Dissesto finanziario degli enti locali: profili di legittimità costituzionale sui termini perentori per la predisposizione del bilancio stabilmente riequilibrato

15 Novembre 2024

Nella disciplina del dissesto finanziario degli enti locali, contenuta nel Titolo VIII della Parte II del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico degli enti locali (di seguito TUEL), è previsto un termine perentorio per la deliberazione e la presentazione da parte dell'ente locale al Ministero dell'interno dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato e la cui inosservanza è sanzionata con lo scioglimento del consiglio dell'ente. Tale rigidità è apparsa al TAR Campania irragionevole e ingiustificata anche per la mancata previsione di un procedimento sollecitatorio all'adempimento analogo a quello previsto per la mancata approvazione del bilancio nei termini di legge. Da qui la rimessione della questione di costituzionalità di tale disciplina in relazione agli articoli 3,5,51,97 e 114 della Costituzione.

Massima

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale in relazione agli artt. 3,5,51,97 e 114 Cost.:

a) dell'art. 259, comma 1, TUEL limitatamente all'aggettivo “perentorio” in esso contenuto; b) dell'art. 261, comma 4, TUEL, limitatamente all'aggettivo “perentorio” in esso contenuto, laddove stabilisce la perentorietà del termine (di 45 giorni) per la presentazione di una nuova ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato;

c) dell'art. 262, comma 1, TUEL, limitatamente alla previsione secondo cui «l'inosservanza del termine per la presentazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato o del termine per la risposta ai rilievi e dalle richieste di cui all'articolo 261, comma 1, o del termine di cui all'articolo 261, comma 4, integrano l'ipotesi di cui all'articolo 141, comma 1, lettera a)».

Il caso

Il TAR Campania solleva d'ufficio la questione di legittimità costituzionale di cui in massima.

Le norme del TUEL, sospettate d'incostituzionalità, prevedono termini perentori affinché l'ente locale, che ha dichiarato il proprio dissesto, deliberi e trasmetta l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato al Ministero dell'interno (oltre che negli altri casi individuati in massima, tutti attinenti ad adempimenti connessi all'istruttoria sull'ipotesi di bilancio e sui quali più diffusamente infra), sanzionando la loro inosservanza con lo scioglimento del consiglio ai sensi dell'art. 141, comma 1, lett. a), TUEL, e cioè per atti contrari alla Costituzione, per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico.

Escluso che possa ricorrere un motivo di ordine pubblico, il collegio osserva che lo scioglimento potrebbe essere giustificato soltanto valutando la violazione come espressione della volontà del comune di disattendere norme o principi fondamentali dell'ordinamento ovvero come una violazione di legge di particolare gravità e protratta nel tempo.

Il collegio non ritiene però che l'inerzia del consiglio nel deliberare l'ipotesi di bilancio possa essere intesa come un elemento sintomatico di una così intensa volontà antigiuridica dell'ente, né che possano essere ritenuti sussistenti i caratteri di gravità e persistenza nel tempo della violazione di legge.

Da qui il difetto di ragionevolezza e, in particolare, l'asserita violazione dell'art. 3 Cost., richiamato sotto il profilo del principio di uguaglianza.

Il TUEL irragionevolmente non assimila il trattamento giuridico della mancata approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato a quello previsto per la situazione, che i giudici campani reputano sostanzialmente analoga, della mancata approvazione del bilancio nei termini di legge di cui all'art. 141, comma 1, lett. c), TUEL (l'equivalenza tra ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato e bilancio di previsione è ricorrente nella giurisprudenza della sez. I del TAR Campania: cfr., infatti, TAR Campania, sez. I, 4 giugno 2021, n. 3725, che, su ricorso di alcuni consiglieri comunali, ha annullato la delibera di approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato perché priva del documento unico di programmazione e della relazione dell'organo di revisione, richiesti dal TUEL per l'approvazione del bilancio di previsione, osservando, in motivazione, come le disposizioni del TUELrelative all'approvazione del bilancio “ordinario” di previsione «siano applicabili salvo diversa previsione, trattandosi di norme speciali destinate ad applicarsi in aggiunta ma non in sostituzione della disciplina ordinaria»).

Questa la ragione principale per cui la disciplina censurata è ritenuta arbitraria e priva di un'idonea giustificazione da parte del TAR Campania. Sotto questo profilo, è prospettata anche la violazione dell'art. 97 Cost. e del principio del buon andamento della pubblica amministrazione ivi espresso.

Sono stati infine individuati ulteriori profili di incostituzionalità nel contrasto con i principi di tutela delle autonomie locali, di cui agli articoli 5 e 114 Cost., nonché con il diritto di ogni cittadino di accedere alle (e di permanere nelle) cariche elettive, che sarebbe garantito dall'art. 51 Cost.

La questione

Il TAR Campania respinge il ricorso principale di alcuni consiglieri comunali (e proprietari di immobili) contro la dichiarazione di dissesto di un ente locale, ritenendo sussistenti i presupposti per la sua legittima deliberazione (pronuncia, perciò, per questa parte della domanda, sentenza parziale di rigetto).

Tuttavia, nell'esaminare i motivi aggiunti, rileva che l'impugnata ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato è stata deliberata dal consiglio e trasmessa al Ministero dell'interno in violazione dell'art. 259, comma 1, TUEL, che, per tale adempimento, stabilisce un «termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto» di nomina dell'organo straordinario di liquidazione.

Nel considerare le conseguenze dell'accoglimento del motivo di ricorso, consistenti, oltre che nell'annullamento dell'ipotesi tardivamente deliberata dal consiglio dell'ente dissestato, nel concretizzarsi di una causa di scioglimento ai sensi dell'art. 141, comma 1, lett. a), TUEL, come richiamato dall'art. 262, comma 1, TUEL, il TAR solleva d'ufficio la questione di costituzionalità delle disposizioni già indicate in massima (tale rimessione alla Corte costituzionale costituisce la parte “ordinanza” dell'unitario provvedimento decisorio).

Il TAR non condivide la tesi del Ministero dell'interno, che aveva suggerito al Prefetto di assegnare ai consiglieri comunali un termine per provvedere di venti giorni, applicando analogicamente il comma 2 dell'art. 141 TUEL in riferimento alla mancata approvazione, nei termini, del bilancio di previsione.

La formulazione letterale dell'art. 259, comma 1, TUEL, che qualifica come «perentorio» il termine di tre mesi dalla data del decreto di nomina dell'organo straordinario di liquidazione ai fini della presentazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato e il chiaro collegamento che il successivo art. 262, comma 1, TUEL pone tra la sua inosservanza e lo scioglimento del consiglio, inducono il TAR a ritenere che lo scioglimento sia un effetto ipso iure, automatico e non altrimenti rimediabile, dell'accertamento della violazione del termine perentorio, indipendentemente dalla sua concreta rilevanza nel caso di specie (dalla descrizione dei fatti di causa, l'ipotesi di bilancio sembrerebbe essere stata deliberata dal consiglio successivamente alla diffida prefettizia e ritualmente trasmessa al Ministero dell'interno).

Le soluzioni giuridiche

L'interpretazione letterale conferma il dubbio di costituzionalità

La formulazione dell'articolo 262, comma 1, TUEL non sembra lasciare adito a dubbi rispetto alle conclusioni raggiunte dal TAR Campania.

L'inosservanza dei termini, stabiliti dagli articoli 259 e 261 TUEL per gli adempimenti a carico dell'ente locale nell'iter finalizzato all'approvazione da parte del Ministro dell'interno dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato (e cioè sia per la deliberazione consiliare dell'ipotesi e per la sua presentazione al Ministero, come nel caso di specie, ex art. 259, comma 1, sia per la mancata risposta, entro sessanta giorni, alle richieste istruttorie della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, sia per la mancata predisposizione di una nuova ipotesi entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento ministeriale di diniego dell'approvazione, ex art. 261, rispettivamente comma 1 e comma 4), integra, ai sensi dell'art. 262, comma 1, TUEL, l'ipotesi di cui all'art. 141, comma 1, lett. a), TUEL (in senso conforme v. TAR Basilicata, 29 gennaio 1996, n. 14, in Foro Amm., 1996, 3051 (s.m.), sia pure in riferimento all'art. 14, comma 1, d.P.R. 24 agosto 1993, n. 328, ‘Regolamento recante norme sul risanamento degli enti locali dissestati', le cui disposizioni, devono ritenersi ancora vigenti, «in quanto compatibili», ai sensi dell'art. 269, comma 2, TUEL, non essendo ancora stato emanato il nuovo regolamento previsto dal comma 1 dello stesso art. 269) e comporta quindi l'avvio del procedimento di scioglimento dell'ente locale dissestato (per completezza si segnala che il medesimo comma 1 dell'art. 262 ricollega tale conseguenza anche all'adozione del «provvedimento definitivo di diniego da parte del Ministro dell'interno», cioè del provvedimento che respinge la seconda ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, stabilendo che, in questo caso, al commissario, nominato a seguito dello scioglimento del consiglio, siano attribuiti tutti «i poteri ritenuti necessari per il riequilibrio della gestione, anche in deroga alle norme vigenti» ai fini della predisposizione di una nuova ipotesi di bilancio).

Un primo elemento di riflessione: le ragioni della perentorietà dei termini di approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato

Questa disciplina, il cui apparente rigore sotto il profilo del rispetto dei tempi procedimentali ha indotto il TAR Campania a dubitare della sua ragionevolezza e a sollevare d'ufficio la questione di costituzionalità come sopra massimata, sconta un difetto originario della disciplina del dissesto degli enti locali.

L'articolo 25 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, che ha introdotto nell'ordinamento l'istituto del dissesto finanziario degli enti locali, non prevedeva alcun termine finale per la deliberazione del “piano di consolidamento”, che, come l'ipotesi di bilancio riequilibrato della disciplina vigente, mirava al conseguimento del «pareggio finanziario della gestione dell'ente» allo scopo di «assicurare in via permanente condizioni di equilibrio della gestione».

Nella prassi accadeva che gli enti locali si limitavano a dichiarare il dissesto (più correttamente, ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 25, a deliberare il «piano di risanamento finanziario») per la sola parte relativa alla copertura dei debiti di bilancio e fuori bilancio maturati fino a quel momento, ottenendo un duplice beneficio: da un lato, il finanziamento statale per la copertura delle passività, dall'altro lato, la sospensione delle azioni esecutive dei creditori dell'ente (art. 25, comma 10, terzo periodo).

A queste distorsioni applicative cerca di porre rimedio l'art. 21 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68 (per un'approfondita ricostruzione delle iniziali difficoltà applicative e delle ragioni sottese alle modifiche introdotte dal d.l. n. 8/1993 cfr. E. Spicaglia, Il dissesto finanziario degli enti locali, 2021, in finanzalocale.interno.gov.it.).

Con quest'ultima disposizione, il dissesto degli enti locali assume tratti strutturali più marcatamente “concorsuali” e più vicini a quelli ora disciplinati dal TUEL.

In particolare, la norma affida a un organo straordinario di liquidazione la gestione delle passività pregresse al soddisfacimento delle quali è destinata una parte delle attività dell'ente (così i commi 2 e 3) e introduce un «termine perentorio di tre mesi» dalla data del decreto presidenziale di nomina dell'organo straordinario affinché il consiglio dell'ente locale presenti «al Ministro dell'interno un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato con l'adozione dei provvedimenti prescritti dall'articolo 25 del decreto-legge n. 66 del 1989» (così il comma 4, ma v. anche il comma 6 che ricollega all'inosservanza del termine la sanzione dello scioglimento).

L'obiettivo del dissesto è il risanamento finanziario dell'ente locale

Il TUELconferma questa impostazione che rende il dissesto degli enti locali una procedura concorsuale “dalla doppia anima”. Ai sensi dell'art. 245 TUEL, soggetti della procedura sono sia l'organo straordinario di liquidazione, incaricato di provvedere all'estinzione dell'indebitamento pregresso, sia gli organi istituzionali dell'ente, chiamati ad assicurare condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria e a rimuovere le cause strutturali all'origine del dissesto (la separazione tra le due gestioni è bene chiarita, sotto il profilo contabile, da Corte dei conti, sez. contr. reg. Lazio, 23 maggio 2022, n. 61, in Rivista Corte dei conti, 2022, fasc. 3, 142 e ss., secondo cui la procedura di dissesto «si basa sulla separazione del bilancio in due parti, gestite da organi diversi (OSL e amministrazione ordinaria), spezzando l'unità e l'universalità del ciclo finanziario (postulati nn. 2 e 3, all. 1 d.lgs. n. 118/2011)» cosicché, «separando la gestione di bilancio pro futuro rispetto al passato», si realizzano allo stesso tempo soddisfazione concorsuale dei creditori e continuità di funzionamento dell'ente).

Come ha sottolineato Cons. St., ad. plen., 5 agosto 2020, n. 15, «sotto il profilo teleologico, le norme sul dissesto finanziario degli enti locali, contenute nel Titolo VIII, Capi II-IV del TUEL, sono preordinate al ripristino degli equilibri di bilancio degli enti locali in crisi, mediante un'apposita procedura di risanamento» (così il punto 6. della motivazione in diritto).

L'obiettivo prioritario del dissesto è dunque il risanamento dell'ente (v. anche A. Brancasi, L'ordinamento contabile, Giappichelli, Torino, 2005, 478, che considera tale finalità sostanzialmente imposta perché l'ente locale dissestato, «in quanto ente costituzionalmente necessario, non può cessare di esistere e di esercitare la propria attività»). In tale orizzonte finalistico, il sub-procedimento, finalizzato alla deliberazione di un bilancio di previsione finalmente liberato dal “peso” dell'indebitamento e orientato al recupero di uno stabile riequilibrio della situazione finanziaria, riveste un'importanza fondamentale.

La centralità dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato nella prospettiva del risanamento dell'ente dissestato

L'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato svolge quindi un ruolo centrale in ragione del nesso di forte strumentalità che il TUEL pone tra la sua approvazione e la possibilità per l'ente locale di deliberare un bilancio di previsione con le caratteristiche anzidette di ripristino della normalità gestionale (si v., sin da ora, quanto stabilisce l'art. 264 TUEL). Essa, in concreto, assume i tratti e i contenuti di un vero e proprio “piano di ristrutturazione aziendale” in grado di rimuovere le cause strutturali della crisi (A. Brancasi, op. cit., 488, osserva che, attraverso l'ipotesi di bilancio, dovrebbe realizzarsi la «rimozione dei due elementi strutturali, mancanza del pareggio ed intollerabile grado di rigidità della spesa, che concorrono a delineare il dissesto dell'ente»).

Si può dire, quindi, che è con il decreto ministeriale di approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato che prende effettivamente avvio il percorso di superamento della crisi e di risanamento dell'ente (infatti, l'art. 265 TUEL fa decorrere i cinque anni di durata del procedimento di risanamento dall'anno in cui è approvata l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato).

Ciò spiega anche perché siano previsti, nell'ambito dell'iter preordinato alla sua approvazione, termini perentori per gli adempimenti a carico dell'ente, tutti presidiati, ai sensi del richiamato art. 262, comma 1, TUEL, dalla costante “minaccia” della sanzione dello scioglimento del consiglio.

Un ulteriore elemento di riflessione: il carattere endoprocedimentale dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato deliberata dall'ente dissestato

Fino al momento conclusivo della sua approvazione ministeriale, però, l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, deliberata dal consiglio dell'ente, non è qualcosa di diverso da ciò che la sua stessa denominazione rivela: un'ipotesi appunto, una proposta di riorganizzazione complessiva della gestione dell'ente (l'ipotesi infatti non considera soltanto gli aspetti strettamente finanziari del risanamento, ma anche quelli organizzativi: cfr., ad es., l'art. 259, comma 5, TUEL, che tra le principali misure, di cui deve tener conto l'ipotesi di bilancio «per la riduzione delle spese correnti», contempla la necessaria riorganizzazione «con criteri di efficienza» di tutti i servizi dell'ente, nonché il comma 3 dello stesso articolo 259, che, per quanto riguarda le misure destinate al miglioramento delle entrate, prevede anche la possibile riorganizzazione degli uffici preposti alla loro acquisizione).

Tale proposta deve essere istruita dagli organi del Ministero dell'interno (l'istruttoria, ai sensi dell'art. 261 TUEL, è di competenza della già richiamata Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali a seguito dell'art. 3, c. 7, d.l. n. 174/2012, che ha così ridenominato la Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, di cui all'art. 155 TUEL. Si v. anche il d.P.R. 8 novembre 2013, n.142, sulla composizione e sulle modalità di funzionamento della Commissione stessa) ai quali, per effetto della dichiarazione di dissesto e del cattivo uso che l'ente ha fatto delle sue prerogative di autonomia, è «implicitamente riconosciuto il potere di sovrapporre le loro valutazioni alle scelte operate dall'ente» (così A. Brancasi, op. cit., 489, n. 21).

Sia il decreto ministeriale di diniego, sia quello speculare di approvazione dell'ipotesi presentata dall'ente possono quindi contenere prescrizioni integrative o correttive dell'ipotesi stessa sulla base delle quali l'ente è chiamato rispettivamente a predisporre una nuova ipotesi ovvero a deliberare il bilancio vero e proprio.

Ciò spiega il contenuto dell'art. 264 TUEL secondo cui soltanto a seguito dell'approvazione ministeriale l'ente è tenuto, nei successivi trenta giorni, a deliberare il bilancio dell'esercizio cui l'ipotesi si riferisce. Questa norma chiarisce che tra l'ipotesi di bilancio e il bilancio di previsione non vi è assoluta coincidenza di contenuto. Se così fosse, sarebbe inutile prescrivere all'ente di deliberare nuovamente un atto di contenuto identico al precedente.

A seguito dell'approvazione ministeriale dell'ipotesi, l'ente potrebbe essere costretto, con la deliberazione del bilancio di previsione, ad adattare le scelte allocative della manovra di bilancio sia alle eventuali prescrizioni ministeriali sia a ulteriori sopravvenienze, anche di tipo normativo (e pur con il vincolo posto dall'art. 265 TUEL in ordine all'osservanza delle prescrizioni contenute nel decreto di approvazione; sull'affermazione della possibilità di modificare, sia pure nella distinta procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, i contenuti del piano di riequilibrio, ancorché deliberato, in via definitiva, dall'ente locale, cfr. Corte dei conti, sez. contr. reg. Lazio, 11 marzo 2024, n. 15, in Rivista Corte dei conti, 2024, fasc. 2, 162 e ss.).

Gli effetti sulla gestione dell'ente sono determinati dalla deliberazione di dissesto e dall'approvazione del successivo bilancio di previsione riequilibrato

Quindi, gli effetti nei confronti della gestione dell'ente sono determinati dal bilancio di previsione e non dall'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato (ciò trova conferma anche nel comma 4-bis dell'art. 261 TUEL che consente alla nuova amministrazione locale di sostituire l'ipotesi di bilancio già presentata al Ministero entro tre mesi dal suo insediamento, mentre tale possibilità non è prevista se è stato deliberato il bilancio di previsione stabilmente riequilibrato, costruito sulla base dell'ipotesi già approvata).

In effetti, il principale effetto della dichiarazione di dissesto nella gestione dell'ente consiste nel precludere la deliberazione del bilancio di previsione fino all'approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato (art. 248, comma 1, TUEL) e, nel caso in cui sia già stato approvato il bilancio per il triennio successivo, il consiglio è tenuto a revocarlo (art. 246, comma 4, quarto periodo, TUEL).

La dichiarazione di dissesto produce effetti immediati anche per quanto riguarda la gestione delle spese introducendo forti limitazioni, che, pure in questo caso, perdurano fino all'approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato (cfr., infatti, gli artt. 246, comma 4, e 261, comma 1, TUEL rispettivamente per il caso in cui sia già stato deliberato il bilancio per l'esercizio in cui è stato dichiarato il dissesto e per il caso in cui ciò non sia ancora avvenuto).

Infine, per quanto riguarda le imposte e le tasse locali, nella prima seduta successiva alla dichiarazione di dissesto, il consiglio è tenuto a deliberare le aliquote e le tariffe di base «nella misura massima consentita»; la delibera «non è revocabile» e ha efficacia per cinque anni decorrenti dall'approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato (così i commi 1 e 2 dell'art. 251 TUEL; la disciplina della TARI e delle tariffe dei servizi a domanda individuale è oggetto del comma 5 del medesimo art. 251, che stabilisce l'applicazione di tariffe in grado di assicurare «complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio»; il comma 6 dell'art. 251 impone poi di comunicare, entro trenta giorni dalla loro adozione, tutte le delibere in materia di imposte, tasse e misure tariffarie alla Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, prevedendo, nel caso di mancata osservanza, la sospensione dei contributi erariali).

Osservazioni

Il carattere endoprocedimentale dell'ipotesi deliberata dall'ente può influire sulla rilevanza della questione di costituzionalità

Sulla base di questa ricostruzione della funzione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato nel percorso che conduce al superamento della crisi dell'ente dissestato appare possibile prospettare soluzioni alternative alla prospettata questione di costituzionalità.

Si pone innanzitutto come pregiudiziale rispetto all'apprezzamento della rilevanza della questione stessa la decisione sull'ammissibilità del ricorso per motivi aggiunti in relazione all'impugnazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.

È utile, a tale riguardo, riassumere le conclusioni già raggiunte secondo le quali:

  1. l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, deliberata dal consiglio, ha il valore di una “proposta” che ha bisogno dell'“accettazione” da parte del Ministro dell'interno con il decreto di approvazione dell'ipotesi stessa,
  2. di là da quanto descritto al punto che precede, l'ipotesi di per sé non produce altro effetto giuridicamente rilevante; ai fini dell'effettivo avvio del risanamento dell'ente occorre prendere in considerazione il bilancio di previsione che sarà predisposto dall'ente stesso sulla base dell'ipotesi approvata dal decreto ministeriale.

Quanto appena sopra dedotto è alla base dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'ipotesi non costituisce un atto provvedimentale immediatamente e autonomamente impugnabile (così infatti Cons. giust. amm., 9 settembre 2020, n. 761).

La legittimazione dei consiglieri comunali (e dei proprietari di immobili) a impugnare l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato

Un ulteriore elemento di perplessità attiene al profilo della legittimazione dei consiglieri comunali a impugnare un atto il cui annullamento determinerebbe la perdita del loro ufficio e dal quale non sembra derivare per essi alcuna utilità diretta e concreta.

In questo caso, la legittimazione ad agire dei consiglieri comunali per il solo profilo della violazione del termine perentorio, stabilito dal TUEL ai fini della deliberazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, viene a essere fortemente ravvicinata al generico interesse al ripristino della legalità violata, senza che sia rinvenibile un'effettiva e distinta posizione di interesse (in generale, sulla legittimazione del consigliere comunale cfr. Cons. St., sez. V, 19 febbraio 2007, n. 826; in particolare, sulla carenza di interesse del consigliere comunale a impugnare, tra l'altro, l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, cfr. Cons. St., sez. I, 23 novembre 2018, n. 2758).

Non si vuole approfondire, in questa sede, il tema parallelo dell'individuazione di un idoneo fattore di legittimazione nella concorrente qualità di “proprietari di immobili”, riferita in sentenza ai ricorrenti, atteso che nessun effetto pregiudizievole questi subiscono dalla deliberazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato (come già evidenziato, richiamando la disciplina di cui all'art. 251 TUEL, gli aumenti, nella misura massima consentita dalla legge, di imposte, tasse e tariffe, sono determinati da altre delibere dell'ente locale, immediatamente conseguenti alla dichiarazione di dissesto).

Si vuole sottolineare, piuttosto, anche sotto i concorrenti profili della personalità e dell'attualità della lesione della sfera giuridica dei ricorrenti quali consiglieri comunali, che l'inosservanza del termine, pur qualificato come «perentorio» dall'art. 259, comma 1, TUEL, non determina automaticamente lo scioglimento del consiglio stesso, cui il TAR Campania sembra ricollegare la legittimazione all'impugnazione, ma, come precisa il successivo art. 262 TUEL, concorre a integrare una causa di scioglimento, che, tuttavia, deve essere apprezzata, nella sua gravità e persistenza, dal Ministero dell'interno, chiamato ad accertare la sussistenza di un'effettiva volontà del consiglio di non adempiere agli obblighi stabiliti dal TUEL ai fini del superamento del crisi e del risanamento dell'ente.

La perentorietà dei termini riguarda il sub-procedimento finalizzato alla sua approvazione ministeriale

Il carattere endoprocedimentale dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, deliberata dal consiglio dell'ente locale, sembra quindi trasmettersi alla perentorietà dei termini previsti dal TUEL a tale riguardo.

Ciò che si vuole sottolineare è che la perentorietà rileva – ed esaurisce la sua rilevanza – nell'ambito dell'istruttoria sull'ipotesi di bilancio, di competenza del Ministero dell'interno.

Il TUEL, pur qualificando come «perentori» questi termini, non ricollega espressamente alla loro violazione la decadenza automatica del consiglio dal potere di deliberare l'ipotesi di bilancio riequilibrato. Tale decadenza può essere affermata soltanto come effetto del decreto presidenziale di scioglimento, adottato a seguito della proposta del Ministro dell'interno (il decreto presidenziale, come in tutte le ipotesi di scioglimento, ha natura costitutiva ed efficacia ex nunc: sul punto v. Cons. St., sez. I, parere, 13 marzo 2002, n. 762/2000).

Nel rispetto della lettera dell'art. 262 TUEL, l'inosservanza del termine perentorio per deliberare l'ipotesi di bilancio integra soltanto un presupposto di fatto idoneo ad avviare il procedimento di scioglimento del consiglio da parte del Ministero dell'interno, che è chiamato a valutare la persistenza e la gravità della violazione di legge in vista del soddisfacimento del preminente interesse pubblico al raggiungimento dell'obiettivo del definitivo risanamento finanziario dell'ente (cfr. Cons. St., parere n. 762/2000 cit., che, in generale, sottolinea i «delicati e complessi profili valutativi» sottesi alla decisione di sciogliere il consiglio dell'ente locale per i motivi indicati dalla lett. a) dell'art. 141 TUEL).

Il richiamo alla causa di scioglimento, di cui alla lett. a) dell'art. 141, che è dato leggere nell'art. 262 TUEL, può quindi essere ritenuto ragionevole in quanto rappresenta un'implicita ammissione di un meccanismo restitutorio sul modello della rimessione in termini previsto dal secondo comma dell'art. 154 c.p.c..

Compete cioè alle valutazioni discrezionali del Ministero dell'interno, vero e proprio dominus di questo segmento procedimentale e l'unico soggetto legittimato a far valere, in via amministrativa o giudiziale, la violazione di uno dei termini perentori stabiliti dall'art. 259 o dall'art. 261 TUEL, evitare conseguenze irreversibili, valutando la gravità e, soprattutto, la persistenza dell'inosservanza e approfondendo le ragioni che, in concreto, l'hanno determinata, così come postula l'art. 262, comma 1, TUEL.

È contro queste determinazioni ministeriali (ovvero contro le loro omissioni) che potranno appuntarsi le doglianze dei consiglieri interessati alla piena legittimità dell'operato dell'organo cui appartengono.

Nel caso di specie, il Ministero dell'interno, per il tramite della locale Prefettura, ha sollecitato i consiglieri comunali all'adozione dell'ipotesi di bilancio allo scopo proprio di verificare la sussistenza di una precisa volontà della maggioranza consiliare a rendersi definitivamente inadempiente a quello che si è visto essere uno dei più importanti obblighi conseguenti alla dichiarazione di dissesto.

Anche a seguito di tale sollecitazione, l'ipotesi di bilancio, alla fine, è stata deliberata dal consiglio. Si tratta di un elemento di fatto che avrebbe potuto essere valorizzato al fine di approfondire ulteriormente i profili di rilevanza della questione.

Se dalla violazione del termine perentorio non necessariamente deriva, sia pure soltanto come effetto conformativo della sentenza di accoglimento del ricorso, la conseguenza dello scioglimento, ciò potrebbe modificare i termini del giudizio di rilevanza, essendo tale valutazione condizionata dalla possibilità che il procedimento a quo possa essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione sollevata (su tale valutazione da parte del rimettente, cfr., da ultimo, Corte cost., 20 maggio 2019, n. 122, in Foro it., 2019, I, 2240, con nota di richiami, nonché id., 30 aprile 2015, n. 71, in Giur. cost., 2015, 998, con nota di A. Moscarini, ivi, 1035, che, al punto 4. del cons. in dir., ha affermato il difetto di rilevanza di una questione prospettata in via eventuale, senza «necessità di fare applicazione nel caso concreto della norma impugnata»).

La sostanziale non equivalenza dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato al bilancio di previsione

Quanto appena rilevato in ordine alla rilevanza puramente endoprocedimentale dell'ipotesi di bilancio rende dubitabile anche il profilo della violazione dell'art. 3 Cost. e del principio di uguaglianza.

Il richiamo, contenuto nell'art. 262 TUEL, alla lett. a) dell'art. 141 TUEL non è irragionevole rispetto alla disciplina di cui alla lett. c) del medesimo art. 141 sulla mancata approvazione nei termini del bilancio. Questa non può essere utilizzata come termine di paragone giacché l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato differisce, per struttura, funzione ed efficacia, dal bilancio di previsione di cui all'art. 162 TUEL (cfr. il già richiamato art. 264 TUEL da cui si ricava che si tratta di atti diversi; un altro argomento in questo senso può ricavarsi dal “modello F”, allegato alla circolare n. 3 del 15 maggio 2008 del Ministero dell'interno, sulla base del quale, ancora oggi, è redatta l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato da presentare al Ministero stesso ai fini dell'istruttoria: tale schema di redazione dell'ipotesi di bilancio differisce in misura rilevante dagli schemi di bilancio previsti dall'art. 11 del d.lgs. n. 118/2011 e dai suoi allegati).

L'intento del legislatore con il richiamo alla lett. a) sembra essere proprio quello di evitare che la violazione dei termini relativi alla presentazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato determini di per sé sola la decadenza automatica e non altrimenti rimediabile del consiglio dell'ente locale dal potere di deliberare l'ipotesi stessa, che rappresenta uno snodo cruciale nell'ambito del complesso percorso diretto al risanamento dell'ente dissestato nel quale è decisiva la volontà dei suoi stessi organi di porre rimedio ai fattori che hanno determinato la crisi.

Far valere tale illegittimità ovvero ritenerla superata dal successivo svolgimento dell'iter procedimentale sembra essere costruita dal TUEL nei termini di una decisione rimessa all'organo competente ad accertare e valutare la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento del consiglio e, nel contempo, ad approvare o respingere l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, tardivamente deliberata o trasmessa.

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