle regole tecniche di cui all'art. 71 del CAD stesso, godano della stessa efficacia probatoria dell'originale dal quale sono stati estratti ciò, però, unicamente qualora la conformità fra originale e copia sia attestata da pubblico ufficiale autorizzato o, in via residuale, qualora tale conformità non sia espressamente disconosciuta.

Appare chiaro come le norme de quibus prevedano due macrocategorie di copie informatiche, ossia, quelle munite di attestazioni di conformità di un pubblico ufficiale (munite ex se della medesima efficacia del documento originale), e quelle prive di detta attestazione, che manterranno la medesima efficacia dell'originale solo qualora non vengano espressamente disconosciute.

Appare altresì evidente che il duplicato informatico non necessiterà di alcuna attestazione di conformità per spiegare gli effetti propri del documento di origine, a patto che non venga alterato ovvero stampato perdendo le caratteristiche proprie del duplicato. In dottrina ci si è inoltre interrogati circa la effettiva utilizzabilità dei duplicati informatici privi di firma digitale ovvero quei documenti formati in origine su supporto cartaceo quali i provvedimenti del Giudice. Parte della dottrina, infatti, ritiene che solo il duplicato di un atto nativo digitale possa essere effettivamente utilizzato senza attestarne la conformità, posto che in caso di atto originariamente formato su supporto cartaceo, il duplicato non presenterà alcuna differenza rispetto alla copia, e vi è più di un dubbio sul fatto che possa essere considerato realmente tale, trattandosi in ogni caso di una copia informatica pur essendo qualificato come duplicato. Ad avviso di chi scrive, pur potendo sussistere un legittimo principio di affidamento da parte di chi estrae quella copia — qualificata dal sistema ministeriale come duplicato —, è prudenzialmente sconsigliato l'utilizzo ai fini della notifica di un duplicato proveniente da un documento formato in origine su supporto cartaceo (cfr. Gargano, Le novità nel PCT contenute nella legge di conversione del d.l. n. 83/2015, in Diritto e Giustizia, Giuffrè, 24 agosto 2015).

Tale interpretazione prudenziale, tuttavia, appare in contrasto con il principio di equivalenza citato e teorizzato da parte di ulteriore dottrina (Minazzi, PCT: documento informatico, duplicati e copie dopo la Legge 132/2015, in Quotidiano Giuridico, Milano, 2015), secondo cui, infatti, oltre alla prima equivalenza dettata dall'articolo 23-bis del Codice dell'Amministrazione Digitale secondo cui « I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti », si deve porre mente anche alla clausola di equivalenza dettata dall'articolo 16-bis, comma 9-bis, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, che equipara le copie presenti nel fascicolo informatico agli originali.

Pertanto, secondo tale principio, anche i provvedimenti giudiziali redatti su carta, in virtù del predetto comma, equivarrebbero all'originale anche se prive di attestazione di conformità del cancelliere.

Il difensore, pertanto, potrebbe — secondo tale orientamento — estrarre duplicati dei provvedimenti de quibus, i quali, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1 e 23-bis del Codice dell'Amministrazione Digitale, avrebbero il medesimo valore del documento informatico da cui siano stati tratti, ossia — in questo caso — dalla copia informatica per immagine, la quale è a tutti gli effetti un documento informatico.

Ne discende una doppia equivalenza, poiché, per proprietà transitiva, se la copia per immagine equivale all'originale cartaceo da cui è tratta e il duplicato informatico equivale alla suddetta copia per immagine, allora il duplicato equivale allo “originalissimo” cartaceo. Ciò corrisponde, peraltro, alla realtà, posto che (salvo rari errori di acquisizione o upload) è sufficiente per ogni soggetto abilitato esterno accedere in cancelleria, chiedere visione del provvedimento cartaceo e confrontarlo con quello caricato nel fascicolo telematico per accorgersi della loro identità, fattuale oltre che giuridica.

Secondo Minazzi, pertanto, non si rinvengono motivi per escludere la possibilità di notificare i duplicati informatici presenti nei fascicoli telematici, senza distinzione di sorta tra tipologie non previste dalla disciplina legale.

Nessun problema invece ci si dovrà porre, laddove si opti per l'utilizzo della copia informatica in quanto la stessa dovrà essere attestata secondo le modalità definite dall'articolo 16-undecies e sarà equivalente all'originale sia se trattasi di documento nativo digitale e sia che trattasi di atto scansionato.

È opportuno tuttavia rilevare che, alle copie informatiche dei provvedimenti del Giudice, nel momento in cui viene apposta la cosiddetta “coccardina” e i riferimenti in blu in alto a destra non viene rimossa la firma digitale del Giudice con la conseguenza che, ridepositando il predetto provvedimento telematicamente potrebbe generarsi un errore forzabile da parte della cancelleria in ordine alla validità della firma.

Un'ultima limitazione ai poteri di attestazione è prevista infine per atti processuali che contengano provvedimenti giudiziali che autorizzino il prelievo di somme di denaro vincolate all'ordine del Giudice, ad esempio per quei provvedimenti che autorizzano il prelievo di somme, come ad esempio l'apertura di libretti bancari ordinata dal Magistrato.

Da ultimo è opportuno chiarire che, la facoltà di cui all'articolo in commento, è da intendersi conferita al difensore munito di procura che, di conseguenza, potrà eventualmente porre in essere ogni attività di attestazione solo in un momento temporale successivo al conferimento della procura alle liti e solo nelle fasi e gradi processuali per cui la stessa è conferita.

Ne consegue che il difensore che riceva la procura solo per il secondo grado non potrà attestare la conformità della sentenza del primo grado e potrà solo richiedere una copia conforme cartacea o estrarre il duplicato informatico dopo aver chiesto la visibilità del fascicolo, posto che — come si è detto — non necessiterà di attestazione di conformità.

Tuttavia, si precisa che tale interpretazione è del tutto prudenziale atteso che, al momento in cui si scrive, non esistono pronunce che si siano interessate al problema di una eventuale retroattività della procura.

Se è infatti pacifico, per consolidata giurisprudenza, che non vi possa essere ultrattività della procura conferita al difensore del primo grado il quale, successivamente alla nomina di un nuovo difensore non potrà più compiere alcuna attività di attestazione, vi è più di un dubbio circa i poteri conferiti al difensore del secondo grado. Infatti, se il difensore di secondo grado non potesse attestare la conformità degli atti del primo giudizio, si verificherebbe una disparità di trattamento tra la parte che dovesse confermare il proprio difensore e quella che invece dovesse optare per una sostituzione. Nella medesima ipotesi, poi, ci troveremmo dinanzi ad un chiaro vuoto normativo che non consentirebbe al difensore del secondo grado di attestare la conformità di un atto, quale ad esempio la copia conforme sentenza scaricata dal fascicolo di primo grado, necessariamente prodromico alla proposizione dell'appello. Proprio in virtù di tale vuoto è lecito chiedersi se, la possibilità di scaricare ed attestare la conformità di atti e provvedimenti presenti nel fascicolo de quo, non possa ritenersi ricompresa nel mandato conferito per il giudizio di appello atteso che, non si potrà precludere al nuovo difensore un'attività necessaria allo svolgimento del proprio mandato. Peraltro, se da un lato è pur vero che il nuovo difensore potrebbe richiedere, qualificandosi come nuovo difensore, una copia conforme in cancelleria della sentenza di primo grado, dall'altro non si può non rilevare che, tale attività, comporterebbe un vero e proprio pregiudizio nei confronti della parte, che dovrebbe sostenere un costo non necessario qualora avesse mantenuto lo stesso difensore tra primo e secondo grado. Peraltro, si rileva come nessuna norma di legge impedisca gli effetti retroattivi della procura ma, al contrario, è prevista unicamente l'esclusione dell'ultrattività.

Sul punto, in ogni caso, è da segnalare come la Suprema Corte di Cassazione — con la pronuncia n. 10941/2018 — abbia stabilito: “ai sensi dell'art. 83 c.p.c., u.c., la procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell'atto non è espressa una volontà diversa, sicché i poteri rappresentativi del difensore si esauriscono nel momento in cui viene introdotto il grado successivo di giudizio con l'assistenza legale di un diverso avvocato. Consegue che, nell'uno quanto nell'altro caso, il difensore che ha assistito la parte nel grado di giudizio appena conclusosi, conserva il potere di estrarre copie analogiche dagli originali digitali presenti negli nei registri telematici di cancelleria, giacché, pure nell'ipotesi più restrittiva (cioè che egli sia munito di una procura speciale valevole solo per quel grado di giudizio) egli conserva la rappresentanza processuale della parte (ad esempio, anche ai fini dell'eventuale notificazione dell'impugnazione proposta da controparte) fintanto che il cliente non conferisca, per il grado successivo, il mandato alle liti ad altro difensore”.

Tale pronuncia, certamente, da un lato pone forti dubbi sulla possibilità di propendere per la bontà della tesi relativa all'eventuale retroattività della procura alle liti ma, dall'altro, ribadisce come sia facoltà e — in virtù del mandato professionale precedentemente conferito — probabilmente anche onere, fornire le copie autentiche degli atti del primo grado o delle notificazioni ricevute relativamente a quel grado di giudizio, da parte del primo difensore in favore del secondo. Tale primo difensore manterrà infatti la facoltà di attestazione di conformità in relazione a detto grado di giudizio e ciò finché non vi sia il conferimento del mandato alle liti — per il successivo grado di giudizio — ad altro difensore.

In merito, infine, alla validità effettiva delle copie estratte dal fascicolo telematico, ma prive della sottoscrizione del Cancelliere, si segnalano le pronunce di Cassazione Civile nn. 26479/2017 e 22674/2017.

Con entrambe le sentenze la Suprema Corte ha stabilito che l'equivalenza — sancita dalla norma in commento — della copia informatica all'originale benché priva della firma digitale del cancelliere, si applichi anche agli atti formatisi prima dell'entrata in vigore del Processo Civile Telematico, poiché tale norma non solo non riferisce di limiti temporali in relazione alla propria applicabilità, ma — oltre a ciò — stabilisce espressamente che requisito fondamentale per poter provvedere all'estrazione del documento e alla sua attestazione di conformità, è quello della presenza del documento stesso all'interno del fascicolo telematico.

Formule correlate

10. Attestazione di conformità di copia informatica di documento informatico (sullo stesso documento)

Io sottoscritto Avv.........attesto, ai sensi e per gli effetti di legge, che la presente copia informatica di......... è conforme al corrispondente atto (o se del caso provvedimento) presente nel fascicolo informatico dal quale è stata estratta.

Data e luogo.........

Avv. .........

11. Attestazione di conformità di copia informatica di documento informatico (su documento informatico separato)

Io sottoscritto Avv.........attesto, ai sensi e per gli effetti di legge, che il file ......... (indicare il nome del file — o dei file — completo di estensione) .......... (inserire una breve descrizione del documento o dei documenti di cui si sta attestando la conformità) è copia conforme al corrispondente atto (o se del caso provvedimento) presente nel fascicolo informatico dal quale è stata estratta.

Data e luogo.........

Avv. .........

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